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La nascita dell’ “omosessualità” moderna: tra medicalizzazione, psichiatria e devianza

2.Cenni di storia dell’omosessualità

C. Fiore, Il sorriso di Afrodite, Rapporto sulla condizione omosessuale in Italia, Firenze, Vallecchi Editore, 1991, p

2.6 La nascita dell’ “omosessualità” moderna: tra medicalizzazione, psichiatria e devianza

Sembra che sia stato proprio nel XIX secolo che l’omosessualità abbia acquisito una sua definizione precisa.

“I comportamenti “anormali” emergono soprattutto alla fine del XIX secolo. Nel momento

stesso in cui le barriere vittoriane cominciano a cedere e in cui la masturbazione cessa di rappresentare una fissazione per la medicina, si comincia a parlare più apertamente di

omosessualità e di “perversioni””59.

Qui Muchembled riprende un famoso passo di Foucault, tuttora al centro dell’attuale dibattito internazionale, sulla nascita della figura dell’omosessuale come personaggio; prima era perseguito e punito il peccato della sodomia ma poca attenzione si poneva alla ricerca della sua storia, delle sue motivazioni, del suo carattere:

“L’omosessuale del XIX secolo, invece, è diventato un personaggio: un passato, una storia, ed un’infanzia, un carattere, una forma di vita; una morfologia anche, con un’anatomia

indiscreta e forse una fisiologia misteriosa. Nulla di quel che egli è complessivamente sfugge alla sua sessualità”60

Dai manuali dell’epoca l’omosessualità veniva definita una perversione: lo leggiamo ad esempio

nella Psychopathia Sexualis di Krafft-Ebing, pubblicato nel 1886, dove l’omosessualità viene trattata come una patologia e affiancata a svariate perversioni, dal sadismo al feticismo, dalla

zoofilia all’esibizionismo. Per l’autore esiste un’omosessualità congenita ed una acquisita ed in base

a questa divisione, elenca diverse tipologie di omosessuali, riportando svariati casi clinici. Anche se nelle edizioni successive del libro lo stesso Krafft-Ebing affrancherà l’omosessualità dalla perversione e dalla malattia mentale.

In questo manuale ottocentesco l’autore analizza la vita e lo sviluppo sessuali dal punto di vista

medico, individuando svariati casi di perversioni sessuali: dal sadismo al masochismo, dal feticismo

p.225 e segg.

59

R. Muchembled, L’Orgasme et l’Occident, 2005, trad.it. L’orgasmo e l’Occidente, Storia del piacere dal Rinascimento a oggi, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2006 pp. 253-254

60

M. Foucault, La volonté de savoir, 1976, trad.it. La volontà di sapere, Storia della sessualità 1, Milano, Feltrinelli, 2009 p. 42

all’esibizionismo, dalla pedofilia alla gerontofilia, dalla zoofilia a quello che chiama “autosessualismo”.

L’ omosessualità è definita un aspetto degenerativo della sessualità, una patologia.

Ipotizza anche la diffusione, in termini numerici, dell’omosessualità tra i suoi contemporanei e sono sintetizzati brevemente gli studi fatti sino ad allora su questa materia. Krafft-Ebing distingue

l’omosessualità in congenita ed acquisita, suddividendo nel primo caso gli omosessuali in

ermafroditi psichici, omosessuali propriamente detti, effeminati e viragini, androgini e ginandri. Si accinge quindi ad un accurato studio di moltissimi casi clinici, che presenta al lettore, descrivendo, di ciascun paziente, in maniera specifica, le esperienze, la classe sociale e spesso la

professione, l’età in cui avrebbe iniziato a sentire pulsioni omosessuali e le relazioni con il genere

femminile, affiancando anche giudizi medici (come, ad esempio, l’esame della laringe).

In alcuni dei casi presi in considerazione, si sofferma anche su alcune tendenze sadiche diffuse tra i suoi pazienti omosessuali, oltre ad analizzare altri tipi di disturbi di salute e nevrosi da cui alcuni di questi soggetti sarebbero colti.

Prosegue anche ad investigare i casi di omosessualità tardiva, le trasformazioni del carattere di alcuni uomini che li porterebbero ad assumere caratteristiche sempre più femminili e lo stato di salute psichica e fisica dei componenti della famiglia dell’omosessuale.

L’autore tratta anche l’omosessualità femminile, spiegando le ragioni della scarsa documentazione

disponibile ai suoi tempi (dovute essenzialmente al fatto che a differenza di quella maschile non era perseguibile per legge) e fornendo molti esempi di casi clinici.

Prima ancora del testo di Krafft-Ebing, troviamo menzione dell’interesse medico sulla determinazione del sesso, anche in una tesi di dottorato di uno studente di medicina del 1850, dal titolo: Ricerche sul dotto di Wolff:

“J'avais eu pour but, en commencant ce travail, d'etudier le devoleppement de l'appareil

genito-urinaire, de montrer comment le sexe se détermine, et d'expliquer par ces recherches embryologiques les faits impropriement désignés sous le nom d'hermaphrodisme (…) Ce qui constitue l'homme c'est le testicule, et c'est l'ovaire qui marque la femme. Les autres parties

tesi di dottorato si concentra però sullo studio di un organo, il dotto di Wolff, che si troverebbe

nell’embrione umano (e animale) nei feti di entrambi i sessi.

Come era trattata invece l’omosessualità dalla psicologia del primo Novecento?

Se si prende in considerazione il libro di Alfred Adler (Psicologia dell’omosessualità, Roma, Newton Compton, 1994), scritto nel 1930, vedremo che il volume s’inaugura definendo la questione

dell’omosessualità minacciosa e riflettendo sul fatto che molti campi del sapere sono coinvolti nel

tentativo di spiegarla.

Adler introduce delle novità positive nella psichiatria dell’epoca, sostenendo che l’omosessualità

non rappresenti una malattia e rinvenendo la sua causa in un conflitto prevalentemente sociale.

Egli prende in considerazione anche l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei riguardi dell’omoerotismo e ripercorre la storia dell’omosessualità, soffermandosi sull’eros nell’antica

Grecia.

Secondo la teoria psicologica dell’epoca, le perversioni, tra cui veniva annoverata anche

l’omosessualità, sarebbero l’espressione di un aumento della distanza tra uomo e donna, di una

rivolta nei confronti del normale ruolo sessuale, del disprezzo del partner, di egocentrismo e

nascerebbero per compensare un senso innato di inferiorità nei confronti dell’altro sesso.

Adler tratta dello sviluppo psichico del bambino e del ruolo dei genitori in questo processo, ricorda

che l’eterosessualità è percepita come norma ed ogni perversione come un’aberrazione.

Viene messa in dubbio la tesi di Kraft-Ebing dell’omosessualità congenita, si sostiene che gli obiettivi degli omosessuali sarebbero in contraddizione con le condizioni che la vita sociale pone, si sottolinea la presa di distanza dalla donna e la scarsa autostima che secondo l’autore caratterizzerebbe gli omosessuali.

Le cause dell’omosessualità sarebbero per Adler da ricondurre ai modelli famigliari e sarebbero

dovute ad una madre troppo forte e ad un padre debole, o ad un padre molto duro e ad una madre particolarmente apprensiva. Prende in considerazione sette casi clinici, dei quali viene analizzata

l’infanzia, il rapporto con la madre, di alcuni dei pazienti anche i sogni.

Sulla base di questi sette casi, egli rinviene sette elementi che caratterizzerebbero l’omosessualità: - la costituzione femminea per i maschi e mascolina per le femmine;

- il comportamento delicato nei maschi e aggressivo nelle femmine; - l'anomalia negli organi sessuali;

- il disprezzo del sesso opposto;

- l’eccessiva paura o rispetto per il proprio genitore che causerebbe anche il comportamento precedente;

- la presenza di sogni e fantasie omosessuali, sintomi precoci nell'infanzia; - l’esistenza di precedenti famigliari.

Adler ricorda le teorie freudiane sull’omosessualità e la distinzione di Krafft-Ebing in omosessualità acquisita e congenita. Si domanda anche perché molte persone assumano un atteggiamento negativo

nei confronti dell’omosessualità e risponde che l’omosessualità non può contare su un

riconoscimento sociale.

Secondo Adler non sarebbero le caratteristiche fisiche a spingere verso l’omosessualità e rifiuta la teoria delle origini coatte dell’omosessualità, adducendola alla paura del partner e ad un tentativo di

compensazione di sentimenti di inferiorità che si esprimerebbe in un gesto di rivolta contro la famiglia e la società.

L’autore si oppone a considerare l’omosessualità un delitto, ma al pari dei suoi contemporanei, pur

non considerandola una malattia, la affianca ad altre perversioni, come il sadismo e il masochismo,

il feticismo, l’esibizionismo e la necrofilia.

Le ultime parti del libro sono dedicate alla nevrastenia sessuale, alla sessualità nella pubertà ed

all’atteggiamento psicosessuale della donna e dell’uomo.

Qualche anno prima dello scritto di Adler, nei Tre saggi sulla sessualità, (1905) nel primo capitolo dedicato alle aberrazioni sessuali, anche Freud affronta il tema dell’omosessualità.

Egli distingue gli omosessuali in invertiti integrali, anfigenici e occasionali; sostiene che

l’omosessualità non possa essere spiegata né dalle teorie che la vedono come congenita, né da

quelle che la reputano acquisita, rifacendosi alle spiegazioni di Krafft-Ebing.

Freud riflette anche su bisessualità ed ermafroditismo psichico e secondo la sua opinione l’oggetto sessuale degli omosessuali avrebbe caratteristiche sia maschili che femminili, rappresentando

l’immagine riflessa della natura bisessuale dell’individuo.

Freud tratta poi di alcune perversioni, come la pedofilia, la zoofilia, il feticismo.

Dedica alcune pagine al rapporto tra nevrosi e perversioni, delle quali la nevrosi rappresenta il negativo, per poi passare allo studio della sessualità infantile

Quando si occupa della prevenzione dell’inversione sessuale (così veniva considerata

l’omosessualità ai tempi) sostiene che la causa che più la scoraggia è il divieto imposto dalla società.

Ad agevolarla, secondo Freud, sarebbe invece l’educazione maschile dei ragazzi.

La ragazza per Freud avrebbe sviluppato un atteggiamento maschile; ne ripercorre l’infanzia e la sua inclinazione sessuale, per il padre della psicanalisi, sarebbe da leggere anche una vendetta nei confronti del genitore: spiega con la delusione verso il padre, la causa della sua repulsione per gli uomini.

Freud analizza e spiega i sogni della ragazza, i suoi amori femminili, il suo complesso di virilità. Secondo Freud, l’omosessualità può essere spiegata da caratteri sessuali fisici (ermafroditismo fisico), da caratteri sessuali psichici (atteggiamento maschile o femminile) e dalla scelta

dell’oggetto del desiderio.

Per Freud non è compito della psicanalisi risolvere il problema dell’omosessualità, bensì rivelarne i meccanismi psichici e riconosce negli esseri umani e animali un’originaria bisessualità.

Rispetto ai secoli precedenti, nei quali l’omosessualità era spiegata ricorrendo alla confessione

religiosa, in termini di colpa e peccato, la svolta del XIX secolo, è rappresentata da una nuova lettura dell’omosessualità attraverso una chiave clinico-patologica:

“Il territorio del sesso non sarà più posto solo sul registro della colpa e del peccato, dell’eccesso e della trasgressione, ma sotto il regime (che ne è d’altronde solo la

trasposizione) del normale e del patologico; si definisce per la prima volta una morbosità propria alla realtà sessuale; il sesso appare come un campo di grande fragilità patologica: superficie di ripercussione delle altre malattie, ma anche centro di una nosografia propria,

quella dell’istinto, delle tendenze, delle immagini, del comportamento. Questo vuol dire

anche che la confessione prenderà il suo senso e la sua necessità fra gli interventi medici:

richiesta dal medico, necessaria per la diagnosi ed efficace di per sé nella cura.” 62

L’omosessualità attraverso la “confessione” psichiatrica e la medicina venne ricondotta alla sfera della patologia, dell’anormalità e vennero proposte anche terapie di cura che promettevano una

presunta guarigione.

Di fatto, è solo dal 1990 che l’omosessualità è stata tolta dall’elenco delle malattie mentali63 del

DSM ma nell’opinione comune, da una persona su quattro in Italia, come documentato anche dalla

ricerca Istat (2011) viene ancora associata ad una malattia.

C’è poi ancora una ricca letteratura che riconduce l’omosessualità a presunte cause biologiche,

documentata anche da Paolo Rigliano64.

62

M. Foucault, La volonté de savoir, Paris, Éditions Gallimard, 1976, trad.it. La volontà di sapere, Storia della sessualità 1, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 62

63