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La regolazione del microclima

Nel documento Regione Lombardia. Volumi pubblicati (pagine 52-55)

L’impianto di climatizzazione, per il suo ruolo all’interno delle tecniche di conservazione preventiva, merita qualche considerazione specifica.

5Per un corretto approccio all’argomento della sicurezza negli edifici storici, si veda il dossier pubblicato in TeMa, 1, 2001.

Inoltre, cfr. G. Guarnerio, R. Nelva (a cura di), Conservazione degli edifici storici: vincoli di normativa e sicurezza antincendio, Fi-renze 2001.

6Per la discussione sui termini «requisito» e «problematica», si veda S. D’Ascola, «Il manuale tecnico: la definizione delle pro-blematiche», in questo stesso volume.

7R. Di Giulio, Qualità edilizia programmata, strumenti e procedure per la gestione della qualità nel ciclo di vita utile degli edifici, •città• •anno•, pp. 17-25; C. Molinari, «Manutenzione programmata», in Manuale di Progettazione Edilizia, Milano 1994, vol. III, pp. 302-310; R. Di Giulio, Manuale di manutenzione edilizia, Milano 1999, pp. 40-41.

L’obiettivo essenziale dell’impianto di climatizzazione è di mantenere e garantire le condizioni di comfort e benessere termoigrometrico all’interno degli edifici. Esso, attraverso un complesso sistema di termorego-lazione interna, dovrebbe potersi adattare alle variazioni stagionali ed esigenziali. Il funzionamento dell’im-pianto, pur con una messa a regime rispettosa degli standard normativi, può causare gravi squilibri all’inter-no dell’edificio storico che, come oggetto da riscaldare e climatizzare, è estremamente complesso. General-mente si tratta di sistemi architettonici molto estesi, realizzati con materiali tradizionali e con ingenti spes-sori murari, che determinano inerzie e dispersioni assai diverse rispetto a quelle degli edifici moderni. Spes-so risulta quindi opportuna una divisione in zone, in modo da tarare al meglio la quantità di calore fornito e da poter operare tarature iniziali e regolazioni successive in funzione delle specificità di ciascun ambiente, anche con riferimento alle destinazioni d’uso e ai beni mobili contenuti.

Un prezioso riferimento per queste pratiche di regolazione del microclima è fornito dal corpus di indi-cazioni messe a punto al fine delle strategie di conservazione preventiva in ambito museale8. Si tratta di una linea di ricerca ormai pluridecennale, che ha portato alla codificazione di un condiviso quadro di condizioni microclimatiche ottimali per la conservazione dei diversi materiali. Benché ciò sia stato elaborato pensando ai beni mobili, l’estensione ai componenti edilizi non appare difficile né azzardata. In proposito, oltre alle norme UNI, è disponibile il DMdel 10 maggio 2001 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei). Le tabelle 1 e 2, estratte dal decreto, riportano i dati di maggior interesse nella prospettiva della conservazione di un edi-ficio e dei suoi arredi. Come si vede, tali dati sono ben diversi per materiali che spesso si trovano accostati.

Devono anche essere ricordate, in quanto costituiscono importanti punti di riferimento metodologico, quelle applicazioni di controllo microclimatico ad alto livello che sono state sperimentate in ambienti che contengono affreschi di grande pregio, come il Cenacolo di Santa Maria delle Grazie a Milano9, o la Cap-pella degli Scrovegni di Padova10. In questi casi le esigenze conservative delle superfici, compresa la ridu-zione delle micropolveri presenti nell’aria, hanno condotto a migliorare il confinamento degli ambienti, con-trollando tutti gli scambi con l’esterno e regolamentando il flusso delle persone. Anche se non sarà sempre possibile adottare misure così rigorose, i casi citati valgono a rammentare quanto sia importante tenere sem-pre sotto osservazione i parametri termici – quali temperatura, umidità relativa (UR) e umidità specifica (US) – in modo da mantenere all’interno dell’edificio condizioni il più possibile costanti.

In generale, un interno abitato conserva materiali di varia natura, e realizzare le condizioni ottimali di conservazione per ogni singolo bene, oltre che accettabili condizioni di comfort per le persone, è estrema-mente complesso e difficile. Per trovare un compromesso ottimale, conviene già in fase di progettazione pun-tare sulla mitigazione degli sbalzi dei parametri termici. Si sono infatti constatati casi in cui i materiali si so-no conservati bene in condizioni teoricamente inaccettabili, grazie al fatto che tali condizioni eraso-no pratica-mente costanti. Possiamo citare il caso di affreschi posti su una parete affetta da umidità di risalita, ma col-locata, per circa trecento anni, in un ambiente estremamente umido, quasi saturo: la parete si è conservata in perfette condizioni, in quanto l’alta concentrazione di URambientale ha fatto in modo che non si istaurasse-ro passaggi di stato o migrazioni tra l’ambiente e la muratura11. In altri casi, ad esempio la biblioteca di

Pa-8Tra gli studi sull’argomento si ricordano, a titolo esemplificativo: ICR-ICCROM, Conservazione preventiva nei musei. Il controllo dell’illuminazione. Il controllo del microclima, Roma 1983; D. Camuffo, A. Bernardi, Fattori microclimatici e conservazione dei be-ni artistici, Brescia 1985; C. Aghemo, M. Filippi, E. Prato, Condiziobe-ni ambientali per la conservazione dei bebe-ni di interesse storico-artistico, Torino 1994.

9Si veda R. Cecchi, «Il risanamento delle condizioni ambientali al Cenacolo vinciano a Milano», TeMa, 4, 1998, pp. 2-15; E.

Sacchi, «La climatizzazione del Cenacolo vinciano in S. Maria delle Grazie», TeMa, 4, 1998, pp. 24-36.

10D. Camuffo, P. Schenal, «Microclima all’interno della Cappella degli Scrovegni: scambi termodinamici tra gli affreschi e l’ambiente», in Giotto a Padova, volume speciale del Bollettino d’Arte, 1982, pp. 107-209; D. Camuffo, «Microclimatic Study at the Scrovegni Chapel», European Cultural Heritage Newsletter on Research, 1987, I, 2, pp. 16-17; «La Cappella degli Scrovegni: inda-gini, restauri, interventi», Progetto restauro, 9, dicembre 1998 (Atti della Giornata di Studi, •città•, 25 febbraio 1998); D. Camuffo,

«Indoor Microclimatology: the Scrovegni Chapel (Giotto’s Frescoes) as a Case Study», in S. Colinart, M. Menu (a cura di), La ma-tière picturale: fresque et peinture murale, Bari 2001, pp. 123-132; G. Biscontin, S. Diana, V. Fassina, M. Marabelli, «A survey on atmospheric pollutants inside and outside of Scrovegni’s Chapel in Padua», in Proc. of the 3rdInternational Symposium on the De-terioration and Preservation of Stones, Venice, 24-27 October 1979, pp. 677-688; Id., «The influence of atmospheric pollutants on the deterioration of mural paintings in the Scrovegni’s Chapel in Padua», in Conservation within historic buildings, London 1980, pp. 18-21 (Preprints of the Contributions to the I.I.C. Vienna Congress, 7-13 September 1980); V. Fassina, M. Marabelli, «New re-sults on the role of atmospheric pollutants on the deterioration of mural paintings in the Scrovegni’s Chapel in Padua», in 6th Inter-national Conference on non-destructive testing and microanalysis for the diagnostics and Conservation of the Cultural and Envi-ronmental Heritage, Rome, 17-20 May 1999, pp. 749-766; V. Fassina, M. Marabelli, «Effects of air pollutants on the decay of fre-scoes in the Scrovegni’s Chapel: new results after twenty years of survey», in V. Coccheo, E. De Saeger, D. Kotzias (eds), Interna-tional Conference Air Quality in Europe: Challenges for the 2000s, Venice, 19-21 May 1999.

11Si veda G. Roche, E. Rosina, «Analysis of moisture for the preservation of frescoes at Malpaga castle», in 15thWorld Con-ference on Nondestructive Testing, Rome, 15-21 October 2000.

©Edizioni Angelo Guerini e Associati

lazzo Bagatti Valsecchi a Milano, pur in presenza di aria molto secca, così tenuta per la buona conservazio-ne della carta, le variazioni giornaliere dei parametri, dovute alla scarsa gestibilità dell’impianto, hanno da-to luogo a scambi di umidità tra l’ambiente e le superfici, con l’innesco di fenomeni di degrado. Nello stes-so palazzo, una campagna di monitoraggio rilevò la scarsa tenuta all’aria dei serramenti, con la conseguen-za di un microclima interno soggetto a forti sbalzi a seconda delle variazioni climatiche esterne: quanto di peggio per la conservazione di molti materiali12.

Gli esempi citati confermano, oltre alla complessità del progetto termotecnico in un edificio antico, che la rilevanza e le potenzialità degli strumenti di gestione nell’ottimizzazione del progetto e della sua efficacia non possono mai ridursi all’applicazione acritica delle indicazioni normative. La dotazione impiantistica ser-ve a poco se non è gestita adeguatamente, con un’opportuna coordinazione tra manutentori e gestori

del-12C. Danti, R. Boddi, «Rapporto sulle indagini ambientali effettuate nel Museo Bagatti Valsecchi di Milano», OPDRestauro. Ri-vista dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze, 10, 1998, pp. 57-68.

Tabella 1 – Valori termoigrometrici consigliati per assicurare le condizioni ottimali di conservazione chimico-fisica dei manufatti

Manufatti

Tabella 2 – Condizioni microclimatiche (e massime variazioni tollerate nell’arco di una giornata) per la prevenzione degli attacchi microbiologici sui materiali organici

Manufatti

l’impianto da una parte, e utenti dall’altra13. Il piano di conservazione, oltre a integrare le istruzioni per la manutenzione dell’impianto, registra anche, nel manuale d’uso14, le norme di comportamento che l’utente deve seguire per ottenere le migliori condizioni di microclima. Ne consegue l’opportunità di tenere sotto con-trollo i parametri termoigrometrici. A tal fine esistono vari tipi di strumentazione e procedure.

In generale, oltre a disporre sonde per il rilevamento delle variazioni, è utile una valutazione prelimina-re in grado di evidenziaprelimina-re eventuali gradienti: ad esempio sacche d’aria fprelimina-redda e umida, oppuprelimina-re flussi d’aria proveniente dall’esterno che causano un rimescolamento eccessivo dell’aria interna. Le migliori condizioni di conservazione si ottengono con aria in quiete, così da non favorire deposizioni superficiali di particellato atmosferico, né porzioni della muratura a temperatura differente per effetto dei moti convettivi dell’aria in-terna. Tale ricognizione deve essere eseguita in diverse condizioni climatiche, sia interne sia esterne, e, so-prattutto, a diverse condizioni d’uso, anche per evidenziare perdite di carico dell’impianto, mal funziona-menti localizzati o errati dimensionafunziona-menti in fase di progettazione iniziale.

Scopo dell’analisi preliminare è individuare le aree in cui sono presenti anomalie di UR, USe temperatu-ra, e il loro eventuale legame con i cambiamenti climatici esterni. La lettura viene eseguita utilizzando uno psicrometro digitale. Secondo la normativa per il collaudo degli impianti di climatizzazione15, le misure de-vono essere eseguite al centro della stanza e a un’altezza di 150 cm dal pavimento; la parte sensibile deve essere schermata e la tolleranza è di ±0,5 °C in inverno e ±1 °C in estate. L’umidità relativa ha una tolle-ranza di ±5%16. Rispetto alla normativa, però, si ritiene più rappresentativa del fenomeno la realizzazione di una griglia regolare di punti, all’interno dell’edificio, che costituisca la base e l’individuazione dei punti di rilievo strumentale per una corretta individuazione e schematizzazione dell’andamento delle variabili termi-che interne.

Le prove psicrometriche consentono di mappare la temperatura locale e la concentrazione di vapore ac-queo contenute nell’aria ambientale. I tempi di acquisizione molto rapidi permettono di rilevare le condizio-ni termoigrometriche di ampie estensiocondizio-ni, in condiziocondizio-ni di equilibrio durante tutta la battuta. Le misure ven-gono eseguite anche quasi a contatto con le pareti. L’uso di una griglia regolare, come guida per la registra-zione dei valori relativi di temperatura e umidità, consente di trasformare i dati numerici ottenuti in una map-pa costituita da isolinee rappresentative dei valori registrati. Tale mapmap-pa, a sua volta sovrapposta alla plani-metria dell’edificio esaminato, permette di localizzare le zone ove si manifestano maggiormente i gradienti termoigrometrici. Queste zone sono, ovviamente, a rischio per la formazione di condense, ristagni d’aria fredda e umida, o anche dilatazioni differenziali dei materiali costituenti l’organismo edilizio.

Il controllo nel tempo può poi essere svolto disponendo sonde di rilevamento in continuo nei punti più si-gnificativi. La scelta della cadenza di rilevamento, dato che oggi si dispone di strumentazioni che consentono, se lo si desidera, perfino il rilevamento in continuo, dipenderà dal tipo di variazione (giornaliera, stagionale…) che si desidera quantificare. Il controllo dei dati microclimatici si integra utilmente nell’attenzione generale alle condizioni dell’edificio: è appena il caso di ricordare quanto la maggior parte dei processi di degrado sia connessa con la presenza di umidità, e quanto quest’ultima sia correlata alle condizioni microclimatiche.

Nel documento Regione Lombardia. Volumi pubblicati (pagine 52-55)