I contratti di rent to buy hanno trovato dei grossi ostacoli alla loro diffusione, in assenza di una disciplina specifica, da un lato, nell’inadeguata tutela sostanziale delle parti, dall’altro nel rischio di una penalizzazione sul piano fiscale. Si trattava in particolare delle questioni legate alla trascrivibilità del contratto e alle durata dell’effetto prenotativo, alle conseguenze dell’eventuale fallimento di una delle parti, alla disciplina delle restituzioni per il caso di inadempimento e per il caso del mancato esercizio del diritto di acquistare l’immobile.
Di fronte a questi profili che hanno frenato il decollo del rent to buy a nulla sarebbero serviti gli sforzi interpretativi dell’autonomia privata. Per cui gli operatori pratici, e nel caso di specie il Consiglio del Notariato, hanno sollecitato un intervento del legislatore che colmasse tali lacune.
Già in occasione del XLVI Congresso Nazionale del Notariato, tenutosi nel Novembre 2013 e dedicato alla “Proprietà dell’abitazione: risparmio familiare, tutela dei diritti e ripresa economica”, il Consiglio Nazionale del Notariato ha presentato un documento da cui risultavano due proposte «volte a garantire ai cittadini il più facile accesso al “bene-casa” » : la prima, riguardava l’introduzione, nell’ordinamento giuridico
italiano, disciplina specifica dei contratti di rent to buy denominati quali “contratti di godimento in funzione della successiva vendita di immobili”; la seconda era relativa alla cessione del credito al pagamento delle rate nella vendita con riserva della proprietà immobiliare, che prevede la possibilità per il venditore di cedere a titolo oneroso ad istituti di credito, previo consenso dell’acquirente, il credito derivante dal contratto di vendita a rate con riserva di proprietà.
Il Consiglio proponeva uno schema composto di due fasi: la prima incentrata sul godimento dell’immobile, pagando un canone periodico in denaro; la seconda, invece, volta al trasferimento della proprietà (o altro diritto reale), con imputazione, totale o parziale, del canone stesso e pagamento del saldo. Si doveva trattare di un accordo diverso dalla locazione finanziaria. Il CNN riteneva che si trattasse di contratti ante-vendita che avrebbero potuto godere di ampio sviluppo, purché, però, venisse assicurata una normativa fiscale favorevole e una normativa civilistica che fornisse adeguate garanzie e tutele ad entrambe le parti coinvolte.
CAPITOLO II
I CONTRATTI DI GODIMENTO IN FUNZIONE DELLA SUCCESSIVA ALIENAZIONE DI IMMOBILI
SOMMARIO: 1. I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione d’immobili (c.d. Rent to buy); – 2. L’art 23 nel dibattito dottrinale; – 2.1 Tentativo di inquadramento sistematico della fattispecie; – 2.2. Ambito di applicazione dell’art 23; – 3. Elementi caratterizzanti; – 3.1. L’immediata concessione del godimento; – 3.2. Diritto all’acquisto del conduttore; – 3.3. L’imputazione di parte dei canoni a corrispettivo dell’acquisto; – 4. Tutela delle parti; – 4.1. Trascrizione del contratto; – 4.2. I rapporti col D.lgs 122/2005; – 4.3. La risoluzione del contratto. Inadempimenti e ripensamenti nell’operazione contrattuale; – 4.4 Restituzione dell’immobile; – 4.5. Fallimento delle parti; – 5. Aspetti fiscali; – 5.1. Imposte indirette; – 5.2. Imposte dirette;
1. I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione d’immobili (c.d. Rent to buy)
L’art. 23 del decreto legge n. 133 del 12 settembre 2014 c.d. decreto “Sblocca Italia”, convertito in legge n. 164 dell’11 novembre 2014, ha introdotto nell’ordinamento la disciplina dei “contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili”, c.d rent to buy. Detto art. 23 dispone quanto segue:
« 1. I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell' articolo 2645-bis codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all' articolo 2643, comma primo, numero 8) del codice civile.
1-bis. Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito.
2. Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo. Per il rilascio dell’immobile, il concedente può avvalersi del procedimento di convalida di sfratto di cui al Libro quarto, Titolo primo, Capo secondo, del codice di procedura civile.
3. Ai contratti di cui al comma 1 si applicano gli articoli 2668, quarto comma, 2775-bis e 2825-bis del codice civile. Il termine triennale previsto dal comma terzo dell'articolo 2645-bis del codice civile e' elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni. Si applicano altresì le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007 nonché degli articoli 1012 e 1013 del codice civile, in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l'articolo 2932 del codice civile.
4. Se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un'abitazione, il divieto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n.122, opera fin dalla concessione del godimento.
5. In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell'immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non e' stato diversamente convenuto nel contratto.
6. In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l'applicazione dell'articolo 67, comma 3, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n.267, e successive modificazioni. In caso di
fallimento del conduttore, si applica l'articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n.267, e successive modificazioni; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5.
7. Dopo l'articolo 8, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 2014, n.47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n.80, e' aggiunto il seguente: "5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.".
8. L'efficacia della disposizione di cui al comma 7 e' subordinata al positivo perfezionamento del procedimento di autorizzazione della Commissione Europea di cui all'articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), di cui e' data comunicazione nella gazzetta ufficiale ».
Con sorprendente celerità il legislatore interviene recependo, anche se non integralmente, la proposta del Consiglio Nazionale del Notariato che, come analizzato nel precedente capitolo, aveva proposto l’introduzione di una disciplina a maglie larghe che consentisse all’autonomia contrattuale di meglio modulare il contenuto del contratto al fine di renderlo il più possibile collimante con le esigenze delle parti nella prospettiva del tanto agognato superamento della situazione di contrazione del mercato immobiliare. La figura del rent to buy si inserisce a pieno titolo in quello che è stato definito
il “diritto civile della crisi economica”. E’ questo il contesto in cui nasce l’idea di un contratto procedimentalizzato che, per consentire il raggiungimento delle finalità volute dalle parti, diventa un vero e proprio percorso giuridico che ha bisogno di dipanarsi in tempi ragionevolmente lunghi e in cui l’acquisto della proprietà si realizza tramite l’utilizzo e la fruizione del bene.
A tal fine il Decreto ha delineato una fattispecie che – pur differendo nel tempo il momento del trasferimento dell’immobile – consente all’aspirante acquirente e all’aspirante venditore di fissare l’affare, pur condividendo l’eventualità che al “segmento” (o fase) del godimento del bene non segua quello un atto finale di trasferimento della proprietà, qualora il conduttore non possa o non voglia esercitare il proprio “diritto all’acquisto”. L’operazione così sommariamente descritta, se opportunamente congegnata è in grado di soddisfare molteplici interessi delle parti.
Per quanto riguarda l’aspirante acquirente, si è già detto che si tratterà - tipicamente - di un soggetto che non dispone delle risorse finanziarie per procedere all’acquisto immediato del bene e non è in grado di procurarsele accedendo ad un finanziamento. A tale soggetto - che si pone l’obiettivo di diventare proprietario di un immobile (per un uso abitativo o non abitativo) - il contratto dà modo di realizzare una sorta di “risparmio programmato” imputando parte del canone, nella misura determinata dalle parti in sede contrattuale, a corrispettivo del prezzo d’acquisto. L’accantonamento che si
viene a creare consente all’aspirante acquirente di dilazionare il pagamento del corrispettivo dovuto per l’acquisto, ma soprattutto gli consente di mettere da parte quel 20% che solitamente non viene finanziato dalla banca e crearsi una base di fiducia creditizia tale da consentirgli di provare quella solvibilità che serve alle banche per erogare il finanziamento 78 che a quel punto sarà di entità inferiore. In un certo senso il venditore svolge una funzione di “incubatore" per l’acquirente.
La previsione di un diritto (e non di un obbligo) in capo all’aspirante acquirente di procedere all’acquisto è funzionale a rendere lo strumento in esame sufficientemente “flessibile”, in modo da consentire al conduttore - che non voglia, o non possa, procedere all’acquisto del bene - di far cadere questa parte del programma negoziale, senza per ciò solo essere considerato inadempiente ma ottenendo la restituzione di tutta o parte dei canoni versati in conto compravendita.
Infatti il comma 1 bis dell’art. 23 - introdotto in sede di conversione in legge del D.L. n. 133/2014 - stabilisce che “Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito”. Dunque, il canone di locazione riceve dalle parti una “duplice bipartizione” e a seconda di come viene articolato il canone l’acquisto del bene diverrà col trascorrere del tempo più o meno probabile. In linea di massima, a meno che la parte imputata a corrispettivo non sia minima, più trascorre il
A.C.NAZZARO, Il rent to buy tra finanziamento e investimento, in Rivista di diritto
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tempo e più vengono versati i canoni mensili da parte del conduttore, più l’acquisto della proprietà dell’immobile, da parte dello stesso, diverrà probabile. Tale somma, che presumibilmente sarà sufficientemente elevata, eserciterà un’effettiva “pressione” sul conduttore in direzione dell’esercizio del diritto all’acquisto, in quanto: da un lato, il conduttore sarà interessato ad evitare di perdere parte del denaro già corrisposto all’aspirante alienante; dall’altro, avendo, appunto, già versato parte del corrispettivo finale, a causa del particolare meccanismo che permette la computazione finale, il saldo da corrispondere si ridurrà e sarà più semplice accedere al credito ed ottenere un finanziamento bancario per il saldo medesimo.
Per quanto riguarda il venditore, abbiamo visto che i contratti di rent to buy nascono dallo specifico intento di dare respiro ai costruttori nel momento di crisi del mercato immobiliare, i quali solitamente sono restii a consegnare l’immobile prima del saldo, ma essendosi finanziati a loro volta con un mutuo, hanno bisogno di mettere a reddito il bene per restituire il finanziamento ed evitare la crisi d’impresa. A tal fine potrà decidere di locare il bene o stipulare un contratto di rent to buy, avendo in quest’ultimo caso l’ulteriore vantaggio di individuare un possibile acquirente.
Oltre al costruttore che si voglia liberare dall’invenduto, il venditore potrà essere anche un qualunque privato che sia intenzionato a vendere il bene immobile, ma che, non avendo un urgente bisogno di liquidità, non sia disposto a “svendere” il
bene secondo gli attuali prezzi di mercato. Attraverso la stipula di un contratto di tal fatta, l’aspirante venditore sarà in grado di trovare più facilmente un “acquirente” (sia pure solo potenziale), dato che la possibilità di pagamento graduale e distribuito in un arco temporale più o meno ampio allarga indubbiamente la platea dei soggetti interessati, tanto più che - come già evidenziato - un ulteriore “incentivo” è costituito dalla assenza di un obbligo di acquisto (quale vi sarebbe in caso di conclusione di un contratto preliminare bilaterale). La mancanza di certezza circa l’effettivo trasferimento del bene, pur rappresentando un “rischio” per l’aspirante venditore, allo stesso tempo è un rischio che viene bilanciato dalla possibilità di ottenere un “canone” di importo più elevato rispetto a quello di una semplice locazione, ma soprattutto viene bilanciato dalla considerazione che, nel caso in cui non si addivenga al trasferimento della proprietà per casa imputabile al conduttore, potrà incamerare tutto o parte dei canoni versati come corrispettivo della cessione a titolo di indennità.
Inoltre a seguito della modifica del maggio 2016 che estende il procedimento per la convalida di sfratto al contratto in esame, viene meno la più grande resistenza mentale che dissuadeva i potenziali concedenti dal concludere un rent to buy, ovvero il pericolo di trovarsi occupato il bene senza avere mezzi processuali con i quali ottenerne in tempi rapidi il rilascio in caso di inadempimento del conduttore.