Nel passaggio da un modello di armonizzazione indiretta a quello più incisivo di armonizzazione diretta110 cambia anche il livello di dettaglio con cui vengono descritti
110 Sul passaggio dalle prime direttive alla sesta si leggano AUJEAN, Le système de la TVA et le marché
unique européen, in Reflets et perspectives de la vie économique, 2012/2 (Tomo XLIX), 91; ID.,
gli elementi costitutivi dell’imposta. I due momenti sono chiaramente collegati, nell’evoluzione come nell’interpretazione. La prima fase era necessaria per poter uniformare la condizione di partenza nei diversi paesi membri, solo in questo modo l’introduzione di una disciplina dettagliata avrebbe potuto condurre ad un risultato apprezzabile e non a una moltiplicazione caotica dei dubbi in ordine alle fattispecie applicabili e all’ampiezza dell’attuazione. Di più, questo passaggio offre una chiave di lettura delle differenti competenze e della possibilità di realizzare un sistema integrato e uniformemente diretto alla realizzazione del medesimo obiettivo di creazione di un mercato comune. Si supera, con l’attività d’interpretazione della Corte successiva all’introduzione della sesta direttiva, la mancanza di categorie comuni al diritto dell’Unione Europea in ordine alla qualificazione delle categorie negoziali e più generalmente riconducibili alla regolazione giuridica della circolazione di beni e servizi.
I due passaggi, declinati in armonizzazione diretta e indiretta, sono poi tesi a questo risultato: introdurre in tutti gli Stati una legislazione che individui, in coerenza con l’ordinamento interno, quale sia il presupposto per l’applicazione dell’iva – eminentemente sotto il profilo soggettivo e oggettivo.
Una volta raggiunto questo primo risultato, per cui in tutti e sei gli Stati membri esisteva una soggettività passiva legata all’attività economica, una nozione di cessione di beni e di prestazione di servizi tesa a garantire la maggiore generalità possibile e un metodo di applicazione dell’imposta fondata sul duplice meccanismo di rivalsa e detrazione è stato possibile procedere all’armonizzazione diretta.
In questa seconda fase non è più sufficiente che ci sia una disciplina del presupposto comune a tutti gli Stati, diviene necessario piuttosto che in tutti gli Stati membri – e in tutti gli Stati che diventeranno membri in un momento successivo – si possa verificare l’applicazione del medesimo presupposto.
L’armonizzazione diretta non comporta solo un sistema uniforme d’individuazione delle aliquote111 e, soprattutto, delle esenzioni112, che pure vengono disciplinate
Sixth Council Directive on VAT (Uniform Basis of Assessment), in Intertax 1977/7, 245;
REUGEBRINK, The sixth directive for the harmonization of Value Added Tax, in Common Market
Law Review, 1978, 309; DE LA FERIA,The EU VAT System cit., 53.
direttamente dalla direttiva, ma anche la possibilità d’incidere più direttamente nell’interpretazione e definizione degli elementi costitutitvi dell’imposta.
A presidio di quest’obiettivo inizia a intervenire la giurisprudenza, con strumenti d’interpretazione più ficcanti dati dal livello di dettaglio indefinitamente superiore della sesta direttiva113. Sotto il profilo del presupposto oggettivo le tipologie di
interventi sono duplici: da un lato l’opera interpretativa è tesa alla definizione “autentica” delle categorie di operazioni esenti, così da garantire l’introduzione di una categoria interpretativa ai fini iva identica in tutti i paesi membri. Dall’altro lato, invece, si procede col giudizio di compatibilità delle preesistenti norme di attuazione, in particolare in ordine ai caratteri che deve assumere uno scambio a contenuto oneroso per poter essere qualificato come operazione imponibile114. In questo caso
non si afferma una nozione autonoma, obbligando per l’effetto alla sua introduzione in via interpretativa nell’ordinamento, ma si specificano di volta in volta limiti e caratteri delle categorie europee al fine di consentire la migliore interpretazione ed, eventualmente, l’adeguamento, nel diritto interno.
In questo dialogo, però, permane sempre il limite mai superato della competenza riconosciuta al giudice nazionale in ordine all’interpretazione delle nozioni interne, pur nel rispetto delle indicazioni rese dalla Corte115 quando si sia espressa
nell’interpretazione delle fattispecie europee116.
112 Dir. 77/388/CEE, Capo X – Esenzioni; per una ricognizione delle tipologie di esenzioni nel disegno
della direttiva di nuovo MONTANARI, Le operazioni esenti cit., 25.
113 La sesta direttiva rappresenta un orizzonte nuovo, dal punto di vista della Corte di Giustizia. Per
questa ragione è proprio a partire dalla fine degli anni ’70 che ogni pronuncia, anche se ancora volta all’interpretazione di norme a cui si doveva applicare la disciplina previgente, assume consapevolezza del suo ruolo e inizia ad incidere significativamente sulle scelte di attuazione.
114 Deve qui intendersi tutto il filone, già ricordato, relativo alla necessità di un vincolo giuridico per
poter considerare uno scambio “operazione imponibile”.
115 È in questo contesto che nasce l’idea di un’interpretazione delle operazioni imponibili che si fondi sulla natura oggettiva delle operazioni (C-108/99, punto 33; C-4/94, punto 24; C-494/12, punto 21; C-223/03, punto 47), per cui per valutare se una determinata convenzione sia sussumibile in una definizioe (cessione di beni o prestazione di servizi) è necessario prendere in considerazione tutte le caratteristiche dell’operazione, nonché le circostanze in cui essa si svolge. Al riguardo assume ruolo dirimente la “natura oggettiva” dell’operazione (C-270/09 punto 46; C-55/14, punto 21; C-108/99, punto 33; C-305/01, punto 64; C-320/88, punto 8). In realtà, nella distinzione tra cessioni di beni e prestazioni di servizi la Corte tenderebbe a voler replicare lo stesso schema interpretativo già applicato alle operazioni esenti, con un’ulteriore forzatura in ordine all’incisività dell’armonizzazione. Tuttavia questo aspetto è logicamente successivo all’individuazione dei caratteri dell’operazione imponibile, intesi come requisiti che la “convenzione” deve avere per
Dopo la sesta direttiva, dunque, ci si evolve verso un sistema in cui la possibilità di realizzare l’armonizzazione dipende soprattutto dal rispetto della corretta interpretazione delle categorie di diritto europeo, in specie quelle contenute nelle direttive. In questa seconda fase, dunque, è preminente il ruolo svolto dall’interpretazione e dal suo attore principale, la Corte di Giustizia117. Questo è vero
anche e soprattutto con riferimento ai criteri di determinazione della base imponibile, rispetto a cui il mutamento dalla prima fase di armonizzazione indiretta a quella diretta della sesta direttiva non è solo terminologico, ma anche e soprattutto sostanziale. Come si è poi detto l’evoluzione, oltre all’evidente incidenza sulla fase fisiologica della nascita dell’operazione, conduce all’introduzione di una specifica disciplina delle variazioni di stampo comunitario118, che – come si è detto – è
coerente col nuovo modello, mentre non avrebbe potuto essere concepita nella prima fase, esattamente come era impossibile armonizzare aliquote ed esenzioni.
L’avvento della sesta direttiva vale così a disciplinare il contenuto della direttiva secondo uno schema che distingue le fattispecie in due grandi blocchi, proprio in ragione della presenza o meno di un rapporto e di un vincolo della modifica con gli effetti giuridici prodotti dall’operazione119.
poter essere assoggettata al prelievo e che riguardano piuttosto l’aspetto uniforme della giuridicità del vincolo.
116 Per una ricostruzione organica dei problemi dell’interpretazione si vedano D’ANGELO, MASTROIACOVO; RUSSO
117 Più diffusamente, sul problema delle peculiari caratteristiche dell’interpretazione della CGE si
vedano: BARASSI,L’interpretazione del diritto europeo, in SACCHETTO (a cura di) Principi di diritto
tributario europeo ed internazionale, Torino; GALLO, Ordinamento comunitario, ordinamenti
nazionali e principi fondamentali tributari, in Dir. Prat. Trib., 2006, I, 1142; KUTSCHER, Alcune
tesi sui metodi di interpretazione del diritto comunitario dal punto di vista di un giudice,in Riv. Dir. Eur., 1976, 283; MARTINICO, Le sentenze interpretative della Corte di giustizia come forme di
produzione normativa, in Giur. Cost., 2004, 253; MONACO, I principi di interpretazione seguiti
dalla Corte di giustizia delle comunità europee in ID., Scritti di diritto europeo, Milano, 1972;
PISTORIO, Interpretazione e giudici. Il caso dell’interpretazione conforme al diritto dell’Unione
Europea, Napoli, 2012.
118 Il riferimento, ora e fino alla modifica intervenuta con la direttiva rifusioni del 2006 è all’art. 11
parte C, numero 1 che recita: In caso di annullamento , recesso , risoluzione , non pagamento
totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l ' operazione è stata effettuata , la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Tuttavia , in caso di non pagamento totale o parziale , gli Stati membri possono derogare a questa norma .
119 Già le prime pronunce sono molto chiare in questo senso, quando affermano che la corretta
interpretazione dell’art. 11 parte C debba essere nel senso che la disposizione si riferisce all’ipotesi
Si afferma così la distinzione tra le variazioni che si sostanziano in una modifica definitiva del corrispettivo in ragione di una vicenda che riguardi in via diretta il corrispettivo o più generalmente la validità dell’accordo, cui si contrappongono le modifiche dell’imposta determinate da un mero mancato pagamento, che non corrisponde ad una vicenda giuridicamente apprezzabile e che, in quanto tale, non ha un’autonoma giustificazione nelle vicende giuridiche del rapporto120.
Questa distinzione non è espressa direttamente in questi termini, anzi ancora una volta l’opzione linguistica è suscettibile di diverse interpretazioni e presenta i limiti che le derivano, di nuovo, dalla mancanza di categorie autonome cui fare riferimento121.
Richiamare le nozioni di annullamento, rescissione, risoluzione, infatti, non comporta un’automatica corrispondenza con alcuna nozione propria dell’ordinamento comunitario. Allo stesso tempo, formule come quelle della riduzione del prezzo o del mancato pagamento rimettono nuovamente ampia libertà di attuazione agli Stati membri.
Ciò che emerge con maggiore evidenza è però la scelta di un preciso campo semantico, quello della contrattualistica e più in particolare delle patologie del contratto, per definire le ipotesi in cui gli Stati sono chiamati ad introdurre una specifica procedura che consenta di adeguare l’imponibile e l’imposta alle sopravvenute vicende dell’operazione. Siffatta scelta esprime come nella sesta
una modifica successiva. Tuttavia essa costituisce l'espressione del principio sopra sottolineato della neutralità della posizione dei soggetti passivi. Di conseguenza, da questa disposizione risulta che, per assicurare il rispetto del principio di neutralità, occorre, all'atto del calcolo della base imponibile dell'IVA, tener conto del caso di un soggetto passivo che, non essendo contrattualmente legato al consumatore finale, ma essendo il primo anello di una catena di operazioni che arriva fino a quest'ultimo, gli concede, per il tramite dei dettaglianti, uno sconto o gli rimborsa direttamente il valore dei buoni. Se fosse diversamente, l'amministrazione fiscale riceverebbe a titolo dell'IVA un importo superiore a quello effettivamente pagato dal consumatore finale, e ciò a carico del soggetto passivo. Pronuncia C-317/94, Elida Gibbs, con note
già richiamate di PAGAN e SCHOLTEN,vd. nota 83.
120 Sotto questo aspetto la posizione della Corte di Giustizia non è mai cambiata negli anni, in questo
senso sono coerenti tutte le pronunce successive: C-330/95, punto 16; C-588/10, punto 26; C- 337/13, punto 25; C-589/12; C-209/14, punti 34 e 35.
121 Tipicamente le vicende che riguardano il venir meno degli effetti devono la loro disciplina al diritto
civile, che non conosce categorie unitarie nel diritto europeo. Dunque annullamento, risoluzione e rescissione non sono nulla se non debitamente assistite dall’attuazione. Ecco lo spazio di autonomia riconosciuto agli Stati di cui alle sentenze richiamate.
direttiva intervenga una forte valorizzazione, anche sul piano linguistico, della qualificazione giuridica dei rapporti. Le variazioni, in particolare, rappresentano il momento in cui, con più evidenza, le vicende dell’imposta sono influenzate in via diretta da quelle dell’operazione e, in particolare, dall’applicazione delle regole civilistiche interne tese a disciplinare i rapporti giuridici tra le parti e la loro capacità di produrre effetti giuridicamente apprezzabili.
Quest’evoluzione mantiene tuttavia il limite della disciplina di dettaglio rimessa agli stati122. Proprio perché la patologia dei rapporti contrattuali o, generalmente,
obbligatori, è rimessa ai singoli Stati e alla coerente applicazione della disciplina interna di diritto civile e commerciale quella della direttiva non può che essere interpretata come una disposizione d’indirizzo, in un primo momento. Una valorizzazione dei rapporti giuridici, l’indicazione della loro necessaria ripercussione sulle vicende dell’imposta ma al contempo anche una rimessione al legislatore competente per l’individuazione delle fattispecie non come generica categoria di patologia del rapporto che può incidere sulla produzione degli effetti che realizzano il fatto generatore, ma come puntuale disciplina di settore.
122 Spiega bene la Corte che agli Stati viene concesso un certo margine discrezionale allorché essi
Capitolo II
L’armonizzazione dell’imposta, dei suoi elementi costitutivi e delle relative vicende giuridiche
2.1. Armonizzazione dell’imposta con la sesta direttiva e vicende