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la cui patina linguistica, affine a quella del gemello Av (cfr 5.2), conserva complessivamente le stesse caratteristiche individuate per il Libre de Barlaam et de

PROSPETTO DELL’ARGOMENTAZIONE

P 9 la cui patina linguistica, affine a quella del gemello Av (cfr 5.2), conserva complessivamente le stesse caratteristiche individuate per il Libre de Barlaam et de

Josaphat da Radaelli.311

L’importanza del dato linguistico è stata messa in rilievo anche in sede di apparato, dove si registrano le varianti di natura grafica, ritenute distintive in prospettiva diatopica e commentate in questo capitolo o nelle note al testo.312 I tratti

distintivi sono stati, dunque, raccolti e ragionati per ciascun singolo codice e, con un maggior livello di approfondimento, per il testimone Av, scelto come testo base di edizione.313

Come si è a più riprese accennato, la tradizione e la circolazione del Libre coinvolgono l’interno dominio d’oc, a Est e a Ovest del Rodano. Rispetto alla suddivisione linguistica nelle quattro aree individuate da Suchier, la tradizione del

Libre risulta così distribuita:314

[Si esclude il testimone, sicuramente catalano B7, non sembra razionalizzabile e richiede più approfondite indagini la posizione di P7]

1. causa [k], fait [yt]: V

4. causa [k], fach [tš]: Av P9,Bc, P5

A questa prima e tradizionale indicazione, si può aggiungere un ulteriore elemento di riscontro, funzionale anch’esso a corroborare l’ipotesi di bipartizione della tradizione nelle due macroaree geografiche.

Al Cap. 31 § 257 è attestata la lezione enfantilhoneguas [grafia di Av]: è verosimile che la forma del sostantivo possa spiegarsi sulla base di un’evoluzione analoga a quella di messonega (<ᴍᴇɴᴛɪᴏ, così la grafia nel codice avignonese).

A sostegno di questa possibilità, si vedano gli esiti di entrambi i sostantivi negli altri codici:

311 RADAELLI 2016, pp. 87-127. «Il testo si distingue per una sostanziale omogeneità grafico-linguistica che si adegua in modo evidente a una scripta provenzale del XIV secolo, con tratti ricondubili alla Linguadoca orientale» ivi, p. 87).

312 Per l’impostazione dell’Apparato critico, cfr. 7.2. Si tenga presente la considerazione di Zufferey, rispetto ai canzonieri trobadorici: «Pour procéder à l’étude linguistique de la tradition lyrique d’oc, il est absolutment nécessaire de recourir directement aux manuscrits. En effet, les éditeurs ne retiennent d’ordinaire dans les apparats critiques que les variants les plus significatives, négligeant à just titre les variants purement graphiques», Zufferey 1987, p. 12.

313 Sulla scelta di Av come testo base, cfr. 6.

CLXXXVIII

enfantilhoneguas Av enfantilhargas Bc, enfantilhorgas P5 V

mentre è indipendente la forma

enfantees in B7 [con probabile dileguo di una consonante intervocalica]

La forma messorga, maggioritaria in P5 e in V, è alternata con

messonega (forma esclusiva di

Av) anche in Bc.

In uno studio dedicato alla circolazione del lemma ‘menzogna’ in italiano, francese e spagnolo, Jud estende la riflessione agli esiti del sostantivo in antico occitano, indagandone la distribuzione nei testi di prosa religiosa e rilevando che

on sera porté à attribuer la forme mensonega, mensonga à la Provence proprement dit. messorga, qui est assez fréquent dans les textes languedociens [cita la Prise de Damiette e la traduzione del Vangelo di San Giovanni] surgit aujourd’hui dans le territoir de dimergue (<DOMINICU ‘dimanche’) canorgue

(< CANONICU) et de domergue (<DOMINICU adj.)315

Tenendo presenti le considerazioni esposte dallo studioso, si tenga conto ancora dei seguenti elementi:

(I.) Il sostantivo enfantilhergua risulta attestato due volte nella

Legenda aurea e una volta nella Vida di San Francesco, entrambi testi per cui

è stata proposta una localizzazione linguadociana.316 Rispetto ai tratti che

permettono di definirne la collocazione, questo elemento risulta discontinuo solo per il codice Bc (per cui cfr. 5.3). Non trovandone, invece, ulteriori attestazioni, è da ritenersi provenzale la forma enfantilhoneguas, così come conservata in Av, secondo l’indicazione di Jud, ovvero senza ulteriori elementi di riscontro.

(II.) In relazione agli altri sostantivi presentati da Jud, il quadro risulta coerente con quanto rilevato: ditmenges in B7 ditmerge in P5, dicmergue in

P7, mentre dimenegue è attestato in Av e Bc, dimenge si altera con dimergues in V; canonegues Av Bc, canorgue in P5 (il passo in cui è attestato il lemma è omesso in P7 V e assente, per lacuna materiale, in B7, cfr. Cap. 23 § 241).

315 Jud 1950, p. 105

316 Così le due citazioni nella Legenda aurea: «Et en sa enfantilhergua comenset aver bon engien e subtilh» (TAUSEND 1995,p. 182); «Et endevenc se que santa Justina converti Cipria, que era estat profes al Demoni

en enfantilhergua» (ivi, p. 348). Mentre nella Vida del glorios sant Frances si legge: «Et encaras ne son forsat per rayso de devotio, la qual son tengut ad aver al sant payre sant Francesc, quo aquel en mas enfantilhargas, per los sier meritz pregarias fu deliurat de mort», ARTHUR 1955, p. 140. Per quanto riguarda la localizzazione del primo dei due testi, si tenga presente che l’edizione TAUSEND 1995, consultabile sul

portale RIALTO, pubblica il testo secondo la redazione “B”, conservata nel testimone Bnf nouv. acq. 6504

(«écrit au XVe s. en Languedoc» BML n. 238, p. 70; ma cfr. 2.1); si rimanda soprattutto allo studio di Zinelli, per un preciso ragguaglio linguistico sui catalanismi conservati nel codice (Zinelli 2009). La Vida di san Francesco è invece conservata nel codice di Assisi Chiesa Nuova 9 («écrit au XIVe s. sans doute par l’auteur, le frére mineur Mathieu, “del castel de las Bosiguas que es juxta l’estayn de Taur en l’avesquat d’Acde” (Bouzigues, cant. de Mèze, arr. de Montepellier)» BML n. 283, p. 82); oltre all’edizione citata, cui si rimanda per un orientamento sulla lingua del codice, si tenga conto anche dell’edizione, sempre a cura di Arthur, della Legenda Maior Sancti Francisci in occitano, conservato nello stesso codice assisiate e in Todi, Biblioteca Comunale 128 (ARTHUR 1995, ma si veda anche Brunel G. 1976) e infine, per un

ragguaglio recente e aggiornato sul codice che tiene conto, tra le altre cose, anche della sua veste linguistica, si veda Radaelli 2017.

CLXXXIX A uno sguardo generale, il tentativo di superare la stratificazione linguistica, progressivamente sedimentata e resa sempre più fitta dalla sovrapposizione delle mani dei singoli copisti, risulta particolarmente oneroso per un testo in prosa, privo della controprova rimica.

Come specificato nei relativi approfondimenti che seguono, occorre tenere presente che trarre una conclusione in merito alla lingua dell’originale, allo stato attuale degli studi, non risulta possibile. Il problema testuale, ancora in parte irrisolto, costituisce un ulteriore ostacolo a un’indagine stratigrafica di natura comparativa: una volta accertato con chiarezza il problema nodale della posizione di P5, in particolare nelle parti in cui la tradizione si complica (per cui cfr. 3.4.4., riguardo il capitolo 29), sarà possibile formulare ipotesi più solide.

Pur nella limitatezza del caso, è possibile ragionare su almeno due luoghi per i quali la varia lectio sembra determinata da un problema di natura lessicale che potrebbe rilevarsi spia di una lezione originaria, riferibile a un’area occidentale e recepita con difficoltà dai codici provenzali.

Si tenga presente, tuttavia, che si esclude la possibilità di formulare ipotesi di natura più ampia sulla sola base dei ragionamenti che seguono, che si limitano, pertanto, a suggerire alcuni spunti di riflessione.

Capitolo 25 § 153. feda-ovelha

Da un punto di vista testuale, la varia lectio riferita a questa lezione è in linea con i processi di trasmissione, così come ricostruiti al cap. 3.4.3.

Si legga il contesto esteso e si confrontino distesamente le varianti alternative alla lezione segnalata in grassetto:317

153.] § Verays humils es aysi com li

simpla feda, en cuy es tot bon que aia e

profichable: li lana, li pel, li carn, le lach, le fruc, le fems

li simpla feda vielha Av P9 simpla feda Bc

la simpla feda P5

la simpla feda aqui hom diu obeya B7 la simpla feda aqui hom di oveya P7 la simpla feda que es dicha ovelha V

La lezione vielha di Av P9 sembra fraintendere o in qualche modo rimodulare quanto risulta più chiaramente rappresentato nel gruppo B7 P7 V, ovvero la presenza di un’alternativa a feda (ovelha) che, anche da un punto di vista linguistico, richiama un certo interesse.

La diffusione nel dominio d’oc del sostantivo ovelha (<ᴏ̆ᴠɪ̆ᴄᴜʟᴀ) è limitata a testi provenienti da Ovest, con forte connotazione in zone limitrofe alla fascia pirenaica, coerentemente con quanto riferito nel FEW, che amplia lo spettro di indagine anche all’area italiana:

317 Si segnala in nota, come indicazione accessoria, la lezione dell’ipotesto francese: «Il est aussi come la simple berbiz en cui tout est bon et profitable, et lainne et poil et leit, fruit et fiens», BRAYER-LEUREQUIN

CXC Es wurde durch drei wörter erstetzt: pecus (resp. pecora) in Mittel- und

Süditalien, sowie im grössten teil von Oberitalien, feta, im Friaul, Venetien, in den lombardischen Alpen, Piemont, Ligurien, sowie in der östlichen hälfte von Frankreich, das dim, von ŏvis, ŎVĬCULA im

südwesten Galliens, auf der Pyrenäenhalbinsel (…). Dem entspricht auch die verbeitung des wortes im rom.: pg. ovelha, sp. oveja, kat. ovella.318

Da un sondaggio in COM2,è possibile verificarne l’uso in testi di varia natura e provenienza, tra cui il Breviari d’amor (conservato in testimoni linguadociani, tendenzialmente occidentale), e in alcuni componimenti di lirica trobadorica, sicuramente rapportabili a una zona limitrofa con la Catalogna.319

Per quanto concerne la prosa, il sostantivo è attestato frequentemente nella traduzione del Nuovo Testamento conservata nel ms. di Lione, nella Vita di San Francesco,nella Legenda aurea, nel Barlam e Josaphat, nella traduzione della Chirurgia

di Albucasis, nella Canso de la Crosada.320

Infine, in ambito documentario, risulta ampiamente attestato nei registri dei visconti del Lavedan,321 nei registri di Beaumont-de-Lomagne e nei Coutumes de

l’Agenais:322 tutte le località indicate si trovano sulla fascia occidentale della catena

dei Pirenei.

Nell’ambito di un più ampio studio dedicato alla distribuzione diatopica del sostantivo in questione, Duzat, dopo aver suddiviso i domini galloromanzi in tre macroaree riconducibili alle forme BERBICE, OVICULA e FEDA, richiama le indagini lessicali di Raynouard e conferma, sostanzialmente, quanto già riscontrato:

En provençal, ovelha devait s’étendre un peu plus à l’est qu’à l’heure actuelle. Raynouard l’a relevé dans Guillaume de Tudela, Augier, Bernard de Rovenac, la Vie de Saint Romain, la traduction de la Règle d e Saint-Benoît; - en regarde, il note feda dans Raymon d’Avignon, La nobla

leyczon, Philomena.323

318 FEW, vol. 7, p. 446 b.

319 Nel sirventese/dansa di Bernart de Rovenac, Una sirventesca, BEdT 66,4, v. 32, conservato solo in C e R, che condivide lo stesso modello metrico del sirventese di Cerveri da Girona (Ta mal me fay sala BEdT 434a,075, unicum di Sg), ovvero nella dansa anonima Pres soi ses faillencha (BEdT 461,198, unicum di L); nel sirventese di Gausbert de Poicibot (di incerta attribuzione) Ara quan l’iverns nos laissa BEdT 173,001 a v. 18 in rima.

320 Rispettivamente WUNDERLI 2009-2010 (zona Albi, edito anche in RICKETTS ROY HARRIS 2005, consultabile sul portale RIALTO),ARTHUR 1955 e TAUSEND 1995 (Si rimanda alla n. 297 per più precise indicazioni sulla localizzazione linguistica dei due testi), RADAELLI 2016,ELSHEIKH 1992 (conservata nel

testimone n. 95 della Biblioteca della Facoltà di Medicina di Montpellier, BML n. 121, scritto nei pressi di

Foix, sempre sulla fascia pirenaica), MARTIN-CHABOT 1989. 321 Conosciuto anche come Livre de Benace, BALENCIE 1910. 322 OURLIAC-GILLES, 1981.

323 Dauzat 1914, p. 179. Per i riscontri trobadorici, si veda la nota 301. Per quanto riguarda gli altri testi, mentre non riesco a risalire alla Vie de Saint Romain cui si accenna, mi sembra verosimile che il riferimento alla traduzione della regola di San Benedetto sia da rintracciarsi nel testo conservato nel codice BnF fr. 1852, «écrit au XVe s. verso Moissac [nel dipartimento Tarn e Garonna]», BML n. 157, p. 48. La nobla

leçon è un testo di area valdese (per cui cfr. DE STEFANO 1909),mentre il Roman de Philomena [o Gesta Karoli Magni ad Carcassonam] si conserva nel codice British Museum, Additional 21218 («écrit au XIVe s. vers Narbonne», BML n. 14, p. 5) e nel testimone BnF fr. 2232 (acefalo, «écrit au 1325 vers Narbonne», BML n. 163, p. 49). Per quanto riguarda la segnalazione in Raymon d’Avignon, il riferimento non è chiaro.

Nell’unico componimento lirico attribuitogli, Sirvens sui avutz et arlotz, (BEdT 394,01, conservato in C Da I K R) il lemma feda non risulta mai attestato, almeno nell’edizione accolta in RIQUER 1975,p. 1317 (testo Bartsch-Koschwitz); allo stesso modo, non ne riscontro occorrenze nel compendio in versi della Chirurgia

CXCI A uno sguardo di insieme che tenga conto della diffusione del lemma e degli studi critici, risulta che, per quello che riguarda il dominio d’oc, si possa ritenere esclusiva la forma feda, mentre ovella può affiorare in testi estremamente occidentali o, addirittura, chiaramente influenzati dal catalano.

L’alternanza feda-ovelha costituisce ancora un piccolo caso anche nell’esame della scripta catalana. In particolare, in Badia-Santanach-Soler 2009, si registra l’alternanza nel ms. 101 della Biblioteca pubblica di Tarragona, latore di una traduzione dei Dialoghi di San Gregorio (tra i vari testimoni di riscontro per la definizione della scripta lulliana).

el ms. 101, que conserva un estat de llengua més antic, destaca perquè presenta de manera vacil·lant trets que al ms. 49 es troben en part i en grau molt menor. Alguns trets s’han d’interpretar des de la dialectologia històrica, però la majoria els retrobarem als còdex copiats per Guillem Pagès: (…) i algunes solucions poc freqüents en els manuscrits posteriors a la segona meitat del segle XIV (…) (fedes per ovelles).324

Ovella è ampiamente diffuso nel dominio catalano. In uno studio sulla forma avella, Oliveras segnala che «una mica d’excepció a aquesta hegemonia

aclaparadora de la paraula ovella és el Rosselló, on és habitual que l’ovella s’anomeni feda»;325 l’attestazione limitata al rossiglionese per il sostantivo feda è

sostenuta già da Coromines che ne circoscrive la diffusione, oltre che nel Rosselló, anche in Linguadoca e in una zona delle Alpi estesa al Friuli, al cantone Grigioni e al dominio d’oc.326

Alla luce di queste informazioni e tornando al luogo del testo che si sta commentando, si possono formulare le seguenti considerazioni. In effetti, non sorprende affatto riscontrare la lezione oveya nel ramo occidentale: al contrario, si sarebbe probabilmente imputata a un regionalismo, coerente con la patina linguistica occidentale, densa di elementi catalanizzanti, che distingue il gruppo. La lezione, tuttavia, non si configura come variante puntuale rispetto a feda ma ne costituisce, di fatto, una specificazione, quasi una glossa. La presenza della formula aqui hom

diu, che precede il sostantivo, si può intendere come ‘qui, in questo luogo

geografico’, nel senso di ‘qui/ da queste parti si dice oveya’ o, invece, come un riferimento a una lezione alternativa nel testo stesso (‘qui/in questo punto si dice

oveya). La presenza dell’aggettivo vielha in Av P9, del tutto decontestualizzato rispetto a quanto si sta dicendo, mi sembra una spia importante della seconda possibilità: se così fosse, si tratterebbe di una variante dialettale, estremamente marcata, conservata compiutamente da un solo ramo della tradizione e fraintesa o omessa nei codici che è possibile localizzare in aree dove il sostantivo di maggior diffusione doveva essere feda.

di Ruggero di Salerno, attribuito a un Raimon d’Avinhon, forse lo stesso compositore del componimento citato (RINOLDI 2009,pp. 343-347).

324 Badia-Santanach-Soler 2009, p. 65 n. 10. Credo si tratti di un refuso il numero 49 e che si faccia riferimento al 549 dell’Ambrosiana, testimone antico del Llibre de Contamplació.

325 Oliveras 2013, p. 173.

CXCII Cap. 29 § 424 tacayn

Da un punto di vista lessicale, un altro esempio particolarmente complesso ma significativo, è quello della variante tacayn al Cap. 29 § 424. La lezione è omessa in Av P9, banalizzata in Bc (truant), fraintesa da V (racaus) e mantenuta in

B7 P5 (e, nella tradizione catalana, in M)

La variante tacayn corrisponde a un aggettivo sicuramente attestato in catalano antico.327 La voce francese taquin, ricondotta nel FEW alla radice germanica

takehan* per cui sono registrate le accezioni di «“homme violent, emporté”» con

segnalazione ulteriore: «bearn. tacanh “méchant”»,328 è ricondotta, nella nota

etimologica conclusiva, a associato alla forma catalana:

fr. taquin wird allgemein verbunden mit kat. tacany (seit 1371), sp.

tacaño (seit 14. jh.), pg. tacanho (seit 14. jh.), deren älteste bed.

“verachtenswertes individuum, mensch aus den untersten klassen”, heute “geizig” ist. Diese iberoromanische wortgruppe wird von ML 8531 als entlehnung aus it. taccagno “geizig” angesehen, das er, Diez 312 folgend, auf got. *taho “zähe” zurückführt. Das ist unwahrscheinlich, weil it.

taccagno erst seit etwa 1540 belegt ist. Vielmeher wird das it. wort aus

dem spanischen entlehnt sein, s. Corom 4, 329. Auch fr. taquin kann nicht aus dem italienischen entelhent sein.329

A queste indicazioni, segue un riepilogo della questione, come presentata nella citata ipotesi di Coromines, ovvero come forma derivata, in senso dispregiativo, da un sostantivo ebraico: pertanto, ne risulta che la forma è ritenuta iberoromanza nelle sue derivazioni italiana e francese. Tornando alla nostra lezione, il fatto che non sia possibile rinvenire forme altrimenti attestate in antico occitanico e che, al contrario, il lemma risulti verificato in ant. catalano, sia negli strumenti che nel DTCA (per lo più in testi del XV secolo, con l’eccezione delle quattro occorrenze, al maschile plurale, nel Dotzé llibre del Crestià), pone un problema evidente: a che punto collocare quel tacayn? Le possibilità sono almeno due:

(1.) Occorre presupporre che sia la lezione originaria, pur se rifiutata con una probabile banalizzazione in Bc e una forma di cui non riesco a ricostruire l’eziologia

racaus in V.

(2.) Il caso offre argomenti a favore di quanto segnalato al cap. 3.4.4., ovvero sull’incerta posizione di P5 in questo punto che pare vicino al ramo occidentale (o il ramo occidentale si avvicina a P5).

Accordando maggiore credito all’ipotesi (1.), ne deriverebbe che una lezione originaria, in un passaggio assente nella Somme francese e, pertanto, tipologicamente esposto ad ampliamento, in quanto elenco – sia, di fatto, un catalanismo.

La questione degli accordi tra i testimoni, con una diffrazione di questo tipo, mi sembra decisiva e non ritengo che tutti gli elementi in causa possano dirsi chiariti

327 cfr. DCVB, s.v. tacany, prima entrata: «ant. De baixa moralitat; malèvol enganyador; cast. tacaño», nella parte finale della voce si riporta la proposta etimologica avanzata da Coromines a partire da un takanah in ebraico.

328 FEW,vol. 17, p. 298b. 329 Ivi, p. 299 a.

CXCIII a sufficienza tanto da poter desumere implicazioni certe sulla lingua dell’originale. In ogni caso, se effettivamente non si trovassero ragioni per ritenere che il testo di

P5 possa in questo punto dipendere da quello del ramo occidentale e, dunque, a una