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L’effettuazione delle variazioni e la loro coerenza coi principi di rivalsa e detrazione

Vero è che il soggetto passivo che si trovi nella posizione contrattuale di poter effettuare una variazione in diminuzione non è obbligato a questa, così come non è obbligato ad esercitare il suo diritto di detrazione. Per questa ragione la neutralità dell'imposta deve poter essere garantita attuando il modello impositivo nazionale. Come la detrazione è sempre un diritto e mai un obbligo, anche se l'esercizio ne è fortemente incentivato dall'obbligo – questo sì – di versare la rivalsa al prestatore e,

332 O di una sopravvenuta modifica legislativa dell’aliquota applicabile, come è avvenuto nell’ipotesi

specularmente, di effettuare la rivalsa, col conseguente obbligo di versare l’imposta, per tutte le operazioni attive realizzate. Allo stesso modo la variazione in diminuzione viene prevista come possibilità, non come obbligo.

Si consente così la messa a sistema della neutralità, pur nel rispetto della discrezionalità sistematicamente riconosciuta al soggetto passivo nell'esercizio del diritto a detrazione

Al momento dell'introduzione dell'imposta nel sistema tributario italiano, e poi ancora per molti anni a venire, uno dei problemi principali nell'interpretazione della nuova imposta ha avuto ad oggetto proprio la natura della rivalsa. Non tanto in ordine alla possibilità di configurare la rivalsa come un'autonoma obbligazione, dipendente nel contenuto dall'operazione imponibile ma giuridicamente distinta da questa. Al riguardo tutti gli interpreti sono stati concordi nell'individuare un limite invalicabile nel dettato dell'art. 18 del dpr, il quale al quinto comma assegna al credito di rivalsa un privilegio speciale, che si traduce, sul piano sistematico nella migliore valorizzazione dell'autonomia di detto credito.

Il problema, piuttosto, ha riguardato la qualificazione della rivalsa come un obbligo o come un diritto in capo al soggetto passivo dell'operazione imponibile333. Si tratta di

una disputa antica, che non riguarda il problema, poi più diffusamente trattato dell'individuazione del soggetto-contribuente all'interno dell'imposta sul valore aggiunto, tuttavia necessaria per poter comprendere appieno quale sia la funzione delle variazioni e quale la giustificazione sistematica dell'attuazione per il tramite della compensazione.

Le posizioni contrapposte sono sostanzialmente due: quelle che vogliono individuare nella rivalsa un diritto di credito, pur di fonte legale e quelle che invece qualificano la rivalsa come un diritto obbligatorio. Tuttavia, il sistema delle variazioni si giustifica solo se si considera la rivalsa come un diritto di credito che può essere o meno fatto valere dal soggetto che ne sia il titolare.

Questa è un'ipotesi che non è stata presa in considerazione dall'ordinamento europeo, tanto che il riferimento alla rettifica della detrazione di cui all'art. 185 della

333 L’obbligo, secondo la ricostruzione che declina la rivalsa in termini economici, è quello di emettere

la fattura, quindi di esporre separatamente la somma corrispondente all’imposta nella fattura, e di registrarle entrambe.

direttiva è sempre considerato in relazione alla posizione del soggetto che deve rettificare il suo precedente diritto di detrazione, con ciò riducendolo.

L'esercizio della variazione come maggiore detrazione (così uguali, così diverse)

Il sistema delle variazioni, dal punto di vista operativo, obbliga il contribuente alla registrazione di una nuova operazione, attiva, nel caso delle variazioni in aumento, negativa per quelle in diminuzione.

È evidente che, in tutte queste ipotesi, non si realizza una nuova operazione, al contrario si è realizzato un evento che ha determinato una modifica del rapporto giuridico che disciplinava l'operazione originaria, ovvero è emerso un errore nella pregressa qualificazione dell'operazione imponibile che si è conseguentemente proiettata in una modifica dell'imposta334.

In tutti i casi, comunque, nell'ordinamento italiano le variazioni, e specificamente le variazioni in diminuzione, possono essere considerate come un'operazione negativa anche con riferimento alla tecnica scelta dal legislatore per garantire l'evidenza dell'intervenuta modificazione335. In particolare le variazioni in diminuzione

appaiono, formalmente, come l'iscrizione di un credito pari all'ammontare della minore imposta dovuta in relazione all'operazione per cui è intervenuta la variazione. Questa scelta è affatto peculiare, poiché sposta sul piano della detrazione non solo l'adeguamento della posizione del cessionario o committente, ma anche e soprattutto quella del cedente o prestatore.

Si è già detto, infatti, che nel modello comunitario come da ultimo elaborato la variazione, in quanto effetto della modifica dell'operazione si riflette necessariamente sulle posizioni di entrambi i soggetti coinvolti nell'operazione. D'altronde non potrebbe essere altrimenti, in un modello impositivo che individua come elemento

334 In entrambi i casi è molto chiara la posizione assunta dalla Corte di Cassazione quando afferma che

come l’obbligo d’imposta sorge per il fatto stesso che un certo atto produca determinati effetti giuridici ai quali la legge quell’obbligo ricollega, così anche è logico che sia sufficiente il prodursi della causa che determina il venir meno di quegli effetti affinché sorga il contrapposto diritto del contribuente di vedersi sgravato, attraverso il peculiare e già descritto meccanismo della detrazione, dell’onere sostenuto per assolvere l’imposta ormai priva di base.

335 Sulle variazioni come operazioni negative si veda Cass. 11 dicembre 2013, n. 27692 e, in dottrina,

essenziale all'imponibilità il fatto che si realizzi un'operazione onerosa, sinallagmatica e produttiva di effetti giuridicamente apprezzabili.

Nel sistema europeo, come si è detto, tutti i passaggi vengono scanditi distintamente, per cui alla modifica del contenuto dell'operazione deve conseguire una rettifica dell'imponibile, che si trasforma in una riduzione dell'imposta dovuta dal soggetto che ha registrato la riduzione del suo diritto di rivalsa e, specularmente, in un obbligo di rettifica del diritto di detrazione in capo all'altro soggetto obbligato. I tre passaggi, pur legati da un inevitabile relazione di causa ed effetto rimangono distinti e astrattamente riconducibili a obblighi formali distinti.

Come si è detto, però, la scelta in ordine al procedimento da individuare per l'attuazione della variazione è integralmente rimessa alle scelte degli Stati membri, ciò che è importante è che venga garantita al contribuente l'effettiva possibilità di registrare la variazione tutte le volte in cui ne ricorra l'esigenza.

Sotto questo aspetto la scelta per l'attuazione del legislatore italiano è stata fin da principio innovativa e caratterizzata da una spiccata valorizzazione del meccanismo impositivo dell'imposta sul valore aggiunto. Si è detto, infatti, che la variazione in diminuzione può essere configurata come un'operazione negativa, poiché comporta – per le diverse ragioni già ricordate – una riduzione dell'imponibile o dell'imposta originariamente considerati. Così come la variazione in aumento è dal punto di vista formale a tutti gli effetti una nuova operazione. Si è già detto che, anche quando la variazione discenda da una riduzione dell'imponibile la scelta del legislatore nazionale è stato di darne comunque atto nei termini di una riduzione dell'imposta. Con questa scelta, come si è visto, è già stato saltato il primo dei passaggi previsti dalla disciplina europea dell'imposta, vale a dire la separazione tra momento in cui si dia conto della riduzione dell'imponibile e conseguente registrazione della proporzionale riduzione dell'imposta.

L'art. 26 del dpr iva, però, si spinge ancora oltre, poiché ingiunge al soggetto non di correggere, diminuendolo l'importo già considerato come somma a debito per l'operazione di volta in volta presa in considerazione, bensì di iscrivere una nuova somma a credito, pari al minor valore del debito d'imposta conseguente alla

variazione336. In altri termini l'operazione negativa viene registrata come se si

realizzasse un'operazione che da diritto ad un maggior credito per detrazione, ossia come una nuova operazione a monte.

Come si è già detto la procedura delle variazioni nel nostro ordinamento è stata recepita come una conseguenza naturale del modello impositivo fondato sulla compensazione di debiti e crediti. Ma questa scelta non sarebbe stata possibile quando si fosse previsto un obbligo di correggere retroattivamente il contenuto dell'iscrizione relativa alla somma dovuta a titolo d'imposta per l'operazione che poi abbia dato origine alla variazione. Infatti la modifica ex post non avrebbe consentito di inserire la diversa posizione debitoria del soggetto passivo nei confronti dell'erario all'interno del flusso delle posizioni debitorie e creditorie nuove che conducono alla liquidazione.

Di qui la scelta, necessitata ma niente affatto scontata, di trasformare la riduzione dell'imposta dovuta in un nuovo credito vantato nei confronti dell'erario a partire dal momento in cui la condizione giuridica sia modificata, e sempre nel rispetto dei limiti formali necessari per poter vantare il credito.

In altri termini, l'esercizio della detrazione da minor imposta dovuta, iscritta nei registri contabili ai sensi dell'art. 26 del dpr non è, in senso astratto una detrazione – intesa come diritto di credito generato dal compimento di un’operazione a monte –, bensì l'esercizio, in compensazione, di un diritto di credito che però ha altra fonte. Il diritto di detrazione, nell'iva, nasce come strumento per la neutralizzazione dell'imposta versata (anticipata?) a monte.

È ormai assodato che, nella scelta del legislatore italiano, il diritto di detrazione di configura, strutturalmente, come diritto di credito attribuito dall'art. 19 primo comma al soggetto passivo nei confronti dell'erario per l'importo del tributo a monte da lui corrisposto soggiacendo alla rivalse del cedente o del commissionario.

Il rapporto di debito e quello di credito devono considerarsi rapporti distinti, tanto che, il diritto di credito può sorgere anche in assenza di operazioni imponibili

336 Rectius offre questa possibilità ma la qualifica come residuale rispetto alla procedura generale ex

compiute dal soggetto per il periodo d'imposta337. Tuttavia, nella detrazione iscritta in

ragione di una variazione dell'imponibile o dell'imposta non v'è nessuna operazione a monte compiuta dal soggetto passivo e destinata ad essere neutralizzata. La detrazione iscritta in ragione della variazione trova la sua giustificazione nell'operazione attiva realizzata dal soggetto che iscrive il suo credito.

Si tratta, cioè, di due fattispecie distinte, con cause diverse, seppure esercitate mediante la medesima procedura.

La variazione in diminuzione, realizzata mediante la registrazione a norma dell'art. 25 del dpr iva, non dà conto di una nuova operazione, per cui si eserciti il diritto di credito conseguente all'avvenuto esercizio della rivalsa, ma consente di registrare una riduzione del debito sorto in capo al soggetto in relazione ad un'operazione per cui egli stesso abbia già esercitato la rivalsa338. E questo emerge anche sul piano

meramente formale, poiché, letteralmente, l'art. 25 richiamato dalla disposizione in materia di variazioni fa riferimento alle sole fatture e bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati339.

Nell'ipotesi della registrazione del diritto di credito conseguente all'effettuazione di una variazione in diminuzione il soggetto passivo, come è ovvio, non ha acquistato alcun bene o servizio, al contrario, esso li ha venduti in un momento precedente e

337 Sulla possibilità di configurare un diritto di credito da detrazione nei confronti dell’erario anche in

assenza di operazioni a valle si veda:

338 Difatti, la giurisprudenza vuole che la registrazione richiami in modo espresso l’operazione a cui ci

si riferisce e già registrata nell’opposto registro.

339 Questo il testo dell’art. 25 del dpr che si richiama per maggior praticità: Il contribuente deve

numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nellñesercizio dell'impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell'articolo 17 e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale e' esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta. Dalla registrazione devono risultare la data della fattura o bolletta, il numero progressivo ad essa attribuito, la ditta, denominazione o ragione sociale del cedente del bene o prestatore del servizio, ovvero il nome e cognome se non si tratta di imprese, societa' o enti, nonche' l'ammontare imponibile e l'ammontare dell'imposta distinti secondo l'aliquota. Per le fatture relative alle operazioni di cui all'articolo 21, commi 6 e 6-bis, devono essere indicati, in luogo dell'ammontare dell'imposta, il titolo di inapplicabilita' di essa e, eventualmente, la relativa norma. La disposizione del comma precedente si applica anche per le fatture relative a prestazioni di trasporto e per quelle pervenute tramite spedizionieri o agenzie di viaggi, quale ne sia l'importo.

ora, per ragioni eminentemente legate alle vicende del rapporto340, si trova a dover

rettificare quanto precedentemente registrato.

Parallelamente il cessionario o committente dovrà a sua volta provvedere alla registrazione della variazione ai sensi dell'art. 23 o 24 del dpr, esattamente come se si fosse realizzata una nuova operazione.

È esattamente con questi due passaggi che si ottiene il risultato di una variazione come operazione negativa. Formalmente i passaggi sono gli stessi che devono essere rispettati a fronte di una nuova operazione imponibile, solo i ruoli sono invertiti. Il debitore registra il diritto di credito derivante dalla realizzazione di una non operazione, come a dire che il venir meno, in tutto o in parte, dell'operazione originaria si trasforma in un’inversione delle posizioni di debito credito tra le parti, perlomeno in relazione al credito da rivalsa.

Si è detto, d'accordo con una ricostruzione oramai cristallizzata del rapporto di autonomia e dipendenza tra rivalsa e detrazione che il credito nei confronti dell'erario sorge in capo al soggetto che abbia effettuato l'acquisto come conseguenza del debito sorto a titolo di rivalsa nei confronti del cedente o prestatore. Ugualmente, nell'ipotesi della modifica dipendente da una variazione dell'imponibile il credito che il soggetto passivo registra come se fosse un acquisto da lui effettuato dà conto di una riduzione del credito di rivalsa.

Il credito nei confronti dell'erario altro non è che la registrazione di un minor credito di rivalsa goduto nei confronti del co-obbligato. Senza la rimodulazione del rapporto di credito per la rivalsa, già esercitato nel momento della realizzazione dell'operazione imponibile non sarebbe giustificata la possibilità di vantare un credito nei confronti dell'erario per la minore imposta dovuta.

4.7. Eterogeneità delle fattispecie nella variazione: la variazione in

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