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DISCUSSIONE Questi risultati sono coerenti con l'ipotesi che il deficit di linguaggio in SLI non possa essere limitato ad

Abilità grammaticali in bambini sordi con Impianto Cocleare: analisi del linguaggio spontaneo di P Rinaldi, F Baruffaldi, S Brillo e M C Casell

DISCUSSIONE Questi risultati sono coerenti con l'ipotesi che il deficit di linguaggio in SLI non possa essere limitato ad

aspetti morfo-sintattici, ma coinvolga anche aspetti specifici della competenza pragmatica. Inoltre da un'analisi qualitativa delle prove di produzione in bambini SLI, si sono messe in evidenza tendenze ad utilizzare strutture sintattiche tipiche di bambini TD di età media inferiore come forma compensativa all'insufficiente prestazione nella produzione di frasi relative, soprattutto se costrutti di relative sull'oggetto. Questi risultati sono coerenti con studi precedenti sulla produzione e comprensione di costrutti non canonici (Contemori e Garaffa, 2010).

Bibliografia

Contemori, C., Garraffa, M. (2010). Comparison of modalities in SLI syntax: A study on the comprehension and production of non-canonical sentences. Lingua, 120, 1940-1955.

Friedmann, N., Novogrodsky, R. (2004). The acquisition of relative clause comprehension in Hebrew: a study of SLI and normal development. F. Child Lang, 31, 661-681.

Geurts,H.M, Embrechts,M. (2008). Language Profiles in ASD,SLI, and ADHD. J. Autism Dev Disorder, 38, 1931-1943.

Marini, A., Tavano, A., Fabbro, F. (2008). Assessment of linguistic abilities in Italian children with Specific Language Impairment. Neuropsychologia, 46, 2816-2823.

Osman, M.D., Shohdi S., Aziz,A.A (2011). Pragmatic difficulties in children with Specific Language Impairment. Interntional Journal of Pediatric Otorhinolaryngology,75, 171-176.

Siegal, M. Iozzi, L. e Surian, L. (2009). Bilingualism and conversational understanding in young children. Cognition, 110, 115-122.

Surian, L., Baron-Cohen, S. e Van der Lely, H. (1996). Are children with autism ‗deaf‘ to Gricean Maxims? Cognitive Neuropsychiatry, 1, 55-71.

88 IL RUOLO DEL PROFILO LINGUISTICO NELLE DISABILITA‟ DI LETTURA

Flavia Marino, Pina Filippello e Laura Spadaro

Università di Messina – Facoltà di Scienze della Formazione, via Concezione, 8 marino.flavia@virgilio.it

Introduzione

Leggere un testo è un compito difficile ed implica un grande numero di processi cognitivi e linguistici L‘ipotesi che la consapevolezza fonologica costituisca il nodo centrale in molti problemi di lettura è stata sostenuta da Stanovich e collaboratori (1988) nel modello della centralità della variabile fonologica. In relazione a questo modello, i problemi di lettura sono verosimilmente associati a carenze linguistiche più sul versante fonologico che su quello sintattico e semantico. I disturbi specifici della lettura (dislessia) sarebbero, quindi, caratterizzati da carenze nelle abilità fonologiche, mentre le generiche difficoltà di lettura si contraddistinguerebbero per problemi linguistici (il vocabolario, la comprensione del linguaggio, ecc.) ed intellettivi più ampi. Ciò implica che i bambini dislessici dovrebbero avere prevalentemente problemi a livello della decodifica della parola scritta, mentre la comprensione del linguaggio orale sarebbe presumibilmente normale.

Secondo Vellutino e collaboratori (1995), le aree semantiche di funzionamento dei soggetti con problemi specifici di lettura sono normali. Tuttavia, l‘ipotesi del coinvolgimento dei fattori linguistici nei problemi di lettura è riapparsa più recentemente negli approcci connessionisti alla lettura (Plunkett, 1995; Scarborough, 1998; Gallagher et al., 2000).

L‘obiettivo della ricerca è di analizzare il ruolo del profilo linguistico nei deficit di lettura ed esaminare la correlazione tra fattori semantici e difficoltà di lettura in soggetti dislessici e con sviluppo tipico. Metodo

Partecipanti

Alla ricerca hanno partecipato 25 soggetti dislessici (16 maschi e 9 femmine) di età compresa tra gli 8 e i 10 anni e 25 soggetti con sviluppo tipico appaiati per età, genere e livello socio-culturale. I soggetti del gruppo sperimentale sono stati selezionati mediante la somministrazione delle Prove di lettura MT di Cornoldi & Colpo, (1981/1995/1998) ed hanno ottenuto punteggi inferiori a 2 DS e un Q.I. superiore ad 80 alla Wechsler Intelligence Scale for Children (2006).

Materiali e procedura

A tutti i soggetti, testati individualmente, sono stati somministrati due strumenti di valutazione del linguaggio:

1. Prove multidimensionali di vocabolario - P.M.V. (Boschi et al., 1989) al fine di valutare le parole conosciute dal soggetto, l‘attribuzione del significato ai vocaboli e l‘individuazione dei loro rapporti all‘interno della frase.

2. 5-VM - Prove di comprensione dei linguaggi nella lettura (Boschi et al., 2000) finalizzate a valutare la comprensione dei linguaggi fondamentali nella lettura. Lo strumento è composte da 5 serie di prove iniziali e 5 finali per ogni tipologia di linguaggio: parafrasico, inferenziale, logico, critico-

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valutativo ed estetico-poetico. Risultati

I risultati hanno evidenziato che sussistono differenze altamente significative tra i due gruppi sia relativamente alle Prove multidimensionali di vocabolario [F(1,48) =15.9; p< .001] sia alle Prove di comprensione dei linguaggi nella lettura [F(1,48) =18.5; p< .001]. Il gruppo dei bambini dislessici, infatti, mostra performances peggiori in tutte le prove somministrate. Dalle correlazioni effettuate si è osservato che all‘aumentare dell‘ampiezza del vocabolario migliorano anche le capacità relative al linguaggio inferenziale, logico, critico-valutativo ed estetico-poetico.

Discussione

Alla luce di questi risultati, sembrerebbe evidente l‘impossibilità di escludere i deficit del nucleo linguistico in molti problemi di lettura. Sembrerebbe, quindi, che oltre alle difficoltà connesse alla codifica e consapevolezza fonologica, i bambini dislessici mostrano anche un profilo linguistico deficitario.

Bibliografia

Boschi, F., Aprile, I. e Scibetta, I. (1989), Prove multidimensionali di vocabolario, Firenze, Organizzazioni Speciali.

Gallagher A.M., Frith U., Snowling M.J. (2000). Precursors of literacy delay among children at genetic risk of dyslexia. Journal of Child Psychology and Psychiatry and Allied Disciplines, 41, 202-213. Plunkett K. (1995). Connectionist approaches to language acquisition. In Fletcher P., MacWhinney B. (eds.), The handbook of child language (pp. 36-72), Oxford: Blackwell.

Scarborough H.S. (1998). Early identification of children at risk for reading disabilities: phonological awareness and some other promising predictors. In Shapiro B.K., Accardo P.J., Capute A.J. (eds.), Specific reading disability, York Press, Timonium, MD, 75-120.

Stanovich K., Nathan R.G., Zolman J.E. (1988). The development lag hypothesis in reading: longitudinal and matched reading-level comparison. Child Development, 59, 71-86.

Vellutino F. R., Scanlon D. M., Spearing D. (1995). Semantic and phonological coding in poor and normal readers. Journal of Experimental Child Psychology, 59, 76-123.

90 Più lingue per crescere: Competenze lessicali in bambini bilingui figli di genitori migranti

*Pettenati P., ºRinaldi P., º#Onofrio, D. e ºCaselli, M.C.

*Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma, via Volturno 39/E

º Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione – CNR, Via Nomentana, 56, Roma # Istituto di Ricerche sulle Attività Terziarie – CNR, Via Schipa, 91, Napoli

paola.pettenati@nemo.unipr.it

Introduzione: Come per i pari monolingui, nell‘acquisizione del linguaggio in bambini bilingui vi è un‘ampia variabilità individuale e differenti livelli di apprendimento sono frequentemente osservati nelle due lingue, anche in fasi precoci (Pearson, Fernandez,1994). Il livello linguistico raggiunto da ogni bambino è influenzato da diversi fattori: l‘età del bambino, le caratteristiche linguistiche del suo ambiente, il livello socio-culturale dei genitori, il loro atteggiamento rispetto al bilinguismo (Hoff, 2006). Per cercare di controllare l‘influenza di queste variabili, è consigliabile ottenere informazioni relative ad entrambe le lingue, specialmente se un bambino è esposto con una maggior frequenza e in più contesti ad una lingua rispetto all‘altra. Il presente studio si propone di indagare lo sviluppo del lessico in bambini dai 18 ai 42 mesi, figli di famiglie migranti di diversa nazionalità.

Metodo: Hanno partecipato alla ricerca i genitori di 30 bambini bilingui precoci simultanei, nati in Italia (età media: 31 mesi). I genitori sono stati incontrati due volte. Gli strumenti proposti sono stati:

un‘intervista semistrutturata (Gutierrez-Clellen, 2003) per ricostruire la biografia linguistica del

bambino; il MacArthur-Bates Communicative Development Inventories MB-CDI nella versione italiana (Caselli et al., 2007) e nella corrispondente altra lingua di origine per valutare il repertorio lessicale (http://www.sci.sdsu.edu/cdi/). Le interviste, audio registrate, sono state trascritte e analizzate per ottenere informazioni sulle rappresentazioni dei genitori rispetto al bilinguismo del proprio figlio, su aspetti della storia migratoria e sulla percentuale di input linguistico, in ciascuna delle lingue a cui il bambino è esposto. L‘analisi dei questionari MB-CDI ha riguardato l‘ampiezza del vocabolario in ciascuna delle due lingue e quella del vocabolario concettuale (Pettenati et al., in stampa). Le competenze linguistiche dei bambini sono state messe in relazione alle informazioni ricavate dalla biografia linguistica.

Risultati: Le famiglie intervistate sono stabilmente in Italia in media da circa 10 anni, il livello di scolarità dei genitori è in prevalenza medio-superiore e la maggior parte delle famiglie mantiene contatti regolari con la famiglia d‘origine. Tutti i genitori intervistati ritengono sia importante che i loro figli apprendano sia l‘italiano che la lingua della famiglia. La quasi totalità delle famiglie riconosce nel bilinguismo una risorsa cognitiva e sociale anche se talvolta la precoce esposizione a più lingue desta preoccupazione. In media la percentuale di esposizione alla lingua italiana risulta maggiore (65%) rispetto alla lingua di origine. Coerentemente con la percentuale di esposizione alle due lingue al momento dell‘osservazione, i bambini producono in media un numero maggiore di parole in italiano rispetto all‘altra lingua. La correlazione tra la percentuale di input linguistico in ciascuna lingua e

l‘ampiezza del vocabolario in quella stessa lingua, controllando gli effetti dell‘età dei bambini e il livello di istruzione delle madri, è risultata statisticamente significativa (r ITA= .40; p < .02 ; r ALTRA = .48; p <

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vocabolario concettuale (Z = 4.54, p < .01). Considerando solo l‘ampiezza del vocabolario in italiano, 7 bambini si collocano sotto il 5° centile rispetto ai dati normativi italiani. Considerando invece il

vocabolario concettuale solo 2 bambini restano sotto il 5° centile, considerato la soglia di rischio per lo sviluppo del linguaggio.

Discussione: I nostri dati confermano che i questionari per genitori MB-CDI, proposti in entrambe le lingue a cui i bambini sono esposti, costituiscono validi strumenti di osservazione per i bambini bilingui nelle prime fasi dello sviluppo del linguaggio (Marchman et al, 2004; Vagh et al., 2009). Inoltre

considerare il livello di performance comunicativa del bambino come il prodotto dalla storia personale di quella famiglia e dal contesto di acquisizione delle lingue, oltre ai fattori più specifici quali l‘età e il tempo di esposizione alle diverse lingue, consente di ottenere una migliore stima delle reali competenze comunicativo-linguistiche del bambino e permette di delineare con maggiore certezza traiettorie di sviluppo del linguaggio in condizione di bilinguismo.

Bibliografia

Caselli, M.C., Pasqualetti, P., Stefanini, S. (2007), Parole e frasi nel "Primo Vocabolario del Bambino", Milano, Franco Angeli.

Conboy, B.T., Thal, D.J. (2006), Ties between the lexicon and grammar: cross-sectional and longitudinal studies of bilingual toddlers, Child Development, 77(3), pp. 712-735.

Gutierrez-Clellen F.V., Kreiter J. (2003), Understanding child bilingual acquisition using parent and teacher reports, Applied Psycholinguistics, 24, 267-28.

Hoff, E. (2006). How social contexts support and shape language development. «Developmental Review», 26, 1, pp. 55-88.

Moro M.R. (2005), Bambini di qui venuti da altrove, Milano, FrancoAngeli.

Pearson, B.Z., Fernandez, S.C. (1994), Patterns of interaction in the lexical growth in two languages of bilingual infants and toddlers, «Language Learning», 44(4), pp. 617-653.

Pettenati P., Vacchini D., Stefanini S., Caselli M.C. (in stampa), Parole e Frasi nel primo vocabolario di bambini bilingui Italiano-Spagnolo, Rivista di Psicolinguistica Applicata.

Vagh, S. B., Pan, B., Mancilla-Martinez, J. (2009), Measuring growth in bilingual and monolingual children‘s English productive vocabulary development: the utility of combining parent and teacher report, Child Development, 80(5), 1545-1563.

92 Imparare l‟inglese al nido: l‟insegnamento precoce della lingua straniera con il modello del format narrativo

Pirchio, Passiatore, De Felice e Taeschner Introduzione

Tale ricerca si focalizza sull‘insegnamento della lingua straniera in età precoce attraverso l‘utilizzo del format narrativo ‗Le avventure di Hocus e Lotus‘. Tale modello teorico centra la sua attenzione sulla natura del processo di acquisizione del linguaggio e su come esso si configuri e si evolva nel bambino; i particolare, ricerche precedenti ne hanno dimostrato l‘efficacia per l‘apprendimento di una lingua straniera nella scuola dell‘infanzia e primaria. Il format narrativo utilizza strategie e materiali in grado di riprodurre nel contesto scolastico le condizioni interazionali dell‘acquisizione linguistica, creando un modello glottodidattico che include attività da svolgere in classe, materiali e strategie didattiche. Esso fa riferimento a quattro principi fondamentali: la buona comunicazione, costruita sulla relazione affettiva positiva insegnante – bambino, poiché è con essa che ha luogo l‘intersoggettività e l‘alternanza dei turni; il bilinguismo, il quale prevede l‘esclusiva produzione e comprensione della lingua straniera durante l‘attività da parte dell‘insegnante; il format narrativo, il quale implica la condivisione di esperienze ripetute, le quali, a loro volta, conducono alla nascita di inferenze sul comportamento altrui e dell‘intenzione comunicativa; la progressione linguistica, la quale avviene a livello frasale all‘interno di ogni format e a livello lessicale nella somma dei vari format. Il presente studio prende in considerazione l‘apprendimento della lingua straniera da parte di bambini frequentanti il nido nel corso delle ripetizioni di ciascun format narrativo e format dopo format nel corso dell‘anno scolastico analizzando la produzione comunicativa dei bambini durante le attività in lingua straniera. L‘apprendimento della lingua straniera è stato indagato in termini di produzione lessicale complessiva in riferimento alle variabili genere, età e frequenza delle attività.

Metodo

Hanno partecipato alla ricerca 35 bambini di cui 18 frequentanti la sezione ‗divezzi‘ e 17 la sezione ‗semi–divezzi‘; il range di età è dai 16 ai 31 mesi. I bambini hanno svolto per l‘intero anno scolastico i cinque format del primo livello ‗Le avventure di Hocus e Lotus‘ in inglese con una frequenza di 3 volte a settimana. Le attività in lingua straniera sono state condotte da una studentessa formata all‘utilizzo del modello. La produzione di gesti, parole e frasi è stata rilevata attraverso un‘osservazione diretta carta e matita e codificata nelle seguenti categorie: gesti ripetuti; gesti anticipati; parole singole ripetute; parole singole anticipate; frasi ripetute, frasi anticipate. I dati sono stati analizzati attraverso correlazioni e analisi della varianza per prove ripetute.

Risultati

Dai dati emerge un apprendimento progressivo sia nel corso delle varie ripetizioni della stessa storia effettuate per ciascun format e sia da un format all‘altro nel corso dell‘anno. Inoltre, i dati sembrano mostrare una relazione tra la produzione gestuale e la produzione di parole singole durante ciascun format. Quest‘ultima, al contrario, non sembrerebbe essere legata alla produzione di frasi.

L‘età e il numero di presenze/assenze dei bambini a scuola nei giorni in cui viene svolta l‘attività in lingua straniera si configurano come variabili che influenzano l‘apprendimento della lingua straniera; mentre il genere del bambino non sembra influire.

93 Discussione.

I risultati confermano l‘adeguatezza delle attività del format narrativo per l‘insegnamento / apprendimento di una lingua straniera anche a bambini di età inferiore a 3 anni frequentanti il nido. Infatti, indicano come le attività svolte, dove i bambini hanno l‘opportunità di sperimentare concretamente la nuova lingua condividendo esperienze con l‘adulto e i compagni, attraverso strumenti di comunicazione non verbale come azioni, espressioni facciali e gesti, siano in grado di creare le condizioni ottimali che permettono loro di iniziare a parlare nella lingua straniera. Tali risultati sono rilevanti a fronte del dato consolidato in letteratura circa l‘importanza dell‘età di acquisizione di una lingua per lo sviluppo di competenze linguistiche: il format narrativo rende possibile inserire l‘insegnamento di una lingua straniera nel contesto educativo scolastico proprio nella fascia d‘età più indicata per l‘apprendimento di una lingua.

Bibliografia

Bruner, J. (1975). From communication to language: a psychological perspective, Cognition, 3, 255- 287.

Fabbro, F. (2004). Neuropedagogia delle lingue. Roma: Astrolabio.

Rinaldi P., Taeschner T., Pirchio S. (2009). Il modello del format narrativo: dalla teoria alla pratica. In E. Jafrancesco (a cura di) Apprendimento linguistico e costruzione dell'identità plurilingue: aspetti psicolinguistici. Atti del XVII Convegno nazionale ILSA, Firenze, 22 novembre 2008 (pp. 131-143). Milano: Mondadori Education/Le Monnier italiano per stranieri.

Taeschner, T. (a cura di) (2002). L‟insegnante Magica. Roma. Borla.

Taeschner T., Pirchio S. (2009). Quando linguistica applicata e psicolinguistica applicata si incontrano: riflessioni su una sperimentazione svolta nelle Scuole Primarie Bresciane. Rassegna Italiana di Linguistica Applicata, 1-2, 177-195.

Taeschner, T., Pirchio, S. Rinaldi, P. (2009). Il Format Narrativo: le basi teoriche di un modello educativo per l‘insegnamento e l‘apprendimento di una nuova lingua. In E. Jafrancesco (a cura di) Apprendimento linguistico e costruzione dell'identità plurilingue: aspetti psicolinguistici. Atti del XVII Convegno nazionale ILSA, Firenze, 22 novembre 2008 (pp. 131-143). Milano: Mondadori Education/Le Monnier italiano per stranieri.

94 L‟utilizzo del Metodo Drežančic nella scuola primaria con bambini DSA. Uno studio di efficacia. Laura Riccardini Mirella Zanobini

D.I.S.A. Università degli Studi di Genova Corso Podestà 2 la.ric@tiscali.it

Inquadramento teorico

La letteratura individua il nucleo fondamentale dei DSA in un deficit di elaborazione fonologica (Bishop, Snowling, 2004) che tuttavia si può associare ad altre disfunzioni neuropsicologiche non linguistiche (Stein, Walsh, 1997) o a difficoltà di automatizzazione (Vicari, Caselli, 2002).

L‘idea di applicare il ―Metodo creativo, stimolativo e riabilitativo della comunicazione orale e scritta con le strutture musicali‖ di Zora Drežančic, in origine rivolto a bambini ipoacusici, per un training della lettura con bambini DSA deriva dalla consapevolezza di come esso sia in grado di stimolarli a livello fonologico, ma anche multisensoriale, dato che richiede attenzione uditiva, visiva e coordinazione oculo-manuale.

Il Terzo Programma del Metodo per l‘età scolare, utilizzato nella ricerca, si fonda sul Canale 11 ―Processi mentali di analisi e sintesi nella scrittura e nella lettura‖ e le sue stimolazioni ―… permettono di dare ai bambini con DSA un importante supporto e consentono di interfacciarsi in maniera efficace con training mirati all‘attenzione sostenuta … ‖ (Zanobini, Basili, Lanzara, 2010, p. 21).

Obiettivi

La ricerca ha l‘obiettivo principale di verificare l‘efficacia e l‘efficienza, in caso di DSA, di un training con il Terzo Programma del Metodo Drežančic.

Gli obiettivi specifici sono relativi a miglioramenti nelle abilità di letto–scrittura: - aumentare la velocità di lettura di brano (sill/sec.),

- migliorare la correttezza nella lettura (conteggio degli errori), - aumentare la velocità di lettura di parole e di non parole (sill/sec.), - migliorare la correttezza ortografica nel dettato (conteggio degli errori), - migliorare la comprensione di brani ( numero di risposte corrette). Metodo

Partecipanti:

la ricerca ha coinvolto 14 alunni di 9 anni di quarta (scuola primaria) della stessa scuola, con una diagnosi di DSA.

95 Procedura:

La ricerca si è articolata in quattro fasi: - pre-test rivolto ai 14 bambini DSA,

- formazione del gruppo sperimentale 1 e del gruppo di controllo 2, ciascuno composto da 7 bambini, - training di 12 settimane svolto solo dal gruppo 1,

- post–test rivolto ai 14 bambini DSA,

Il training si è articolato in due incontri a settimana di circa 40 minuti l‘uno. Materiali

Nelle prove di pre e post test sono stati utilizzati i seguenti strumenti:

Prove di lettura M.T. Correttezza e Rapidità; Prove di lettura M.T. Comprensione; Dettato Ortografico (Cornoldi, Colpo,1998),

Lettura di parole – Lista 4; Lettura di non-parole – Lista 5 (Sartori, Job, Tressoldi, 1995)

Lo strumento didattico utilizzato per il training è stato ―Gioco, parlo, leggo e scrivo‖ (Drežančic, 2000). Risultati

I risultati sono stati interpretati a livello di significatività clinica e si è effettuato un confronto tra le prestazioni dei due gruppi con un‘analisi multifattoriale AnoVa.

Dal punto di vista clinico nel gruppo sperimentale la velocità di lettura di brano è aumentata in media di .60 sill/sec, la velocità di lettura di parole di .40 sill/sec. e la velocità di lettura di non parole di .23 sill/sec.

Dato che si considera miglioramento clinico ogni cambiamento superiore a quello atteso dall‘evoluzione naturale spontanea (.30 sill/sec circa all‘anno per il brano e le parole e 14 sill/sec. per le non parole), il training ha procurato un miglioramento clinico che si è rilevato anche nella correttezza di lettura di brano, parole e non parole, infatti gli errori sono diminuiti più del 50% (Tressoldi, Vio, 2008).

Nella correttezza ortografica gli errori sono diminuiti in media del 50% e nella comprensione del testo sono aumentate tendenzialmente le risposte corrette.

Dal punto di vista statistico le differenze tra i due gruppi sono significative nella velocità e nella correttezza di lettura del brano.

Discussione

Alla luce dei miglioramenti clinici rilevati e delle differenze significative nella lettura di brano, sarà effettuato un follow–up per verificare se i risultati ottenuti si sono mantenuti nel tempo.

96 Bibliografia

Bishop V., Snowling M., (2004) Developmental Dyslexia and Specific Language Impairment: Same or Different? In ―Psychological Bullettin‖, vol. 130, n. 6, pp. 855–886.

Cornoldi C., Colpo G. (1998), Prove di lettura MT per la scuola elementare, O. S., Firenze. Drežančic Z., (2000) Gioco, parlo, leggo e scrivo, Data Ufficio Editrice, Roma.

Sartori T., Job R., Tressoldi P., (1995) Batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia, Giunti O.S., Firenze.

Stein, J., Walsh, V. (1997). To see but not to read; The magnocellular theory of dyslexia, in Trends in Neuroscience, n. 20, pp.147-152.

Tressoldi P.E., Vio C., (2008), Significatività clinica negli studi di efficacia dei trattamenti per i disturbi dell‟apprendimento: una proposta in ―Psicologia clinica dello sviluppo‖, n. 2, il Mulino, Bologna. Zanobini M, Basili A., Lanzara C., (2010) Il metodo creativo, stimolativo e riabilitativo della comunicazione orale e scritta con le strutture musicali di Zora Drežančic, in ―Logopedia e comunicazione‖, vol. 6, n.1, pp. 9–33.

Vicari S., Caselli M., (2002), I disturbi dello sviluppo. Neuropsicologia clinica e ipotesi riabilitative, il Mulino, Bologna.

97 Abilità grammaticali in bambini sordi con Impianto Cocleare: analisi del linguaggio spontaneo Pasquale Rinaldi, Francesca Baruffaldi, Simone Brillo, Maria Cristina Caselli

Istituto Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR di Roma pasquale.rinaldi@istc.cnr.it

Introduzione: Il numero di bambini con sordità profonda o grave che riceve l‘impianto cocleare è in costante crescita. I principali studi nella letteratura riguardanti l‘Impianto Cocleare (IC) si sono occupati in particolare della percezione uditiva e del riconoscimento vocale dei bambini (Nicholas & Geers, 2007; Ching et al., 2009) ma restano ancora aperti alcuni quesiti relativi alle competenze linguistiche di questa popolazione, sia in produzione che in comprensione, in particolare per la lingua italiana (Caselli et al., in stampa). Lo scopo dello studio è analizzare il lessico e la grammatica nelle produzioni di

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