QUADRO NORMATIVO
1. Il professionista nelle pratiche commerciali scorrette e la definizione generale dettata dal codice del consumo.
1.1. Segue: il professionista «indiretto».
Tornando al confronto tra le definizioni degli artt. 3 e 18 cod. cons., la dottrina ha avanzato maggiori perplessità sulla seconda differenza menzionata nel paragrafo precedente, relativa al lessico impiegato per indicare l’eventuale terzo, ausiliario del professionista. Come si accennava poc’anzi, infatti, se l’art. 3 fa rinvio «all’intermediario», l’art. 18 si riferisce, invece, a «chiunque agisce in nome o per conto del professionista». I due concetti non parrebbero prima
facie assimilabili.
La figura dell’intermediario, richiamata nella nozione più generale, ricomprende tutti coloro che ricoprano una posizione intermedia nella catena produttiva-distributiva, ossia, più precisamente, «qualunque soggetto professionale che in posizione autonoma rispetto al produttore del bene o al fornitore di servizio, interviene nella catena produttiva-distributiva»524.
Sarebbe troppo riduttivo, in tal caso, ricorrere alla mera perifrasi di «persona che agisce in nome e per conto di», come pure era stato suggerito dal Consiglio di Stato in un suo risalente parere525. Seguendo quest’ultima
523 Così Corte CE, 20 gennaio 2005, Gruber, C-464/01, cit., punto 39.
524 Così BELLISARIO, Disposizioni generali, in AA.VV., Codice del consumo. Commentario, a
cura di ALPA-ROSSI CARLEO, Napoli, 2005, Art. 3, comma 1, lett. d), p. 82; LUCCHESI, Pratiche
commerciali ingannevoli, in AA.VV., Codice del Consumo. Commentario, a cura di VETTORI, Padova, 2007, Artt. 21-23, p. 56.
525 V. Cons. St., 20 dicembre 2004, n. 11602, punto 8.3, consultabile su
https://www.personaedanno.it/articolo/cons-stato-20-dicembre-2004-parere-n-11602-pres-de- lise-est-lodi-carbone-buonvino-pozzi-e-caringella-il-codice-del-consumo, ove si legge: «Per
restituire omogeneità alla terminologia utilizzata è preferibile (…) che anche nella definizione estensiva di professionista di cui alla lettera c) si utilizzi, così come a proposito del produttore
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indicazione ermeneutica, infatti, il riferimento all’intermediario si svaluterebbe oltremodo, poiché l’imputabilità degli effetti dell’atto al professionista verrebbe comunque garantita dall’applicazione dell’istituto generale della rappresentanza diretta e indiretta526.
Ecco perché ritengo più opportuno aderire all’opposta tesi, che assegna un ambito applicativo autonomo alla norma di portata generale. Per intermediario si dovrà intendere, allora, oltre al rappresentante e al mandatario, qualunque soggetto (l’agente, il mediatore, il vettore, lo spedizioniere … e così via) che incida sull’atto di consumo, interponendosi nella catena produttiva- distributiva527. E ciò, anche nell’eventualità in cui questi non agisca né in nome né per conto del produttore.
Ma vi è di più. Coordinando la definizione di professionista con quella di prodotto, si potrebbe ampliare ulteriormente il novero dei soggetti potenzialmente responsabili nei confronti dei consumatori, sino a ricomprendere nel concetto di intermediario, figure del tutto autonome rispetto al professionista-produttore, quali i prestatori di servizi, che si inseriscano comunque nella catena di produzione e distribuzione528.
Siffatto concetto, nella sua accezione più lata, rinvierebbe alla nozione di intermediario così come è intesa nel linguaggio economico. Si pensi solo al caso dell’«intermediario finanziario», quale soggetto che si interpone nella circolazione dei prodotti finanziari e può svolgere in piena autonomia ulteriori servizi destinati ai consumatori finali. Ebbene, nell’allocare prodotti ai risparmiatori, egli potrà essere chiamato a rispondere nei loro confronti per causa e titolo indipendenti da quelli, per ipotesi, richiamabili dai consumatori nei confronti dell’«emittente-produttore».
In definitiva, il riferimento all’intermediario nella nozione generale di professionista consente di estendere la portata significativa dell’art. 3 cod. cons. ben oltre quanto strettamente ammissibile in forza dell’espressione dell’agire «in
(lettera d), la nozione di intermediario piuttosto che quella più generica di “persona che agisce in nome e per conto di”».
526 Cfr. CHINÈ, Disposizioni generali e finalità, in AA.VV., Codice del consumo, a cura di
CUFFARO, cit., Art. 3, p. 27.
527 V. BELLISARIO, op. cit., p. 82; CHINÈ, op. cit., p. 27.
528 Tale tesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che l’art. 18, comma 1, lett. c) cod. cons.
definisce il prodotto, oltre che come bene, anche come servizio (il «prodotto» è «qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni»), realizzando così una completa equiparazione tra i due termini. L’intermediario potrebbe, quindi, essere assimilato al fornitore di servizi. Peraltro, è lo stesso legislatore che, nel delineare la nozione di produttore all’interno del codice del consumo, lo equipara all’intermediario del fabbricante del bene o del prestatore del servizio, figure professionalmente autonome rispetto al produttore medesimo. Si veda, in proposito, la nozione dettata dall’art. 103, comma 1, lett. d) cod. cons. Per ulteriori approfondimenti, si rinvia a ZORZI GALGANO, Il contratto di consumo e la libertà del
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nome e per conto di», di cui all’art. 18. Con l’effetto – invero auspicabile nell’ottica di promuovere la più ampia tutela possibile dei consumatori – di accrescere la responsabilità dei professionisti sul mercato.
Sennonché, nell’ambito delle pratiche commerciali, appare più corretto applicare la locuzione impiegata dalla direttiva e poi trasfusa nell’art. 18 cod. cons. La lettera della disposizione e la sua collocazione in apertura del Titolo III, esclusivamente dedicato alle pratiche vietate depongono, infatti, a favore di una simile interpretazione.
L’espressione dell’«agire in nome e per conto di» è, inoltre, più tecnica del sostantivo intermediario529. A ciò si aggiunga che essa è stata sempre intesa in senso molto ampio, anche dalla prassi antecedente alla riforma del 2007530. Il che ha consentito di garantire, in ogni caso, una tutela rafforzata dei consumatori, che siano stati vittime di illeciti commessi da «chiunque agisca in nome e per conto del» professionista originario.
Un’interpretazione ampia della locuzione suddetta è stata, in ultimo, confermata dalle Linee Guida della Commissione UE del 2016 e dagli esempi ivi riportati di professionista «indiretto», perseguibile per PCS531. Come si legge in un simile atto, ai sensi dell’art. 2, lett. b) dir., in combinato disposto con le pertinenti leggi nazionali in materia di responsabilità e sanzioni, un professionista potrà essere ritenuto responsabile in solido con un altro della violazione della direttiva commessa da quest’ultimo per conto del primo.
La dottrina ha, infine, osservato che la più tecnica espressione dell’«agire per conto di» impedisca, almeno in teoria, che un operatore economico – a fronte
529 Cfr.BARGELLI, L’ambito di applicazione della direttiva 2005/29/CE: la nozione di «pratica
commerciale», cit., p. 99; EAD., La nuova disciplina delle pratiche commerciali tra professionisti
e consumatori: ambito di applicazione (art. 18, lett. a)-d) e art. 19, comma 1°, c. cons.), cit., p.
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530 Come rileva ZORZI GALGANO, Il contratto di consumo e la libertà del consumatore, cit., p.
99, con riferimento, in particolare, alla pubblicità non trasparente a danno dei consumatori si riteneva all’epoca «sufficiente, ai fini della sua sanzionabilità, il riscontro di un beneficio promozionale riflesso a vantaggio del professionista per così dire originario (ad es. in caso di pubblicità redazionale)».
531 V. Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle
pratiche commerciali sleali, Bruxelles, 25 giugno 2016, SWD (2016) 163 final, cit., p. 34. Si
riporta il caso di un’impresa che aveva inserito annunci pubblicitari sui mezzi di informazione in nome e per conto di un’altra impresa, la quale forniva i servizi pubblicizzati. La prima impresa era stata correttamente considerata un professionista, ai sensi delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva, da un organo giurisdizionale lettone (v. Administratïvās rajona tiesas
spriedums lietā n. A420632710, 8 marzo 2012). Le Linee Guida riferiscono, inoltre, che le
autorità nazionali di protezione dei consumatori avevano condotto, attraverso la rete europea di cooperazione per la tutela dei consumatori, un intervento esecutivo congiunto riguardante gli acquisti all’interno di applicazioni (in-app) nei giochi online. In un simile intervento, tali autorità avevano opportunamente chiarito che, sebbene la responsabilità primaria del contenuto di una
app spetti allo sviluppatore, anche i fornitori di app store possono essere ritenuti responsabili,
laddove non abbiano garantito che i giochi sulla piattaforma non contengano esortazioni dirette ai bambini.
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di una pluralità di professionisti autonomi eventualmente coinvolti in un’operazione commerciale – possa dover rispondere di pratiche scorrette, alla cui produzione non abbia in alcun modo concorso, né abbia avuto possibilità alcuna di eliminarne o limitarne gli effetti in danno dei consumatori532. Tale dottrina cita, in proposito, l’esempio dell’hosting provider, nell’eventualità di attività scorrette compiute attraverso le vie telematiche di cui egli sia gestore.
La prassi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, tuttavia, ha attestato come sia tutt’altro che agevole per una simile figura professionale dimostrare in concreto la propria estraneità ai fatti. In effetti, l’esegesi particolarmente lata della locuzione dell’«agire per conto di» rende assai ardua la prova, anche per un siffatto professionista, di non aver svolto alcun ruolo attivo e consapevole nella realizzazione di una pratica sleale533.
In conclusione, alla luce delle osservazioni svolte anche nel paragrafo precedente, è possibile affermare che la definizione di professionista rilevante in materia di pratiche commerciali scorrette non ponga problemi nuovi o ulteriori rispetto al più generale concetto di matrice comunitaria, nonostante le segnalate differenze rispetto al disposto dell’art. 3 cod. cons. Il dibattito dottrinale sulle nozioni di professionista contenute nel codice del consumo, invero diverse solo all’apparenza o per elementi di secondaria importanza, appare, quindi, assai fumoso. Le divergenze nella formulazione letterale delle varie definizioni, infatti, non sono in grado, a mio avviso, di marcare differenze davvero significative, tanto da meritare le svariate letture e riflessioni che pure sono state da alcuni suggerite e da me riportate in queste pagine. Si noti, peraltro, che quelli di professionista e consumatore, ex artt. 18 ss. cod. cons., sono concetti specifici, inseriti – come è noto – in sede di recepimento della direttiva del 2005. In tale occasione, si sono volute delineare nozioni «speciali» relative all’ambito delle sole pratiche commerciali. In ogni caso, allora, i profili di diversità di siffatte nozioni rispetto alle definizioni generali – profili che appaiono, però, lo si è
532 V. ZORZI GALGANO, Il contratto di consumo e la libertà del consumatore, cit., p. 99. 533 V. A.G.C.M., 5 aprile 2017, Provv. n. 23536 (PS/10611), caso Ticketbis-mercato secondario.
La vicenda riguardava una società di gestione di una piattaforma on line specializzata nella vendita di biglietti per eventi culturali, sportivi e musicali. Il procedimento istruttorio avviato dal Garante aveva evidenziato «la scarsa chiarezza delle informazioni veicolate in quanto inidonee a chiarire al consumatore il ruolo rivestito dal professionista, ossia se rivenditore ufficiale dei biglietti o se, piuttosto, mero intermediario del mercato secondario». Al professionista venivano, quindi, contestate omissioni in merito al valore dei biglietti, ai posti a cui i biglietti danno titolo per accedere agli eventi e ai diritti contrattuali esercitabili dai consumatori. La difesa della società di essere un mero intermediario del mercato secondario, in quanto hosting provider, non ha convinto l’Antitrust. Quest’ultima ha ritenuto, invece, l’articolazione della condotta contestata come direttamente riconducibile all’attività svolta nella piattaforma. Le modalità di remunerazione del professionista e l’interesse dimostrato dal medesimo per il buon esito delle transazioni effettuate – interesse che si evince dalle affermazioni riportate sul proprio sito web – denotavano, infatti, «un [suo] ruolo attivo e consapevole nella realizzazione della pratica».
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detto, del tutto secondari – si giustificano proprio in ragione del carattere di specialità delle stesse.
2. La nozione d’impresa tra diritto europeo e tradizione civilistica