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Disciplina nazionale delle vicende giuridiche in coerenza con i caratteri del modello impositivo armonizzato

L’evoluzione della legislazione europea per l’imposta sul valore aggiunto segue, come si è ricordato, delle tappe che si susseguono in un ordine individuato fin dal primo momento101. L’obiettivo è chiaro da principio, mentre solo le scelte strategiche di

volta in volta applicabili sono state influenzate dalle più diverse variabili economiche, politiche e – a tratti, grazie all’intervento interpretativo della Corte, anche giuridiche. L’evoluzione tra i diversi modelli di armonizzazione si esprime anche, sempre per il tramite fondamentale dell’interpretazione giurisprudenziale, nell’evoluzione della lettura dei caratteri essenziali dell’imposta, originariamente declinati solo in termini negativi.

Soprattutto si valorizzano la proporzionalità e la neutralità in ciascuna fase dell’applicazione dell’imposta, garantite attraverso lo strumento, essenziale, della detrazione in ragione del prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni ceduti102. L’evidenziazione di questi caratteri assume, nell’elaborazione della

101 Si veda ancora, con lungimiranza, il Brussels Report on the Genral Common Market (sempre

unofficially referred to as the Spaak Report) che a pagina 15 evidenzia la necessità di provvedere

per tappe all’armonizzazione; inoltre, superata la data ultima per l’implementazione dell’iva negli ordinamenti nazionali, e dato alla Commissione il tempo per una valutazione del livello di applicazione e delle difficoltà che ne derivavano era giunto il momento per procedere alla seconda fase dell’armonizzazione. Sul punto si legga BURGIO, La politica fiscale, in PENNACCHINI – MONACO

– FERRARI – BRAVO – PUGLIESI, Manuale di diritto comunitario, Torino, 1984, 519; SACCHETTO, Le

imposte indirette, in SACCHETTO – CASERTANO,Tributi in CHITI – GRECO (a cura di), Trattato di

diritto amministrativo europeo, II, Milano, 1997, 1346.

102 Il meccanismo è banalmente matematico: a fronte di un bene ceduto per 100, con iva semplificata

per ragioni esplicative al 20%, la somma per cui corra l’obbligo di effettuare la rivalsa è di 20. Quando, per la produzione del bene siano state effettuate spese in materie prime per 50, la somma per cui si è maturato il diritto di detrazione sarà di 10. Ora, se il valore aggiunto è il maggior valore prodotto in ciascun passaggio, espresso come differernza tra il costo inziale di acquisto e il prezzo di rivendita al netto delle altre spese, nel nostro esempio il valore aggiunto è 50. Applicando l’imposta in modo proporzionale al solo valore aggiunto il risultato sarà di 10, che è però esattamente la somma da liquidare ottenuta attraverso l’applicazione del meccanismo di rivalsa e detrazione. È così, quindi, che il meccanismo applicativo dell’imposta tutela la proporzionalità, non solo la neutralità.

teoria dell’imposta, non solo carattere costitutivo ma altresì di principio ermeneutico. Si afferma l’idea che detti caratteri non siano (solo) qualificabili come il limite esterno che vincola il legislatore per evitare la duplicazione dell’imposta. Anzi si affermano anche come criteri con cui indagare della compatibilità delle scelte attuative. Saranno così incompatibili con l’ordinamento tutte quelle disposizioni nazionali che, nella disciplina delle condizioni di esercizio di rivalsa e detrazione o nelle procedure con cui porre in essere l’applicazione dell’imposta ledano questi principi fondamentali103.

Inoltre, proprio grazie alla portata dell’interpretazione delle disposizioni di attuazione per il tramite di caratteri assunti a criteri ermeneutici, è possibile un’ulteriore scrutinio non solo riferito alla fase statica, bensì anche a quella dinamica dell’applicazione dell’imposta, con una particolare valorizzazione delle esigenze delle variazioni.

Un processo analogo interessa anche l’affermazione del carattere della generalità, che si presenta come espressione del più ampio principio per cui tutte le operazioni che presentino le caratteristiche proprie dell'operazione imponibile, a loro volta individuate dall'essenziale funzione ermeneutica del diritto vivente, devono essere effettivamente assoggettate ad imposizione. La possibilità di applicare l'imposta sul valore aggiunto in modo generale a tutte le operazioni che abbiano ad oggetto una cessione di beni o una prestazione di servizi ha sempre avuto come corollario interpretativo quello stesso principio generale dell'irrilevanza delle scelte di qualificazione effettuate dal legislatore nazionale e volte a distinguere tra prestazioni di servizi e cessioni di beni o ad escludere aprioristicamente determinate operazioni dal novero dell'imponibilità. La generalità, dunque serve ad offrire il parametro della centralità del rapporto come elemento essenziale perché si realizzi l'operazione considerata rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto104.

103 La giurisprudenza è sconfinata, per cui ogni ricostruzione peccherebbe di incompiutezza. Si faccia

allora riferimento, per quel che concerne il principio di neutralità al già ricordato contributo di

MONDINI, Il principio di neutralità, cit., 269; D’ANGELO, Integrazione europea, cit., in particolare

con riferimento al principio di effettività come meta principio interpretativo, 37; TERRA,A guide to

euroepan VAT, cit. 37, per la ricostruzione della proporzionalità dell’imposta quale principio

dell’iva.

104 Con un limite, sempre elaborato in via giurisprudenziale, quello dell’onerosità delle operazioni e, in

senso più lato, della natura di attività economica delle operazioni svolte, come chiarisce C-77/01, punto 47 (con commenti di RAGGI, Regime iva delle operazioni interne fra consorziati e

Questa caratteristica, che pure può sembrare immanente in un sistema d'imposta volto a colpire la produzione di maggior valore nel corso della catena produttiva e distributiva, non viene in realtà espressamente richiamato dalla direttiva ma è principalmente frutto di elaborazione giurisprudenziale.

La caratteristica della generalità, che pure conduce all'esigenza di analizzare aspetti che non debbono essere direttamente oggetto della presente analisi, è ritraibile, secondo l'interpretazione del diritto vivente, proprio dalla scelta legislativa in ordine alle operazioni cosiddette imponibili. In particolare il legislatore individua come operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto le cessioni di beni, descritte come il trasferimento del diritto di godere del bene come proprietario105, e la

prestazione dei servizi, individuata invece in via residuale, per cui sono prestazioni di servizi tutte le operazioni non espressamente qualificabili come cessioni di beni106.

L'unico limite alla qualificabilità di un'operazione come imponibile non è quindi quello dell'oggetto della realizzazione dell'operazione107, se non per sottrazione, si

pensi alle esenzioni108. Il limite all'imponibilità, allora, diviene quello – diverso –

della giuridicità del vincolo sotteso alla realizzazione dell'operazione, di cui quindi l'operazione medesima, meglio, la cessione di beni o la prestazione di servizi, rappresentano uno degli effetti giuridicamente determinati.

306/94, punto 15; TOURNÈS, Classification des produits financiers au regard de la TVA in Revue de jurisprudence fiscale 2004, 511) C-186/89, punto 17.

105 Per la definizione di cessione di beni nella sesta direttiva, art. 8 (oggi art. 14 della direttiva

2006/112/CE), mentre per quel che concerne l’intervento giurisprudenziale l’attenzione va in particolare alla corretta interpretazione della nozione di “come proprietario”, al cui riguardo, tra le pronunce della CGE, rilevano

106 Anche nella giurisprudenza della Corte il problema non è mai quello d’individuare un’operazione

specificamente come prestazione di servizi, quanto piuttosto di considerare se sia possibile o meno qualificare detta operazione come cessione di beni. Una volta esclusa questa possibilità e pacifico che l’operazione sia qualificabile come imponibile non potrà che rientrare nella categoria residuale della prestazione di servizi. Sulla prevalenza della cessione del bene o dell’attività di trasformazione, dunque prestazione di servizi, si veda comunque C-55/14; C-606/12 e C-607/12.

107 Coi limiti noti della legittimità dell’oggetto della prestazione, da sempre considerato come uno dei

limiti all’applicazione dell’imposta. Si veda al riguardo la CGE in Siberie Cofee-Shop, per la distinzione tra mercato lecito e illecito

108 Per un’analisi della categoria delle operazioni esenti di nuovo quale nozione autonoma di diritto

dell’Unione Europea si veda MONTANARI, Le operazioni esenti, cit. con riferimento alla nozione di

“locazione”, 244; di “operazioni relative ai servizi finanziari”, 309 e in particolare 311; e da ultimo con riferimento alle obbligazioni finanziarie, 348.

Ancora, l'operazione potrà essere considerata imponibile (in quanto assoggettabile all'imposta sul valore aggiunto) tutte le volte in cui alla cessione di beni e alla prestazione di servizi corrisponda la produzione di un maggior valore, che viene ad essere rappresentato proprio dal controvalore109, dovuto come effetto giuridico in

ragione dello stesso rapporto che dispone l'obbligo di realizzare la prestazione considerata. È questo il quadro interpretativo e applicativo in cui deve poter essere declinata la nozione di controvalore come contenuta nella seconda direttiva e, sotto questo aspetto, liberamente interpretabile dalle parti al momento dell'attuazione. In questo senso l'imposta sarà proporzionale appunto perché andrà a colpire il maggior valore inteso come controvalore, che nell'interpretazione diviene prezzo, riconducibile alla singola operazione secondo un modello ripetibile esattamente identico per ogni operazione compiuta dal soggetto passivo.

Ciò avvenne con particolare attenzione in relazione ai principi di generalità dell'applicazione dell'imposta e di neutralità della stessa. Principi essenziali ai fini della corretta implementazione e attuazione dell'imposta sul valore aggiunto, poiché espressamente volti a garantire l'effetto per il mercato, che è sempre la ragione principale che ha spinto il legislatore comunitario all'introduzione di un'imposta armonizzata sul valore aggiunto. In altri termini, come si è detto, se è vero che un'imposta che sia neutrale, applicata in maniera generalizzata e proporzionale al consumo dovrà essere considerata confliggente con l'imposta sul valore aggiunto introdotta negli ordinamenti in attuazione della prima e seconda direttiva è pur vero che una disciplina nazionale di attuazione che non rispetti questi requisiti essenziali non potrà essere considerata compatibile con il modello d'imposta previsto dalla direttiva medesima.

Questo potenziale conflitto tra la piena libertà riconosciuta agli Stati in corrispondenza di un’armonizzazione basata su un modello d'imposta a cui non corrispondono delle regole più generali, capaci di descrivere un autonomo modello impositivo e l'esigenza di vedere rispettati alcuni dei principi essenziali che

109 Di nuovo una nozione autonoma del diritto dell’Unione Europea, poiché come vuole la pacifica

interpretazione della Corte di Giustizia il termine «controvalore» fa parte di una disposizione di

diritto dell’Unione che non rinvia al diritto degli Stati membri per la determinazione del proprio significato e contenuto. Così C-310/11, punto 22 e C-154/80, punti 9 e 13)

caratterizzano l'imposta medesima, è ben rappresentato nella disciplina delle variazioni.

Il primo limite, necessariamente, riguarda proprio la natura di tale disposizione. È evidente, infatti, che un modello solo procedimentale non manifesta alcuna preoccupazione di garantire una coerenza nella determinazione della base imponibile che mantenga ancorata quest'ultima al controvalore effettivamente dovuto in ragione dell'operazione di volta in volta considerata.

Il secondo, necessariamente, l'individuazione delle ipotesi di applicazione. Certo, si può affermare che anche la disciplina delle variazioni debba essere sottoposta ad un vaglio di compatibilità con la direttiva che riguardi anche il rispetto dei principi generali applicabili all'imposta.

Tuttavia, questa non era la posizione accolta, né prefigurabile, al momento della introduzione della seconda direttiva. È bene ricordare, per poter ricostruire in maniera coerente la prospettiva storico-sistematica all'interno della quale si sono sviluppate anche le vicende relative alle variazioni dell'imposta, che essa si inserisce nel percorso evolutivo dell'ordinamento europeo e comunitario. In particolare l'evoluzione della disciplina dell'intera imposta sul valore aggiunto – dunque per il rapporto di genere a specie della materia delle variazioni – subisce l'influenza dell'evoluzione dell'ordinamento e degli ordinamenti.

Con tale combinazione di previsione e d'interpretazione le vicende giuridiche che riguardano circolazione di beni ed erogazioni e di conseguenza anche l'imponibile e l'imposta o solo l'altro elemento strutturale oltre al presupposto rappresentato dalla base imponibile vincolano gli stati membri nella disciplina della base imponibile e altri aspetti applicativi che non erano presenti nel solo modello impositivo.

1.8. I limiti dell’armonizzazione del solo modello impositivo per la

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