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DisOrientamenti: Discriminazioni ed esclusione sociale delle persone LGBT in Italia, UNAR (2011)

all'appartenenza etnica: La popolazione omosessuale in Italia, ISTAT (2011)

1.7 DisOrientamenti: Discriminazioni ed esclusione sociale delle persone LGBT in Italia, UNAR (2011)

Si possono confrontare i dati Istat con quelli di un'altra ricerca italiana, DisOrientamenti:

Discriminazioni ed esclusione sociale delle persone LGBT in Italia, realizzata dall'Ufficio

Nazionale Antidiscriminazioni Razziali nel 2010 e pubblicata nel 2011, dove però il termine di paragone a livello territoriale verte soprattutto tra il Nord o altre regioni e le Regioni Obiettivo Convergenza.

Se si va a guardare l'appendice statistica con i dati ricavati dal World Values Survey del 2005, alla domanda, Quanto ritiene accettabili gli atti omosessuali?, da mai (1) a sempre (10), si vedrà dai grafici di quella ricerca, più del 50% dei rispondenti al Centro Nord non la ritiene mai accettabile; percentuale che inaspettatamente scende di un paio di punti nelle Regioni Obiettivo Convergenza (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia) che dai dati di questa particolare ricerca risulterebbero leggermente meno omofobe.

La stessa domanda, ottiene una maggiore accettazione dell'omosessualità da parte dei giovani, cala per gli adulti e gli anziani, come confermano anche i dati Istat.

Se poi si guarda al numero di intervistati che non vorrebbero persone omosessuali come vicini di casa (percentuali al di sotto del 35%), al centro nord, gli abitanti delle città si mostrano più accoglienti, seguiti da quelli dei medi centri urbani, mentre più omofobi risultano quelli delle campagne e dei piccoli centri abitati.

Nelle Regioni Obiettivo Convergenza, sono invece più ben disposti verso la popolazione omosessuale i medi centri urbani delle grandi città.

Ricaviamo anche un nuovo dato, che non era emerso dalle ricerche Istat: l'auto collocazione politica.

Nel Centro Nord, sono più le persone che non vorrebbero vicini di casa omosessuali appartenenti all'area politica del centro, seguiti da quelli di destra, mentre quelli di sinistra (si tratta però di meno di 5 punti percentuali di differenza) sarebbero più bendisposti. La situazione si ribalta stranamente nelle ROC: dove sono di più gli elettori di sinistra che non vorrebbero persone omosessuali come

Anche per questa ricerca, il titolo di studio ha un ruolo importante: non vorrebbero come vicini di casa meno del 5% delle persone che hanno frequentato l'Università, contro più del 35% di coloro che si sono fermati alle scuole medie.

Da questa ricerca, poi, dalla tabella Titolo di studio delle persone in coppia stabile/ distribuzione, si vedrebbe come le persone LGB (le persone trans non sono qui considerate) visibili abbiano titoli di studio (liceo; laurea) leggermente superiori a quelli delle persone eterosessuali, mentre un salario orario mediano (lavoratori dipendenti) leggermente più basso.

Anche da questa ricerca si vede che la fiducia (Lei ritiene che della maggior parte delle persone ci si può fidare/ dati Banca d'Italia, Indagine sui Bilanci delle Famiglie Italiane, 2006) è maggiore nelle altre regioni (intorno al 30%) rispetto che nelle ROC (al di sotto del 20%).

Per quanto riguarda l'interesse per la politica, risulta poco/per niente (61%) nelle altre regioni contro il 68% nelle ROC.

Maggiore è anche la partecipazione (a petizioni; boicottaggi; manifestazioni) nelle altre regioni, ad

esclusione della voce “manifestazione” che registra maggiori punti nelle ROC.

È maggiormente impegnata nelle attività sociali la popolazione delle altre regioni, con percentuali comunque al di sotto del 12%.

Se la ricerca Istat ci illustra le differenze di genere, geografiche e generazionali dell'atteggiamento nei riguardi delle persone LGBT e altre ricerche Istat e non solo, ci permettono di individuare altri fattori determinanti, come la pratica religiosa, il titolo di studio, la fruizione dei mass media e di internet, l'interesse per la politica e la fiducia interpersonale, tuttavia per individuare altre dimensioni di questo cambiamento, è importante prendere in esame anche altri processi, anche

storici, per spiegare l’attuale visibilità dei movimenti LGBT e il progressivo, seppur lento,

accoglimento, in Occidente, delle loro rivendicazioni; se non sempre da parte della politica, almeno a livello culturale e sociale. Prima di analizzarli, però, nei prossimo paragrafi prendiamo in

considerazione la Strategia UNAR dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che

1.7.1 La strategia UNAR

L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nel 2013, a seguito del programma promosso dal Consiglio d’Europa "Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità

di genere", per l’attuazione della Raccomandazione del Comitato dei Ministri CM/REC 5 (2010), ha elaborato una Strategia Nazionale triennale (2013-2015) per la prevenzione ed il contrasto delle

discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, in collaborazione con le

associazioni LGBT italiane, identificate come gli stakeholder principali per la pianificazione delle azioni da realizzare, in un percorso condiviso con il terzo settore.

Viene sintetizzata la situazione legislativa italiana, (dopo aver menzionato il contesto internazionale e quello europeo) che è utile riportare per intero:

“Il legislatore italiano è intervenuto più volte per tentare di rimuovere le discriminazioni nei

confronti delle persone LGBT. Il primo intervento in ordine di tempo è consistito

nell’introduzione della legge n. 164 del 1982 che consente la rettificazione di sesso alle

persone transessuali. In materia di protezione nei luoghi di lavoro, si sono succedute più

disposizioni che vietano discriminazioni dirette e indirette in ragione dell’orientamento

sessuale della persona (decreto legislativo n. 216 del 2003; articolo 15 dello Statuto dei lavoratori, legge n. 300 del 1970; articolo 7 del Testo unico in materia di pubblico impiego, decreto legislativo n. 165 del 2001; articolo 10 del decreto legislativo n. 276 del 2003; art.

1468 del Codice dell’ordinamento militare, decreto legislativo n. 66 del 2010; art. 21 del

decreto legislativo n. 183 del 2010, in materia di Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni). Il testo unico dei servizi audiovisivi e radiofonici, contiene il principio generale in materia di

comunicazioni commerciali che vieta la promozione delle discriminazioni fondate, tra l’altro, sull’orientamento sessuale (art. 36-bis del decreto legislativo n. 177 del 2005). Altre disposizioni che proteggono l’orientamento sessuale quale condizione personale che rischia

Corte Costituzionale n. 138 del 14 marzo 2010, relativa all’estensione del matrimonio anche

tra persone dello stesso sesso, ne ha dichiarato l’inammissibilità, ma nel contempo ha riconosciuto che, sulla base dell’art. 2 della Costituzione, le coppie dello stesso sesso sono

portatrici di legittime istanze di parità e che la scelta dello strumento specifico per riconoscerne i relativi diritti e doveri spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità. Anche di recente, nello stesso senso si è espresso con autorevolezza il Presidente della Corte Costituzionale. Numerose proposte di legge in materia di riconoscimento del matrimonio tra coppie dello stesso sesso, unioni civili, coppie di fatto, sono state depositate alle Camere nelle diverse legislature, senza tuttavia giungere mai ad approvazione. Le Regioni si sono recentemente avviate lungo un percorso di consapevolezza degli obblighi derivanti dal diritto sovranazionale, che impongono un riconoscimento e una tutela per le condizioni personali – come l’omo/bisessualità – considerate a rischio di discriminazione, approvando una serie di normative regionali. A fronte di un quadro nazionale lacunoso, queste appaiono come certamente innovative sotto l’aspetto

dell’ampliamento e della specifica previsione di tutele e del riconoscimento delle forme di

convivenza diverse dal matrimonio, e di forme specifiche di contrasto alle discriminazioni derivante dall’orientamento sessuale. Sia a livello statutario, sia di legislazione di settore, le Regioni Toscana, Liguria, Puglia, Emilia Romagna, Marche, Piemonte e Umbria sono

intervenute in ambiti come l’accesso ai servizi, il contrasto alle discriminazioni e

all’omofobia, la promozione di politiche attive in ambito lavorativo.”35

La strategia UNAR, spesso citata dagli attivisti LGBT intervistati nel corso di questa ricerca (vedi cap. 3), consta di un piano d’azione che si muove principalmente su quattro assi:

1) Educazione e Istruzione; 2) Lavoro;

3) Sicurezza e carceri; 4) Comunicazione e media.

Gli strumenti della governance sono rappresentati da:

1) Il Gruppo nazionale di lavoro LGBT, formato da 29 associazioni (che hanno richiesto di farvi parte; ma è aperto anche ad altre associazioni);

2) Il tavolo di coordinamento inter istituzionale, che comprende:

-l’OSCAD del Ministero dell’Interno (Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti

35 AA.VV., Strategia Nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento

Discriminatori;

-il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia; -il Ministero della Salute;

-il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali-- Direzione generale per le politiche attive

e passive del lavoro e Direzione generale per l’inclusione sociale;

- il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca - Direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione;

-il Ministero degli Affari Esteri;

- la Conferenza delle Regioni e delle province autonome; - l’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani;

-la Rete READY - Rete nazionale delle Pubbliche Amministrazioni contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere.

Vi partecipano anche le organizzazioni sindacali, datoriali (Confindustria; Confartigianato;

Confcommercio; Coldiretti…), la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e l’Ordine dei

Giornalisti.

Le attività di prevenzione alle discriminazioni su base di genere e orientamento sessuale, sono state predisposte anche sulla base dei dati della rilevazione Istat, “La popolazione omosessuale in Italia” (2011).

Le misure, prevedono, per quanto riguarda i quattro ambiti individuati (Educazione e istruzione; lavoro; sicurezza e carceri; comunicazioni e media) interventi di raccolta dati e monitoraggio; di formazione; di accesso ai servizi; di informazione e sensibilizzazione.

In estrema sintesi, per quanto riguarda l’educazione, gli obiettivi sono quelli di assicurare un ambiente scolastico più gay friendly e un maggiore empowerment delle persone LGBT, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni; per quanto riguarda il lavoro, l’UNAR cerca di implementare le prassi di diversity management, per un business più inclusivo; per quanto riguarda la sicurezza, in assenza

di una legge che tuteli dall’omofobia le persone omosessuali, si cercano di monitorare con particolare attenzione i “crimini d’odio”, soprattutto attraverso l’OSCAD; in alcuni istituti