Lo scioglimento delle unioni civil
3.3 Unioni civili e profili penal
La legge 76/2016 in materia di unioni civili, non contiene alcuna disposizione specifica riferibile al sistema penale. Si tratta di un’omissione priva di giustificazione che comporta delicati problemi di tutela e che solleva rilevanti dubbi interpretativi. Ciò soprattutto laddove si consideri che l’evoluzione dei rapporti familiari sul piano giuridico e sociale avrebbe richiesto un intervento puntuale da parte del legislatore su questioni rilevanti che riverberano i propri effetti non solo nel diritto civile ma anche in quello penale. C’è, quindi, da domandarsi quali siano le ragioni che hanno spinto il legislatore ad evitare di intervenire in un settore, quale quello in esame, che richiede maggiori attenzioni in considerazione degli interessi coinvolti. Ma non solo. Questa
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scelta è tanto più inspiegabile quanto più si consideri come è proprio nell’ambito penale che si evidenzia l’esigenza del rispetto del principio di legalità e di tassatività145 che lo
caratterizzano. Questi ultimi si configurano come baluardo della tutela dei cittadini in relazione all’applicazione della sanzione penale e alla parità di trattamento, comportando contestualmente una limitazione della discrezionalità dell’organo giudiziale146.
In uno scenario così incerto emerge la necessità per l’interprete di intervenire con una duplice finalità. In primo luogo, al fine di scongiurare un vuoto normativo che si presenta particolarmente problematico in ragione dei principi che governano il diritto penale; poi, per evitare i problemi derivanti dalla disparità di trattamento che emerge tra gli uniti civilmente e i coniugi, posto che questi ultimi sono sottoposti ad una tutela specifica, caratterizzata dalla previsione di aggravanti o attenuanti, nei casi in cui il reato coinvolga una delle parti del rapporto. Si è quindi cercato di intervenire al fine di coordinare le norme penali con quelle previste in materia di unioni civili.
145 Va a riguardo sottolineato come il principio di tassatività, il quale attiene più specificatamente alla tecnica normativa imponendo al legislatore di intervenire in modo chiaro così da non lasciare spazi di discrezionalità al giudice, costituisce corollario del più ampio principio di legalità previsto dal comma 25 Cost. in base al quale “"nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso" e dall’art.1 c.p. secondo cui “ nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa stabilite”.
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È necessario sottolineare come, a differenza di ciò che accade per le convivenze di fatto147, una norma applicabile
alla regolamentazione sulle unioni compare nella L.76/2016. Ci riferiamo alla clausola di adeguamento di cui all’art.1 comma 20148. Si tratta di una norma a carattere generale, il
cui impiego è riferibile ai più vari ambiti del diritto e la cui applicabilità non ha mancato di generare diversi dubbi dovuti alla considerazione che una disposizione così configurata, in materia penale, avrebbe certamente comportato la lesione dei principi di legalità e tassatività. A supporto di tale considerazione, il Comitato per la legislazione, in sede di lavori parlamentari, ha mosso dubbi circa la genericità del richiamo di cui al comma 20 affermando che “… parrebbe opportuno precisare se con il suddetto rinvio si intendano richiamare anche le norme in malam partem derivanti dalla qualità di coniuge e in caso affermativo individuare le suddette norme in maniera puntuale”149. Si tratta di un
parere che va ritenuto certamente condivisibile alla luce
147 Relativamente a quest’aspetto nulla è detto nella legge Cirinnà, salvo il
riferimento di cui al comma 38 “i conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario”. Si tratta di una
disposizione scarsamente innovativa ove si consideri che una simile disposizione è già prevista nell’ambito dell’ordinamento penitenziario. Pittaro P. I profili penali della L. n.76/2016, Famiglia e diritto,2016. p.1007
148 “al sol fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le
disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’ o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”
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della necessità di una individuazione puntuale dei reati e delle conseguenti sanzioni, ma che il legislatore ha tralasciato di considerare.
Il solo richiamo al comma 20, come soluzione al vuoto normativo in materia penale, finisce, quindi, non solo per contrastare con i principi di legge ma anche per rendere più gravoso il ruolo dell’interprete, posta la vaghezza della norma e conseguentemente il suo complesso coordinamento con l’ordinamento penale.
La soluzione a questi problemi quindi, lungi dall’essere risolta dalla clausola di rinvio automatico, è stata rimessa all’intervento del governo quale legislatore delegato. Con il d.lgs. 19 Gennaio 2016 n.6150, il legislatore delegato è
intervenuto fornendo una regolamentazione puntuale in materia penale nel contesto della disciplina sulle unioni civili integrando e ampliando la clausola di cui al comma 20, introducendo disposizioni che prevedono effetti sia in malam partem che in bonam partem151.
150 Si tratta delle “modificazioni ed integrazioni normative per il necessario coordinamento delle disposizioni contenute nelle leggi, atti avente forza di legge, nei regolamenti e nei decreti”. Delega limitata alla materia delle unioni civili. 151 Per gli effetti in bonam partem si segnalano: causa di non punibilità operante nell’ambito dei delitti di assistenza ai partecipi di cospirazione o banda armata o di associazione a delinquere;scusante relativa al pagamento del riscatto da parte di un prossimo congiunto;circostanze attenuanti di procurata evasione ( art. 386 c.p.) e di procurata inosservanza di pene o di misure di sicurezza (artt. 390 e 391 c.p.) : per gli effetti in malam partem:abbandono di minori o incapaci (art.591 c.p.) ; atti sessuali con minorenni( art.609 ter) ; atti persecutori( art.612 bis c.p.) ; omicidio aggravato( art.577 c.p.); sequestro di persona (605 c.p.) ; induzione,
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Ma il legislatore delegato va oltre. Nella relazione illustrativa al decreto afferma espressamente la non applicabilità del comma 20 alla disciplina penale, limitandone l’ambito “agli effetti civili, tributari, amministrativi, giuslavoristici”; ciò trova la propria ratio nel fatto che la giustificazione del coordinamento della disciplina in esame con il diritto penale deve essere rimandato all’intervento del legislatore delegato così da evitare disparità di trattamento rispetto ai coniugi152.
Diverse le novità introdotte dal decreto. Certamente la più rilevante è rappresentata dall’introduzione dell’art.574 ter c.p. che introduce una regola di carattere generale ma rispettosa del principio di tassatività. Nello specifico la disposizione prevede che, “agli effetti della legge penale, il termine matrimonio si intende riferito anche alla costituzione di un unione civile tra persone dello stesso sesso”. Questa previsione produce delle conseguenze notevoli, laddove si consideri che vengono ad ampliarsi notevolmente gli ambiti in cui è possibile applicare la legge penale alle unioni; così, fattispecie criminose quali il delitto di bigamia (art556 c.p.) o l’induzione al matrimonio mediante l’inganno (art. 558 c.p.) sono oggi applicabili alle unioni civili. In particolare, per quanto concerne il delitto di bigamia153, la
152 Gatta G.L., Unioni civili tra persone dello stesso sesso: profili penalistici, Diritto penale contemporaneo, p.7
153 La disciplina è applicabile sia ai casi di bigamia impropria (una persona non legata a vincolo matrimoniale o ad unione civile costituisce un’unione con altra persona già vincolata ad un’unione civile), sia ai casi di bigamia propria: 1. Caso di una persona
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disciplina introdotta trova applicazione non solo in relazione a legami, unioni o matrimonio che siano, sorti in territorio italiano, ma anche in relazione ai matrimoni celebrati all’estero e produttivi d’effetti in Italia.
La stessa disposizione, poi, al secondo comma innova nuovamente la materia prevedendo che “quando la legge penale considera la qualità di coniuge come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato” ci si riferisca anche all’unito civilmente. Si tratta di una previsione che estende alla parte dell’unione civile l’applicazione di un’ampia gamma di reati per i quali diventa, in vista del rapporto che lo lega all’altra parte, suscettibile di scontare pene più aspre, al pari di quanto accade per il coniuge. Ad uno sguardo più attento, tuttavia, l’innovazione di cui all’art.574 ter, co.2, è più formale che sostanziale, considerando che, per molti di questi reati, si tratta di ipotesi per le quali la legge già prevedeva l’estensione dell’aggravante il soggetto legato da una relazione affettiva all’offeso. 154
Ancora la norma interviene in relazione al concetto di “prossimi congiunti” ampliando il novero delle figure comprese in questa dicitura alla” parte di un’unione civile tra
già legata ad un vincolo matrimoniale che instaura un’unione civile; 2. Persona già legata da un’unione civile che contrae matrimonio; 3. Un unito civilmente che instaura un’ulteriore unione civile.
154 Si faccia riferimento, a titolo esemplificativo, al delitto di omicidio (art.577), violenza sessuale e stalking (artt.609 e 612)
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persone dello stesso sesso”155, con la conseguenza di
applicare agli uniti civilmente le norme penali la cui fattispecie contempli il prossimo congiunto. A titolo meramente esemplificativo si può far cenno agli art.323 c.p. (abuso d’ufficio) o all’art.386 c.p. (procurata evasione). Infine, vale la pena sottolineare un ultimo importante intervento del legislatore delegato in materia. Si allude all’intervento di cui all’art 649 c.p. Ci muoviamo nell’ambito di una causa di non punibilità per fatti commessi a danno dei congiunti, che si pone a chiusura dei delitti contro il patrimonio.
Rispetto a questa previsione in passato molto si è detto. La Corte di Cassazione156, chiamata a pronunciarsi a riguardo,
aveva già escluso l’estensione di tale disposizione ai conviventi more uxorio, motivando la scelta con la diversità tra le forme di convivenza variamente esistenti e il matrimonio. Tuttavia, la Corte Costituzionale157 ha definito la
norma anacronistica rispetto ad una situazione sociale mutata caratterizzata da una compagine di diversi modelli familiari. Di conseguenza, il legislatore è intervenuto, al fine di evitare una disparità di trattamento rispetto ai coniugi,
155Modifica necessaria in vista dell’attuazione della Direttiva UE 2015/849 in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. Gatta G., Unioni civili tra persone dello stesso sesso: profili penalistici, in “Diritto penale contemporaneo”. P.7
156 Cass. Sez. II, n. 44047 del 2009 157 Corte cost. n. 223 del 2015
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riferendo il contenuto di cui all’art. 649 comma 1 anche l’unito civilmente.158
L’intervento del legislatore delegato risulta di grande rilievo, posto che il solo richiamo all’art. comma 20 avrebbe finito per demandare alla decisione dell’organo giudiziario le scelte in materia penale che scaturiscono dall’istaurazione delle unioni omoaffettive, in palese contrasto con i principi regolanti l’ambito penalistico. Tuttavia, questo stesso fondamentale intervento ha inciso in modo più ampio rispetto a quanto previsto dalla delega di cui al comma 28 lett. c) della legge in esame, facendo, così, sorgere dubbi di eccesso di delega da parte del legislatore delegato. Nella specie, il contenuto della delega che impone al legislatore, nell’ambito del suo intervento, un “coordinamento con la presente legge” avrebbe dovuto comportare un contributo volto a parificare la situazione dell’unito civilmente a quella del coniuge al “solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile”; il legislatore delegato, invece, va oltre prevedendo un’estensione generalizzata alle leggi penali.159
Si tratta di una scelta che può e deve essere condivisa, laddove si tenga conto che in considerazione della
158 Castellabate M., I profili penalistici del decreto attuativo della legge Cirinnà: obiettivo raggiunto? Questione giustizia
159 Merli A, Note introduttive al tema: “La rilevanza penalistica della convivenza more uxorio” (dopo la legge Cirinnà e il decreto legislativo di attuazione in materia penale), Diritto penale contemporaneo, pp.10-11
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delicatezza del settore penale un intervento così ampio e incisivo era necessario, soprattutto di fronte all’inerzia del legislatore che ha preferito non intervenire in sede di redazione della legge sulle unioni civili, probabilmente con lo scopo di evitare ulteriori blocchi politici che avrebbero rallentato ulteriormente l’iter legislativo e la strada verso l’approvazione dellaL.76/2016.
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Conclusioni
Dopo anni di disinteresse del legislatore le coppie omosessuali hanno avuto il loro riconoscimento giuridico. Il tema ha rappresentato uno dei più salienti aspetti del dibattito politico e sociale del secolo. È il movimento LGBT italiano che ha speso tutte le sue energie per far sentire la propria voce, di fronte ad un legislatore inerte e ad un’opinione pubblica spesso radicata ad una concezione esclusivamente eterosessuale dei rapporti di coppia, derivante da una cultura di stampo cattolico.
Ma il risultato cui siamo giunti ha davvero convinto tutti? La legge sulle unioni civili può ritenersi all’altezza del compito affidatogli? E soprattutto, le coppie omosessuali sono destinatari di una tutela eguale a quella prevista per gli eterosessuali per mezzo del ricorso al matrimonio?
Certo, una tutela è stata riconosciuta, con la legge n. 76/2016 le coppie omosessuali possono accedere all’istituto delle unioni civili, diventano titolari di diritti ed obblighi e questo è pur sempre un risultato importante. Tuttavia, la piena eguaglianza non è stata raggiunta. L’Unione Civile non è il matrimonio. E ciò non solo in relazione alle differenze terminologiche che caratterizzano i due modelli, ma anche rispetto al mancato riconoscimento di alcuni istituti che caratterizzano la vita familiare, prima tra tutte la disciplina
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sulla filiazione. Alle coppie omosessuali è stato attribuito un diritto alla vita familiare già a partire dalla sentenza Schalk and Kopf vs. Austria della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Tuttavia, il mancato riconoscimento legislativo della stepchild adoption esclude la possibilità di consolidare i legami familiari con evidente lesione degli interessi del minore. Ciò rappresenta il più palese tentativo di distinzione degli istituti in questione per ragioni di orientamento sessuale. Resta fermo, comunque, l’intervento giudiziario sempre più favorevole alla possibilità di adozione del figlio del partner in considerazione della tutela dell’interesse del minore. Ma si tratta, in ogni caso, di un riconoscimento rispetto al caso concreto non di tutela a carattere erga omnes.
Si è avuto modo di mostrare come al legislatore sia stata attribuita la piena discrezionalità nell’individuare l’istituto da adottare per il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. La scelta non è caduta sul matrimonio. Anzi, l’obiettivo principale è stato di procedere ad edificare una disciplina volta a sottolineare la distanza tra i due modelli. Certo è che quest’intento non può dirsi raggiunto. Per mezzo della ricognizione qui effettuata sulla legge 76/2016 si può giungere ad affermare che la materia si muove verso una matrimonializzazione dell’unione civile. Gli uniti civilmente, infatti, vantano diritti e doveri non dissimili da quelli
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coniugali, sono sottoposti ad una disciplina costitutiva che si avvicina molto alla celebrazione delle nozze. Dunque, non si tratta di una completa equiparazione ma neanche di un’assoluta estraneità.
Certo, la legge ha solo un anno di vita. Certo, il dibattito sulle unioni civili non può dirsi esaurito. Certo, le coppie omosessuali non si sono arrese e guardano ancora alla conquista del matrimonio, soprattutto in vista della possibilità di apertura all’istituto dell’adozione.
Ciò non toglie, però, che l’istituto matrimoniale in futuro possa risentire della disciplina più evoluta che viene ad emergere in alcuni settori della normativa sulle unioni civili, prima tra tutti quella sul cognome. Ma non solo, si guarda anche alla più favorevole modalità di scioglimento dell’unione civile, con l’eliminazione del periodo di separazione che, laddove applicato all’istituto matrimoniale, andrebbe a favorire anche i coniugi.
Secondo questa direzione si può affermare che la disciplina sulle unioni civili e i rapporti di queste ultime con il matrimonio non possono dirsi cristallizzati. Anzi, un’ipotesi sulla futura evoluzione dell’istituto può essere azzardata. Ci troviamo di fronte ad un modello che ha espressamente risentito della legge tedesca, la quale solo pochi giorni fa ha riconosciuto il matrimonio omosessuale. In seguito a questa
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scelta l’Italia è rimasta l’unico grande Paese dell’occidente a non aver raggiunto questo risultato. Ci sarà, quindi, da vedere quali sviluppi porterà questa situazione e come ne sarà influenzato l’ordinamento italiano.
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