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La disciplina europea della variazioni e le esperienze nazionali di armonizzazione della disciplina delle vicende giuridiche dei rapport

Nel quadro attuale uno Stato membro, o uno Stato che aspiri ad entrare a far parte dell’unione europea deve per forza prevedere, nel suo ordinamento, una specifica disciplina delle variazioni. Ove questa mancasse, tuttavia, potrebbe intervenire il ruolo di supplenza della direttiva, che andrebbe ad essere direttamente applicata215.

Quello odierno è però il punto d’approdo di un lungo percorso evolutivo in cui, per le ragioni sistematiche già analizzate, sono stati proprio i modelli nazionali e quello eurounitario a confrontarsi ed integrarsi fino alle più recenti statuizioni in tema d’immediata applicabilità dell’art. 90.

Questo esito, dunque, è frutto anche del confronto delle diverse esperienze nazionali, che hanno consentito di indagare e meglio comprendere quale fosse la natura e quali i limiti del rapporto tra il presupposto, le operazioni imponibili e le loro vicende successive e la determinazione d’imponibile e imposta. Da principio, infatti, non tutti gli ordinamenti, con l’introduzione dell’iva, avevano ricondotto a categorie note di diritto civile, come anche a categorie autonome di diritto tributario, già utilizzate altrove per individuare classi di operazioni imponibili in ragione delle loro caratteristiche tipiche ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

Come ha ricordato, con sguardo retroattivo, di recente la Corte di Giustizia, ogni valutazione sulla compatibilità di un sistema nazionale che non prevedesse alcuna disciplina delle modifiche dell’imponibile è quindi necessariamente rimessa ad un

215 E ciò che è più plausibile è immaginare che l’esigenza di correzione verrebbe soddisfatta avvalendosi dell’istituto del rimborso

momento successivo all’introduzione della sesta direttiva216. È l’analisi stessa

dell’evoluzione dei modelli di armonizzazione che ha corrisposto all’avvicendarsi delle direttive che lascia emergere come, in assenza di una specifica previsione comunitaria, coerente con una disciplina ampia e di dettaglio tesa a ridurre quanto più possibile gli spazi di autonomia degli Stati membri, a prevalere fosse l’esigenza di garantire la coerenza del sistema interno.

Al contempo, nella valutazione autonoma degli Stati membri potevano rientrare le esigenze più diverse, non ultime quelle di vedere cristallizzata la pretesa tributaria, senza prevedere la possibilità per le parti di una modifica successiva, potenzialmente suscettibile di un uso ultroneo dello strumento correttivo. Allo stesso modo un modello di armonizzazione che agiva solo in modo indiretto sulle scelte legislative di attuaizone si limitava ad affermare i caratteri dell’imposta come principi ispiratori del modello impositivo. Come è emerso, dunque, l’esigenza di garantire la neutralità si fermava al momento genetico dell’obbligazione e non sarebbe bastata comunque l’attività interpretativa della Corte, in assenza di un’armonizzazione forte.

Inoltre, l'assenza di un'autonoma tassonomia delle operazioni imponibili, intesa sia come assenza di un modello comune a cui riferirsi, sia come introduzione di un obbligo comunitariamente determinato di fare riferimento alla propria disciplina civilistica di riferimento, ha determinato una necessaria varietà di soluzioni applicative. Sia dal punto di vista del grado di dettaglio delle diverse legislazioni – per cui al momento dell'introduzione della nuova imposta sul valore aggiunto solo Italia e Germania prevedevano una disciplina dettagliata delle ipotesi di variazione – sia, più radicalmente, in ordine all'effettiva introduzione di una o più disposizioni specificamente destinate a regolare il rapporto tra vicende dell'operazione e modifiche della base imponibile o dell’imposta.

216 Sentenza C-498/82 (?) che si occupa esattamente di questo, concludendo per l’impossiblità di giudicare in ordine alla legittimità di una disciplina nazionale che non prevedesse alcun tipo di adeguamento dell’imposta al sopravvenuto scioglimento dell’operazione imponibile.

Ancora maggiore poteva poi essere la discrasia derivante dall’autonomia riconosciuta agli Stati membri per quel che concerne la determinazione della base imponibile e, ancora di più, i profili procedimentali di effettuazione della variazione.

La relazione tra un modello d'implementazione fondato sul richiamo espresso a modelli dello scambio civilisticamente intesi e modelli portatori di un'autonoma individuazione dell'oggetto dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, è la stessa prima richiamata in ordine alla qualificazione degli effetti.

Al contempo, per quegli ordinamenti in cui il contenuto dell'operazione viene espressamente ricondotto alle vicende del modello di scambio disciplinato dal diritto interno il parametro di misura dell'imponibile corrisponderà in via tendenziale ad un effetto giuridico qualificato riconducibile al modello di scambio di volta in volta assunto a modello.

Allo stesso modo, e con ancor più evidenza, il procedimento con cui effettuare l’adeguamento dell’imposta alle modifiche dell’operazione o dell’imponibile può seguire le tecniche più svariate. Non solo con riferimento alla possibilità alternativa di esercitare il diritto alla detrazione o il diritto al rimborso, che rimane un caposaldo dell’interpretazione eurocomunitaria, quanto anche in ordine al rapporto di diritto formale con gli obblighi di fatturazione e registrazione delle operazioni effettuate. In un contesto iniziale, di armonizzazione operata solo indirettamente quale ravvicinamento ad un modello impositivo condiviso, quando ancora né le scelte legislative né l'intervento interpretativo della giurisprudenza comunitaria avevano condotto all'elaborazione di una teoria generale delle caratteristiche rilevanti di un'operazione imponibile ai fini dell'iva entrambi i modello di attuazione dovevano poter essere considerati ugualmente ammissibili.

Allo stesso modo, per conseguenza necessitata, anche i diversi criteri di quantificazione e determinazione dell'imponibile e la possibilità di prevedere una disciplina specifica nell'ipotesi di vicende sopravvenute del rapporto veniva legittimamente rimesso alle scelte degli stati.

Per poter meglio comprendere il senso di questa distinzione può forse essere utile una breve ricostruzione dei modelli d’implementazione realizzati dagli Stati che appartenevano all’originario gruppo dei fondatori e che per questo si sono

avventurati in una regolamentazione del tema più urgente per ragioni di coerenza interna che non di aderenza al modello comunitario.

Nel primo gruppo, quello che qualifica le operazioni imponibili in base alla possibilità di sussumere lo scambio in un modello contrattuale già noto, rientrano Francia, Germania, Belgio e la stessa Italia. Si affidano invece ad un modello deformalizzato d'individuazione delle operazioni imponibili i Paesi Bassi.

Questa differenza tra sistemi impositivi che, pur con i dovuti correttivi, valorizzano il rapporto organico tra disciplina di diritto civile e contrattuale e disciplina di diritto tributario si manterrà anche a fronte del successivo ampliamento della Comunità, ora Unione, e continuerà a marcare la differenza tra sistemi giuridici differenti.

Ciò è inoltre vero sia per quel che riguarda la determinazione delle operazioni imponibili sia per quel che concerne la quantificazione della base imponibile, nel momento genetico dell'operazione così come nelle sua modifiche sopravvenute217.

Pur all'interno dei due gruppi che potremmo considerare omogenei è comunque importante rilevare come il livello di dettaglio nell'attuazione della disciplina sia differente, e conduca, in ogni caso a risultati potenzialmente disallineati in ordine alla rilevanza sul piano fiscale delle vicende dell'operazione a monte.

Il sistema più dettagliato, nell'implementazione della seconda direttiva, e per quel che riguarda l'attuazione di una specifica disciplina delle variazioni è stato sicuramente quello introdotto dalla Germania, che ha provveduto all'implementazione dell'imposta sul valore aggiunto già nel 1967, con efficacia a decorrere dal primo gennaio 1968. La prima implementazione dell'iva tedesca individuava come imponibili quelle che vengono qualificate come “forniture ed altre prestazioni”, oltre alle importazioni, come è d'obbligo sin dalla seconda direttiva,qualificando come metro per la determinazione della base imponibile la retribuzione, intesa come tutto quello che il destinatario di una fornitura o di una prestazione deve spendere, secondo gli accordo, per ottenere la fornitura o la prestazione stessa.

217 Il problema è lo stesso che ha coinvolto, nel dibattito nazionale, il tema della soggettività passiva. Come anche in questo settore la soluzione è sempre la medesima, vale a dire provvedere a un’interpretazione comunitariamente orientata delle categorie interne, ai fini dell’interpretazione corretta della norma tributaria.

Sulla base di questo assioma viene introdotta una disposizione che si occupa specificamente della possibilità che si verifichi un disallineamento tra la contribuzione pattuita e la contribuzione ricevuta e che consente di modificare la base imponibile dal momento in cui le parti ricevono la notizia del disallineamento sopravvenuto.

Insieme a quello italiano, già disciplinato nella prima versione del dpr 633 all'art. 26, il sistema tedesco è quello che introduce fin dal primo momento una più compiuta disciplina della possiblità di effettuare delle modifiche dell'imponibile per cause sopravvenute in un momento successivo rispetto a quello della realizzazione dell'operazione imponibile. Coerentemente con la bipartizione prima ricordata è interessante notare come si tratti anche dei due ordinamenti in cui la scelta del legislatore nazionale è stata quella d'individuare in maniera più esplicita il riferimento a figure contrattuali tipiche (o facilmente individuabili) proprie dei due ordinamenti.

Il sistema tedesco e quello italiano, già in attuazione della sola seconda direttiva, individuano un rapporto immediato tra vicende e imponibile, in particolare nella parte in cui venga a modificarsi in tutto o in parte, nell'an o nel quantum, la capacità dell'obbligazione stessa di produrre effetti giuridicamente vincolanti in capo ai soggetti coinvolti nella realizzazione dell'operazione.

Ugualmente, altri sistemi, come è il caso della Francia, portatori della più antica e consolidata esepreienza in materia di disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, non prevedevano una normativa di dettaglio in ordina alla possibile modifica sopravvenuta dell'imponibile. In particolare, i modelli più apertamente ispirati a quello francese si limitano ad escludere dall'imponibilità gli sconti riconosciuti contrattualmente, mentre rimanevano esclusi, al momento dell'introduzione della seconda direttiva, gli sconti riconosciuti successivamente, in corso di esecuzione, quando comunque l'operazione era già divenuta esigibile.

La disciplina delle variazioni lascia emergere le stesse differenze che caratterizzavano in linea più generale le singole previsioni di attuazione della direttiva in materia di individuazione delle operazioni imponibili e di determinazione della base imponibile. Le discipline erano infatti coerenti con l'assetto formale delle prime direttive, la mancanza un una disciplina delle variazioni, come anche di un maggior

ravvicinamento della disciplina di dettaglio delle operazioni imponibili e dell'imposta, emerge piuttosto dagli interventi giurisprudenziali.

Emerge poi, dalla breve analisi, un’ulteriore aspetto di particolare interesse, ovvero che sin da principio l’Italia si distingue sul piano dell’attuazione per la sua scelta originale di separazione degli obblighi di fatturazione e di registrazione. Questa scelta, che offre la possibilità di continuare la compensazione anche in un momento successivo rispetto a quello della conclusione dell’operazione, rimane il tratto distintivo di maggior rilievo rispetto agli altri sistemi nazionali e merita d’essere più approfonditamente analizzato.

Capitolo IV

Vicende giuridiche dei rapporti e variazioni iva nell’esperienza italiana di attuazione

4.1. L’assenza delle vicende giuridiche nella delega originale in attuazione

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