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Diritti, doveri e risarcimento del danno

Nel documento Matrimonio e unione civile a confronto. (pagine 106-113)

Le Unioni Civil

2.5 Diritti, doveri e risarcimento del danno

Si è più volte fatto cenno all’obiettivo del legislatore di distinguere il nuovo istituto familiare da quello matrimoniale. Questa finalità non può dirsi raggiunta con riferimento ai diritti e doveri che sorgono in capo alle parti con la costituzione dell’unione civile. A tal riguardo, infatti, la disciplina delle unioni risulta strettamente modellata su quella coniugale.

La normativa di riferimento è contenuta nei commi 11 e 12 della legge 76/2016, i quali riprendono, con le modifiche del caso, gli artt. 143 e 144 c.c. Deve, inoltre, farsi richiamo al rinvio effettuato in relazione all’art 146 c.c. in materia di allontanamento dalla residenza familiare.

Le parti, così, acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri, derivando l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Sono, poi, tenute a contribuire ai bisogni comuni in “relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo”, “concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune”.

Si tratta di una disciplina che sottolinea quella che è l’impronta familiaristica dell’unione civile pur se il legislatore ha proceduto attentamente ad evitare ogni riferimento al carattere familiare e al concetto di famiglia in relazione ai

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rapporti intercorrenti tra omosessuali98. Meglio, quasi ogni

riferimento. Va, infatti, fatto cenno al contenuto del comma 12 che, derogando all’impostazione che il legislatore conferisce alla legge, prevede che le parti concordino tra loro “l’indirizzo di vita familiare”99. Forse una svista del

legislatore, tuttavia, di gran rilievo se si consideri che non solo alla luce dell’attribuzione di diritti e doveri eguali ai coniugi ma anche delle pronunce delle Corti nazionali ed europee100 si deve giungere ad affermare, qualora ce ne

fosse ancora bisogno, che la coppia omosessuale ha una vita familiare ed è una famiglia101.

In virtù di queste considerazioni, il comportamento del legislatore a non voler qualificare l’unione omosessuale quale “famiglia”, come istituzione che va oltre l’interesse del singolo, soprattutto in un’ottica di unione familiare costituita da figli, non può essere condiviso.

Venendo ad una ricognizione specifica di diritti e doveri previsti per le coppie omosessuali abbiamo già avuto modo di far cenno all’obbligo di assistenza materiale e morale,

98 A titolo esemplificativo l’obbligo di contribuzione è sancito in relazione ai “bisogni comuni” e non ai “bisogni della famiglia”

99 Da rilevare che il riferimento a “l’indirizzo di vita familiare” di cui al comma 12 rappresenta l’unico riferimento esplicito nell’ambito della legge 76/2016 alla termine “famiglia”.

100 Si fa riferimento all’orientamento prevalente delle Corti interne e delle Corti europee che riconoscono famiglia anche nelle convivenze diverse dal matrimonio e nelle unioni anche prive della filiazione. In particolare, il riferimento è all’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo sulla vita familiare.

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all’obbligo di coabitazione, alla fissazione di una residenza comune, alla contribuzione ai bisogni comuni.

L’ambito di tutele non si esaurisce qui. La disciplina patrimoniale prevista per i coniugi risulta applicabile anche agli uniti civilmente i quali possono scegliere il regime di separazione dei beni in alternativa a quello automatico della comunione102. Ancora, sono estensibili alla disciplina

matrimoniale i diritti in materia successoria, di ordini di protezione contro gli abusi familiari (14º comma), di scelta dell’amministratore di sostegno e azione per l’interdizione o l’inabilitazione ovvero revoca delle stesse (15º comma), di annullamento del contratto per violenza (16º comma), di indennità in caso di morte del prestatore di lavoro (17º comma), di sospensione della prescrizione (18º comma), di obbligazioni alimentari, di costituzione del fondo patrimoniale, di trascrizione della domanda di scioglimento della comunione legale avente ad oggetto beni immobili e di nota di trascrizione (19º comma). A questa disciplina individuata specificamente deve poi aggiungersi la norma di richiamo di cui al comma 20. Disposizione, questa, di carattere generale che permette l’applicazione delle previsioni già previste per i coniugi agli uniti civilmente ad

102 È doveroso rammentare come la scelta del regime patrimoniale rappresenta uno degli elementi, insieme alla generalità delle parti e alla residenza delle parti e dei testimoni ed eventualmente all’individuazione del cognome comune, che devono essere contenuti nell’atto di costituzione dell’unione civile.

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esclusione di quelle non espressamente richiamate dalla legge e quelle dettate dalla l. n. 184/1983 in tema di adozione.

Le parti, inoltre, per espressa previsione di legge non possono derogare ai diritti o ai doveri previsti dalla legge, facendo rinvio agli artt. 162,163,164 e 166 c.c. Si pone così, al pari di quanto previsto per i coniugi, una limitazione all’autonomia negoziale delle parti. Non è prevista, invece l’applicazione di alcune norme che contribuiscono alla regolamentazione della vita matrimoniale. Si intende alludere alle norme di cui agli artt. 159, 160, 165 e 166 bis c.c.

Il primo contiene una disciplina sulla situazione del minore ammesso a contrarre matrimonio. Il mancato richiamo della novella in materia si spiega in base alla previsione del divieto di contrarre unione civile valevole per gli ultra sedicenni, comportando, questa, evidenti problemi di legittimità costituzionale, non essendoci ragionevoli argomenti per le quali ammettere il minore a contrarre matrimonio e non unione civile.

L’art.160 c.c., invece, contiene una disciplina in materia di divieto di costituzione della dote. Poco condivisibile l’esclusione di questa norma. Ebbene, la giustificazione di questa omissione si riscontra in prima facie nella

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considerazione per la quale la dote nasce come apporto della donna al rapporto coniugale, e nel caso dell’unione omosessuale, considerata l’unicità del sesso, l’istituto non potrebbe essere comunque attuato. Inoltre, è certamente più esatto affermare che il mancato richiamo è dovuto alla inutilità della dote anche in campo matrimoniale in considerazione dell’affermarsi del principio di eguaglianza tra coniugi.

Più complesse le ragioni che portano all’omissione del richiamo all’art. 161 c.c., poco chiare, infatti, sono le motivazioni della sua esclusione in materia di unioni civili essendo doveroso precisare come il divieto contenuto nella disposizione non risulti presentarsi come un’impossibilità di dar vita a convenzioni patrimoniali atipica. Nella specie la disposizione prevede un divieto rivolto ai coniugi “di pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi” e un obbligo rivolto agli stessi di “enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti” non comprendendosi le ragioni per le quali queste previsioni siano applicabili ai coniugi e non agli uniti civilmente e specificando come la suddetta disposizione vieti solo l’eventuale richiamo alla legislazione straniera fermo restando la possibilità di riferirsi alla stessa enunciandone

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espressamente il contenuto. Una risposta al problema potrebbe ricercarsi nel senso di un’inutilità della previsione in ragione dell’art.30 della legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato103, la quale tende a

valorizzare il ruolo della volontà delle parti nello scegliere la legge applicabile in materia tramite la possibilità di richiamare in modo generico la legge di un altro paese che intendono applicare.104

Fin qui, quindi, assistiamo ad una quasi totale parificazione dei diritti e doveri previsti per gli uniti civilmente rispetto ai coniugi. Ciò nonostante, la disciplina si allontana da questi ultimi per alcuni aspetti rilevanti. Salta immediatamente all’occhio l’assenza della previsione per le coppie omosessuali dell’obbligo di fedeltà. A ciò, si aggiunge anche il mancato richiamo all’obbligo di collaborazione nell’interesse della famiglia. Rilevante l’esclusione di questi obblighi che sembra rispondere all’idea che il rapporto degli uniti civilmente sia meno impegnativo rispetto a quello matrimoniale. Certo è stato, anche in questo caso, un

103 Art.30 Rapporti patrimoniali tra coniugi. 1. I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali. I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede. 2.L’accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l’accordo è stato stipulato. 3. Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa.

104 Oberto G., I regimi patrimoniali delle unioni civili, Dottrina e attualità giuridica, Luglio 2016, pp.1797-1808

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tentativo da parte del legislatore di distinguere i rapporti in esame da quelli matrimoniali. Concretamente, l’assenza del richiamo all’obbligo di collaborazione ha comportato pochi problemi e nessuna lesione degli interessi delle coppie omosessuali, potendosi far rientrare il dovere di collaborazione nell’ambito dell’obbligo di assistenza morale e materiale enunciato al comma 11.

Più problematica si presenta l’assenza dell’obbligo di fedeltà, tanto che il suo mancato richiamo ha comportato un forte dibattito non solo in sede parlamentare ma anche nell’ambito dell’opinione pubblica.

Nessuna conseguenza gravosa, invece, consegue all’assenza di alcun cenno in materia rispetto alla previsione dell’intervento del giudice in caso di disaccordo tra le parti, ciò in quanto si tratta di una disposizione che anche in ambito matrimoniale ha perso rilevanza e si presenta di rara applicazione in considerazione della delicatezza dei rapporti che ineriscono la vita familiare.

Infine, bisogna chiedersi quali conseguenze sorgono nel caso di inadempimento di una delle due parti, in ragione del fatto che l’accordo sulle modalità di contribuzione e sul tenore di vita va a vincolarle. La soluzione si presenta attribuendo alla parte lesa poteri di iniziativa unilaterale, in particolare la possibilità di richiedere il risarcimento del danno

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endofamiliare. E si badi, è questa la soluzione valevole in generale in relazione all’inadempimento dei doveri che conseguono alla costituzione dell’unione civile. Il risarcimento costituisce l’unico rimedio a cui la parte può ricorrere, poiché non essendo prevista separazione, non è di conseguenza neanche ipotizzabile il ricorso alla domanda di addebito.

Dal quadro così delineato, possiamo giungere a considerare che il legislatore, anche in materia di diritti e doveri, ha posto in essere una disciplina volta ad un allontanamento tra unioni civili e matrimonio senza, però, riuscire completamente nell’intento. Non si può non notare come l’aspetto paramatrimoniale risulti essere, in materia, marcato e visibile.

Nel documento Matrimonio e unione civile a confronto. (pagine 106-113)