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Unione civile e Matrimonio: solo differenze terminologiche?

Nel documento Matrimonio e unione civile a confronto. (pagine 72-79)

Le Unioni Civil

2.1 Unione civile e Matrimonio: solo differenze terminologiche?

A questo punto un quesito è d’obbligo: quanto sono distanti matrimonio e unione civile? È questa la domanda da porsi una volta assodato che grazie all’emanazione della legge n.76/2016 le coppie omosessuali ricevono riconoscimento giuridico che, però, è effettuato per mezzo di un dettato normativo che risulta essere in parte incompleto e in parte, invece, più moderno ed evoluto rispetto a quello civilistico inerente al matrimonio.

Ma procediamo per gradi. Il legislatore è intervenuto tardivamente a fornire un riconoscimento giuridico per le coppie omosessuali e l’ha fatto per mezzo di un istituto che non è quello matrimoniale. Certo, è stata affidata al

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Parlamento una discrezionalità di scelta a questo riguardo. La CEDU ha, infatti, previsto un obbligo di intervento per il legislatore italiano, lasciandogli campo libero per quanto concerne i mezzi.

La scelta di operare mediante un istituto diverso dal matrimonio, che può apparire certo discutibile, non è propria del solo ordinamento italiano. Altri Paesi appartenenti all’Unione europea hanno proceduto nello stesso senso. Si è, quindi, preferito, anche tenendo conto delle istanze provenienti dalla parte più conservatrice dell’opinione pubblica, distinguere i due modelli con un’evidente preferenza dell’istituto matrimoniale quale appannaggio della famiglia tradizionale. In questo contesto, la disciplina che viene ad emergere si pone tra chi la ritiene troppo distante dal matrimonio e chi, all’opposto, ne critica la troppa vicinanza. Indubbiamente, il fine principale era quello di collocare le Unioni civili al di fuori della famiglia, della quale il matrimonio, invece, si pone elemento centrale. Queste le finalità del legislatore. Tuttavia, concretamente, vedremo come le cose si sono mosse in una direzione diversa.

Il legislatore ha posto in essere una disciplina che formalmente si allontana da quella matrimoniale concretizzandosi, soprattutto, nell’ omissione di termini riconducibili all’unione coniugale. Queste le intenzioni.

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Sostanzialmente, però, ci si avvia verso una “matrimonializzazione”67, seppur con alcune differenze. Ciò

ha comportato la nascita di una legge, la n.76/2016, macchinosa e di difficile lettura soprattutto laddove si consideri che mentre il matrimonio trova la sua disciplina nel contesto del codice civile, per l’unione si è proceduto ad una scelta differente, ricorrendo alla legge ordinaria costituita da un solo articolo e ben 69 commi, al fine di evitare ogni possibilità di confusione tra gli istituti. Si può già da questa considerazione comprendere la disorganicità della disciplina. Dalla lettura dell’art.1 comma 1 della l.76/2016 desumiamo, poi, la volontà di prendere le distanze dal matrimonio identificando il nuovo istituto come formazione sociale tutelata dagli artt.2 e 3 della Costituzione.

Escludendone, quindi, l’ambito di riconoscimento dell’istituto matrimoniale e affermando l’applicazione dell’art.29 Cost. che va a tutelarlo. Certo, il rimando alle formazioni sociali discende dalle indicazioni della Corte Costituzionale che già nella sent.138/2010 aveva identificato le unioni civili quali formazioni sociali.

Quale che sia l’inquadramento, si tratta, comunque, di coppie formate “da due persone unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e

67 Casaburi G., Unioni civili tra persone dello stesso sesso: snodi principali e criticità della L.76/2016, Avvocati di famiglia, 2016, p.40

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materiale”68. Allora, si può affermare come il riferimento alla

stabilità del legame affettivo ha richiamato parallelamente la definitività dell’unione matrimoniale determinando la creazione di un regime, quale quello dell’unione, che tende concretamente ad avvicinarsi a quello coniugale.

Queste considerazioni si pongono alla base dell’affermazione per la quale eventuali differenze tra i due modelli devono rispettare il canone di razionalità procedendo ad un bilanciamento degli interessi costituzionali che intercorrono tra le parti. Il solo fatto che i due istituti trovano una tutela costituzionale differente (rispettivamente all’art. 2 e 29 Cost.) non può comportare un diverso regime a carattere discriminatorio, posto che anche le unioni civili al pari del matrimonio devono ritenersi famiglie. Ciò, è stato confermato sia dall’ordinamento comunitario per mezzo dell’art.8 CEDU, sia dalla Corte di Cassazione che, con la sent. 4184/2012, ha avuto modo di affermare che le coppie omosessuali sono “titolari del diritto alla vita familiare”. Inoltre, il differente fondamento costituzionale dei due istituti non osta alla possibilità di estendere la disciplina matrimoniale alle unioni civili, ciò perché entrambi si fondano sull’esistenza di uno stabile rapporto affettivo di tipo familiare.

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In vista di una volontà di diversificare i due modelli familiari, il legislatore ha proceduto con differenze sia formali che sostanziali. A riguardo, l’aspetto su cui cade immediatamente lo sguardo è quello relativo alla differenza terminologica tra i due istituti, fermo restando che la principale caratteristica di distinzione si riscontra nel riferimento alla sessualità delle parti del rapporto. Così, il matrimonio resta una prerogativa delle coppie eterosessuali mentre le unioni civili possono essere contratte esclusivamente dagli omosessuali.

Con la stessa finalità di distinguere l’unione civile dal matrimonio, il legislatore ha, poi, agito attraverso interventi settoriali di particolar rilievo: nessun cenno è rivolto alle disposizioni sull’affinità. Ciò sembrerebbe indicare che nessun vincolo di carattere giuridico si instauri tra una parte dell’unione e i parenti dell’altra; inoltre, la legge non fa riferimento alle disposizioni relative alla promessa di matrimonio, alla disciplina sulle pubblicazioni. Più gravose le mancate previsioni inerenti all’obbligo di collaborazione tra le parti dell’unione e all’eliminazione dell’obbligo di fedeltà. Il punto focale del dibattito in questione, però, si individua nella volontà di eliminare la possibilità di procedere all’adozione del figlio di una delle parti (stepchild adoption), così da voler rimarcare maggiormente quella che è la distinzione fondamentale dei due istituti basata sull’identità

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di sesso, caratteristica, questa, che ne esclude la possibilità di procreazione.

Allo stesso tempo, però, si è dato vita ad una forma di istituto familiare che presenta dei tratti originali e più moderni rispetto a quello che è il vincolo nuziale.

Prima tra tutti è da annoverare la disciplina sul cognome, meno rigida di quella prevista dal codice civile e svuotata da ogni connotazione di carattere patriarcale. Assente è, poi, la previsione del ricorso al giudice in caso di specifici conflitti, il mancato riferimento all’inconsumazione e, soprattutto, è di grande rilievo la regolamentazione dello scioglimento senza passare attraverso la separazione.

Per il resto, ed è questo un aspetto su cui riflettere, vengono riconosciuti agli uniti civilmente tutti i diritti e i doveri previsti per il matrimonio69.

Peculiare si presenta l’introduzione nel novero della legge n.76/2016 del comma 20. Si tratta della clausola di equivalenza, che tende a perseguire l’equiparazione dei due istituti per mezzo del rinvio alla disciplina matrimoniale, in tutti i casi in cui questa faccia riferimento a “disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole <<coniuge>>, <<coniugi>> o termini equivalenti”70. La

69 Sono direttamente applicabili le disposizioni previste dalla legge in materia di matrimonio relative all’ambito del lavoro, assistenza, previdenza, sanità, pensioni, immigrazione, nonché quelle in materia penale, penitenziaria e fiscale, tanto per citarne alcune.

70 «Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno

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clausola svolge una funzione antidiscriminatoria volta a garantire l’effettività dell’art. 3 della Costituzione e, quindi, la parità di trattamento tra coppie omosessuali ed eterosessuali. Si tratta, cioè, di un’equiparazione in diverse materie tra matrimonio ed unione civile per mezzo di un richiamo diretto alla disciplina matrimoniale da applicarsi alle coppie omosessuali al di fuori di quelle che sono le eccezioni richiamate dalla legge stessa.

Rispetto a questo scenario, quindi, possiamo giungere a ritenere che pur in presenza della ferma volontà del legislatore di tener lontani i due istituti, sottolineando la centralità di quello matrimoniale, concretamente con il suo intervento, il Parlamento si è mosso verso una matrimonializzazione dell’unione civile.

Il legislatore, in definitiva, non era tenuto ad intervenire applicando l’istituto matrimoniale alle coppie omosessuali; certo, però, era tenuto a fornire un riconoscimento giuridico alle stesse.

sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 19983, n.184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Art.1, comma 20 L.76/2016

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La legge n.76/2016 risponde a questa necessità, riconosce per la prima volta diritti e doveri alle coppie omosessuali attraverso il ricorso all’istituto dell’Unione civile.

Dunque, differenze solo terminologiche? Di certo nell’intenzione del legislatore le cose non stanno così. Egli ha inteso escludere il matrimonio dall’applicazione ai rapporti omoaffettivi. Tuttavia, concretamente, questo tentativo non può dirsi pienamente raggiunto, in quanto non si è giunti ad porre in essere due istituti completamente diversi e lontani, ma parimenti, non si è neanche raggiunta la piena equiparazione tra i due modelli.

Nel documento Matrimonio e unione civile a confronto. (pagine 72-79)