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Il problema delle adozion

Nel documento Matrimonio e unione civile a confronto. (pagine 119-130)

Le Unioni Civil

2.7 Il problema delle adozion

Ad un anno dall’approvazione della legge, quello sulle adozioni rappresenta ancora un problema di grande rilievo e di non facile soluzione. Basti considerare, in prima istanza, l’importanza degli interessi coinvolti che non si limitano ai rapporti tra le parti ma che coinvolgono la prole, nonché il contesto in cui il legislatore è chiamato ad operare, caratterizzato dalla nascita di nuovi modelli familiari che necessitano di tutela109.

Del tema si era già trattato nella prima stesura della legge Cirinnà, che aveva introdotto la possibilità per gli uniti civilmente di poter procedere all’adozione, nella forma dell’adozione in casi particolari, del figlio minore del partner (stepchild adoption). Questa previsione, però, è stata oggetto di un acceso dibattito politico e sociale tanto da comportarne l’eliminazione nel testo definitivo della legge. Il dettato legislativo in vigore ha, quindi, rimosso ogni riferimento esplicito alla possibilità di adozione all’interno della coppia omosessuale, prevedendo esclusivamente, al comma 20, che le disposizioni dello stesso “non si applicano alle norme del codice civile non richiamate espressamente, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983,

109 A titolo esemplificativo si faccia riferimento alle famiglie monogenitoriali, alle famiglie ricostruite, alle famiglie di fatto, nonché alle famiglie omosessuali.

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n.184110. Resta fermo quanto previsto in materia di adozione

delle normative vigenti”. Come evidente, questa formula presenta gravi ambiguità posto che non prevede una disciplina univoca e finisce così per affidare al giudice un ruolo di primo piano nella costruzione della materia, delineando contestualmente uno scenario incerto e disorganico.

Alla base di questa scelta, vi sono ragioni politiche, nonché il timore del legislatore che attraverso la previsione di forme di adozione speciale si aprisse la strada per le coppie omosessuali del ricorso alla maternità surrogata.

Gli scenari che possono venire ad esistenza sono i più vari, non limitandosi ai casi in cui i figli di cui si tratta sono nati da precedenti unioni eterosessuali dell’uno o dell’altro componente dell’Unione Civile. In questi casi, in effetti, la necessità di tutelare il minore è meno pregnante posto che questo ha comunque entrambe i genitori titolari di diritti e doveri previsti in materia di filiazione111.

La questione diventa più gravoso laddove si configurano ipotesi di figli nati da pratiche di procreazione medicalmente assistita in Paesi esteri che prevedono tale possibilità. In questi casi, non solo emerge un problema di compatibilità delle tecniche mediche poste in essere in base a leggi

110 Legge Recante il Diritto del minore ad una famiglia. 111 Artt.337 bis e seguenti c.c.

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straniere con l’ordinamento italiano, ma soprattutto si configura una necessità di intervento volto a tutelare il minore cresciuto con il genitore biologico e il suo partner. Il problema diventa ancora più rilevante nel caso di surrogazione di maternità112 che dà vita al fenomeno della

genitorialità sociale.

In considerazione di queste premesse, c’è da interrogarsi sulle ragioni che hanno spinto il legislatore ad introdurre una previsione contraddittoria e apparentemente priva di senso quale quella di cui al comma 20 la quale prevede che la clausola non si applica alle disposizioni di cui alla legge n.184/1983113, ma “resta fermo quanto previsto in materia

di adozione delle norme vigenti”. Probabilmente si è voluto evitare di lasciare un totale vuoto normativo che avrebbe potuto comportare il superamento della prassi giurisprudenziale dell’adozione in casi particolari e concedere ai giudici una totale libertà d’intervento114.

Certo è che la figura del giudice ha avuto e continua oggi ad avere un ruolo fondamentale, ponendosi come unico costruttore della disciplina sulle adozioni nell’ambito delle famiglie omogenitoriali. Ma questa scelta di non intervenire

112 Vietata dalla legge del 19 febbraio 2004, n.40 recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”

113 Adozione e affidamento dei minori.

114 Campione R., L’unione civile tra disciplina dell’atto e regolamentazione dei rapporti di carattere personale, p.24

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in materia, che pure è stata accolta positivamente da coloro i quali prediligono una distinzione tra status filiationis e status familiae115, è fonte di non pochi problemi e incertezze.

Si tenga presente che l’orientamento giurisprudenziale relativo alla disciplina in esame è venuto ad evolversi nel tempo in considerazione non solo del rispetto della normativa nazionale ma anche di quella comunitaria.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo già a partire dalle decisioni Mennesson e Labassee contro Francia del 2014 ha previsto che il ricorso a tecniche di surrogazione di maternità non può incidere negativamente sul riconoscimento giuridico del legame tra il minore e il genitore in considerazione della necessità di proteggere il diritto del minore all’identità personale e sociale nonché l’interesse dello stesso.

Tra le pronunce della Corte EDU in materia di adozione omogenitoriale un cenno va rivolto alla sentenza X e altri c. Austria del 19 febbraio 2013. La vicenda muove dal ricorso di una coppia di donne austriache e del figlio di una delle due. Nella specie la donna intendeva adottare il figlio della sua convivente, nato da una precedente relazione della stessa

115 Ci si riferisce a quella parte della dottrina che ritiene ragionevole la scelta del legislatore di non affrontare il tema dell’adozione nell’ambito della l.76/2016 poiché, in seguito alla riforma sulla filiazione, i problemi relativi alla genitorialità devono essere trattati in sede diversa rispetto a quella che regola i diritti e doveri della coppia. Bianca M., Le unioni civili e il matrimonio: due modelli a confronto, p.10

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con un uomo, ma affidato alla madre. Tuttavia, l’ordinamento austriaco non consente l’adozione del figlio del convivente omosessuale pur riconoscendo contestualmente questa possibilità alle coppie eterosessuali anche non sposate116. Le ricorrenti reclamavano, così, la

mancanza di una ragionevole giustificazione nel prevedere due discipline diverse, seppur in presenza di un contesto uguale, solo in considerazione della differenza di sesso. La corte ha proceduto a condannare l’Austria giudicando discriminatoria la differenza di trattamento predetta in quanto trova la sua unica ragione in quella che è la diversità di sesso delle coppie e nulla di più. Inoltre, ha avuto modo di sottolineare come poiché il Governo austriaco non ha individuato elementi in grado di dimostrare che le famiglie omoparentali non possono occuparsi di un figlio, l’inidoneità delle coppie omosessuali a crescerlo non può essere utilizzata come giustificazione della disparità di trattamento tra coppie eterosessuali e omosessuali nell’accesso all’adozione. Si è, così, giunti a considerare una violazione

116 L’ordinamento austriaco prevede che l’adozione da parte di una persona del figlio del partner può avvenire solo con un genitore adottivo di sesso opposto, in quanto diversamente i rapporti col genitore biologico verrebbero meno. La normativa austriaca, infatti, prevede quale effetto dell’adozione la cessazione dei legami familiari con il padre o la madre che viene ad essere sostituito dal genitore adottivo. Nel caso di adozione omoparentale le cose si complicano poiché nel contesto predetto si giungerebbe a dar vita ad ipotesi di doppia paternità o doppia maternità che l’ordinamento non condivide.

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dell’art.14 in combinato disposto con l’art.8 CEDU laddove se alle coppie di fatto è garantito il diritto di adottare, lo stesso deve essere garantito anche alle coppie omosessuali.

Nel contesto italiano, prima dell’emanazione della legge n.76/2016, i giudici si erano più volte pronunciati in favore dell’adottabilità per “il coniuge convivente del genitore del minore, per favorire il proseguimento dell’unità familiare e garantire, quindi, una crescita armonica del minore” (art. 44 lett. b) L.184/83). Si tratta di un orientamento che, in ogni caso, oggi non può dirsi applicabile alla luce del comma 20 della legge sulle Unioni civili.

È, però, negli ultimi anni che la giurisprudenza adita al fine di sopperire ai problemi causati da questa lacuna normativa, è intervenuta sempre più frequentemente in favore dell’adottabilità del minore da parte del partner del genitore omosessuale. Siffatte pronunce trovano la propria ragione nel cambiamento di rotta dell’intervento giudiziale, dovuto, come già accennato, alle direttive comunitarie, che ha spinto i diversi Stati europei ad intervenire in materia rivolgendo lo sguardo al best interest del minore.

Diversi i casi in cui i giudici italiani sono stati chiamati a rispondere.

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Il vero momento, di svolta, però, si ha con l’intervento del Tribunale dei Minorenni di Roma117 che ha accolto la

richiesta di adozione da parte della compagna della madre di una bambina nata con fecondazione assistita. Il tribunale ha risposto positivamente all’istanza, motivando la stessa sulla considerazione che “vadano valutate le circostanze del caso e l’interesse del minore alla conservazione di rapporti affettivi”. Pronuncia, questa, confermata successivamente dalla Corte d’Appello di Roma che ha previsto la possibilità di adozione nei casi in cui si debbano rispettare vincoli affettivi preesistenti o comunque persista l’interesse del minore ad un’idonea collocazione familiare procedendo, così, alla formazione di un vincolo giuridico, con il convivente del genitore, che di fatto già esiste.118

In tempi più recenti, con sentenza del 2016 la Corte d’appello di Torino, si è pronuncia in due casi, concernenti l’adozione di un minore nell’ambito di una famiglia omosessuale. In entrambi i casi si è espressa in favore dell’adottabilità affermando, nella motivazione, che l’adozione realizza preventivamente l’interesse del minore119.

È proprio il concetto di interesse del minore, da intendersi come interesse alla stabilità delle relazioni familiari, alla

117 Con sentenza del 30 luglio 2014 n.299.

118 Arcieri A., Unioni civili, convivenze, filiazione, Famiglia e diritto, 2016, pp 958-965 119 Carbone V., Riconosciute le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, Famiglia e diritto, 2016, pp.848 – 858.

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tutela materiale e spirituale nonché alla costituzione di uno status di figlio, che si pone come elemento fondamentale che guida i giudici nella decisione rispetto al caso concreto. Si è, così, passati da una disciplina sulle adozioni che guardava prima di tutto al diritto alla genitorialità delle coppie omosessuali, ad una materia interamente focalizzata sulla tutela del minore. Questo interesse si pone quale presupposto essenziale dell’adottabilità del minore, pur dovendosi attestare non più una situazione di abbandono dell’adottando, ma solo l’impossibilità di affidamento preadottivo, di fatto o anche di diritto. Percorrendo questa strada, la giurisprudenza arriva ad ammettere la possibilità di adozione del minore da parte del partner del genitore omosessuale nella forma dell’adozione in casi particolari prevista dal comma 1 art.44 lett. d) della legge 184/1983. Si tratta di un istituto che comporta degli effetti meno pregnanti rispetto all’adozione piena che resta prerogativa delle coppie coniugate. Ciò se si consideri che nel caso in esame, l’adozione non si sostituisce ma si aggiunge al rapporto iniziale di filiazione, che per poter procedere all’adozione è necessaria l’approvazione dell’altro genitore non costituente la coppia omosessuale e che l’adottato non acquista la parentela con la famiglia dell’adottante e non godrà dei diritti successori.

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Queste considerazioni sono state confermate dalla Cassazione nel maggio 2016120. La Corte Suprema,

confermando l’interpretazione di cui all’art. 44 lett. d) della legge sulle adozioni si è pronunciata in favore della stepchild adoption da parte del genitore sociale nell’ambito delle famiglie costituite da genitori omosessuali. Si è proceduto a riconoscere il diritto per i minori nell’ambito delle famiglie omoparentali a “mantenere una relazione familiare legalmente riconosciuta”.

La giurisprudenza si è ulteriormente pronunciata in favore del riconoscimento dell’efficacia, nel nostro Paese, delle sentenze straniere di adozione dei minori da parte di coppie omosessuali escludendo il contrasto con l’ordine pubblico laddove l’adozione corrisponda, ancora una volta, all’interesse del minore. Questo orientamento è stato confermato dalla Cassazione sull’assunto che la contrarietà all’ordine pubblico emerge esclusivamente quando la normativa straniera considerata sia incompatibile con la tutela dei diritti previsti dalla Costituzione, dai trattati dell’UE e dalla CEDU121.

Di recente, la Corte d’appello di Milano chiamata ad esprimersi sul riconoscimento della sentenza spagnola di

120 Sentenza n.12962 del giugno 2016

121 Il caso oggetto di pronuncia si riferisce all’atto di nascita formato in Spagna di un bambino figlio di una cittadina spagnola e una italiana. Nella specie il bambino era nato per mezzo di una tecnica di procreazione assistita da una delle due donne per mezzo di gameti donati dall’altra. Casaburi G. cit. pp.44-45

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adozione piena da parte della compagna della madre di una bambina nata con fecondazione eterologa, ha affermato che il provvedimento emesso all’estero non contrasta con l’ordine pubblico, dovendosi, tenuto conto delle disposizioni comunitarie, far prevalere l’interesse del minore. E a non dissimili considerazioni la giurisprudenza è giunta nel riconoscere gli atti di nascita formati all’estero122.

Si delinea così un tema, quello dell’adozione, che ha da sempre rappresentato e che rappresenta tutt’ora una materia di difficile inquadramento e che si configura come il più palese elemento di differenziazione dell’unione civile dall’istituto matrimoniale. Inoltre, anche in seguito ai diversi interventi della Comunità europea volti a indurre gli Stati membri ad intervenire per fornire una disciplina compiuta a tutela dei minori, l’Italia non si è dimostrata all’altezza, fornendo nell’ambito della legge sulle Unioni civili, una risposta scarna e incomprensibile e rimettendo, ancora una volta, al giudice il gravoso compito di dar forma alla materia delle adozioni. Non ci troviamo, quindi, di fronte ad una disciplina puntuale a carattere erga omnes con riguardo all’adozione dei minori nell’ambito di famiglie arcobaleno. Tuttavia, le pronunce della giurisprudenza e la prassi che si sta consolidando fanno ben sperare in un’apertura dell’istituto alle coppie omosessuali a vantaggio

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dell’interesse del minore ad essere riconosciuto parte di una famiglia.

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Capitolo III

Nel documento Matrimonio e unione civile a confronto. (pagine 119-130)