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Disciplina generale e regolazioni di settore: il difficile rapporto tra normative e Authorities nella repressione delle PCS.

DELLA GIURISPRUDENZA INTERNA E COMUNITARIA

1. Disciplina generale e regolazioni di settore: il difficile rapporto tra normative e Authorities nella repressione delle PCS.

Nell’ordinamento vigente, il diritto dei consumatori costituisce oggetto, anche solo indiretto, di molteplici previsioni di rango legislativo e sub legislativo, riferibili ad imprese operanti in settori caratterizzati da potenziali fallimenti di mercato260. Settori, ove si è resa strettamente opportuna l’introduzione di discipline speciali con finalità proconcorrenziali261. Simili

discipline, generalmente di derivazione europea, pongono, dunque, norme speciali a livello primario e, di regola, istituiscono, altresì autorità amministrative indipendenti, munite di poteri regolatori, di vigilanza e sanzionatori alquanto ampi262.

260 I fallimenti di mercato possono essere causati dalla presenza di asimmetrie informative tra le

parti, e/o di contraenti particolarmente vulnerabili, e/o di monopoli naturali, etc. Settori caratterizzati dal rischio di fallimenti di mercato sono, a titolo meramente esemplificativo, quello delle comunicazioni elettroniche, dei servizi finanziari e assicurativi, dei trasporti e dell’energia.

261 Così CLARICH, La competenza delle autorità indipendenti in materia di pratiche commerciali

scorrette, in Giur. comm., 2010, V, p. 688.

262 Sulle autorità amministrative indipendenti la letteratura è particolarmente estesa. Cfr., ex

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Di qui, la necessità di un coordinamento con il codice del consumo, che prevede – come è ben noto – la disciplina generale sulle pratiche commerciali scorrette263 e, al contempo, prescrive la competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in avanti anche solo A.G.C.M.)264, quale Authority preposta all’attuazione della normativa generale medesima, in via

(tendenzialmente) esclusiva265.

Nel ricostruire i rapporti tra autorità di regolazione e A.G.C.M. occorre muovere dal presupposto che le Authorities settoriali svolgono una funzione ontologicamente diversa da quella propria dell’Antitrust.

Simili Autorità sono state, infatti, costituite, su input della normativa europea, nell’ambito di un piano di progressiva liberalizzazione di settori chiave dell’economia266. Esse si occupano prevalentemente di promuovere le

condizioni di libero mercato nel singolo contesto economico di riferimento, tutelando, al contempo, il bacino di utenza. Più che applicare sanzioni, tali

Authorities esercitano, quindi, prevalentemente, poteri normativi e di vigilanza ex ante.

Al contrario, l’A.G.C.M. svolge, in primo luogo, un’attività di tipo sanzionatorio ex post, in risposta alla violazione, da parte di singole imprese, della disciplina antitrust e/o della normativa generale sulle PCS.

Tuttavia, in dottrina, non manca chi rileva che il rapporto tra regolazione di settore e concorrenza abbia subito, a livello comunitario, un processo evolutivo culminato – o destinato a culminare – nel modello cd. della «ibridazione» o della «regolazione geneticamente modificata»267 268. Secondo

l’economia, a cura di D’ALBERTI-PAJNO, Bologna, 2010; MERUSI-PASSARO, Le autorità

indipendenti, Bologna, 2003; TESAURO-D’ALBERTI, Regolazione e concorrenza, Bologna, 2000; MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, 2000; CASSESE-FRANCHINI, I garanti

delle regole, Bologna, 1996; FRANCHINI, Le autorità amministrative indipendenti, in Riv. trim.

dir. pubbl., 1998, p. 549 ss.

263 Su cui ci si è già diffusamente soffermati supra al cap. I.

264 Il ruolo e le funzioni dell’Antitrust, oltre che nel presente cap., saranno approfonditi infra ai

par. 1 ss. del cap. IV. In argomento, si rinvia sin da ora a: ANNA GENOVESE, L’enforcement e le

tutele, in AA.VV.,I decreti legislativi sulle pratiche commerciali scorrette. Attuazione e impatto sistematico della direttiva 2005/29/CE, a cura di ANNA GENOVESE,cit., p. 209 ss.

265 L’A.G.C.M. è chiamata ad attuare in via (solo) tendenzialmente esclusiva la disciplina

generale sulle PCS, proprio in virtù delle precisazioni che saranno oggetto del presente capitolo.

266 Questo è almeno quanto è avvenuto nel nostro Paese. Come rileva LORENZONI, Il riparto di

competenze tra Autorità Indipendenti nella repressione delle pratiche commerciali scorrette, in Riv. it. Antitrust, 2015, I, p. 105, in altri Stati membri, le autorità di regolazione sono nate all’esito

di politiche interne di privatizzazione di servizi di pubblica utilità. Si rinvia, sul punto, a THATCHER, Reforming National Regulatory Institutions: the EU and Cross-National Variety in

European Network Industries, in HANCKÈ-RHODES-THATCHER (eds.), Beyond varieties of

capitalism: conflict, contradiction, and complementarities in the European economy, Oxford-

New York, 2007, p. 147 ss.

267 V. LORENZONI, op. cit., p. 105.

268 Facendo riferimento al settore delle comunicazioni elettroniche, si esprime, in questi termini,

DI PORTO, La regolazione «geneticamente modificata»: c’è del nuovo in tema di rapporti tra

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tale ricostruzione, sarebbe tutt’ora in corso un progressivo avvicinamento tra discipline e relativi mezzi di enforcement, pur così distanti in partenza, al punto da poterne configurare l’interazione in termini di complementarietà. In una sempre maggiore comunanza di obiettivi, strumenti e procedure, le autorità di settore sarebbero, allora, chiamate ad esercitare le proprie competenze in modo integrato con il sistema antitrust, al fine di assicurare un’effettiva repressione, nei mercati regolati, delle attività vietate e preservare, nello stesso tempo, gli ulteriori interessi coinvolti. Appare, però, tutt’altro che agevole definire i termini in cui un simile rapporto di complementarietà possa concretizzarsi. E ciò vale certamente – per quel che qui interessa – con riferimento all’interazione tra discipline e Authorities nel contrastare le pratiche commerciali sleali.

Il tema del collegamento tra normative e autorità competenti al fine di garantire la repressione delle PCS nei settori regolati è, dunque, annoso e, allo stato, ancora fluido.

Nel tempo si sono contrapposti orientamenti legislativi, dottrinali e giurisprudenziali divergenti. Basti pensare che, nell’arco dell’ultimo decennio, si sono susseguiti: un parere del Consiglio di Stato nel 2008, una serie di pronunce dell’Adunanza Plenaria nel 2012, un primo intervento legislativo mirato nello stesso 2012, l’apertura da parte della Commissione UE nel 2013 di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia – tutt’ora in corso –, una seconda riforma legislativa datata 2014 e due pronunce «gemelle» dell’Adunanza plenaria nel 2016269. Infine, agli inizi del 2017, con due coppie

di ordinanze parallele di rinvio pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il Consiglio di Stato e il TAR del Lazio hanno portato la vicenda all’attenzione della Corte di giustizia CE. Quest’ultima, lo scorso settembre, è intervenuta sul tema con una pronuncia invero tutt’altro che risolutiva. Le aspettative di quanti attendevano dai giudici europei una sorta di «quadratura del cerchio» sono state, dunque, disattese.

Segnatamente, la questione sottoposta alla Corte di Giustizia può essere sintetizzata nei seguenti termini: la disciplina in tema di pratiche commerciali sleali – la cui attuazione, nel nostro ordinamento, è demandata all’A.G.C.M., ex art. 27 cod. cons. – consente ad una singola autorità di regolazione di applicare la normativa settoriale a tutela del consumatore? E in che modo può porsi il

regolazione e concorrenza si vedano, ex multis: AA.VV., La nuova costituzione economica, a cura di CASSESE,Roma-Bari, IV ed., 2017; CARDONE-CRISAFI, Programmazione economica e

libertà di concorrenza. L’utilità sociale nelle valutazioni dell’Autorità antitrust. Commento alla sentenza del T.A.R. Lazio n. 3398 del 2014, in Riv. reg. merc., 2014, II, p. 275; D’ALBERTI,

Poteri pubblici, mercato e globalizzazione, Bologna, 2008, p. 79 ss.; ID., La tutela della

concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. amm., 2004, IV, p. 705 ss.

269 V. CAPPAI, La repressione delle pratiche commerciali scorrette nei mercati regolati: cosa

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concorso tra le differenti discipline, laddove entrambe siano astrattamente suscettibili di applicazione alla stessa fattispecie270?

Si rende più che mai opportuno un excursus sugli antecedenti normativi e giurisprudenziali in materia, al fine di comprendere appieno le ragioni dei rinvii pregiudiziali e le insufficienze riscontrabili nella risposta data dai magistrati comunitari. Non prima, però, di aver analizzato le origini del problema.

La questione del riparto di competenze tra A.G.C.M. e singole

Authorities settoriali a fini proconsumeristici discende, infatti, dalla

conformazione stessa del diritto comunitario e dal modo in cui esso interagisce con il diritto interno271.

Come si accennava in apertura del presente paragrafo, nei mercati regolati concorrono plurime fonti aventi ad oggetto il cd. consumer welfare. L’obiettivo della protezione dei consumatori, posto nei Trattati europei272, viene

perseguito, innanzitutto, attraverso discipline comunitarie con un ambito di applicazione trasversale. Tra queste ultime si colloca certamente la direttiva 2005/29/CE; ad essa si aggiungono altre fonti europee analoghe, anch’esse afferenti a tutti i settori economici, quali la direttiva sulle clausole vessatorie273 e, in tempi più recenti, la n. 2011/81/CE, la cd. consumer rights274.

Il legislatore comunitario ha, al contempo, affiancato a tali normative un’ampia gamma di direttive settoriali, che, con un differente grado di intensità, garantiscono, nei contesti economici regolati, la tutela (anche) dei consumatori275. Tra tali ultime fonti si annoverano le direttive sul mercato delle comunicazioni elettroniche276, sulla fornitura di energia elettrica e gas277, e, per

270 V. MOSCA, Il riparto di competenze sulla tutela del consumatore all’esame della Corte di

Giustizia, in Giorn. dir. amm., 2017, IV, p. 520.

271 V. CAPPAI, op. cit., p. 880.

272 Si vedano, in particolare, gli artt. 12 e 169 TFUE, l’art. 6, comma 1, TUE e l’art. 38 della

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, già menzionati supra al par. 1 del cap. I.

273 Si tratta della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, 5 aprile 1993, «concernente le clausole

abusive nei contratti stipulati con i consumatori», attuata in Italia con la l. 6 febbraio 1996, n. 52 (art. 25), che ha introdotto gli artt. 1469 bis-1469 sexies c.c. ed è poi confluita nel codice del consumo (art. 36).

274 V. Direttiva 2011/83/UE del Parlamento UE e del Consiglio, 25 ottobre 2011, «sui diritti dei

consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio». A tale fonte comunitaria è stata data attuazione, nel nostro ordinamento, con il d.lgs. n. 21 del 2014, su cui si tornerà infra al par. 5 del presente cap. II, avendo esso introdotto anche il controverso comma 1

bis dell’art. 27 cod. cons. relativo proprio al tema oggetto del presente capitolo.

275 Cfr. CAPPAI, op. cit., p. 880.

276 Si tratta del cd. pacchetto delle telecomunicazioni, costituito dalle direttive 2002/22/CE –

quest’ultima modificata dalla n. 2009/136/CE –, 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/77/CE, tutte confluite nel d.lgs. n. 259 del 2003 (il cd. Codice delle comunicazioni elettroniche).

277 Il cd. pacchetto energia è dato dalle direttive 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2008/92/CE, nonché

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taluni profili, le direttive sulla liberalizzazione del settore postale278 e del trasporto ferroviario279. Il rispetto di simili normative da parte degli operatori economici di settore integra, talvolta, un requisito essenziale, al fine di poter esercitare l’attività d’impresa in modo conforme al regime di autorizzazione generale280281.

In dottrina si è, dunque, opportunamente osservato che «il legislatore europeo, nell’introdurre una disciplina generale sulle pratiche commerciali scorrette ha espressamente prefigurato la co-abitazione tra la generale disciplina e le preesistenti discipline settoriali»282, mettendo in conto anche – aggiungerei – la futura approvazione di ulteriori normative nei mercati regolati.

Il descritto quadro legislativo si pone poi in correlazione con il principio di indifferenza del diritto comunitario all’organizzazione interna degli Stati membri283. Principio, che trova conferma nella stessa direttiva sulle PCS, la quale demanda ai singoli ordinamenti nazionali la scelta dell’autorità a cui affidare i poteri di enforcement (art. 11)284. Quest’ultima può essere

integrato, infine, dalla direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, recepita con il d.lgs. n. 102/2014, così come modificato e integrato dal d.lgs. n. 141/2016.

278 Il riferimento è alla direttiva 97/67/CE, riformata dalla n. 2008/6/CE, quest’ultima attuata con

il d.lgs. 58/2011.

279 La liberalizzazione del mercato ferroviario è stata avviata con la direttiva 1991/440/CEE, a

cui hanno fatto seguito: il cd. primo pacchetto ferroviario, dato dalle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE, recepite con il d.lgs. n. 188/2003. Tali direttive sono state tutte trasposte nella n. 2012/34/CE; il cd. secondo pacchetto ferroviario, costituito dalle direttive 2004/49/CE, 2004/50/CE, 2004/51/CE, attuate con i d.lgs. nn. 162-163/2007; il cd. terzo pacchetto ferroviario, composto dalle direttive 2007/58/CE e 2007/59/CE, recepite con la l. n. 99/2009 prima e con il d.lgs. n. 15/2010 poi; infine, il cd. quarto pacchetto ferroviario, dato dalle direttive 2016/797/UE, 2016/798/UE, 2016/2370/UE, ancora inattuate nel nostro Paese.

280 V. LA PERGOLA, Competenza esclusiva in materia di pratiche commerciali scorrette,

Commento all’art. 1, commi 6 e 7, d.lgs. n. 21/2014, in AA.VV., I nuovi diritti dei consumatori.

Commentario al d.lgs. n. 21/2014, a cura di GAMBINO-NAVA, Torino, 2014, p. 387.

281 A titolo esemplificativo, nel settore delle comunicazioni elettroniche, a norma dell’art. 6 dir.

2002/20/CE e della disciplina di recepimento italiana, di cui all’art. 28 Codice delle comunicazioni elettroniche, le norme di settore a tutela dei consumatori prescrivono obblighi generali connessi all’autorizzazione, il cui rispetto è condizione per l’esercizio dell’attività.

282 Così LA PERGOLA, op. cit., p. 387.

283 V. Corte CE, 15 dicembre 1971, International Fruit Company NV ed altri, cause riunite C-

51-54/71, in Racc., 1971, p. 1107, ove si legge: «Qualora il trattato o i regolamenti attribuiscano poteri o impongano obblighi agli Stati membri ai fini dell’applicazione del diritto comunitario, la soluzione del problema relativo al modo in cui l’esercizio di detti poteri e l’adempimento di detti obblighi possano essere affidati dagli Stati a determinati organi interni dipende unicamente

dal sistema costituzionale dei singoli Stati». Sul medesimo principio si vedano anche: Corte CE,

25 maggio 1982, Commissione delle Comunità europee c. Paesi Bassi, C-96/81, in Racc., 1982, p. 1791 ss. e 1819 ss.; Corte CE, 13 dicembre 1991, Commissione delle Comunità europee c.

Italia, C-33/90, in Racc., p. I-5987.

284 L’art. 11 dir., al comma 1, dispone che «(…) Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali

di questi mezzi si debba ricorrere e se sia opportuno che l’organo giurisdizionale o amministrativo possa esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di cui all’articolo 10. Il ricorso a tali mezzi è indipendente dal fatto che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro». Su tale norma avrò modo di tornare infra al par.1 del cap. IV.

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indifferentemente di natura giurisdizionale o amministrativa. È essenziale, però, che la scelta ricada su un soggetto di indiscutibile imparzialità, che sia in grado di assicurare l’esecuzione effettiva delle sue decisioni. Qualora si tratti di un’autorità amministrativa, essa dovrà inderogabilmente emettere pronunce motivate, impugnabili con ricorso giudiziale. Il corollario del principio di indifferenza è la mancanza di una disposizione europea in tema di competenza, al fine di dirimere gli eventuali conflitti di attribuzione fra le differenti autorità statuali nell’attività di tutela dei consumatori285. Il legislatore comunitario si

disinteressa, di regola, di simili vicende di diritto interno.

L’Unione europea non può, tuttavia, ignorare quelle sovrapposizioni, che, per l’appunto, si vengono a creare nei mercati regolati, tra disciplina generale a carattere trasversale e sistemi normativi settoriali. Sovrapposizioni che, come si è tentato sin qui di dimostrare, appaiono fisiologiche286287.

Tanto più visto che le discipline speciali, già presenti in quantità consistente a livello comunitario, sembrano destinate a crescere ulteriormente. Un simile trend si spiega in ragione dei profili tecnici coinvolti e della complessità di interventi normativi in contesti economici particolarmente delicati, che sono ontologicamente esposti – lo si diceva prima – a fallimenti di mercato. Simili discipline prescrivono, in capo ai professionisti, obblighi di comportamento puntuali e circostanziati. Esse, pertanto, integrano, limitatamente agli aspetti specifici ivi contemplati, lo standard della diligenza professionale esigibile in concreto dall’imprenditore nel singolo mercato di riferimento, ex art. 20, comma 2, cod. cons.

Si rende, dunque, ineludibile la risoluzione dei casi di concorso apparente288 tra norme europee, che vengano in essere a fronte della suddetta sovrapposizione di discipline.

I giudici amministrativi italiani hanno ammesso, in un iniziale approccio interpretativo, la possibile complementarietà di interventi, conformemente a quel processo evolutivo della cd. «ibridazione» o «regolazione geneticamente

285 Cfr. LORENZONI, op. cit., p. 91. 286 V. CAPPAI, op. cit., p. 881.

287 D’altra parte, la dottrina ha rilevato che «se occorre prendere atto, come sempre più spesso si

ripete, che la società complessa non può essere governata che da un diritto complesso, occorre altresì prendere atto che la necessità di ricondurre a sistema le numerose discipline che si vanno stratificando non può avvenire attraverso la creazione di una nuova forma di unità che voglia utilizzare, secondo logiche tradizionali, i criteri classici di ricomposizione delle antinomie sempre crescenti. Invero la complessità determina un accrescimento della disciplina che, nello specificare, aggiunge al generale nuovi elementi illuminando gli aspetti della modernità: la specificazione non deroga per sottrazione, ma specifica per addizione» (ROSSI CARLEO,

Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente: frazionamento e sintesi nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Europa e dir. priv., 2010, p. 689).

288 Come avrò modo di chiarire tra un momento nel testo, rileva, infatti, nella specie, il concetto

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modificata», di cui si parlava poc’anzi289. Nelle decisioni più recenti, tuttavia,

essi si sono appellati al principio di specialità, quale possibile criterio risolutivo dei conflitti fra discipline e Authorities290. Tale principio, nell’ambito delle PCS, è espresso dal Considerando n. 10291 e dall’art. 3, comma 4, dir. Quest’ultimo prevede che «in caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici».

Come ha chiarito, però, in un suo report la Commissione europea, la norma non preclude l’applicazione della disciplina generale, chiamata a colmare eventuali vuoti di tutela, disciplinando le condotte per gli aspetti non considerati dalla disciplina settoriale292. Il che rispecchia, ancora una volta, quella logica di complementarietà tra normative e strumenti di enforcement, che la giurisprudenza amministrativa sembrava nelle sue più recenti decisioni aver

289 Nel settore delle comunicazioni elettroniche si vedano: TAR del Lazio, 15 giugno 2009, nn.

5625, 5627 e 5629, nonché TAR del Lazio, 7 luglio 2009, n. 6446. In tali pronunce, tutte riguardanti il caso Fatturazione per chiamate satellitari, il giudice amministrativo ha evidenziato come il nuovo quadro di tutela offerto dal Codice del consumo, venga ad aggiungersi, da un lato, ai normali strumenti di tutela contrattuale e, dall’altro, a quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline in settori oggetto di regolazione. Nel medesimo senso, si rinvia, inoltre, a TAR del Lazio, 15 giugno 2009, n. 5628, sul caso SMS messaggi in segreteria. Nel settore dell’energia elettrica e del gas, cfr., in senso analogo: TAR del Lazio, 8 settembre 2009, nn. 8399, caso Enel Energia-Bolletta gas e 8400, caso Prezzi bloccati dell’elettricità. Per una più ampia disamina della giurisprudenza amministrativa appena menzionata, si consulti la Relazione annuale dell’A.G.C.M., presentata il 31 marzo 2010, reperibile sul sito http://www.agcm.it/.

290 Su tale principio avrò modo di soffermarmi ampiamente anche nei par. seguenti (in

particolare, infra al par. 2 del presente cap. II).

291 Tale Considerando dispone che: «È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente

direttiva e il diritto comunitario esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici. La presente direttiva modifica pertanto la direttiva 84/450/CEE, la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori e la direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto comunitario specifiche che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore che vieta ai professionisti di creare una falsa impressione sulla natura dei prodotti. Ciò è particolarmente importante per prodotti complessi che comportano rischi elevati per i consumatori, come alcuni prodotti finanziari. La presente direttiva completa pertanto l’acquis comunitario applicabile alle pratiche commerciali lesive degli interessi economici dei consumatori».

292 V. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato

economico e sociale europeo sull’applicazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), Bruxelles, 14 marzo 2013, COM (2013) 139 final, p. 5.

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escluso293. Una logica che è, peraltro, illustrata nello stesso Considerando n. 10

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