La riforma dei Servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica nella legge n
8. Servizi di sicurezza e autorità giudiziaria: dalla separazione alla sinergia
Attività di intelligence e attività investigativa puntano sempre ad acquisire informazioni su fenomeni criminosi; entrambe, per riuscire a contrastare la criminalità ancora in corso di svolgimento, agiscono prevalentemente con indagini occulte, le uniche in grado di far conseguire qualche risultato utile. L'unica distinzione si rileva in merito al profilo della competenza; infatti, mentre i servizi di sicurezza sono incardinati nell'organizzazione dell'esecutivo, l'autorità inquirente è attratta nella funzione giudiziaria182.
La segnalata divisione di attribuzioni, non è di certo inedita; tuttavia, la novità può essere considerata il progressivo slittamento della funzione propria dei Servizi di intelligence verso quella della polizia giudiziaria. Allo stesso modo: l'attività giudiziaria, soprattutto quella impegnata nella lotta al terrorismo e al crimine organizzato, ha assunto caratteri e finalità non dissimili dall'attività di intelligence.
181T. F. GIUPPONI, Servizi di informazione e forze di polizia dopo la legge
124/2007, in Contributo per il gruppo di lavoro di Astrid, Astrid, 2009.
182R. ORLANDI, Attività di intelligence e diritto penale della prevenzione,
in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 227 e ss.
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Così, per tutelare la sicurezza dei cittadini (interesse astratto per eccellenza) è andata acquisendo sempre maggior valore la possibilità di intervento delle moderne agenzie di controllo. A tal fine, iniziative promosse dal potere esecutivo e iniziative giudiziarie vanno coordinate, non vanno condotte separatamente183.
Il problema del necessario coordinamento tra servizi di sicurezza e autorità requirente, in realtà, è antico perché da sempre le informazioni raccolte dai servizi di intelligence riguardano fatti rilevanti anche per l'accertamento penale.
Tuttavia, tradizionalmente, l'attività dei servizi è separata da quella della magistratura e non è da confondere con la stessa. L'attività degli organismi di intelligence, infatti (come abbiamo avuto modo di ricordare a suo tempo), ha come referente principale il Governo nella sua collegialità e, di conseguenza, non dovrebbe essere intercettata da quella funzione di accertamento dei reati che nella nostra Costituzione (art. 101 e 102 Cost.) è riservata esclusivamente all'autorità giudiziaria.
La realtà è ben diversa; difatti numerosi sono i fenomeni e le occasioni di contatto tra l'azione degli Organismi di informazione e sicurezza e le indagini penali184. Le cause di ciò sono rinvenibili in tre ordini di motivi: il fatto che la tutela della sicurezza dello Stato richiede ai suddetti Organismi di occuparsi, tra l'altro, anche di fenomeni criminosi; l'oggettiva difficoltà di tracciare relativamente a tali fenomeni una linea netta di demarcazione tra il momento della prevenzione e quello della repressione; la circostanza che con riguardo ad alcuni fenomeni criminosi più complessi, la commistione tra repressione e prevenzione risulta addirittura inevitabile.
183R. ORLANDI, Attività di intelligence e diritto penale della prevenzione,
in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 230 e ss.
184C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 281 e ss.
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Alla luce di quanto appena detto, appare scontato come il contatto tra l'attività di intelligence espletata dagli Organismi di informazione e sicurezza e l'indagine penale sia all'ordine del giorno e, non stupisce, come detta "contiguità" possa dar luogo a diverse problematiche di carattere giuridico. Al riguardo occorre considerare che l'obiettivo dell'indagine penale è quello di superare il deficit di conoscenza in cui versa il Pubblico Ministero all'inizio di un determinato procedimento; per ovviare a questa "deficienza" l'autorità giudiziaria ritiene opportuno avvalersi di notizie provenienti proprio dai Servizi di intelligence.
Da qui nascono le prime criticità; la prima riguarda la questione del se ed entro quali limiti le informazioni originate dagli Organismi di informazione e sicurezza possano entrare ed essere impiegate nel procedimento penale; il secondo, invece, concerne il difficile assetto dei rapporti intercorrenti tra esecutivo e potere giudiziario185.
Non sfugge, infatti, che l'azione degli Organismi di informazione e sicurezza abbia come utente principale e diretto l'Esecutivo e che dallo stesso provengano direttive e linee di indirizzo; ciò porta alla luce la questione se l'assunzione all'indagine penale delle informazioni di provenienza "intelligence" risulti in qualche modo compatibile con le garanzie di autonomia e indipendenza della Magistratura poste dalla Costituzione. Su questo aspetto, per l'appunto, assume rilievo l'art. 109 della nostra Carta Fondamentale, secondo cui l'Autorità Giudiziaria ha la diretta disponibilità della polizia giudiziaria186.
Tale disposizione è chiaramente finalizzata ad evitare interferenze di altri poteri nella conduzione delle indagini, in modo tale che la direzione risulti effettivamente riservata all'autonomia della
185C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 283 e ss.
186F. SOMMOVIGO, Attività di intelligence e indagine penale, in Nuovi
profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 241 e ss.
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Magistratura. Da questo è possibile, inoltre, ricavare che il citato art. 109 Cost., facendo riferimento esclusivamente alla polizia giudiziaria, non rimette nelle mani dell'Autorità Giudiziaria la possibilità di poter disporre direttamente di organismi di Pubblica Amministrazione il cui personale sia privo delle qualifiche di polizia giudiziaria187.
Così, le questioni sopra riportate, necessitavano assolutamente di un intervento riformatore che si è prontamente affermato con la legge 801/1977 secondo una logica di "separazione dinamica" tra i due "comparti".
In particolare, all'art. 9 della legge si prevedeva l'esclusione, per gli appartenenti ai Servizi di informazione, di ricoprire la qualifica di ufficiale ed agente di polizia giudiziaria prevedendone, altresì, la sospensione per coloro che la ricoprivano al momento di entrare a fare parte dei medesimi Organismi188. Lo stesso art. 9 stabiliva che il personale dei Servizi doveva dare comunicazione soltanto ai rispettivi Direttori della notitia criminis acquisita durante il corso della loro attività istituzionale; a questi ultimi, poi, era demandato il compito di riferire quanto appreso alla polizia giudiziaria.
In sostanza, quindi, il Legislatore del 1977 aveva previsto un sistema improntato su una leale collaborazione tra i due soggetti dello Stato (senza che venisse meno, allo stesso tempo, una netta separazione tra le diverse attribuzioni a loro spettanti), e su un rapporto che garantiva la piena autonomia e indipendenza sia della Magistratura che dei Servizi di informazione e sicurezza (questo lo si può notare anche dalla posizione intermediaria ricoperta dalla polizia giudiziaria).
Tuttavia il principio della tendenziale separazione ha avuto dei risvolti completamente disattesi nell'esperienza trentennale della legge;
187C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 284.
188F. SOMMOVIGO, Attività di intelligence e indagine penale, in Nuovi
profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 241 e ss.
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difatti, numerosi sono stati i casi in cui Magistratura e Servizi di informazione si sono trovati in posizione quasi sovrapposta e spesso capaci di creare delle situazioni incresciose.
Peraltro la possibilità di "momenti di contatto" è stata oggettivamente aumentata dal Legislatore del 1991 quando, con la legge n. 410189, ha
previsto che i Servizi svolgessero attività informativa rispetto ad ogni pericolo o forma di eversione che potesse minacciare le istituzioni e lo sviluppo della civile convivenza. Con la legge appena menzionata, infatti, è progressivamente cresciuta la possibilità che le notitiae
criminis e le informazioni raccolte dai Servizi potessero defluire
all'interno delle indagini penali190.
Con l'avvio della XV Legislatura, si aveva la consapevolezza di dover riformare il quadro -insufficiente- fino ad allora vigente191, affrontando il problema con un approccio globale capace di dare vita ad un vero e proprio statuto organico dei rapporti tra Organismi di intelligence e Magistratura192.
189In particolare: decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, recante “Disposizioni urgenti per il coordinamento delle attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata”.
190C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 285 e ss.
191 Nonostante ci fosse stato un’ulteriore intervento con l’art. 4 d. l. n. 144
del 2005 (convertito con la legge n. 155 del 2005) che prevedeva che i direttori dei Servizi avrebbero potuto chiedere al procuratore generale presso la corte d’appello, l’autorizzazione ad effettuare intercettazioni preventive ex art. 226 disp. att. c.p.p., quando queste siano ritenute “indispensabili per la prevenzione di attività terroristiche o di eversione dell’ordinamento costituzionale”.
192 La questione, difatti, per l’Onorevole Violante (Atti Camera. I
Commissione Permanente. Resoconto della seduta del 28 novembre 2006) rappresentava uno “tra i capitoli più delicati delle moderne democrazie, soprattutto in Italia, dove l’obbligatorietà dell’azione penale e la piena indipendenza degli organi dell’accusa dall’Esecutivo espone il personale dei Servizi che ha operato in adempimento dei propri doveri istituzionali alla persecuzione penale per atti che in astratto possono configurare ipotesi di reato ma che sono stati commessi nell’adempimento del dovere. Ne derivano incertezza nelle relazioni internazionali, rischi professionali gravi, attività giudiziaria di indagine posta in opera nei confronti di personale dei Servizi,
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In questo senso la legge 124/2007 articola il nuovo statuto in sei punti: - l'esclusione per il personale appartenente ai Servizi di informazione e sicurezza delle qualità giuridiche proprie delle Forze di polizia (art. 23, commi 1-5);
- l'adempimento dell'obbligo di rapporto da parte degli appartenenti agli Organismi di informazione e sicurezza (art. 23, commi 6-8); - la possibilità di richiedere all'Autorità Giudiziaria atti e documenti relativi a procedimenti penali (art. 14);
- la tutela personale degli Organismi di informazione e sicurezza nel corso di procedimenti penali (artt. 27 e 28);
- la previsione di particolari modalità per l'acquisizione di documenti conservati presso gli archivi dei Servizi da parte dell'Autorità Giudiziaria (art. 15);
- l'introduzione delle garanzie funzionali (articoli dal 17 al 20). Quanto al primo punto, la nuova disciplina ricalca in linea generale la legge previgente con qualche piccolo aggiustamento; in effetti, mentre si conferma l'impossibilità che il rapporto tra i due soggetti possa sconfinare in termini di dipendenza l'uno dall'altro (sempre riprendendo il principio costituzionale dell'art. 109 Cost.), una novità viene rappresentata dalla non prevista titolarità delle qualifiche di pubblica sicurezza193. Sembra, a questo proposito, che il Legislatore abbia voluto evitare qualunque assimilazione tra gli Organismi di informazione e le Forze di polizia, chiarendo che essi rappresentano comparti distinti, ciascuno dotato di diversi ruoli e competenze Anche relativamente al secondo punto della nostra analisi si può affermare che non ci sono stati rilevanti novità rispetto alla disciplina del 1977; in questo, infatti, la legge 124/2007 conferma l'assetto
con l’acquisizione di notizie particolarmente delicate per la sicurezza della Repubblica, ma anche la possibilità di abusi da parte del personale dei Servizi…”.
193C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 287.
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delineato stabilendo, all'art. 23, commi 6-8, che l'operatore di intelligence appartenente al DIS o alle due Agenzie ha l'obbligo di denunciare i fatti costituenti reato esclusivamente ai rispettivi Direttori. Questi, a loro volta, sono tenuti a comunicare quanto saputo al Presidente del Consiglio o all'Autorità delegata (ove istituita) e agli organi di polizia giudiziaria.
Rispetto al tessuto della legge 801/1977 rappresenta sicuramente una novità l'introduzione della facoltà del Presidente del Consiglio di richiedere all'Autorità Giudiziaria atti e informazioni indispensabili per lo svolgimento delle attività del Sistema di informazione e sicurezza della Repubblica194.
In realtà, occorre ricordare che un istituto analogo era stato già previsto all'interno del codice di procedura penale (art.118 c.p.p.). L'articolo, infatti, contemplava la possibilità per il Ministro dell'interno di richiedere e ottenere dall'Autorità Giudiziaria atti e documenti la cui cognizione sia ritenuta indispensabile alle strategie preventive dei delitti implicanti l'arresto obbligatorio in flagranza. Si tratta di un istituto che è stato soggetto a molte critiche da parte della dottrina che ne ha da sempre contestato l'ammissibilità nell'ordinamento195.
Tuttavia, il Legislatore del 2007 ha voluto prevedere la possibilità di richiedere atti e documenti anche al Presidente del Consiglio - direttamente o "a mezzo" del Direttore del DIS196- nei confronti
194C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 291 e ss.
195F. SOMMOVIGO, Attività di intelligence e indagine penale, in Nuovi
profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 252 e ss.
196Al riguardo, si è dell’avviso che il dettato normativo non possa essere
inteso come il riconoscimento della possibilità di delegare al Direttore del DIS l’esercizio del potere in questione. Piuttosto parrebbe più appropriato interpretare l’espressione “a mezzo” nel senso che il Presidente del Consiglio possa scegliere se formulare la richiesta all’Autorità Giudiziaria direttamente oppure demandare al Direttore del DIS lo svolgimento dell’adempimento con una sorta di delega di firma. In questo caso, sembra tuttavia necessario
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dell'Autorità Giudiziaria, mutuandone il relativo schema ma introducendo l'art. 118-bis nel codice di procedura penale che si affianca, così, all'istituto già previsto.
Ovviamente un potere del genere affidato al Presidente del Consiglio non può non contenere una dovuta e giustificata motivazione (con argomentazioni di carattere non generico, ma alquanto adeguate e persuasive) dell'indispensabilità dell'acquisizione dell'atto o del documento per lo svolgimento delle attività di competenza dei Servizi di informazione e sicurezza.
Per quanto attiene più propriamente al procedimento previsto per la modalità di acquisizione, viene fatto un rinvio alla disciplina contenuta dall'art. 118 c.p.p. ai commi 2 e 3197.
In particolare, l'Autorità Giudiziaria, ricevuta la richiesta, dovrà provvedere senza ritardo al rilascio della documentazione, oppure adottando un provvedimento di diniego nella forma del decreto motivato. In seguito al provvedimento di diniego, il Presidente del Consiglio avrà a disposizione soltanto il ricordo alla Corte Costituzionale azionando il rimedio del conflitto di attribuzioni. Quarto punto qualificante della disciplina dei rapporti con l'Autorità Giudiziaria riguarda, come detto, la tutela del personale degli Organismi di informazione e sicurezza nell'ambito dei procedimenti giudiziari con particolare riferimento a due mezzi di prova al quale può essere soggetto il funzionario dei Servizi: le prove orali e le intercettazioni di conversazioni198.
Il Legislatore per ovviare a questa situazione ha cercato da un lato di garantire fin dove possibile la riservatezza dell'identità degli addetti al
che il Direttore del DIS,nell’indirizzare la richiesta di informazioni operi, dando conto del mandato ricevuto dal Capo del Governo.
197F. SOMMOVIGO, Attività di intelligence e indagine penale, in Nuovi
profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 252 e ss.
198C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I
servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 294 e ss.
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Sistema di informazione e sicurezza, proteggendoli anche da eventuali clamori mediatici che possono accompagnare lo svolgimento dei procedimenti penali, dall'altro evitare che al processo penale vengano acquisite, anche solo incidentalmente, notizie coperte da Segreto di Stato.
Non a caso, l'art. 27 della legge 124/2007 esordisce, al primo comma, stabilendo che quando nel corso di un procedimento giudiziario devono essere assunte le dichiarazioni di un addetto ai Servizi o al DIS, l'Autorità Giudiziaria deve adottare ogni possibile tutela della persona da esaminare. Si tratta di un principio evidentemente valido per tutti i riti giurisdizionali previsti dall'ordinamento. Essa quindi trova applicazione, oltre che nell'ambito del processo civile e/o penale, anche in quello amministrativo.
A chiusura di questa disamina, non si può non sottolineare come il Legislatore, pur proponendo delle novità di ampio respiro nei rapporti tra Servizi di informazione e Magistratura, ha in qualche modo alterato lo spirito proprio dell'attività degli Organismi di intelligence con un evidente spostamento della stessa a favore delle Forze di polizia199.
Il rischio è quello di snaturare la funzione dei Servizi, orientandoli più verso l'indagine penale che verso il reperimento degli elementi cognitivi indispensabili per la funzione di governo, alterando, in un certo senso, il disegno tracciato dalla Costituzione con l'art. 109. Tuttavia, una simile evoluzione non deve stupire più di tanto. Sembra ragionevole, in effetti, che di fronte a manifestazioni criminose capaci di minare le basi della nostra convivenza civile, lo Stato unisca le forze e favorisca la leale collaborazione fra le proprie istituzioni.
199R. ORLANDI, Attività di intelligence e diritto penale della prevenzione,
in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 234 e ss.
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