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FAMIGLIE CON FIGLI DISABILI Federica Santamaria, Rosalba Larcan

I figli come mediatori linguistici per i genitori: uno studio su adolescenti latino americani in italia di Giovanni Giulio Valtolina e Chiara Colombo

FAMIGLIE CON FIGLI DISABILI Federica Santamaria, Rosalba Larcan

Dipartimento di Scienze Pedagogiche e Psicologiche, Università degli Studi di Messina via Concezione 6, 98121 Messina

fede86_s@yahoo.it

Introduzione: La letteratura sulle famiglie con bambini disabili mette in evidenza il forte disagio vissuto dai genitori relativamente alla gestione della quotidianità e della progettualità di vita del bambino, soprattutto nei casi in cui egli presenti una sindrome autistica (Cohen e Volkmar, 2004). Nei genitori di bambini autistici si rileva, ad esempio, una maggiore vulnerabilità allo stress rispetto ai genitori di bambini con altri tipi di disabilità ad eziologia genetica (Abbeduto et al., 2004; Menazza, et al., 2010). Tali differenze sono generalmente interpretate in relazione alla diversità nei tempi della diagnosi e alle specificità comportamentali e relazionali dei bambini autistici, che, secondo alcuni autori (es. Ramaglia, Pezzana, 2004), influirebbero anche sulle strategie di coping utilizzate dai genitori e sulla relazione di coppia. Nonostante la confermata presenza di una bassa soddisfazione coniugale in famiglie di bambini autistici (Higgins et al. 2005, Kersh et al., 2006), pochi studi si sono soffermati sull‘analisi degli stili attributivi di coppia i quali sembrano esercitare una forte influenza nella gestione di situazioni stressanti e nel mantenimento della soddisfazione coniugale (Bradbury & Fincham, 1992).

L‘obiettivo principale della ricerca è stato quello di verificare eventuali differenze tra genitori di bambini con autismo a basso funzionamento e genitori di bambini con autismo ad alto funzionamento, e confrontare entrambi questi gruppi con genitori di bambini con disabilità ad eziologia genetica e con genitori di bambini dallo sviluppo tipico. Le variabili esaminate sulle coppie di genitori sono state: i livelli di stress percepito, le strategie di coping e l‘adattamento di coppia. In particolare, si è voluto verificare se e in quale misura lo stile attributivo dei coniugi e la quantità e qualità dei supporti sociali di cui dispongono potessero spiegare le eventuali differenze e incidere significativamente soprattutto sulla soddisfazione di coppia.

Metodo: Hanno partecipato alla ricerca 50 coppie di genitori con un‘età media di 43.8 anni DS=5.5 (padri) e di 40.1 anni, DS=4.8 (madri), di queste, 10 avevano bambini con diagnosi di autismo ad alto funzionamento e 8 con diagnosi di autismo a basso funzionamento; 12 coppie erano genitori di bambini con sindrome di Down e 20 di bambini con sviluppo tipico (gruppo di controllo). Tutti i bambini avevano un‘età media di 7.8 anni (DS=3.3). Per la valutazione delle variabili sono stati utilizzati 5 self report: la Dyadic Adjustment Scale (Gentili et al., 2002) che valuta l‘adattamento e la soddisfazione coniugale; la Relationship Attribution Measure che valuta vari aspetti dello stile attributivo dei partner; il Parent Stress Index/sf (Guarino et al., 2008) per la valutazione dello stress percepito dai genitori; il Coping Orientation to Problems Experienced (Sica, e coll., 2008) che valuta le strategie di coping prevalentemente utilizzate, e il Social Support Questionnaire (Sarason, et al. 1983) che valuta la quantità di supporti sociali di cui si dispone e la soddisfazione percepita.

Risultati: Tra i gruppi sono state riscontrate differenze statististicamente significative su ciascuna delle variabili prese in considerazione. Le differenze sottolineano una condizione di forte disagio vissuta dai genitori di bambini con autismo a basso funzionamento: questi riportano livelli di adattamento di coppia significativamente piu' bassi se confrontati con il gruppo di controllo, relativamente al consenso diadico

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(U= 202 p=.032), alla soddisfazione coniugale(U= 102 p<.000) e al totale della DAS(U= 176 p=.009). Risultati simili sono emersi anche dal confronto con i genitori di bambini con sindorme di Down (soddisfazione coniugale U= 97 p=.008; totale DAS U= 176 p=.045). Un risultato molto interessante sembra essere la forte differenza relativa agli stili attributivi utilizzati; i genitori con bambini con autismo a basso funzionamento infatti riportano livelli significativamente piu' alti rispetto al gruppo di controllo nelle sottoscale della RAM relative alla globalita' (U=170, p<.007), intenzionalita' (U= 162.5, p<.004), motivazione (U=154, p<.003) e colpa (U=172.5, p<.007) indici dell‘utilizzo di stili attributivi inadeguati. I due gruppi di genitori di bambini con autismo riportano inoltre differenze statisticamente significative nel confronto con gli altri due gruppi di genitori relativamente a tutte le sottoscale del PSI, evidenziando livelli di parent distress e di stress totale piu' elevati, un uso maggiore di risposte difensive, una percezione più problematica delle difficolta' del bambino. Relativamente al coping invece sono state riscontrate differenze significative solo nel confronto tra il gruppo con bambini con autismo a basso funzionamento e il gruppo di controllo relativamente alle strategie di fuga, con livelli nettamente più alti nel primo gruppo di genitori (U=165, p<.005). Sono state inoltre individuate numerose correlazioni significative all‘interno dei gruppi tra le variabili analizzate. Tra le più interessanti sono state rilevate forti correlazioni negative tra le sottoscale della DAS e le attribuzioni di coppia, riscontrate prevalentemente nei due gruppi di genitori con figli autistici.

Discussione: Il presente lavoro ha evidenziato l‘estrema vulnerabilità delle famiglie con bambini autistici, anche rispetto a famiglie in cui siano presenti altri tipi di disabilità, nel caso specifico bambini con sindrome di Down. Di particolare interesse, la presenza in queste coppie di genitori di un pattern disfunzionale di stili attributivi che sembra incidere negativamente sulla percezione della relazione di coppia. Le differenze riscontrate tra i gruppi e la stretta relazione tra la soddisfazione di coppia e la tipologia di attribuzioni utilizzate hanno messo in luce l‘esigenza di approfondire ulteriormente aspetti individuali e contestuali più specifici all‘interno delle famiglie dei bambini con disabilità.

Bibliografia

Abbeduto, L., Seltzer, M.M., Shattuck, P., Krauss, M.W., Orsmond, G. & Murphy, M.M. (2004). Psychological well-being and coping in mothers of youths with autism, down syndrome or fragile x syndrome. American Journal of Mental Retardation, 109, 237-254.

Bradbury, T.N., & Fincham, F.D. (1992). Attributions and behavior in marital interaction. Journal of Personality and Social Psychology, 63, 613-628

Cohen, D.J., Volkmar, F.R. (Eds.) (2004). Autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo. Vannini Editrice, Gussago (BS).

Gentili, P., Contreras, L., Cassaniti, M., D‘Arista, F. (2002). La Dyadic Adjustment Scale. Una misura dell‘adattamento di coppia. Minerva Psichiatrica, 43, 107-116.

Guarino, A., Di Blasio, P., D'Alessio, M., Camisasca, E. e Serantoni, G. (2008). PSI- Parenting Stress Index - Forma breve- Per l'identificazione precoce di sistemi relazionali genitore-bambino stressanti. Giunti, OS, Firenze.

Higgins, D., Bailey, S., & Pearce, J. (2005) Factors associated with functioning style and coping strategies of families with a child with an autism spectrum disorder. Autism, 9(2), 125-137Luther, E.H.,

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Canham, D.L. & Cureton, V.Y. (2005).

Coping and social support for parentsof children with autism. The Journal of School Nursing, 21, 40-47. Kersh, J., hedvat, T. T., hauser-Cram, P., & Warfield, M. E. (2006). The contribution

of marital quality to the wellbeing of parents of children with developmental disabilities. Journal of Intellectual Disability Research, 50, 883–893.

Menazza, C., Bacci, B., Vio, C. (2010). Parent training nell‟autismo. Erickson, Trento. Ramaglia, G., Pezzana, C. (2004). Capire l‟autismo. Carocci Editore, Roma.

Sarason, I.G., Levine, H.M., Basham, R.B. & Sarason, B.R. (1983). Assessing Social Support: The Social Support Questionnaire. Journal of Personality and Social Psychology, 44, 127-139.

70 PERCEZIONE DEI RUOLI NEL BULLISMO: IL PUNTO DI VISTA DEGLI ALLIEVI E DEI LORO GENITORI

Valentina Mei, Virginia Pirucci e Carmen Belacchi

Dipartimento di Scienze dell‘Uomo – Università di Urbino ―Carlo Bo‖ carmen.belacchi@uniurb.it

Introduzione

Gli studi sulle interazioni prosociali e/o ostili tra coetanei utilizzano, in genere, i report dei soggetti a vario titolo coinvolti (self, peer, teacher and parent). Le evidenze indicano una scarsa corrispondenza tra le fonti di informazione, ognuna delle quali presenta vantaggi e svantaggi, in rapporto soprattutto all‘età dei soggetti (Ladd & Kochenderferer-Ladd, 2002). In particolare è emerso un basso livello di

corrispondenza tra gli effettivi comportamenti dei figli nel gruppo dei pari e la percezione che ne hanno i genitori (Molinari et al., 2001) e come la percezione del rischio psicosociale differisca tra genitori e figli in differenti fasi della crescita (Cigoli et al.,1998). Peraltro, da uno studio su ragazzi tra 10 e 15 anni è risultata più elevata la corrispondenza della percezione tra insegnanti e allievi rispetto a quella tra madri e insegnanti (Nantel-Vivier et al., 2009). Evidenze di altri studi indicano uno stretto rapporto tra conoscenza dei comportamenti dei figli e sviluppo di condotte ostili, fino alla devianza, in età adolescenziale (Laird, Pettit, Bates, & Dodge, 2003). Non è nota a sufficienza l‘influenza su tali percezioni dell‘età nè del genere dei figli. Obiettivo del contributo è confrontare la percezione che allievi, distinti per genere e fascia d‘età, hanno delle proprie interazioni con i coetanei e quella che ne hanno i genitori.

Metodo

Partecipanti, materiali e procedura: 183 (87 M; 94 F) allievi di Scuola Primaria e Scuola Secondaria Inferiore hanno compilato la versione self-report del questionario a 8 ruoli dei partecipanti (Belacchi 2008) in forma collettiva e guidata in classe, 111 genitori la versione teacher‘s report (Belacchi & Farina, 2010). Il questionario prevede 3 ruoli ostili (Bullo, Aiutante, Sostenitore), 3 ruoli pro-sociali (Difensore, Consolatore, Mediatore), il ruolo di Esterno e il ruolo di Vittima.

Risultati Analisi di varianza preliminari sui punteggi medi per ruolo, attribuiti dai figli e dai genitori rispettivamente, con variabili indipendenti la fascia di età e il genere, hanno confermato, in entrambi, una significativa maggiore attribuzione di ruoli prosociali, che tendono a diminuire dalla Scuola Primaria alla Secondaria (p <.05), secondo i figli, mentre a rimanere costanti secondo i genitori. La variabile genere influenza la percezione dei ruoli in modo simile tra genitori e figli, con i maschi più orientati verso l‘assunzione di ruoli ostili (p <.05), e le femmine verso quelli prosociali (p <.05). Da analisi di correlazione è emersa una buona corrispondenza complessiva tra genitori e figli sulla maggior parte dei ruoli. Da analisi di correlazione distinte per fascia d‘età è risultato che tale corrispondenza è dovuta per la maggior parte alla Scuola Primaria: su tutti i ruoli viene raggiunta la significatività

statistica (Bullo: r = .467; Aiutante: r = .321; Sostenitore: r = .349; Esterno: r = .273; Difensore: r = 345; Consolatore: r = .490; Vittima =.391) ad esclusione del ruolo di Mediatore, in cui l‘associazione è comunque positiva (r = .231), con valori più elevati sui ruoli ostili complessivi ( r = .393) rispetto a quelli prosociali (r =.294) Nella Scuola Secondaria, invece, è emersa una corrispondenza significativa solo sui ruoli di Bullo (r = .325) e di Esterno (r = .447). Da analisi di correlazione, distinte per genere, genitori e figli concordano sui ruoli ostili nel caso dei maschi (r =.394**), sui ruoli prosociali delle femmine (r =.394**).

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I genitori hanno una percezione complessiva delle condotte prosociali e/o ostili dei figli corrispondente a quella dei figli. Al crescere dell‘età, tale corrispondenza si mantiene buona solo nel caso di condotte apertamente prepotenti, mentre tende a decrescere fino a scomparire sugli altri ruoli; ciò può essere collegato alla tendenza al declino e alla trasformazione del controllo parentale dall‘infanzia

all‘adolescenza (Pettit, Keiley, Laird, Bates & Dodge, 2007) e alla minor apertura comunicativa da parte dei figli. Infine la diversa corrispondenza di percezione tra genitori e figli a seconda del loro genere indica che questo può rappresentare un fattore differenziale non solo nelle relazioni tra genitori e figli (Noller & Callan, 1990) ma anche nelle rappresentazioni.

Bibliografia

- Belacchi C. (2008), I ruoli dei partecipanti nel bullismo: una nuova proposta. Giornale italiano di Psicologia, 4: 885-911.

- Belacchi C., Farina E. (2010), Prosocial/hostile roles and emotion comprehension in preschoolers. Aggressive Behavior, 36: 371–389.

- Cigoli V., Marta E., Regaglia C. (1998)Transizioni in età adolescenziale e rischio psicosociale: un‘analisi del clima familiare e della comunicazione genitori-figli, Psicologia clinica dello sviluppo, 1, 131-158

Ladd G.W., Kochenderfer-Ladd B. (2002). Identifying victims of peer aggression from early to middle childhood: Analysis of crossinformant data for concordance, estimation of relational adjustment, prevalence of victimization, and characteristics of identified victims. Psychol Assess 14:74–96. Laird, R. D., Pettit, G. S., Bates, J. E., & Dodge, K. A. (2003). Parents' monitoring relevant

knowledge and adolescents' delinquent behavior: Evidence of correlated developmental changes and reciprocal influences. Child Development, 74(3), 752.

Molinari L., Speltini G., Dalolio S. (2001), Valori, regole e relazioni nello sviluppo della competenza sociale, Età evolutiva, 70, 16-29

Nantel-Vivier A., Kokko K., Caprara G.V., Pastorelli C., Gerbino M.G., Paciello M., Coˆte´ S., Pihl R.O., Vitaro F., Tremblay R.E. (2009), Prosocial development from childhood to adolescence: a multi- informant perspective with Canadian and Italian longitudinal studies. Journal of Child Psychology and Psychiatry 50: 590–598.

Noller P. & Callan V.J. (1990), Adolescent‘s perception of the nature of their communication with parents, Journal of Youth and Adolescence, 19, 349-360

Pettit G.S., Keiley M.K., Laird R.D., Bates J.E. & Dodge K.A. (2007), Predicting the Developmental Course of Mother-Reported Monitoring Across Childhood and Adolescence From Early Proactive Parenting, Child Temperament, and Parents‘ Worries, Journal of Family Psychology, 21 (2), 206–217

72 IL SESSISMO: FIGLI E GENITORI A CONFRONTO

Concetta Simona Nigito1, Valeria Schimmenti2, Lina Pezzuti1

1

Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma, 2 Facoltà di Psicologia e Scienze della Formazione, Università Kore di Enna

simona.nigito@uniroma1.it

Introduzione: La misura in cui i genitori adottano diverse pratiche di socializzazione tra ragazzi e ragazze è importante per comprendere le origini delle differenze di atteggiamento che esistono tra i maschi e le femmine. La teoria secondo cui il ruolo stereotipato di genere si realizza attraverso il

―modellamento‖ da parte dei genitori, è una visione molto diffusa tra i teorici sociali, nonché tra la gente in generale (Lytton e Romney, 1991). L'esistenza e l'importanza di tale comportamento di shaping (modellamento) sono in accordo con la teoria dell'apprendimento sociale (Bandura, 1997), che spiega l'acquisizione delle differenze sessuali negli atteggiamenti attraverso gli stessi meccanismi che si applicano a tutti i tipi di comportamento, cioè il potenziamento (rinforzo di un comportamento che diviene così un'abitudine stabile del soggetto), ed il modellamento (un processo d'apprendimento che si attiva quando il comportamento di un individuo si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo, che ha la funzione di modello). La famiglia, naturalmente, è il primo e forse il più importante agente di tale rafforzamento (Maccoby e Jacklin, 1974).

Ipotesi: Si ipotizza una differenza tra i ragazzi e le ragazze e tra i padri e le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere; in particolare che sia il genere maschile a mostrare maggiori atteggiamenti sessisti rispetto al genere femminile, (Ekehammar, Akrami, Araya, 2000; Baber e Tucker, 2006); che gli

atteggiamenti sessisti dei genitori predicano in modo significativo quello dei figli e che il genere dei figli influenzi il comportamento sessista dei genitori.

Metodo:

Partecipanti: 608 studenti dell‘ultimo anno di scuole superiori (Maschi: età media=18.50, d.s.=.842; Femmine: età media= 18.47, d.s.=.775) e 262 genitori di cui 122 coppie e 18 singoli.

Materiali e procedure: Sono stati utilizzati due questionari: Social Roles Questionnaire (Baber, Tucker, 2006) e Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar, Akrami e Araya, 2000),

somministrati ai ragazzi e ai genitori per misurare gli atteggiamenti di ruolo di genere e una scheda con i dati socio-demografici. La somministrazione collettiva per gli studenti, durata circa 30 minuti, è

avvenuta in orari scolastici, previa autorizzazione del dirigente scolastico e con relativo consenso informato; i questionari compilati dai genitori a casa sono stati successivamente riconsegnati a scuola dagli studenti.

Le analisi della varianza e le regressioni multiple sono state effettuate con l‘ausilio del pacchetto statistico SPSS 18.0.

Risultati: I maschi ottengono punteggi maggiori rispetto alle femmine alle due sottoscale del SRQ (Trascendent: F(1; 606)= 104.12, p< 0.001 e Linked: F(1; 606)=125.99, p <0.001), che indicano maggiori

atteggiamenti sessisti. Anche per quanto riguarda il CMSS sono i maschi ad avere punteggi più alti delle femmine al sessismo (CMSS Classical: F(1;606)= 237.46, p<0.001; CMSS Modern: F(1; 606)=128.10,

p<0.001).

Nel gruppo dei genitori sono i padri ad avere punteggi più alti nel sessismo in tutte le dimensioni valutate dai questionari rispetto alle madri: SRQ Trascendent: F(1; 258)= 10.11, p<0.05; SRQ Linked: F(1; 258)= 18.676, p<0.001; CMSS Classical: F(1; 258)= 28.451, p<0.001; CMSS Modern: F(1; 258)=15.943,

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p<0.001.

Per quanto riguarda l‘influenza del sessismo dei genitori sui figli, è emerso che il sessismo dei padri è un predittore significativo del sessismo delle figlie, valutato in entrambi i casi dalle due scale del SRQ (R2=.304; Beta = p < .05); mentre nel caso dei figli maschi, il sessismo delle madri maggiormente legato al genere (SRQ Linked) predice in modo significativo il sessismo dei figli, valutato dalle due scale del SRQ (R2=.250; Beta =.500; p < .001). Il genere dei figli non influenza il grado di sessismo dei genitori alle scale SRQ Linked e CMSS Modern, anche se sono i padri ad ottenere in entrambe punteggi più alti delle madri; si rilevano punteggi maggiori di sessismo tra i padri che hanno figli maschi, rispetto ai padri con figlie femmine nelle scale SRQ Trascendent (F(3; 256)=5.555, p< .001) e CMSS Classical (F(3;

256)=10.056, p< .001).

Discussione: I risultati ottenuti da questo studio sono in linea con i dati presenti in letteratura che sostengono differenze di comportamento stereotipato di genere tra i maschi e le femmine (Lytton e Romney, 1991). In tutte le scale che valutano il grado di sessismo, sono stati i maschi ad ottenere punteggi più elevati sia tra i ragazzi sia tra gli adulti. I dati dell‘influenza del sessismo dei genitori sui figli confermano che la famiglia è il punto di partenza per la trasmissione di valori e norme culturali (Maccoby e Jacklin, 1974).

Bibliografia:

Bandura A. (1997), Self-efficacy: the exercise of control, New York: W.H. Freeman.

Baber K.M., e Tucker C.J. (2006), The Social Roles Questionnaire: a new approach to measuring attitudes toward gender, Sex Roles, vol. 54, pp. 459-476.

Ekehammar B., Akrami N., e Araya T. (2000), Development and validation of Swedish classical and modern sexism scales, Development of Psychology, vol. 41, pp. 307-314.

Lytton H., e Romney D.M. (1991), Parents' differential socialization of boys and girls: a meta-analysis, Psychological Bulletin, vol. 109, pp. 267-296.

Maccoby E.F., Jacklin C.N. (1974), The psychology of sex differences, Stanford, CA: Stanford University Press

74 ESITI DI SVILUPPO IN CONDIZIONI DI RISCHIO PSICOSOCIALE

Maria Terlizzi *, Lucia Elia *, Elisabetta Costantino **

*Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Bari ―Aldo Moro‖ – Piazza Umberto I, 1 70121 Bari

**Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca - Via Bicocca degli Arcimboldi, 8 20126 Milano

maria.terlizzi@uniba.it Introduzione

Secondo la prospettiva ecologica, lo sviluppo del bambino è influenzato dai contesti sociali in cui è inserito e dal complesso intreccio di fattori che influiscono su di esso; non è possibile comprendere lo sviluppo del bambino a prescindere dal contesto all‘interno del quale si realizza, primo fra tutti quello familiare (Bronfenbrenner, 1979). Determinate caratteristiche dell‘ambiente in cui il bambino cresce sembrano influire negativamente su alcuni aspetti del suo sviluppo; nello specifico, disagio socio- economico e condizioni di vita svantaggiate hanno un forte impatto sullo sviluppo socio-affettivo, cognitivo e linguistico del piccolo, ma anche sulle qualità delle cure genitoriali (Costantino, et al., 2007; Cummings, Davies, Campbell, 2000; Di Blasio, 2005; Sameroff, 1997); queste condizioni, infatti, sono spesso associate a trascuratezza, conflitti coniugali, stili educativi inadeguati e anche abusi, che costituiscono importanti fattori di rischio evolutivo (De Wolff, van Ijzendoorn, 1997). Infatti, i bambini che appartengono a gruppi sociali svantaggiati presentano una maggiore incidenza di problemi legati allo sviluppo delle loro competenze, a causa dell‘inadeguatezza del contesto di apprendimento che costituisce un ostacolo oggettivo per una crescita sana dei bambini (Aber, Jones e Cohen, 2000; Bagby, Rudd e Woods, 2005). Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di indagare gli esiti di sviluppo cognitivo e affettivo in un gruppo di bambini di 4 anni provenienti da famiglie con livello d‘istruzione e status socio-economico basso (reddito < di 1.290 euro al mese per una famiglia di 3 persone, come indicato dai criteri ISTAT), confrontandolo con un gruppo di bambini della stessa età proveniente invece da un contesto sociale medio-alto (livello d‘istruzione e status socio-economico medio-alto con reddito > 1.290 al mese per una famiglia di 3 persone).

Metodo

I partecipanti allo studio sono 32 bambini (11 maschi) aventi un‘età pari a 4 anni, con le rispettive madri, divisi in 2 sottocampioni: un gruppo composto da 16 diadi (6 maschi) a rischio psicosociale; ed una gruppo composto da 16 diadi (5 maschi) con condizioni sociali medio-alte, che costituisce il gruppo di controllo.

Gli strumenti somministrati al bambino sono stati: la WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence; Wechsler, 1967) per la valutazione dello sviluppo cognitivo; la versione italiana dell‘AQS (Attachment Q-Sort; Waters e Dean, 1985; Cassibba, D‘Odorico, 1992) al fine di valutare la qualità del legame di attaccamento; il QUIT (Questionari Italiani del Temperamento; Axia, 2002) per la valutazione del temperamento infantile. Alle madri, invece, sono stati somministrati: l‘ AAI (Adult Attachment Interview; George, Kaplan, Main, 1985) per la valutazione del loro stato mentale attuale relativamente

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alle proprie esperienze infantili di attaccamento; le scale CBCL (Child Behavior Checklist for Ages 4- 18; Achenbach, 1991; Frigerio, 2001) al fine di indagare le competenze sociali e i problemi comportamentali dei propri figli; il PSI-SF (Parenting Stress Index – Short Form; Abidin, 1993; 1997; Guarino A., et al., 2008), per indagare la presenza di eventuali fattori stressanti presenti nel rapporto genitore-bambino.

Risultati

Dalle prime analisi condotte, emerge come i bambini del campione a rischio psicosociale abbiano un QI verbale più basso (M = 101.44 ds = 9.49) rispetto ai bambini appartenenti al gruppo di controllo (M = 110.75 ds = 8.96) (t (30) = 2.86 p = .01). Inoltre, anche se al limite della significatività statistica, i

bambini del campione a rischio psicosociale risultano meno sicuri (M = .28 ds = .29) rispetto ai bambini del gruppo di controllo (M = .47 ds = .28; t (30) = 1.89 p = .06).

In riferimento al temperamento del bambino sono emerse differenze statisticamente significative, in particolare, rispetto alle dimensioni ―orientamento sociale‖ (t (30) = 2.62 p = .05; Mgruppo a rischio psicosociale=

4.42 ds = .53 vs. Mgruppo di controllo= 4.90 ds = .51) e ―emozionalità negativa‖ (t (30) = -2.10 p = .05; Mgruppo a rischio psicosociale= 3.25 ds = .63 vs. Mgruppo di controllo= 2.71 ds = .81) e una differenza al limite della

significatività statistica per quanto concerne la dimensione ―emozionalità positiva‖ (t (30) = 1.98 p =

.056; Mgruppo a rischio psicosociale= 4.51 ds = .70 vs. Mgruppo di controllo= 5.01 ds = .74).

Le analisi relative alla al CBCL, al PSI-SF e alla qualità dell‘attaccamento materno (AAI) sono tutt‘ora in corso.

Discussione e conclusione

I risultati preliminari sembrano confermare come un livello d‘istruzione ed uno status socio-economico basso costituiscono un importante fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo del bambino. Condizioni sociali disagiate influenzano negativamente sia la qualità della relazione d‘attaccamento genitore- bambino, sia lo sviluppo cognitivo, e nello specifico quello linguistico, sia le caratteristiche temperamentali.

E‘necessario comunque sottolineare che l‘influenza delle variabili considerate (livello d‘istruzione e

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