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possa in questo punto dipendere da quello del ramo occidentale e, dunque, a una configurazione tale per cui la variante tacayn risultasse verificata in B 7 (retrodatando

PROSPETTO DELL’ARGOMENTAZIONE

P 5 possa in questo punto dipendere da quello del ramo occidentale e, dunque, a una configurazione tale per cui la variante tacayn risultasse verificata in B 7 (retrodatando

di una circa mezzo secolo prima attestazione in antico catalano) e indipendentemente in P5, allora occorrerebbe valutare ulteriormente e riallacciare insieme tutti gli aspetti linguistici presupposti. Se, invece, si riuscisse a comprendere con chiarezza in che modo e perché i testi, fino al capitolo 27 sicuramente indipendenti, di P5 e dei codici del ramo occidentale si fanno sempre più vicini, a prescindere dal turbamento di Av P9, allora il fatto si potrebbe attribuire la lezione a un solo gruppo, pur permanendo il dato rilevantissimo di un’attestazione tanto antica dell’aggettivo.

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A questo inquadramento generale, seguono, come si è detto sopra, le schede descrittive di ciascun testimone. Si fa presente che lo sbilanciamento della sezione dedicata alla lingua di Av, oltre che riproporsi il tentativo di presentare in maniera ragionata i tratti linguistici che distinguono il testo, risponde all’esigenza di fornire uno strumento linguistico utile anche alla lettura del testo critico.

Per quanto riguarda le schede successive, ben più sintetiche, la scelta di unire sotto uno stesso capitolo l’esame relativo ai tre testimoni del ramo occidentale risponde all’esigenza di agevolare la comparazione tra gli elementi che connotano in senso diatopico il ramo della tradizione e, dunque, di corroborare quanto sostenuto al cap. 3.2.2.

5.2 LA LINGUA DI Av

La complessiva uniformità linguistica di Av si distingue per chiari tratti riferibili a una scripta provenzale,330 dalla cui patina rodaniano-mediterranea

emergono alcuni elementi marcati diatopicamente, sulla base dei quali è possibile ipotizzare una localizzazione nell’entroterra orientale del dominio occitanico.

La proposta si fonda sul frequente riscontro di tali fattori di discontinuità in testi conservati in codici di area valdese331 e nei Misteri provenzali del XV secolo,

soprattutto in quello di sanct Poncz, conservato nel codice Arch. Dép. fonds de la commune du Puy-Saint-Pierre, II 2, e nel mistero di Sant Anthoni de Viennes, tràdito dal testimone Arch. Dép., fonds de la commune de Névache, II, 1.332

L’affiorare di elementi dialettali così forti in un tessuto linguistico complessivamente coerente e poco connotato, mi sembra rispondere a quanto 330 Per quanto concerne la scripta letteraria dei secoli XIII e XIV, si tenga presente quanto rilevato da Pfister: «les bases de comparaison sont faibles, les chartes n’étant pas publiées intégralement, à l’exception peut-être de quelques villes importantes (…)» Pfister 1972, pp. 253-254.

331 Il fatto è estremamente significativo e pone le basi per una futura riflessione sulla questione della lingua dei testi valdesi, che consideri il significativo contributo in tal senso del recente studio Borghi Cedrini 2018. Si veda anche Roy Harris: «La littérature occitane d’inspiration vaudoise date vraisemblament de la fin du XIVe siècle avec del prolongements jusque dans le deuxième quart du XVIe siècle. Pour les philologues elle est du plus haut intérêt à cause de la langue dans laquelle elle est écrite. Il s’agit sûrement d’une koiné littéraire comportant certains traits linguistiques qui marquent l’ensemble assez unifié des dialects des deux versants français et italien des Alpes cottiennes». Roy Harris 1982, p. 154.

332 Rispettivamente: «écrit au XVe s. en Dauphiné» BML n. 100, p. 32, cfr. GUILLAUME 1887;« écrit au 1503 en Dauphiné» BML n. 98, p. 32, cfr. GUILLAUME 1884.

CXCIV opportunamente ipotizzato da Pfister, ovvero «qu’au XIVe siècle un scribe occitan à

Rodez tâchait d’éliminer les éléments purement dialectaux et voulait écrire la scripta régionale qui embrassait une zone plus vaste que celle de son dialecte natal».333 In

tal senso, ritengo che si possano imputare i tratti più connotati al copista di Av. L’esposizione è impostata secondo il modello dell’introduzione linguistica approntata da Radaelli per il Libre de Barlaam e Josaphat, integrata con l’esame condotto da Ricketts per la Vida de Sant Honorat:334 la scelta dei due studi è

determinata dalle evidenti affinità linguistiche tra i testi coinvolti, ulteriormente sostenuta dalla parentela tra Av e P9, testimone unico del Barlam.

VOCALISMO (I.) VOCALI TONICHE

a.) A si conserva in sede tonica, sia in posizione libera che implicata. Il passaggio da a> ai-/ay-335 è regolare nel sostantivo ayga, nel caso di fontayna (forse per

influenza della nasale) e in mais/mays (<MAGIS) con valore avverbiale.336 Il dittongo AU si mantiene sempre, con l’eccezione di coza < ᴄᴀᴜᴅᴀ.

b.) Esito -ĀRIU>-ier

cavallier, claustrier, cloquier, deniers, drapier, entier, escalier

(<ѕᴄᴀʟᴀʀɪᴜᴍ), loguier (<ʟᴏᴄᴀʀɪᴜᴍ), mercadier, pasquiers, parsonier,

premiers, uzurier ecc.

Una sola eccezione per mestier con apertura in a (Cap. 24 § 159 li fa

mestiar).337

Esito -ĀRIA>-iera338

derniera, maniera, pleniera, premiera. Si mantiene anche in sede

protonica: entierament, plenierament, premierament. c.) Esito Ū> u

condug, escut (<ѕᴄᴜ̄ᴛᴜᴍ), fust, glut (<ɢʟᴜ̄ᴛᴇɴ), mut (<ᴍᴜ̄ᴛᴜѕ) nul, nut

(agg. ɴᴜ̄ᴅᴜѕ), salut, vertut ecc.

Ma soplicon (Cap. 11 § 194), forse analogico sulle forme atone (cfr.

infra). In corrispondenza di soplicon, soplegon in Bc, nella s’aploient,

dunque da ᴘʟᴜ̆ᴇ̆ʀᴇ.

d.) Esito Ō/Ŭ> [ó]

333 Pfister 1972, p. 263. 334 RADAELLI 2016, pp. 87-127.

335 Per le numerose ipotesi circa la genesi della -i nell’evoluzione dal latino AQUA,cfr. Crescini 1926, pp. 29-30.

336 Mentre la congiunzione avversativa è sempre mas, con l’eccezione del § 154 del Cap. 23 (E per cuy nos

siam non tan solamens lavatz mays ayssi coma tenhs en grana siam renovellatz e bateiatz el sanc de Jhesu Christ per devotion e per ferven amor).

337 Il fenomeno caratterizza significativamente la Vida de Sant Honorat, per cui cfr. RICKETTS 2007, pp. 54-56.

CXCV

boca (<ʙᴜ̆ᴄᴄᴀ), borsa, cort (<ᴄᴜ̆ʀᴛᴜѕ), cros (<ᴄʀᴜ̆x), dolor, enveios, ergulhos, ergulhoza,339 flors, gloria, jove, laorador (così anche peccador

e tutti i derivati del suffisso-ATOREM)340, lauzor, lebros, lebrozia, loba,

molt, resplandor, plors, valor ecc.

ma peiura (cap. 7 § 175)341 murtre (< frk. *ᴍᴜʀþʀᴊᴀɴ).342

e.) Esito Ŏ > [ò]

cors (<ᴄᴏ̆ʀᴘᴜѕ), costa (<ᴄᴏ̆ѕᴛᴀ), defors (DE+ꜰᴏ̆ʀᴀѕ), forsa (<ꜰᴏ̆ʀᴛɪᴀ), obra

(<ᴏ̆ᴘᴇ̆ʀᴀ), prop (<ᴘʀᴏ̆ᴘᴇ) ecc. f.) Esito Ĕ/AE > [ε]

amonesta, amonestament, cel (<ᴄᴀᴇʟᴜᴍ), pes, febre (<ꜰᴇ̆ʙʀɪѕ), pes (sost.

masch. da ᴘᴇ̄ѕ, -ᴇ̆ᴅɪѕ), ecc.

Sono attestate forme con chiusura di Ĕ in i

libre (< ʟᴇ̆ᴘᴜѕ, -ᴏ̆ʀᴇ),343 requista,344 tristicia,345 cobezicia (ma anche cobeeza,

cobezeza)346 ecc. g.) Esito Ē/Ĭ> [é]

339 Per la formazione di aggettivi denominali con suffisso -os- cfr. Adams 1913, pp. 324-329. 340 Cfr. Ivi, pp. 36-51.

341 Per l’evoluzione di meillura (mai attestato in Av) e peiura cfr. Crescini 1926, p. 12. 342 Tra gli esempi per la chiusura di o>u in Appel 1918 § 29, p. 32.

343 Stesso esito ma per libriers (che ha la stessa radice) in Sept Sages de Rome, BRUNEL 1955 (frammento conservato nel testimone dell’Archivio dipartementale di Vaucluse – Archives communales de Châteauneuf-du-Pape – con segnatura GG 2, non repertoriato da Brunel (BML)– la presenza del frammento nel testimone risulta fattizia: «rogné sur les bords, taché et frottè sur la partie extérieure» ivi, p. 244): il testo è una traduzione in prosa dal francese, databile su base paleografica al XIV secolo. L’indagine di Brunel rileva che la lingua non è omogenea e presenta al contempo «des caractères du Bas-Languedoc et, plus précisément, du Narbonais» ivi, p. 245.

344 La forma è attestata in testi collocabili in zona sud-orientale del dominio d’oc. In ambito trobadorico la forma requista è attestata unicamente nel componimento Amic Guibert, ben a set ans passatz di Bertan Albaric in tenzone con Guibert (BEdT 77,01, HARVEY-PARTERSON 2010,p. 159), conservato nel solo canzoniere f. Occorre tre volte in posizione di rima nel Breviari (vv. 10745:10746 requista: vista; vv. 22523-22524 requista: Babtista; vv. 26861-26862 evangelista: requist. Si tenga tuttavia in conto che sono al contempo verificate le rime vv. 12655-12656 testa: requesta; vv. 23700-23701 festa: requesta, RICKETTS

2006). Ricorre almeno in cinque attestazioni del Petit Thalamus (PEGAT -THOMAS –DESMAZES 1836), in un documento dell’Archivio di Digne datato al 1442 (MEYER 1909,p. 263), è regolare nello Statuto marittimo di Marsiglia (CONSTANS 1907 e 1908).

345 La forma è regolare nella traduzione occitanica della Doctrina Puerill di Lullo (MARINONI 1997), ricorre frequentemente nel Nuovo Testamento di Zurigo (SALVIONI 1890), nella Bibbia secondo il ms. di Carpentras (NÜESCH 1979),nella traduzione del Libre Scintillarum (conservato nel testimone della BnF fr. 1747, «écrit au XIVe s. en Dauphiné» BML n. 155, p. 47. Cfr. edizione di riferimento WAHL 1980, ma il testimone, per cui cfr. anche qui Introduzione cap. 2.1, è ampiamente esaminato da Borghi Cedrini in riferimento alla traduzione di Beda, cfr. Borghi Cedrini 2018. Coerentemente con questi rilevamenti, segnalo che la forma tristicia è attestata anche sia nel trattato di area valdese conosciuto come Vergier (DEGAN CHECCHINI 1974)che nel Vertutz (BORGHI CEDRINI 1984).Per quanto riguarda le attestazioni su

COM2, risultano estremamente pertenenti le occorrenze nei poemi valdesi pubblicati in CHAYTOR 1930 (in

particolare segnalo l’occorrenza nel terzo dei sei poemetti per la serie rimica vv. 5-8 tristicia: pigricia:

avaricia: cubiticia, o anchora il sesto vv. 257-260 tristicia: malicia: cubiticia: justicia). Non comprendo

invece il valore da attribuire al fonema i nell’unica occorrenza trobadorica in rima: si tratta del planh di Joan Esteve Cossi moria, conservato dal solo canzoniere C (BEdT 266,04 vv. 23-26: «Mai no cre sia/ le dans ploratz/ ni·l tristicia/ dels turmentatz», VATTERONI 1986, p. 87).

CXCVI

aurelha (ᴀᴜʀɪᴄᴜʟᴀ), bel, benezetz, borzes, conselh (<ᴄᴏɴѕɪ̆ʟɪᴜᴍ),347 det (<

DĪGITUM)348, enveia (<ɪ̆ɴᴠɪ̆ᴅɪ̆ᴀ), estela,349 fe, fencha (part. pass. femm.

sing. da ꜰɪ̆ɴɢᴇ̆ʀᴇ), freg,350 frevol, -s, frevoleza (<ꜰʟᴇ̄ʙɪʟɪѕ),351 lagrema,

lengua (<ʟɪɴɢᴜᴀ), meravilha (<mīrabĭlia),352 neus (<ɴɪ̆ᴠᴇ),353 presist (<*PRE(N)SISTĬ),354sageta, sen (<*ѕɪ̆ɴɴᴏ̄-, dessenament) ecc.

h.) Si tengano inoltre presenti i seguenti esiti:

➢ arneys (da *ʜᴇʀɴᴇѕᴛ)355, attestato due volte:356 la forma è poco

frequente ed era stata ricondotta ad un’area francese (o comunque settentrionale) da Grandgent. La si ritrova in rima anche nella Vida

de Sant Honorat, così commentata da Ricketts: «nous avons ici un

représentant du group de mots où nous trouvons ei pour e».357

➢ Diverse le occorrenze di cilh, ilh, aquilh (< ILLĪ,caso soggetto) e ist, cist, aquist (<ISTĪ).358

➢ pays (<ᴘᴀɢᴇɴѕɪѕ) è l’esito regolare. La forma del sostantivo, così anche al v. 1089 della Vida de Sant Honorat è così commentata Ricketts: «doit être un emprunt au français».359

➢ pigre (<ᴘɪ̆ɢᴇʀ).360

347 In un solo caso consili ma il contesto è particolarmente connotato e il lemma occorre nel significato di ‘concistoro’, cfr. § 30.7.B. E li demoni tengron aquella nueg semblant consili en aquella gleyza.

348 Il det del Cap. 29 § 146 è ind. imperfetto di dar. Negli altri casi, ovvero al Cap 11 § 115 (que Dieus

escriys de son det benahurat en .ij.a. taulas de peyra, dove traduce il francese doi – da DIGITUS, cfr. FEW, vol. 3 p. 76 b) e Cap. 29 § 372 (en so que el escrivia am lo det en la terra) e subito dopo al § 373 (En

l’Escriptura del det entendem). L’uso è verificato anche nella Vida de Sant Honorat (cfr. «Cette forme se

retrouve dant toute la partie occidentale de la langue d’oc» RICKETTS 2007,p. 50); per la distribuzione delle forme dit det si veda Hoepffner 1926, p. 48. Il fatto che la forma det, presente in tutti i testimoni (con l’eccezione di B7, che ha il catalano dit) sia attestata senza irregolarità nel nostro codice e nella Vida de

Sant Honorat mi rende incline a considerare la possibilità che la forma sia da considerare un elemento di

debole caratterizzazione in termini diatopici.

349 Così Grandgent: «Estela presupposes a Latin *stēla or *stēlla for stĕlla cf. the Fr. and It.», Grandgent 1905 § 30, p. 18.

350 Per la derivazione di freg a partire da una base latina FRĬGIDUM e non FRĪGIDUM (come nel latino classico) per analogia con l’aggettivo RĬGIDUM, cfr. Crescini 1926, p. 10.

351 Lo sviluppo della i in o è imputabile all’influenza della labiale precedente, così anche in RICKETTS 2007, p. 51 (freol v. 3904).

352 Così anche nella Vida de Sant Honorat «impossible de dire si l’on a ici affaire à un changement de suffixe ou à un développement savant», RICKETTS 2007, p. 49.

353 «in *nĕve für nĭvem, prov. nèu, gehört schon dem gesprochenen Latein an», Appel 1918 § 30, p. 33. 354 Ivi § 31, p. 34.

355 FEW, vol. 16, pp. 202-203.

356 Si tenga presente che, come riportato in seconda fascia di edizione (cfr. Cap. 4 § 443), in corrispondenza della lezione arneys/ arneis, testimoniata solo in Av P9 e Bc, gli altri codici conservanti varianti sostanziali alternative. La seconda attestazione del sostantivo è solo in Av P9 (cfr. Cap. 25 § 189).

357 RICKETTS 2007, pp. 50-51. Le numerose attestazioni trobadoriche – da Guglielmo IX a Giraut de Bornelh, inducono lo studioso a ritenere che il suo autore abbia privilegiato la forma accreditata dall’uso trobadorico. Per gli altri riferimenti, cfr. Grandgent 1905 § 25,3 («arnei, fei, mei = me, palafrei, perquei,

sei =se are French or borderland forms. Mercey, rey =re, used by Marcabru, seem to be due either to an

imitation of such forms as the preceding or to the analogy of crei cre < crēdo», pp. 16-17; Crescini attribuisce invece queste forme a« deviazioni volute dalla rima» Crescini 1926 p. 6 – non commenta l’esito

arneis/arneys).

358 Cfr. Appel 1918 § 31, p. 34 e Crescini 1926, pp. 7-8.

359 RICKETTS 2007, pp. 49-50. La nota dello studioso coincide con le conclusioni di Crescini 1926, p. 8. 360 La forma è ampiamente attestata nella traduzione del Nuovo Testamento del ms. di Lione (RICKETTS- ROY HARRIS 2011[RIALTO]), nella Bibbia di Carpentras (NÜESCH 1979)e occorre quattro volte nel Vergier

CXCVII ➢ vianda (<ᴠɪ̄ᴠᴇɴᴅᴀ), unica forma registrata, forse per influsso del

francese.361

i.) Esito i < ī (persistente anche davanti a u ma derezions Cap. 4 § 366):

caytiu, ciutat, descriu, escriure, estiu (<ᴀᴇѕᴛɪ̄ᴠᴜѕ), onbriu, rius, viu, (ind.

pres. terza pers. sing. viure) ecc. (II.)DITTONGHI.

(II.A) Il dittongamento ie da Ĕ è regolare quando condizionato, ovvero nei casi che seguono.362

a.) In prossimità di una consonante palatale:

deliech, deliecha (ind. pres. terza da ᴅᴇʟᴇᴄᴛᴀʀᴇ), delieg (sost

masch. sing.), deliegz (sost. masch. plur.), despieg, engienh,

gienh,363 lieg (sost. masch. sing. da ʟᴇ̆ᴄᴛᴜѕ), mieg, miels (forma

regolare da MĔLIUS, mentre mel da MELLE),364 perfieg, pieg (avverbio da PĔIUS, anch,e pieys),365 profieg, vielh, vielhas (<ᴠᴇ̆ᴛᴜ̆ʟᴜѕ), yesca (cong. pres. terza), yeys (ind. pres. terza da ᴇxɪʀᴇ) ecc.

Si mantiene anche in sede atona in perfiechamen, piegers.366

b.) Quando la sillaba che segue ha un yod, come in desirier, estiers (<ᴇxᴛᴇʀɪᴜѕ),367

monestier.

c.) Mentre il verbo requer non occorre mai con dittongo -ier, è regolare per la terza

persona singolare e plurale in fier (<FERIT), refieron, fieron, crucifieron, crucifierunt. La seconda persona del presente del verbo essere yest.368 Le forme

coniugate del verbo getar presentano sempre il dittongo (gieta, gieti, gietan, gietat; si confronti anche con l’esito non dittongato, regolare per ĭ implicata, di sageta (< ѕᴀɢɪ̆ᴛᴛᴀ). Si registrano per il verbo vestir le forme viest e vieston ma l’infinito è

(DEGAN CHECCHINI 1979) e una volta in Vertutz (BORGHI CEDRINI 1984).In COM2 è registrata per un solo

testo (rappresentato da due entrate corrispondenti alle due edizioni confluite nel Corpus), ovvero nel Mistero Provenzale del XV secolo per cui cfr. JEANROY-TEULIÉ 1893 (v. 7882 «que tot jorn iey fach lo pigre», credo in rima con digua? Il testo è tràdito dal testimone Bnf nouv. acq. fr. 6252: «écrit au XVe s. dans le Rouergue» BML 237, p. 68).

361 Così Grandgent: «vianda < (vivenda?) is probably French» (Grandgent 1905 § 28,3, p. 18).

362 Il dittongamento di Ĕ è previsto in alcune precise condizioni, per cui si fa riferimento agli studi di Voretzsch 1900, Meyer-Lübke 1916, Schroeder 1932.

363 «ingenium> engenh> ‘ngenh >’genh> genh» Appel 1918 § 37, p. 43.

364 Sulla localizzazione dell’esito ie (<ę + i) valgano le considerazioni di Pfister: «Eine zusammenhängende Graphieregion ie läßt sich nicht erkennen», Pfister 1970, p. 63.

365 «piegz rimonta non a PĒJUS del lat. classico, ma a PĔIUS volgare, come dimostra la concordia dei riflessi romanzi», Crescini 1926, p. 8.

366 Anche nel Barlaam si registra lo stesso esito per l’avverbio perfiechament, così commentato da Radaelli: «molto probabilmente perché la forma avverbiale è percepita come costituita da due unità distinte», Radaelli 2016 p. 88.

367 Per l’uso della preposizione estiers, cfr. infra.

368 La seconda persona del verbo essere presenta il dittongo per analogia con il passato dei verbi deboli: «ĕs became èst, ièst perhaps through ĕs tu> ès-t-u> èst-tü, supported by the analogy of the preterit ending of the 2d. sg.» Grandgent 1905, § 162 (15), p. 128.

CXCVIII regolarmente e sempre vestir, il condizionale vestia.369 Inoltre segnalo in sede atona

l’esito visti per il perfetto (Cap. 25 § 92 e visti si abiti de peccador, per so que fos

vilmentz tractatz), così anche in posizione pretonica per il futuro vistra per (Cap. 29

§ 539 que los vistra totz de gloria am se). Segnalo infine la presenza degli esiti

sierv/siervon del verbo servir.370 Altri casi: ciera (<ᴄᴇ̄ʀᴀ), hier (<ʜᴇ̆ʀɪ, sempre con

h-).371 Non presente il dittongo leg (ind. pres. terza pers. da ʟᴇ̆ɢᴇ̆ʀᴇ).

d.) Alla prima e seconda persona del perfetto indicativo di prima coniugazione

(doniey, eysauziey, menspreziey, pauziey).372

f.) Il dittongamento in iato è regolare quando e segue u nei pronomi possessivi mieu, sieu (tieu non è mai attestato), nel pronome personale yeu, in Dieu, in Juzieu, corrieu, fieu (<*ꜰᴇʜᴜ), romieus (<*ʀᴏᴍᴇᴜѕ) in Andrieu, Bartolmieu, Matieu. Non si

registra invece per breus, leus, pes).373

369 Per quanto riguarda il dittongamento, Chabaneu riconduce al limosino l’esito viest (cfr. CHABANEAU 1876, p. 287). Tuttavia, segnalo che registrano le stesse forme nel Libre de Barlaam et Josaphat, conservato nel testimone P9, per cui cfr. Radaelli 2016, p. 88. La forma è riscontrabile nel Doctrinal di Raimon de Castellnou, conservato nel tardo ms. della British Library, Harley 7403. Ancora nella traduzione occitanica della lettera del prete Gianni (GOSMAN 1982) conservata in due testimoni BnF fr. 6115 («ecrit au xve s. en

pays catalan» BML n. 173, p. 51) e Bibl. de l’Arsenal 5991 («ecrit au XIVe s. en Languedoc»BML n. 134, p.

41. Il secondo testimone conserva in realtà solo un frammento della lettera, pubblicato da Meyer assieme alla Prise de Damiette, ed è ritenuto dallo studioso indipendente dalla traduzione conservata nell’altro testimone: «on connaissait déjà une traduction provençale de la lettre de prêtre Jean: «elle a été mentionnée par Raynouard à la table qui termine le t. V du Lexique roman (p. 606 a), et se trouve dans le ms. fr. 6115 (…). C’est un ms. du XVe siècle, en papier, qui a appartenu à Peiresc. Cette versione est très-diffèrente de la nôtre; elle dérive certainement d’un autre texte» (Meyer 1977, p. 503).

370 La forma così è commentata da Ricketts nella nota linguistica alla Vida de Sant Honorat: «s’explique par analogie avec la 3e personne du singulier, sierf, qui elle-même est une forme développée par analogie aver la 1re personne» RICKETTS 2007,p. 54. Il fenomeno è altresì commentato in Schultz-Gora 1919b, p. 106, Voretzsch 1900, p. 27. Altamente rappresentata nei documenti avignonesi editi da Pansier, nella traduzione del trattato di Johannes de Caulibus, conservato nel testimone nouv. acq. 6194 (HERSHON 2005

(b); il testimone è il n. 234 del repertorio di Brunel: «écrit au XIVe s. en Provence» BML 234,p. 68),nei registri di Clavaire de Montagnac (Herault, VIDAL 1906e 1907). Sept douleurs de la Vierge, MELIGA 2005 (Sette gioie della Vergine, edito secondo la lezione del ms. Egerton 945, ma il testo è conservato anche in P5, cfr. 2.2.4) e, infine, nel canzoniere trobadorico E («Il dittongamento è ampiamente maggioritario (…) nelle forme rizotoniche di servir», Menichetti 2015, p. 84).

371 L’esito è commentato da Voretzsch 1900, p. 27. Richter propone uno sviluppo a partire dalla locuzione

autre er> autrier. Grandgent la attribuisce a un processo analogico: «A number of cases of iè before r are

doubtless to be explaines by analogy. Hĕri> èr; autre + er> autrèr which, through the influence of adjectives in -èr -ièr became autrier: hence the form ièr». Grandgent 1905, § 30,1 p. 20.

372 Schroeder 1932, p. 173.

373 Il fenomeno del dittongamento quando ĕ è seguita da u è così commentato da Ronjat: «s’est diftongué au moins à partir du XIIIe s.: le Donat écrit eu<e(g)ō, mais les Razos ont ieu, brieumens a côté de eu, breus, et le pronoms poss. m-, t-, sieus, (…) ont presque toujours -ieu-; la diftongaison est presque de règle dans

Brev. et encore plus dans Leys; les actes gév. du XIIIe s. ont souvent mieu, Dieu, et ces grafies sont constantes aus XIVe. Le prov. a conservé iéu (…), siéu, Diéu, léu (…) et bréu < breve, gréu < grave x leve diftongué auraient présenté une succession d’aperturer trop peu différentes; ont peut penser aussi que la voy. simple a été maintenue dans ce trois mots par les fém.», Ronjat 1930, § 89, pp. 149-150.

L’esito è ampiamente commentato anche in Reichenkron 1934: scartando gli esempi trobadorici, registrati senza prendere in considerazione la scripta che caratterizza il canzoniere che li testimonia, si segnala, dallo studio indicato, la registrazione del solo esito breu nei testi avignonesi accolti in PANSIER 1932 e, in

particolare, che in una delle traduzioni occitaniche della Regola di San Benedetto, conservata nel testimone della Biblioteca Municipal 707 («écrit au XIIIe s. vers Avignon»BMF n. 69, p. 23, per cui cfr. anche PANSIER 1932, tomo I, p. 12. : «die Diphthonge überall anzutreffen sind außer bei breu, greu» Reichenkron 1934, p.

CXCIX g.) ECCLĒSIA374 ha sempre l’esito gleyza/gleya (le due forme sono parimenti attestate

nel codice).

h.) In un solo caso è attestata la forma con chiusura della e tonica in i: dezirir (Cap.

4 § 369)375.

(II.B) Il dittongamento ue376 è regolare per o aperta condizionata.

a.) In posizione contigua a consonante palatale

(laterale) erguelh (il FEW indica però una ō, forse analogico? <*ᴜ̆ʀɢᴏ̄ʟɪ̄,

anche l’agg. erguelhos), fuelha (<ꜰᴏ̆ʟɪᴜᴍ), huelh (<ᴏ̆ᴄᴜ̆ʟᴜѕ) recuelh e

recuelhon (<ᴄᴏ̆ʟʟɪ̆ɢᴇ̆ʀᴇ), despuelhava (<ѕᴘᴏ̆ʟɪᴀʀᴇ); vuelh (ind. pres. terza

pers.), ma vulha compresente a vuelha (cong. pres. di terza) e vuelhan (cong. pres. di sesta); (nasale) luenh, luenha, luenhar (<ʟᴏ̆ɴɢᴇ̄);

b.) In corrispondenza di affricata post-alveolare sorda o evoluzione del nesso

originario -CT-

cuetz (part. pass. *CŎCĔRE),bescuetz (corradicale del precedente), vueytz

(ma anche vuetz), vueydas (<*ᴠᴏ̆ᴄɪ̆ᴛᴜѕ), veuyda (pres. ind. terza pers.),

nueg (o nuetz) e anueg (ɴᴏ̆x), tueysegue (<ᴛᴏ̆xɪ̆ᴄᴜᴍ), pruesme

(<ᴘʀᴏ̆xɪ̆ᴍᴜѕ) ecc.

Ma anche in huebre (ind. pres. terza pers. da ubrir, cap. 25 § 29: cant li huebre los huels)377; cuebre (ind. pres. terza pers. da cobrir <ᴄᴏᴏᴘᴇ̆ʀɪ̄ʀᴇ)

e corradicale descuebre (ind. pres. di terza, analogo al precedente).

c.) Nelle voci del verbo poder:

puesc (ind. pres. prima pers.), puescas (ind. pres. seconda pers.) puesca

(ind. pres. prima e terza pers.), puescan (ind. pres. sesta pers.) d.) Quando la sillaba che segue contiene un yod (dentale -DJ-):

enueges (cong. pres. di seconda dalla base latina ɪ̆ɴᴏ̆ᴅɪᴀʀᴇ), huey

(<ʜᴏ̆ᴅɪᴇ), pueys (sost. masc. <ᴘᴏ̆ᴅɪᴜᴍ, cap. 11 § 64 sus en los pueys, cap.

162. Significativa la considerazione per cui, accettando ma prescindendo dalle conclusioni di Ronjat sulla semplificazione del nesso esplosiva + r + j e sull’influsso esercitato dalle forme femminile, Reichenkron mette in evidenza la compresenza di forme diverse negli stessi testi: il quadro sembra presupporre che, anche laddove l’esito naturale sarebbe un dittongo, registrato regolarmente in altre forme, l’esito breu greu si assesta sempre nella forma monottongata. Ricketts riassume così lo status quaestionis nell’edizione della

Vida de Sant Honorat: «breu, leu et greu ne se diphtonguent qu’assez rarement dans les anciens textes et