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di Stefano Della Torre, Valentina M. Sessa

Nel documento Regione Lombardia. Volumi pubblicati (pagine 94-99)

©Edizioni Angelo Guerini e Associati

1Nella vasta bibliografia sull’argomento si segnala, tra i testi più recenti, F. Guidoreni, L. Marsocci, Global service: manuten-zione e facility management. Linee guida per l’appalto del servizio, Roma 2001.

ri2 risultano solo parzialmente applicabili al caso in esame degli edifici considerati beni culturali3. Ciò non toglie che esse devono essere tenute presenti, oltre che come riferimento opportuno per alcuni specifici aspet-ti, anche solo per sottolineare le differenze, a evitare confusioni.

Per venire incontro alle esigenze delle amministrazioni nell’affrontare l’avvio della conservazione pro-grammata si è predisposto un capitolato tipo, che potrebbe servire da guida per la successiva redazione dei documenti contrattuali e contiene i riferimenti alle normative che di volta in volta devono essere tenute pre-senti per verificare le alternative che si aprono in funzione dell’entità dei lavori, di particolari obiettivi del-l’amministrazione, o di altre circostanze, tra cui quella che si voglia applicare a un edificio non tutelato ai sensi del titolo Idel D.Lgs. n. 490/1999.

Oggetto del contratto saranno presumibilmente non uno solo, ma un certo numero di beni architettonici, in quanto si presume che l’entità della spesa per la conservazione di un singolo edificio, salvo casi di ecce-zionale importanza e complessità, non sia così rilevante da divenire appetibile per un appaltatore e spinger-lo a procurarsi le competenze, operative e gestionali, richieste dalla procedura. Tale capitolato ha una dupli-ce finalità: regolare i rapporti giuridici tra i contraenti e garantire la qualità del servizio, attraverso defini-zioni della qualità del servizio, della qualificazione dell’appaltatore, delle procedure necessarie all’affida-mento e delle forniture di materiali.

Sotto il primo profilo è da sottolineare che la guida del servizio è rappresentata dal piano di conserva-zione di ciascun edificio. La redaconserva-zione del piano scaturisce dal progetto e dalla revisione operata dal diret-tore dei lavori: quindi non è curata dall’assundiret-tore del servizio, come nel caso di contratti «global service», ma è fornita dalla stazione appaltante ed eseguita dai suoi tecnici di fiducia4. Il piano è però uno strumento aperto all’aggiornamento, per certi versi un database che registra la storia dell’edificio. Pertanto, nel servizio integrato è compreso l’aggiornamento dei documenti e sono previste modifiche alle procedure in funzione delle novità emerse dai controlli o dalle segnalazioni degli utenti. Sarà quindi compito dell’assuntore non sol-tanto eseguire le operazioni ispettive definite dal programma, ma anche registrarne gli esiti e mettere a pun-to la tempistica in funzione delle tendenze rilevate; suo compipun-to sarà inoltre quello di documentare gli in-terventi eseguiti, siano essi preventivi o di riparazione.

Per quanto concerne, invece, la valutazione delle competenze d’impresa appaltatrice, tale aspetto rima-ne uno dei più delicati, in quanto l’adoziorima-ne di una griglia di valutaziorima-ne severa, escludendo ampi settori del mercato, potrebbe tradursi in un indesiderato rigetto della strategia proposta. Com’è noto il problema ri-guarderebbe soprattutto il settore pubblico, poiché nel settore privato una garanzia è rappresentata dalle in-dicazioni vincolanti degli organi preposti alla tutela. D’altra parte è proprio nei confronti delle politiche de-gli enti locali che si ritiene più urgente agire introducendo la strategia della conservazione programmata.

L’elenco delle competenze che devono essere presenti nell’impresa che assume l’attuazione di un pro-gramma è lungo e variegato, e conviene sia un elenco aperto per tener conto di situazioni particolari. Te-nendo presente la complessità delle operazioni richieste, potrebbe inoltre ritenersi opportuno che si presen-tasse come appaltatore un consorzio o un’associazione temporanea di imprese.

In ogni caso, si dovrebbe richiedere all’appaltatore di dimostrare di poter affrontare tutti gli aspetti com-presi nel piano senza ricorsi a subappalti successivi non valutati al momento dell’assegnazione. Certamente l’impresa (o il consorzio di imprese, o la loro associazione temporanea) deve essere in grado di dimostrare di disporre sia di competenze relative alle attività diagnostiche, sia di competenze operative che spaziano da semplici operazioni edili a delicate operazioni da restauratore.

Inoltre, sembra opportuno, come si è detto, che l’impresa indichi sin dall’inizio la disponibilità di refe-renti scientifici5 qualificati rispetto alle problematiche presenti, anche solo potenzialmente, nell’edificio. Il ruolo del referente scientifico è cruciale, in quanto questa figura dovrebbe intervenire nel caso si rilevino ele-menti sostanziali completamente nuovi per assistere i contraenti nell’introduzione di nuovi metodi di con-trollo o nell’attuazione di interventi mirati di riequilibrio del sistema tecnologico. Si tratta quindi di

inter-2Ci si riferisce in particolare alle norme: UNI10144 (Classificazione dei servizi di manutenzione); UNI10145 (Definizione dei fattori di valutazione delle imprese fornitrici di servizi di manutenzione); UNI10146 (Criteri per la formulazione di un contratto per la fornitura di servizi finalizzati alla manutenzione); UNI10148 (Manutenzione - Gestione di un contratto di manutenzione); UNI

10685 (Manutenzione - Criteri per la formulazione di un contratto basato sui risultati) («global service»); UNI10874 (Manutenzio-ne dei patrimoni immobiliari - Criteri di stesura dei manuali d’uso e di manutenzio(Manutenzio-ne).

3Quanto si propone ha come campo di validità il patrimonio architettonico tutelato ai sensi del titolo Idel D.Lgs. n. 490/1999,

TUdelle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali; per un commento al TUsi veda M. Cammelli (a cura di), La nuova disciplina dei beni culturali e ambientali, Bologna 2000.

4Non si esclude che, nel caso di un edificio già a regime, ma privo di piano di conservazione, si affidi anche la redazione del piano all’interno del servizio integrato: ciò che consente tale accorpamento è la predisposizione di figure e meccanismi di controllo a garanzia dell’interesse del soggetto proprietario e della conservazione dell’edificio.

5Sulla figura del referente scientifico si veda G. Alessandrini, in TeMa, 3, 2001, pp. 46-47.

venti eccezionali, tali da richiedere anche un’eventuale revisione non solo del piano, ma anche del corri-spettivo pattuito tra il soggetto proprietario del bene e l’assuntore dell’attuazione del programma. Si intro-duce così un meccanismo che dovrebbe rendere possibile la revisione concordata del contratto in relazione alla flessibilità insita in uno strumento come il programma. Anche per il ruolo loro attribuito, sarebbe op-portuno che tali referenti scientifici non fossero figure da coinvolgere occasionalmente, ma venissero indi-cati in modo coerente e formale all’atto della formalizzazione di un contratto di servizio per l’attuazione del programma; si ritiene, anzi, che la qualificazione del referente scientifico, valutata sulla base di curriculum, possa divenire uno dei parametri nell’eventuale gara di affidamento del servizio.

Per la valutazione degli altri parametri sarà possibile far ricorso alle indicazioni della norma UNI10145 (Definizione dei fattori di valutazione delle imprese fornitrici di servizi di manutenzione).

Per gli sconti, che potrebbero essere diversi rispetto al compenso forfetario e rispetto all’elenco prezzi sui lavori, si sarebbe potuto scegliere la media aritmetica o una media pesata rispetto ai rispettivi importi.

Scegliere la media aritmetica dei due sconti significherebbe ipotizzare che alla fine dei lavori l’impresa avrà percepito un importo equivalente dai due tipi di lavoro; il che significa presumere che l’ammontare dell’ap-palto riesca doppio di quanto stimato per la parte forfetaria. Ma si è preferito ipotizzare che la parte a misu-ra misu-rappresenti soltanto un terzo del totale, suggerendo così che prevalga nell’appalto la fornitumisu-ra di servizi e non di opere. In ogni caso la scelta di operatori qualificati può avvenire attraverso l’adozione di adeguate procedure a evidenza pubblica.

Poiché la conservazione programmata è stata ideata per conservare i beni storico-architettonici seguendo-ne il ciclo vitale mediante una forte attività preventiva e di controllo, nonché adeguando l’intervento sull’im-mobile ai dati periodicamente riscontrati, si può ritenere che essa costituisca operazione diversa e più comple-ta della semplice manutenzione. Per comple-tale motivo si può anche ritenere che l’appalto avente a oggetto la con-servazione programmata sia di natura mista, con una componente di servizi che dovrebbe risultare nella mag-gior parte dei casi prevalente su quella dei lavori, almeno fino a quando nel corso delle attività preventive e di controllo non si rilevino eventi dannosi tali da rendere necessario un intervento conservativo di rilievo.

Dal momento che la conservazione programmata dovrebbe privilegiare attività qualificabili come servi-zi (i controlli, l’aggiornamento del sistema informativo, la programmaservi-zione ecc.), mentre le forniture di ma-teriali e la prestazione d’opera dovrebbero essere di scarso rilievo, accessorie e talvolta addirittura eventua-li, nella maggior parte dei casi – in ossequio al criterio normativo della prevalenza, confermato sia dalla giu-risprudenza sia dagli orientamenti comunitari sull’unificazione delle procedure per appalti pubblici di forni-ture, servizi e lavori, e attualmente ripreso anche da progetti di legge regionali6–, essa potrebbe essere ap-paltata tramite un appalto di servizi. La normativa per gli appalti di servizi risulta, tra l’altro, più adeguata al caso dei beni storico-architettonici in quanto prevede modalità di valutazione delle offerte che consentono di privilegiare la convenienza economica generale rispetto al puro e semplice ribasso, dando così il giusto pe-so alla qualificazione degli operatori e alla tutela del bene e tenendo conto progressivamente di diversi livelli di qualificazione, anche rispetto alle diverse competenze richieste.

Il capitolato tipo che in questa sede si propone vuole suggerire una possibile formulazione della proce-dura a evidenza pubblica, la cui applicazione si ritiene pur sempre fondamentale. Gli affidamenti diretti, in-fatti, non possono essere usati se non nei rari casi previsti dalla normativa inerente gli appalti pubblici di ser-vizi e i lavori pubblici7.

L’esigenza dell’amministrazione di poter ricorrere a un appaltatore già individuato per svolgere le pic-cole opere, utile per la buona conservazione del bene in quanto garantisce prontezza di intervento e cono-scenza del bene su cui esso avviene, deve essere contemperata infatti con le norme poste dal legislatore a presidio della concorrenza negli appalti pubblici.

Un punto certamente spinoso è rappresentato dalla verifica della corretta attuazione delle prescrizioni contenute nel piano. Si presenta infatti il duplice pericolo della trascuratezza – comune ai normali contratti di manutenzione – e dell’eccesso, che è un rischio specifico dell’intervento sul bene culturale. Spesso, infat-ti, vengono preferite ed eseguite soluzioni troppo spinte, ad esempio sostituzioni integrali, non tanto per ec-cesso di zelo quanto per una convenienza dell’appaltatore a risparmiare sulla mano d’opera, agendo in mo-do sbrigativo e poco rispettoso delle peculiarità del bene oggetto degli interventi. Tale aspetto evidenzia la differenza sostanziale tra questa modalità di servizio integrato e l’ordinario «global service» nel quale è mol-to più facile definire, ad esempio in termini prestazionali, i risultati da conseguire, così che la delega all’e-sterno diviene molto più ampia.

6A titolo esemplificativo si veda la sentenza TAR, sezione II, 2 febbraio 1996, n. 79. Per quanto concerne la normativa regiona-le si tenga presente anche la proposta di regiona-legge regionaregiona-le sui lavori pubblici elaborata da ITACA, nella versione del 27 giugno 2002.

7Come confermato da costante giurisprudenza. In senso contrario si vedano le caute aperture della deliberazione n. 254 del 21 giugno 2001 dell’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici.

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Nel caso dei beni culturali, pur esternalizzando molte competenze operative, il soggetto proprietario non può rinunciare a un continuo controllo. In tal senso risultano senz’altro utili la previsione del collaudo alla fine del periodo pattuito, nonché la possibilità di richiedere fideiussioni e imporre penali per il mancato o cattivo svolgimento del servizio di conservazione programmata.

Un ruolo fondamentale deve però attribuirsi alla possibilità della stazione appaltante di nominare un re-sponsabile del servizio di conservazione che seguirà gli interventi avendo come interlocutore il rappresen-tante tecnico dell’impresa.

In sostanza si ipotizza che tanto la stazione appaltante quanto l’impresa individuino ciascuna un tecnico, le cui funzioni corrispondono a quelle della figura definita al punto 3.5.1. della norma UNI10874: «Responsa-bile delle attività di pianificazione, esecuzione e controllo relative alla manutenzione dei beni immobili». Si è ritenuto di definirli rispettivamente responsabile tecnico della conservazione e rappresentante tecnico dell’im-presa, sottolineando nel secondo caso l’importanza che questa figura coordini il complesso dei servizi forniti.

Al tecnico nominato dalla stazione appaltante spetta sia di verificare la regolare esecuzione delle opera-zioni previste e l’immissione dei dati nel sistema informativo, sia l’eventuale correzione del piano o la scel-ta di diverse modalità e procedure, che potrebbe avvenire su proposscel-ta dell’assuntore e/o su suggerimento del referente scientifico. Qualora la stazione appaltante sia un ente pubblico, è presumibile che il responsabile della conservazione si identifichi con il responsabile del procedimento; si deve però tener conto della pro-babile situazione in cui il servizio sia affidato da più enti pubblici (ad esempio Comuni) consorziati al fine di raggiungere una certa massa critica dell’appalto: in questo caso si potrebbe valutare l’eventualità di affi-dare questo ruolo a un unico responsabile tecnico per l’intero consorzio.

Non si deve poi dimenticare che la strategia è stata messa a punto per i beni vincolati ai sensi del titolo

Idel D.Lgs. n. 490/1999. Ciò significa che il controllo, oltre a essere richiesto per questioni d’interesse, è anche una funzione precisa degli organi ministeriali preposti alla tutela, cioè delle soprintendenze (si veda in proposito il capo IIdel titolo Idel decreto citato).

Nella procedura della conservazione programmata si prevede in sostanza che la soprintendenza possa partecipare a tutte le fasi. Essa dovrebbe acquisire il piano ed eventualmente correggerne previsioni non ac-cettabili, anche se fossero previsti soltanto controlli; essa sarebbe inoltre chiamata ad approvare gli interventi non appena essi eccedano la misura di azione preventiva o di riparazione ordinaria.

Senza voler introdurre il principio, che appare inaccettabile e pericoloso, dell’autorizzazione automatica di interventi differiti nel tempo, appare molto sentita l’esigenza di incentivare, eliminando per quanto possi-bile gli oneri burocratici – al di là dell’applicazione dell’art. 27 del D.Lgs. n. 490/1999 sui lavori provviso-ri urgenti – l’esecuzione di azioni preventive di provviso-riconosciuto vantaggio per la conservazione dell’oggetto.

Questo è un punto assai difficile da definire: la soglia fino alla quale l’intervento non richiede autorizzazio-ne varierà indubbiamente in funzioautorizzazio-ne del pregio attribuito all’oggetto, della sua funzionalità, del costo che l’intervento comporta. Nel capitolato che disciplina il servizio di conservazione programmata questo limite dovrà trovare una specificazione chiara e insindacabile. Difficilmente le specifiche di questo concetto po-tranno essere articolate in forma compiuta soltanto in un articolo di capitolato: si ritiene però che lo potran-no essere, forse anche più utilmente, all’interpotran-no dei documenti costituenti il piapotran-no. Quest’ultimo infatti, in-dividuando gli elementi della costruzione, classificandoli e evidenziando le loro problematiche esigenzial-prestazionali, orienta nella classificazione degli oggetti per qualità, e quindi nell’applicazione di diversi cri-teri per la determinazione dell’ambito cui si estende il concetto di «piccola riparazione». Il piano, ad esem-pio, precisa quali oggetti o quali superfici sono considerati di pertinenza del restauratore. D’altra parte il li-vello minimo di funzionalità richiesto ad alcuni elementi può comportare la necessità di interventi di ripri-stino e anche di sostituzione: si pensi a un serramento e al suo ruolo nel determinare le condizioni di con-servazione del complesso edilizio.

In entrambi i casi, sia per la superficie di pregio sia per il serramento, la professionalità del tecnico in-tervenuto a controllare e a constatare il guasto sarà chiamata a condurre la riparazione meno invasiva, rap-portata alla scala che il problema assume per i diversi beni. La professionalità è peraltro una condizione ne-cessaria ma non sufficiente; devono infatti aggiungersi alcune considerazioni su temi quali l’economicità e il criterio dell’efficacia preventiva.

Il criterio del minimo intervento, infatti, non può essere sempre fatto coincidere con quello della minima spesa. In molte situazioni potrebbe presentarsi la possibilità di una sostituzione più estesa che, comportando minor tempo e minor impiego di mano d’opera, costi meno di un intervento non invasivo. Per questo dovrà es-sere inserita nel capitolato l’esclusione di qualsiasi «sostituzione integrale di componenti edilizi»: ove tale so-stituzione si rendesse necessaria dovrà essere esplicitamente autorizzata dalla soprintendenza. Nel contratto, dunque, dovranno essere espressamente escluse «tutte le opere che richiedano una specifica istruttoria proget-tuale e superiore approvazione». L’intervento della soprintendenza, necessario per legge nel caso di interventi rilevanti, viene dunque a coincidere con il discrimine che individua le opere eccedenti la «piccola» riparazione.

Il concetto di piccola riparazione potrebbe essere ulteriormente precisato, con riferimento alle singole ope-razioni, sia nell’elenco prezzi da allegare al contratto di servizio (introducendo formule come «Questo prezzo si applica per quantità superiori a…»), sia nel manuale tecnico (schede d’istruzione, allegati in cui si specifi-cano le lavorazioni previste e le relative cautele). D’altra parte, nello spirito della conservazione preventiva e programmata la ragione principale per intervenire è quella di evitare l’aggravarsi o il propagarsi del guasto.

Questo è il criterio principale in base al quale dovrebbe valutarsi l’opportunità di eseguire una riparazione.

Sembra, inoltre, che, oltre alla preventiva presa d’atto dei documenti tecnici del piano da parte della so-printendenza competente – la quale come si è detto costituirebbe un importante avallo della correttezza e del-la completezza delle previsioni contenute nel piano –, sarebbe anche opportuno, sotto il profilo istituzionale, coinvolgere la soprintendenza nella gestione e utilizzazione del sistema informativo, mettendole a disposizio-ne un prezioso strumento per valutare disposizio-nel caso concreto l’opportunità di applicaziodisposizio-ne dell’art. 37 del D.Lgs. n.

490/1999 (Misure conservative adottate dal Ministero e poste a carico del proprietario inadempiente).

Questo coinvolgimento potrebbe essere ottenuto semplicemente sfruttando la coincidenza tra l’aggiorna-mento del piano di manutenzione e il consuntivo scientifico previsto dall’art. 221 del DPRn. 554/1999, che deve essere depositato presso la soprintendenza8. Il passaggio auspicabile sarebbe la comunicazione alla so-printendenza, o a un ufficio terzo al quale la soprintendenza abbia accesso, aggiornamenti via via registrati nel piano. Il flusso cadenzato delle informazioni costituirebbe infatti di per sé un’ulteriore forma di control-lo, in particolare sulla continuità dell’attuazione del programma. Tale controllo sarebbe molto facilitato da un aspetto qualificante e imprescindibile del processo produttivo della conservazione programmata: l’informa-tizzazione delle procedure. Nel capitolato tipo proposto le indicazioni relative al sistema informativo sono lasciate a un certo grado di genericità, conseguente allo stato dell’arte su questo aspetto; si prevede, cioè, che le prime applicazioni del presente schema di capitolato avvengano già in presenza di un prototipo dello stru-mento informatico, e che la successiva implementazione possa modificare proprio aspetti che potrebbero rientrare tra i compiti dell’appaltatore, quali le modalità di accesso agli archivi e di aggiornamento.

8Si rimanda in proposito a S. Della Torre, «Piano di manutenzione e consuntivo scientifico nella legislazione sui lavori pub-blici», in questo stesso volume.

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Nel documento Regione Lombardia. Volumi pubblicati (pagine 94-99)