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Le variazioni dell’imponibile come effetto della disciplina europea delle vicende giuridiche del rapporto

È stato un percorso trentennale, di aggiornamento, interpretazione, integrazione e attuazione quello che ha condotto all’attuale versione del corpus europeo di norme che regolano l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. Il riferimento è, ovviamente, alla direttiva rifusioni del 2006175 che, come vuole il suo stesso nome,

svolge una diversa funzione, nella storia dell’iva, rispetto a quella che era stata a suo tempo interpretata dalla sesta direttiva.

È mancata la condizione (la volontà?) politica per trasformare l’occasione della rifusione in una revisione dell’imposta nel suo complesso, tanto che adesso, a dieci anni di distanza, si parla dell’iva come della grande incompiuta e si riflette se e in che misura sia possibile immaginarne una riforma radicale176. Ciò che il legislatore della

rifusione ha cercato di fare è stato, per sua stessa ammissione, un tentativo di riportare l’ordine nel caos. Con il succedersi degli interventi legislativi, con volontà d’integrazione, correzione, attualizzazione, coordinamento, la struttura della sesta direttiva era divenuta del tutto ingestibile e mostrato apertamente la sua inadeguatezza177.

175 Per i caratteri della direttiva rifusa si legga TERRA,A guide to european VAT, CIT.323;

176 Nella già richiamata comunicazione COM(2016) 148 final, con particolare riferimento alle

operazioni infracomnuitarie, il cui regime è sicuramente quello più indefinito e la cui applicazione più problematica, si analizza addirittura la possibilità d’introdurre un generalizzato sistema d’inversione contabile (con ciò rendendo omogenea la disciplina applicabile agli scambi infracomnuitari con quella applicabile in regime interno). Tuttavia – e ciò è significativo nella lunga progressione storica che accompagna la presente analisi – il risultato a cui la Commissione perviene è quello di rilevare come, nel caso di una generalizzata inversione contabile, si perverrebbe ad un rischio elevato che la frode e il consumo privato non tassato aumentino,

soprattutto in considerazione delle aliquote IVA elevate dei paesi europei. Ma questo è lo stesso

risultato a cui, all’esito della simulazione, perveniva la commissione Neumark (45) quando prendeva in considerazione i diversi modelli d’imposta che avrebbero potuto essere introdotti. 177 Basti pensare che, a fronte di una sesta direttiva che nella sua versione originale contava non più di

In quest’ultima fase dell’evoluzione dell’imposta, quindi, gli aspetti fondamentali relativi al presupposto, al meccanismo impositivo e ai caratteri essenziali dell’imposta si possono considerare consolidati. Proprio per questo, però, è nell’ultimo decennio che, anche grazie alla forza acquisita con il consolidamento legislativo del 2006, la disciplina delle variazioni dell’imponibile ha acquisito una sua peculiare importanza. Tutto il percorso che ha accompagnato l’affermazione e l’evoluzione della sesta direttiva ha condotto ad un sistema in cui l’armonizzazione dell’imposizione sul consumo non solo rientra pacificamente nell’aquis communitaire di sicuro primato eurounitario ma è anche un esempio avanzato dello stato attuale di evoluzione del rapporto tra gli ordinamenti nazionali e quello europeo. Superata l’esigenza di garantire una buona uniformità delle tipologie di imposta applicabili, gli interpreti si preoccupano ora d’individuare – ma in alcune occasioni sarebbe più corretto dire d’inventare – quali siano gli spazi per un’autonoma affermazione dell’oramai articolato e dettagliato diritto di fonte europea direttamente all’interno dei singoli ordinamenti.

Il passaggio, già ricordato, è quello da un semplice modello impositivo, plurifase non cumulativa, destinata a colpire il consumo inteso come forza economica, applicata in ogni fase della catena produttiva e distributiva di beni e servizi, ad un più strutturato modello d’imposta comune a tutti gli stati membri, all’attuale condizione in cui il primato si declina quotidianamente nell’esperienza giurisprudenziale interna, prima ancora che in quella europea, e l’autonoma applicabilità amplia sempre di più il suo spazio178. Idealmente, anche se questo passaggio non si è mai compiuto in modo

sostanziali in ordine alle disposizioni effettivamente contenute nel testo rispetto all’ultima versione aggiornata e integrata della sesta direttiva conta la bellezza di 414 articoli.

178 La fase attuale dell’armonizzazione dell’iva potrebbe essere qualificata come la fase del trionfo del

principio di effettività, non declinato nel senso tutto interno all’iva visto sino ad ora, ma nel senso più generale dell’affermazione in via interpretativa del primato del diritto dell’Unione. Non è più immaginabile, oggi, che il giudice o l’interprete nazionali, chiamati ad applicare una norma attuativa del sistema europeo dell’iva non si preoccupino della sua compatibilità col modello europeo. Per la ricostruzione del modello MICELI, Il principio comunitario di effettività, cit.

Afferma WEILER, Il sistema comunitario europeo. Struttura giuridica e processo politico, Bologna,

1985, 56 che l’accettazione del principio del primato del diritto comunitario equivale a una

rivoluzione silenziosa degli ordinamenti giuridici degli Stati membri giacchè rispetto ad ogni materia di competenza della Comunità, alla sommità della piramide giuridica sono ora le norme comnuitarie.

definitivo, si tratta di sancire il passaggio da tante imposte simili ad un'unica imposta, applicata allo stesso modo in tutti i paesi membri179.

Questo processo, però, si fonda sempre sulla possibilità, per gli Stati, di declinare l’applicazione coi propri strumenti (procedimentali e non ) e con le proprie categorie. Un sistema impositivo armonizzato che, per poter funzionare perfettamente, dovrebbe prevedere l'individuazione di operazioni fungibili, identicamente sottoposte a tassazione o, più correttamente, presupporre che possa essere individuato un minimo comune denominatore da considerare come condizione necessaria per l'imponibilità.

La determinazione di una base imponibile comune ha condotto, per il tramite dell’interpretazione, proprio a questo risultato, poiché ha permesso di individuare gli elementi essenziali non già dell'imposta, bensì dell'operazione imponibile, tali da garantire certezza ed omogeneità, delle operazioni rilevanti e, dunque, delle manifestazioni colpite dall'applicazione dell'imposta.

La certezza è sotto questo aspetto una conseguenza dell'armonizzazione.

La certezza, intesa come sicurezza in ordine all'imponibilità di un'operazione e alla misura dell'imposizione, può essere raggiunta solo quando vi sia una chiara identificazione degli aspetti che concorrono alla quantificazione e alla determinazione della base imponibile. Non tanto con riferimento alla tipologia di operazioni, poiché è nota la scelta di un’individuazione ampia (cessioni di beni e prestazioni di servizi, dove la seconda è una categoria residuale rispetto alla prima180) delle operazioni

imponibili, coerentemente col carattere della generalità del prelievo. Tuttavia la genericità nell'individuazione delle categorie di operazioni imponibili non consente di apprezzarne il contenuto, o, meglio, ripropone identico il rischio di una

179 Avanza una riflessione simile MONDINI, Il principio di neutralità, cit. 274 quando afferma che

l’armonizzazione degli elementi strutturali dell’imposta e del suo meccanismo applicativo – sointa talvolta sino a una tendenziale uniformazione – e i principi di riparto territoriale dell’imposizione sulle operazioni transnazionali devono pertanto ridurre al minimo la possiblità, per gli Stati, di modulare le imposte indirette su consumi e volume d’affari per farsi concorrenza fiscale falsando la concorrenza commerciale.

180 Così come sono note tutte le vicissitudini che hanno coinvolto la Corte di Giustizia

nell’interpretazione delle due categorie e che hanno condotto al disconoscimento, a più riprese affermato, delle qualificazioni giuridiche operate dai soggetti coinvolti, che tuttavia dovranno a loro volta essere correttamente collocati nella fase di prognosi successiva al giudizio sulla possiblità di qualificare l’imposta come imponibile.

moltiplicazione affatto uniforme delle imposte, pur ispirate allo stesso modello, con l'aggravante di un conflitto sempre rinnovato in ordine alla possibilità di qualificare una singola operazione come cessione di beni o prestazione di servizi.

La ricostruzione delle fattispecie in un sistema del sistema delle variazioni come teso a preservare la corretta applicazione dell'imposta, fino a consentire che essa esplichi appieno la funzione economica per cui è stata immaginata, fa emergere con chiarezza quello che è uno degli aspetti più complessi dell'intero sistema impositivo dell'iva, vale a dire quello della giuridicizzazione degli elementi essenziali del modello impositivo.

La variazione incide su tutte le componenti del modello impositivo, dai criteri per la determinazione della base imponibile, per cui la previsione è stata introdotta, al rapporto tra imponibile ed imposta, nel rispetto dei principi di proporzionalità e neutralità. Sono questi elementi che, nell'interpretazione della Corte di Giustizia, concorrono alla giuridicizzazione del modello impositivo e all'emersione della presenza di un accordo produttivo di effetti giuridicamente vincolanti e suscettibili di valutazione economica come requisito necessario per l'imponibilità.

Come l'individuazione del modello di operazione rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto si fonda sul riconoscimento del rapporto sinallagmatico produttivo di obblighi reciproci giuridicamente vincolanti, così è necessario per il legislatore che si individui un certo numero di ipotesi specifiche in cui è indubbio che il contenuto del sinallagma cambi.

Della disposizione contenuta nell'art. 90 in materia di variazioni sarà quindi sempre necessario dare un'interpretazione teleologica, considerare cioè come essa sia volta a preservare la coerente applicazione dell'imposta sul valore aggiunto in tutti gli ordinamenti in cui deve essere implementata181. Una volta qualificata l'operazione

imponibile come operazione sinallagmatica atta a produrre effetti giuridicamente vincolanti l'interpretazione della disposizione in materia di variazioni dovrà essere volta a presidiare questa corrispondenza. In altri termini, tutte le volte in cui si verifichi una vicenda destinata ad incidere su questo rapporto, quale che sia la

qualificazione della vicenda accolta negli Stati membri, questi dovranno preoccuparsi di consentirne l'attuazione.

La funzione delle variazioni è quindi quella di consentire che le fattispecie e la determinazione della base imponibile rimangano coerenti ai principi elaborati in via giurisprudenziale in relazione al fatto esigibile anche in un momento successivo, quando per ragioni indipendenti dalla corretta applicazione dell'imposta qualcosa risulti cambiato. L'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto dovrà quindi mantenere i caratteri di proporzionalità, generalità, neutralità ed effettività anche in relazione alle mutate condizioni di fatto, correlate alle vicende dell'operazione.

3.2. Le variazioni dell’imponibile come previsione di un regime specifico

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