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La differente applicazione delle norme in relazione alla tipologia di affidamento

1. La società mista nell’attuale assetto ordinamentale

1.2. Il socio privato nella società mista affidataria “diretta” di appalto o concessione.

1.2.1. La società mista con socio operativo ed il Codice dei contratti pubblici Spunti d' inquadramento

1.2.1.1. La differente applicazione delle norme in relazione alla tipologia di affidamento

Si è già più volte segnalato, che la società mista può essere costituita dall'Ente sia per l'affidamento di una appalto che per l'affidamento di una concessione. In campo pubblicistico le due figure sono differenziate in relazione alla loro peculiare strutturazione. L'appalto pubblico è infatti un

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contratto a titolo oneroso nel quale si prevede l'esecuzione di un'attività da parte del privato (che potrà essere un lavoro o una fornitura o ancora un servizio) remunerata direttamente dall'Amministrazione, sulla quale dunque graverà il costo dell'attività. Diversamente, la concessione si presenta come un contratto nel quale la remunerazione per il privato consiste proprio nella gestione (dell'opera o del servizio) oggetto del contratto. Dunque elemento distintivo che differenzia in modo netto i due istituti è il "rischio" connesso all'operazione, che nel secondo caso sarà assunto dal soggetto che materiale trae il suo vantaggio economico dalla gestione del bene o del servizio119. Il Codice dei contratti pubblici recepisce tali nozione, definendone i contenuti nell'art. 3. Emerge però dalla lettura del testo che un regime differenziato è previsto in relazione ad un particolare tipo di concessione, quella di servizi. Questa figura è infatti regolata all'interno dell'art. 30, che espressamente prevede che «salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi» (così il comma 1°). La norma dunque esclude, per la concessione di servizi, l'applicazione generale delle regole contenute nel Codice, facendo poi riferimento al necessità di rispettare i principi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e quelli relativi ai contratti pubblici per la scelta del concessionario. Il richiamo è, in particolare, ai principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. La scelta legislativa approntata nel Codice dei contratti pubblici, è diretta connessione della medesima esclusione che le concessioni di servizi hanno avuto in sede comunitaria120. La situazione è peraltro destinata a mutare a seguito

(119) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4682, in Foro amm. CdS, 2013, pp.242 con di S.

MONZANI, Il trasferimento del rischio economico di gestione quale tratto distintivo della concessione

rispetto all'appalto di servizi e le conseguenze in tema di normativa applicabile, cit., 243.

(120) Il riferimento è alla Direttive 2004/17 CE e 2004/18 CE in attuazione delle quale è stato

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dell'adozione (recentissima) di un testo comunitario proprio dedicato alle concessioni, sia di lavori che di servizi. La norma introduce dunque una specifica regolamentazione anche per tali strumenti121, destina ad essere recepita anche nell'ordinamento interno.

1.3. Il socio privato finanziatore

Connotazione assai differente assume il socio privato qualora lo stesso si configuri come socio finanziatore. In tali casi l’apporto è primariamente economico.

Storicamente un riferimento generale è possibile rispetto al fenomeno delle c.d. “privatizzazioni” avvenuto a seguito di un cambio di indirizzo delle amministrazioni in relazione all’intervento pubblico nell’economia122. Come già si è avuto modo di vedere, mentre in alcuni casi tali privatizzazioni hanno portato ad una fuoriuscita del pubblico da determinati settori economici in altri casi l’ingresso del capitale privato ha assunto un ruolo di stimolo e prosecuzione nello svolgimento di attività da parte delle società a partecipazione pubblica (è il caso proprio delle società degli Enti locali per la gestione di servizi pubblici). E’ peraltro ipotizzabile la presenza di soci finanziatori anche nelle società miste “operative” come sopra descritte. Dal complesso delle norme in materia non si evince infatti un divieto generalizzato di tale figura anche se la sua connotazione è sicuramente complessa. In dottrina è stato evidenziato che se tale ingresso non pare mostrare particolare problemi da un punto di vista societario, meno semplice è il rapporto con i particolari requisiti richiesti alla società mista

(121) Si tratta della già citata Direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 sull'aggiudicazione dei

contratti di concessione.

(122) La questione delle privatizzazioni ha coinvolto la dottrina in modo copioso e per molti anni.

Tra i tanti contributi di rilievo si ricordano F. BONELLI, La privatizzazione delle imprese pubbliche, Milano, 1996; S. CASSESE, Le privatizzazioni in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1988, pp 32.

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con socio operativo123. E’ indubbio infatti che qualora ci si trovi nelle società da ultimo citare il ruolo del privato mero finanziatore dovrà affiancarsi alla presenza di un partner privato operativo che svolga materialmente il servizio. In questo caso, sebbene la presenza di un socio finanziatore che si aggiunga al socio operativo è di per se astrattamente possibile, non vi è certezza circa la realizzabilità di tale operazione e la ragione di tale ingresso. Certamente, vista la necessità per il partner industriale di formulare l’offerta in base alle prospettive economiche dell’iniziativa di partenariato, l’eventuale ingresso di un socio finanziario dovrebbe essere predeterminata già in fase di prima gara per l’affidamento del servizio. Prescindendo dalla casistica presentata, appare chiaro che l’ingresso del socio, anche solo finanziatore, all’interno di una società a partecipazione pubblica può porre evidenti dubbi circa la necessità di adottare procedimento ad evidenza pubblica che diano garanzia di imparzialità e trasparenza124.

Questo è tanto più vero quanto le società in questione godono di specifiche posizioni di privilegio dovute ad affidamenti diretti o alla detenzione di patrimoni specifici di derivazione pubblica. Non sembra dunque coerente con il sistema di tutele fornite dall’ordinamento la soluzione di una selezione lasciata alla mera valutazione del socio pubblico su di una base puramente fiduciaria125. Una conferma sul punto è stata individuata anche nella disciplina prevista proprio per le privatizzazioni dalla l. n. 474/1994. La norma infatti nella sua formulazione originaria poneva l’attenzione su profili più direttamente connessi all’intuitu personae

(123) Sul punto I. DEMURO, La partecipazione del privato, in C. IBBA – M.C. MALAGUTI – A. MAZZONI, Le società “pubbliche”, Torino, 2011.

(124) La posizione trova peraltro riscontro in dottrina e in giurisprudenza già da lungo tempo. Cfr.

M. DUGATO, I concorsi per partners di società di gestioni di servizi pubblici locali, in Giorn. dir. amm., 1999, pp. 1067.

(125) Non sono mancate in giurisprudenza posizioni più aperte all’esclusione dei soci privati meri

finanziatori dell’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica: in tal senso Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369, in Foro Amm. CdS, 2006, pp. 3348. Peraltro la decisione è stata oggetto di critica da parte della dottrina: cfr. L. PERFETTI, Il Consiglio di Stato e il diritto societario, in Foro

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favorendo trattative dirette con i potenziali acquirenti delle quote società oggetto di dismissione. La l. 350/2003 ha poi provveduto a modificare il riferimento indicando invece la soluzione delle “modalità trasparenti e non discriminatorie”, sancendo dunque una sorta di abbandono di letture volte ad una esclusione totale di procedimenti di evidenza pubblica in caso di dismissioni. Resta in ogni lasciata alle amministrazioni maggiore flessibilità di scelta rispetto alla strutturazione di tali modalità trasparenti vista l’espressa esclusione dalle procedure di contabilità dello Stato.

Si può dunque ritenere, che anche l’ingresso di un socio privato mero finanziatore necessiti di un passaggio attraverso procedure selettive che saranno caratterizzate da una maggiore tasso di flessibilità. In ogni caso dovranno essere rispettati i criteri minimi in grado di rispettare una valutazione basata su principi di trasparenza e non discriminazione così da permette un forma di competizione tra i potenziali soggetti interessati. In questi casi dunque, differentemente da quanto accade per la scelta del socio operativo, i termini della selezione saranno maggiormente indirizzati alla valorizzazione dell’elemento quantitativo dell’offerta e non di quello qualitativo, tanto più che il socio potrà anche non essere un imprenditore ma un soggetto che svolge solo attività finanziarie.

La rilevanza solo finanziaria della partecipazione del privato viene a rilievo anche al momento dell'uscita dello stesso dalla compagine sociale. Anche in questo caso, le differenze con il modello della mista con socio operativo si rivelano importanti (come si avrà modo di valutare meglio nel terzo capitolo). Il socio che apporta solo capitali potrà infatti cedere la propria quota con maggiore flessibilità non dovendosi sottoporre agli stretti vincoli che rilevano in altri modelli di partenariato. Sarà comunque importante, per il socio pubblico, tutelare la stabilità della società mista anche in questi passaggi individuando, in sede statutaria o in attuazione a

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patti parasociali, procedimento precisi connessi all’alternanza dei soci privati.

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