1. La società mista con socio operativo scelto con gara: il modello nella disciplina dei servizi pubblici local
1.3. Le modifiche all’art 113 apportate dalla legge 28 dicembre 2001, n
Con l’introduzione dell’art. 35 della l. 28 dicembre 2001, n. 448 (nota anche come finanziaria 2002) il legislatore apporta sostanziali modifiche
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alla disciplina in materia di servizi pubblici locali segnando un momento di discontinuità con la precedente impostazione169.
L’intento primario è quello di aprire in modo deciso il settore alle dinamiche concorrenziali, recependo in parte le istanze espresse in sede comunitaria170. In quest’ottica sembra che lo spazio riservato ai privati sia solo quello dell’esternalizzazione pura del servizio171: la finalità è una piena realizzazione del modello di “concorrenza per il mercato” che passi attraverso procedure ad evidenza pubblica172.
Ecco dunque le ragioni della sostanziale riscrittura dell’art. 113, con l'inserimento della distinzione tra servizi pubblici locali di rilevanza industriale o privi di tale caratteristica a cui viene dedicato un articolo separato, il 113-bis173.
Nello specifico la disciplina dell’art. 113, facendo espressamente salve le disposizioni previste per i singoli settori specifici (è il caso della L. 36/1994, in tema di servizio idrico integrato; il D.Lgs. 422/1997, in materia di trasporto pubblico locale; il D.Lgs. 79/1999, in materia di energia elettrica; il D.Lgs. 164/2000, in tema di gas) e quelle nazionali di attuazione delle normative comunitarie, individua quale modello unico per l’erogazione dei servizi di rilevanza economica quello della società di capitali. In particolare il comma 5° prevede che «l'erogazione del servizio, da
(169) Cfr. G. PITTALIS, Regolazione pro-concorrenziale dei servizi pubblici locali: un principio vincolante per Stato e Regioni, in Giustizia Amministrativa, 2002, pp. 1476.
(170) Ci si riferisce in modo specifico all’atto di messa in mora dello Stato italiano da parte della
Commissione europea rubricato al n. 2184/1999 e comunicato con lettera n. SG (2000) D/108243 del 8 novembre 2000. In quella sede la Commissione sollevava forti dubbi sulla legittimità dell'ampiezza degli affidamenti diretti presente nella disciplina interna relativa alla gestione dei servizi pubblici locali. Sul punto I. SECCO, La compatibilità con il diritto comunitario del modello
dell'affidamento diretto dei servizi pubblici locali, in www.osservatorioappalti.unitn.it
(171) Cons. Stato, Ad. Gen., 16 maggio 1996, n. 90, in Cons. Stato, 1996, 1640.
(172) L. PERFETTI, I servizi pubblici locali. La riforma del settore operata dall’art. 35 della legge n. 448 del 2001 ed i possibili profili evolutivi, in Dir. Amm., 2002, pp 587.
(173) In realtà manca nel testo una precisa individuazione della nozione di servizi di rilevanza
nazionale e molti aspetti di definizione sono devoluti ad un regolamento di attuazione che in realtà non vedrà mai la luce.
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svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica». Dunque vi è un netto restringimento delle possibilità di scegliere tra una pluralità di modelli organizzativi ed il ruolo dell’Ente si impone come quello di mero regolatore del servizio e non più di diretto gestore174.
Ulteriore novità della riforma è la volontà di valorizzare ed incentivare la separazione decisa tra la proprietà delle reti ed impianti e la gestione del servizio a rilevanza industriale. Si deve ritenere che all’interno del concetto di “reti e impianti” il legislatore voglia ricomprendere quanto (a livello di infrastrutture) è fondamentale per la produzione del servizio. Son dunque da ritenersi esclusi altri beni, quali gli edifici o le strutture amministrative, non caratterizzanti l’attività175.
La norma prevede che qualora la titolarità di tali reti è dell’Ente locale, la proprietà è intrasferibile (così art. 113, comma 2°), salva la possibilità per gli Enti di conferire tali reti ed impianti in un soggetto appositamente costituito. In questi casi l’Ente (o gli Enti in forma associata) dovranno mantenere la maggioranza delle quote sociali. Qualora la gestione delle reti non coincida con quella del servizio, il comma 4° dell’art. 113 individua due possibili modalità di gestione: 1) a soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione maggioritaria degli Enti locali, anche associati, cui può essere affidata direttamente tale attività; b) ad imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7°.
Per quanto riguarda i servizi privi di rilevanza industriale, l’art 113- bis prevedeva differenti modelli di gestione tra cui 1) istituzioni; 2) aziende
(174) Cfr. G. GUZZO, Società miste e affidamenti in house, Milano, 2009, pp 140.
(175) Cfr. G. CAIA, Le società con partecipazione maggioritaria di Comuni e Provincie per la gestione dei servizi pubblici locali (dopo la legge finanziaria 2002), in www.giustizia-amministrativa.it.
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speciali, anche consortili; 3) società di capitali costituite o partecipate dagli Enti locali. Come si può vedere, in questi casi la scelta del legislatore si contrappone a quella fatta per i servizi industriali.
Appare dunque chiaro che la volontà normativa è quella di riservare esclusivamente al mercato quegli spazi in cui si può proporre una libera contendibilità del servizio, con il corollario delle procedure trasparenti, lasciando alla gestione interna dell’Ente le sole attività non appetibili per i soggetti privati e di cui dunque la p.a. deve farsi carico. In questo contesto lo spazio per la società mista si restringe e si modifica176. In relazione ai servizi di rilevanza economica essa non pare più doversi leggere come un modello organizzativo distinto dall'affidamento a terzi, divenendo di fatto la società di capitali (a prescindere dalla proprietà pubblica, privato o mista) l'unica forma di gestione possibile177. Rimane invece aperta la possibilità dell'utilizzo della società mista come modello differenziato di organizzazione per la gestione delle reti e per i servizi privi di rilevanza economica178.
L’uscita dell’amministrazione da "soggetto attivo" nella gestione del servizio si presenta dunque preponderante179 nella nuova disciplina legislativa che intravede nel mercato la migliore soluzione possibile180. Le norme non incontrano però la piena approvazione degli organismi comunitari che con una nuova procedura di infrazione181 mettono
(176) Sul punto si veda C. VOLPE, Le società miste nei servizi pubblici locali: evoluzione o involuzione di un modello?, in Urb. e app., 2003, pp. 714.
(177) Sul punto R. URSI, Le società per la gestione dei servizi pubblici locali, in Dir. amm., 2005, pp.
180.
(178) Cfr. G. CAIA, Le società a prevalente capitale pubblico locale come formula organizzativa di cooperazione tra i Comuni, in Foro amm. T.A.R., 2002, pp. 1232.
(179) Sul punto si deve rilevare che ad opera dell'art. 35 viene abrogato anche il comma 2° dell'art.
112 che espressamente prevedeva la possibilità di riserva in esclusiva dei servizi pubblici locali da parte degli Enti locali.
(180) In senso critico V. DOMENICHELLI, I servizi pubblici locali tra diritto amministrativo e diritto privato (a proposito del nuovo art. 13 del T.U.E.L.), cit.
(181) Ci si riferisce all'atto della Commissione CE di reiterazione della messa in mora del 26 giugno
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nuovamente in discussione l'impostazione data dal legislatore italiano dando l'impulso per un rapido ripensamento della disciplina.
1.4. Le leggi 24 novembre 2003, n. 326 e 24 dicembre 2003, n.