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Nel documento Regione Lombardia. Volumi pubblicati (pagine 30-33)

Operativamente, per la compilazione del manuale, dopo la prima fase di scomposizione in elementi tecnolo-gici17, è necessario per ognuno di questi acquisire le informazioni relative ai materiali costituenti, alle tec-nologie costruttive, ai trattamenti pregressi e allo stato di conservazione, tenendo conto delle singole speci-ficità. In funzione di questi dati, infatti, sarà possibile eseguire l’analisi prestazionale che, nel caso di un edi-ficio storico, deve dipendere dalla valutazione del comportamento in opera di ogni singolo elemento.

In una prima fase è importante selezionare le problematiche che hanno concreta rilevanza, ed è solo gra-zie a un’analisi dettagliata dell’elemento che emergono le ragioni per le quali una problematica è significa-tiva o meno. Diventa importante, quindi, valutare con estrema attenzione gli agenti che influiscono diretta-mente o indirettadiretta-mente sui singoli elementi e le loro interazioni in relazione a ogni singola problematica e alla prestazione fornita. In base a questo ragionamento non viene definito un livello prestazionale che l’ele-mento deve necessariamente raggiungere, ma viene, invece, descritto il comportal’ele-mento dell’elel’ele-mento in re-lazione alle azioni di disturbo. A questo punto, per garantire la conservazione dell’elemento, può rivelarsi ne-cessario limitare le sollecitazioni cui è sottoposto, al fine di ridurre le possibili cause di degrado.

Nel caso in cui, constatato che l’elemento non sia in grado di soddisfare un requisito, si sia provveduto alla limitazione delle azioni, anche il controllo verificherà non tanto il decadimento delle prestazioni offerte dall’elemento, quanto l’efficacia e l’efficienza delle limitazioni imposte alle azioni di disturbo. In altre paro-le, nel manuale andranno indicate le azioni preventive (riduzioni dei carichi, limitazioni dei parametri ter-moigrometrici, limitazioni dell’uso), intese appunto come moderazione delle sollecitazioni che un elemento non è in grado di sopportare o alle quali non risponde in maniera efficace, e che diverranno a loro volta og-getto di controllo nel tempo, rientrando tra gli adempimenti previsti nel programma18. Per la compilazione del piano occorre quindi costruire una logica che metta in relazione le problematiche con le caratteristiche degli elementi così come esse sono risultate dalla fase descrittiva.

Con riferimento alle murature verticali, può porsi la problematica della loro efficacia per l’isolamento termico o per l’isolamento acustico. Essa è rilevante nel caso di edifici abitati, in particolare per alcune fun-zioni; ma è ovvio che si tratterebbe di un falso problema, quindi di un inutile aggravio per il manuale, se ci si riferisse a strutture prive di funzionalità interna, come ad esempio una torre campanaria. Pertanto, è chia-ro come tale pchia-roblematica sia da considerare in funzione degli usi dell’edificio.

Altro esempio può essere quello della durabilità degli elementi laterizi dei tradizionali manti di copertura:

le problematiche di resistenza al gelo o ad altri degradi attivati dall’imbibizione d’acqua divengono preoccu-panti qualora la pendenza della falda sia tale da favorire un deflusso troppo lento delle acque meteoriche. D’al-tra parte lo scivolamento degli elementi è un rischio reale soltanto per pendenze al di sopra di una certa soglia.

Dunque, dal dato descrittivo sulla pendenza della falda si deduce la rilevanza di questa o quella problematica, e se ne terrà conto, attivando una maggiore sorveglianza sul probabile degrado degli elementi, oppure sull’ef-ficienza dei necessari dispositivi (ganci, fissaggi con malta, pesi ecc.) applicati per evitare lo scivolamento.

Ancora, la portata di un solaio è un requisito essenziale, ma potrebbe essere irrilevante se per una qual-siasi ragione il solaio stesso non fosse praticato19.

Ovviamente una variazione delle condizioni d’uso comporterà un aggiornamento del manuale, a partire proprio dall’aggiornamento della descrizione e questo potrebbe implicare una diversa selezione delle pro-blematiche. D’altra parte, può verificarsi, in relazione a ciascuna problematica, una non perfetta corrispon-denza a livelli prestazionali richiesti; in tale caso non si dovrà necessariamente ricorrere alla sostituzione del-l’elemento applicando criteri codificati per l’edilizia nuova, ma si potrà accettare il più basso livello presta-zionale rilevato adeguando il sistema con modifiche ambientali o di utilizzo. Soltanto qualora il livello pre-stazionale scenda al di sotto di soglie che compromettono non solo la durabilità dell’elemento tecnologico, ma l’affidabilità e l’efficienza dell’intero sistema, si dovrà scegliere la soluzione progettuale di sostituzione e ripristino funzionale, innescando logiche di intervento da valutare al di fuori del piano di manutenzione. È ovvio come anche tali decisioni debbano necessariamente comportare l’aggiornamento del manuale.

In relazione a ogni problematica analizzata è possibile riconoscere e interpretare alcuni fenomeni di de-grado e forme di alterazione chiaramente individuabili presenti sull’elemento, denominati in seguito anoma-lie in atto, e alcune più probabili forme di degradazione che potrebbero presentarsi in seguito con maggiore probabilità (zone a rischio, anomalie potenziali)20.

17Si veda F. Carlini, «Il manuale tecnico: l’archiviazione dei dati e la rappresentazione grafica», in questo stesso volume.

18Si veda V. Pracchi, «Il programma di conservazione: indicazioni di metodo per le attività preventive», in questo stesso volume.

19Il carico di progetto si ridurrebbe al solo carico di «ispezione» o addirittura al solo peso proprio.

20Si veda F. Carlini, «Il manuale tecnico: l’archiviazione dei dati e la rappresentazione grafica», in questo stesso volume.

©Edizioni Angelo Guerini e Associati

L’individuazione delle zone di rischio relative a nuovi guasti che potrebbero insorgere è resa possibile dal riconoscimento di punti deboli particolari che possono essere facilmente individuati e determinati solo grazie a una conoscenza analitica e minuziosa dell’organismo edilizio, studiato nelle singolarità e specificità delle sue componenti tecnologiche e nell’interazione fra i sistemi e i sottosistemi dell’elemento tecnico. Le zone a rischio del sistema tecnologico possono essere riconosciute secondo i seguenti criteri:

– fenomeni di alterazione riscontrati, manifestazioni di degrado, dissesto o obsolescenza. Le anomalie ri-scontrate possono essere, infatti, utilizzate come i primi indicatori delle dinamiche connesse all’evolu-zione e propagaall’evolu-zione delle forme di degrado. In questo caso la zona a rischio può coincidere con l’evo-luzione del degrado (immagine 6) o può essere individuata su un altro elemento, identico per tecnologia e materiali e in condizioni ambientali simili. La zona a rischio così definita induce a tenere sotto con-trollo la formazione di probabili patologie non ancora emerse, del tutto analoghe a quelle già riscontra-te sull’elemento identico21;

– caratteristiche costruttive dell’elemento stesso. Spesso le zone a rischio corrispondono a «punti deboli»

dovuti a caratteristiche proprie dell’elemento tecnologico stesso, a carenze intrinseche dovute al mate-riale, alla lavorazione o alla messa in opera;

– zone critiche proprie di una determinata tecnologia costruttiva di cui si ritrova testimonianza nella lette-ratura (ad esempio per un arco in mulette-ratura, senza altri fattori interagenti, le zone di maggior rischio per problemi di stabilità sono individuate in chiave e alle reni);

contesto ambientale e/o dalle modalità d’uso dell’edificio;

– storia dei degradi e delle riparazioni avvenute. Il restauro, se correttamente condotto, costituisce una fase di conoscenza approfondita del manufatto, e consente di individuare con estrema precisione le zone mag-giormente significative dell’espressione di danno. Il loro esame nel tempo fornirà dati puntuali sul ripro-porsi del fenomeno e sull’efficacia degli eventuali provvedimenti conservativi adottati. Dopo un interven-to, in generale, ai danni si sarà posto rimedio, e il progettista, compilando il manuale quale «consuntivo scientifico»22, segnalerà le zone a rischio come quelle che in passato avevano presentato problemi, o pre-sentano comunque carenze tecnologiche congenite, cui il restauro non ha potuto ovviare. Perciò tali zone potrebbero ripresentare in futuro nuovi guasti a seguito di processi degradativi tuttora in atto.

Le anomalie attese e la loro localizzazione dovranno essere valutate per ogni problematica effettivamente ri-scontrata o potenzialmente possibile, ipotizzandola secondo i criteri sopra esposti. È ovvio, quindi, come, di fronte a un degrado in atto, tale processo logico risulti più intuitivo e sia più semplice mettere maggiormen-te in luce le differenze e le peculiarità del caso grazie alla possibilità di effettuare confronti mirati. Di con-seguenza, è importante poter sempre riconoscere e saper leggere le informazioni che l’edificio ci trasmette attraverso la manifestazione delle patologie di degrado per le quali è opportuno individuare la causa e iden-tificare la problematica relativa avvalendosi anche di indagini diagnostiche, che possono essere di tipo sia quantitativo sia qualitativo23.

Il riconoscimento, quindi, dei danni e delle anomalie in atto, e delle probabili zone dove le forme di al-terazione e degradazione di un elemento si presentano o potrebbero presentarsi, rappresenta un momento fon-damentale. Infatti, solo mediante un’attenta analisi e una valutazione di questi aspetti è possibile costruire un modello del degrado sulla base del quale si potranno dare indicazione relative ad alcuni metodi di interven-to o effettuare controlli e azioni mirate atte a mantenere o a ristabilire le condizioni ottimali affinché non si inneschino processi di degrado determinanti il decadimento prestazionale.

21Per elemento tecnologico si intende un prodotto edilizio complesso capace di svolgere funzioni proprie di una o più unità tec-nologica, necessarie per l’ottenimento dei livelli prestazionali. Parlare di identità per gli elementi significa, quindi, ricondurre a un’u-nica categoria tutti gli aspetti materico-tecnologici volti alla caratterizzazione di una medesima funzione e prestazione. Di conse-guenza, per un insieme di elementi tecnologici «identici» è possibile attendersi, per condizioni ambientali, d’uso e d’esercizio simi-li, un medesimo comportamento in opera, che può determinare l’insorgere delle stesse patologie di degrado. Affrontare un’analisi per classi tecnologiche identiche non è però in contraddizione con l’affermazione dell’unicità dell’edilizia storica, poiché, se è possibile adottare tale metodologia per lo studio e la previsione del comportamento dell’elemento, per la programmazione degli interventi di manutenzione non si può prescindere dal considerare la diversità; è appunto tale diversità, determinata da caratteristiche intrinseche dell’elemento, generate dal tempo, dall’uso e dalle trasformazioni della materia, che rende l’elemento unico e irriproducibile, per cui è opportuno adottare un particolare criterio di conservazione programmata modulato sulle istanze di conservazione. Risulta ovvio co-me tale ragionaco-mento non sia facilco-mente applicabile all’edilizia nuova, per la quale è prassi comune adottare una manutenzione di tipo predittivo, che non permette agli elementi di acquistare e assumere i valori caratterizzanti l’edilizia storica.

22Si veda S. Della Torre, «Piano di manutenzione e consuntivo scientifico nella legislazione sui lavori pubblici», in questo stes-so volume.

23Si veda C. Sotgia, «Il programma di conservazione: indicazioni di metodo per le attività diagnostiche», in questo stesso volume.

Una volta definite le problematiche, le relative patologie connesse e le specificazioni di prestazione dei singoli elementi, è indispensabile indicare le metodologie di verifica del livello prestazionale. Infatti, nel-l’ambito del piano di conservazione la definizione delle specificazioni di prestazione costituisce la cerniera tra le funzioni di analisi e controllo sviluppate nel manuale e nel programma. In conseguenza di ciò uno dei compiti del responsabile della redazione del piano di conservazione è lo studio dei parametri adatti a tradur-re i caratteri emersi dall’analisi delle problematiche, in termini verificabili, condizione essenziale per tradur- rende-re poi fattibile il controllo da parte del rende-responsabile della manutenzione.

A questo proposito risulta opportuno distinguere le problematiche per le quali esistono normative che consentono di esprimere i livelli «prescrittivi», quindi certificazioni di idoneità tecnica, e i requisiti/proble-matiche per i quali non esistono normative di riferimento e occorre, invece, specificare una modalità di ve-rifica appropriata alle condizioni d’uso dell’elemento. È fondamentale, infatti, tenere conto non solo dei pro-blemi di conservazione, ma anche di funzionalità e sicurezza, verificando l’adeguamento normativo. Si trat-terà, cioè, di acquisire la certezza che l’edificio nel suo complesso è in grado di ospitare la funzione cui è destinato, con riferimento alle normative vigenti. Queste ovviamente non saranno da applicare in termini pre-scrittivi, ma «prestazionali», tenendo conto di tutti quei casi in cui le norme, pensate per l’edilizia nuova, se applicate alla lettera all’esistente entrerebbero in conflitto con le finalità di conservazione del patrimonio sto-rico-architettonico24. Operativamente si tratterà di registrare la documentazione esistente e di segnalare even-tuali carenze rispetto alle prescrizioni di legge in tema di:

– sicurezza statica e sismica;

– antincendio;

– igiene;

– barriere architettoniche;

– smaltimento;

– conformità impianti elettrici;

– sicurezza;

– risparmio energetico.

Il piano di manutenzione ha quindi anche il compito di raccogliere tutte le relazioni progettuali, e le prescritte autorizzazioni e certificazioni. Poiché questi sono i temi nei quali è direttamente richiamata la responsabilità di chi gestisce l’edificio, tali informazioni hanno trovato la loro sede più efficace all’interno del manuale d’uso25.

24Cfr. V. Pracchi, «Conservazione e normativa», TeMa, 1, 1998, pp. 52-60.

25Si veda R. Moioli, «Il manuale d’uso», in questo stesso volume.

©Edizioni Angelo Guerini e Associati

Il manuale tecnico si configura come un vero e proprio sistema informativo, ovvero come il quadro delle co-noscenze che consentono di interpretare i fatti osservabili nell’edificio, e gestire di conseguenza le interrela-zioni che, ai diversi livelli, riguardano l’edificio, il suo uso e la sua conservazione.

Il quadro delle conoscenze è costituito dalla registrazione dei dati che descrivono l’edificio o sono a es-so riferibili, e dall’applicazione, all’edificio, delle regole generali, note alla ricerca scientifica, che descrivo-no i processi evolutivi dei sistemi edilizi. La definizione di queste regole precede, concettualmente, lo stu-dio del singolo caso: da esse deriva la capacità di prevedere il decorso dei processi, valutare la gravità dei fenomeni, dare significato di sintomo alle osservazioni e, insomma, effettuare quella diagnosi precoce che serve per attuare la conservazione «preventiva». In questa precedenza delle regole esiste però una duplice criticità: in primo luogo le «leggi» che regolano il comportamento degli edifici antichi sono tuttora poco stu-diate e quindi poco affidabili; in secondo luogo la «popolazione» costituita dagli edifici antichi è assai poco omologabile, sicché l’applicazione di regole precostituite spesso non trova corrispondenza con il caso in esa-me oppure si rivela fallace.

Dalla consapevolezza di tali criticità derivano le caratteristiche che informano il piano di conservazione.

Infatti, nei modelli disponibili di piani di manutenzione è proprio il quadro di conoscenze presupposto che, se applicato agli edifici storici, porterebbe a valutazioni distorte, a catalogare negativamente come anomalie le più significative singolarità, a non tener conto di proprietà maturate nel tempo o determinate da eventi imprevisti.

Rispetto alla costruzione del manuale tecnico, ciò si traduce, a un primo livello, nell’adozione di un pa-radigma descrittivo che vuole essere «individualizzante»: si vogliono registrare non tanto le regolarità e le somiglianze, quanto quegli elementi che consentano di apprezzare le singolarità e le differenze. D’altra par-te occorre ribadire che il manuale è concepito come sispar-tema informativo, quindi come archivio inpar-terattivo, che registra i mutamenti mentre li inquadra e fornisce gli elementi per interpretarli e governarli.

Nel documento Regione Lombardia. Volumi pubblicati (pagine 30-33)