1. La società mista con socio operativo scelto con gara: il modello nella disciplina dei servizi pubblici local
1.9. La sentenza della Corte costituzionale n 199 del 2012: quale disciplina per i servizi pubblici locali?
La disciplina pro-concorrenziale delineata dal legislatore con l'art. 4 del d.l. 138/2011 non ha lunga permanenza nell'ordinamento. Con la sentenza 20 luglio 2012, n. 199 la Corte costituzionale dichiara infatti l'illegittimità costituzionale della norma per evidente contrasto della stessa con l'art. 75 della Costituzione220. Il ripristino, ad opera dell'art. 4, della disciplina dell'art. 23-bis non è ritenuta compatibile con il chiaro intento espresso dalla collettività con il referendum del 2011, non rinvenendosi - a ragione della Corte - elementi di novità capaci di giustificare una rinnovata proposizioni di tali disposizioni.
Si potrebbe sul punto obiettare che - sebbene fosse passato poco tempo e non vi fosse stato un cambio di legislatura - non di meno gli avvisi delle istituzioni europee e le spinte economiche emergenziali221 davano alle nuove scelte legislative (rivolte ad una più concreta liberalizzazione dei servizi pubblici) un taglio in parte differente da quello espresso nell'art. 23- bis. La Corte costituzionale ha inteso però dare priorità alla salvaguardia dell'intento referendario, rinvenendo nell'art. 4 i medesimi principi ispiratori che erano stati oggetto della decisione della volontà popolare. Non è parso rilevante neppure il fatto che l'art. 4 avesse escluso dalla sua applicazione il servizio idrico integrato (vero oggetto della "battaglia" dei referendum del 2011). Come già evidenziato nella pronuncia n. 24/2011, la Corte ha infatti riconosciuto che l'intento abrogativo riguardava tutti i
(220) Per un attento commento delle ragioni di tale decisione si rimanda a M. MIDIRI, La consulta riaccende la discussione sui servizi pubblici locali, in Il nuovo diritto amministrativo, 2012, pp 105;
anche A. VIGNERI, La disciplina dei servizi pubblici locali dopo la sentenza della Corte costituzionale
n. 199/2012, in www.astridonline.it. e J. BERCELLI, Servizi pubblici locali e referendum, in Gior. dir. amm., 2013, pp. 155.
(221) Il riferimento è in particolare alla lettera inviata al Governo italiano dalla Banca Centrale
Europea in data 5 maggio 2011 nella quale si indicavano le principali misure di apertura al mercato volte al superamento della crisi economica.
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servizi pubblici locali di rilevanza economica e non solo il servizio idrico integrato.
1.9.1. Le norme applicabili dopo la sentenza della Corte costituzionale
Con l'eliminazione delle disciplina dell'art. 4, non determinandosi in ogni caso la reviviscenza delle norme precedentemente abrogate, si riapre la possibilità per gli Enti locali di accedere ad una pluralità di modelli di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica senza più i rigidi vincoli della normativa precedente. Rimangono infatti applicabili, oltre alle discipline di settore non toccate dalla sentenza n. 199/2012, i principi generali desumibili dall'ordinamento interno e comunitario nonchè quelli affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE come peraltro inquadrati dal giudice interno.
A sostegno della volontà del legislatore di rispettare l'assetto così definito, un successivo nuovo intervento legislativo ha - di fatto - fornito una regolamentazione de minimis dei servizi pubblici locali di rilevanza economica all'interno dell'art. 34, commi 20°-26°, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221222 . La disposizione "istituzionalizza" la necessità di motivare la scelta rispetto al modello di gestione in modo completo e non meramente enunciativo permettendo così «di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento» (comma 20). Dunque, a differenza di quanto accadeva con la precedente normativa, l'Ente locale potrà optare anche per l'autoproduzione senza che questo si configuri come una scelta
(222) Sul punto C. VOLPE, La "nuova normativa" sui servizi pubblici locali di rilevanza economica. Dalle ceneri ad un nuovo effetto "Lazzaro". Ma è vera resurrezione?, in Il nuovo Diritto Amministrativo, 2013, pp. 3.
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assolutamente residuale e oggettivamente improponibile sopra determinate soglie economiche. Tale scelta dovrà essere però il riflesso di un'adeguata ponderazione che dia ragione della convenienza economica e funzionale del modello di gestione verso cui ci si indirizza223. Essa dovrà peraltro concretizzarsi in un'apposita relazione tecnico-economica capace di evidenziare le ragioni dei processi valutativi svolti dall'Ente così da rendere il procedimento comprensibile anche per la cittadinanza (e platea di utenza) che del servizio sarà utilizzatrice. La disposizione specifica altresì la necessità di definire gli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, con l'indicazione delle compensazioni economiche previste e questo onde evitare l'eventuale configurazione di oneri impropri o aiuti di Stato che possano portare ad una distorsione della concorrenza.
E' poi implementata l'impostazione già presente nell'art. 3-bis del d.l. 138/2011, con l'inserimento nell'articolo di un comma 1-bis che stabilisce «Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei» (comma 23°)224.
In relazione allo strumento della società mista rimangono valide le indicazioni fornite in sede europea in tema di PPPI a cui si affiancano le disposizioni rimaste vigenti, come l'art. 3-bis del d.l. n. 138/2011 che, si è detto, sancisce per i servizi di rilevanza economica "a rete" un'organizzazione ottimale per ambiti territoriali ampi capaci di meglio
(223) Il ragionamento è peraltro connesso alla necessità di rispettare i principi organizzativi
dell'Amministrazione pubblica: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 1990, n. 374, in Foro it., 1991, pp. 270. In materia di gestione dei servizi pubblici locali in particolare art. 117 t.u.e.l.
(224) Per un’attenta disami delle normative applicabili a seguito della sentenza della Corte
costituzionale 199/2012 si veda D. MASETTI, Rassegna delle norme in materia di servizi pubblici
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rispondere a logiche economiche di scala ed efficientemento in termini di resa del servizio. Vengono meno invece le ulteriori specificazioni in senso vincolistico dettate dalle norme non più vigenti, come la quota minima da assegnare al socio privato, lasciando così maggiore flessibilità al modello.
Definiti i tratti "minimi" del modello, quali la necessaria gara "a doppio oggetto" ed la funzione operativa del socio privato, rimangono però grandi lacune su come dare concreta attuazione alla partnership tra pubblico e privato: quali sono i limiti reali dell'affidamento? quali i compiti da assegnare al socio privato? quali i criteri per l'avvicendamento tra soci e la corretta metodologia di calcolo della quota sociale? Interrogativi centrali per la vita della società ed il funzionamento del modello che nè il legislatore (tanto interno quanto comunitario) né la giurisprudenza ha saputo, fino ad ora, esplicitare fino in fondo.
Si cercherà pertanto nei prossimi paragrafi di indagare tali aspetti alla ricerca di un modello di società mista operativa capace di ritagliarsi uno spazio definito quale modello di gestione attuabile nei servizi pubblici locali così come in altri settori dove si vorrà sviluppare tale tipo di collaborazione.
2. La costituzione della società mista operativa da parte dell’Ente