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4. DAL DRAMA ALLA DRAMMAPEDAGOGIA

4.1 Il drama come risorsa didattica

In seguito all’interesse mostrato dai paesi anglosassoni verso l’utilizzo del linguaggio teatrale, sempre più ricercatori, in particolar modo quelli anglofoni e germanici, hanno spostato il focus di attenzione verso questo filone d’indagine, soprattutto per quanto concerne l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue straniere. Al contempo, negli ultimi venti anni è cresciuto anche il numero di conferenze, workshop, riviste specializzate, pubblicazioni, così come delle risorse didattiche presenti in rete (Belliveau & Kim, 2013) afferenti a questo settore.

Il drama rappresenta un facilitatore dell’apprendimento, poiché gli studenti diventano parte attiva, riuscendo ad interpretare ruoli differenti, affrontando situazioni da molteplici prospettive all’interno di contesti che si permeano di significatività. Impersonare ruoli e recitare aiuta ad aumentare la sicurezza in se stessi, in quanto accanto all’aspetto prettamente performativo dell’esperienza, risulta altrettanto fondamentale quello collaborativo (Almond, 2005, p.10). Attraverso il gruppo, infatti, è possibile creare un clima di apprendimento protetto, privo di inibizioni, in cui ci si sente sicuri di esprimersi, perché tutti condividono il medesimo obiettivo. Le attività consentono ai discenti di incarnare un tipo di apprendimento olistico: la recitazione può divenire un’esperienza viscerale, cognitiva ed emozionale che permette una reale acquisizione di contenuti, divenuti in tal modo maggiormente significativi e legati alla quotidianità.

Schewe (1993, p.94) propone un interessante modello, volto a configurare la valenza didattica del drama, così come è stata ideata dai pionieri Bolton e Heathcote, per incentivare differenti tipologie di apprendimento, principalmente tre, al centro delle quali risiede l’esperienza estetica (Fig.6).

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Innanzitutto, l’approccio drammatico promuove l’apprendimento sociale, proprio partendo dalle sue caratteristiche essenziali, l’interazione, la cooperazione e la relazione di aiuto all’interno di un gruppo. In secondo luogo, interviene sulla sfera cognitiva grazie ai continui stimoli che si presentano ai discenti, alla risoluzione di problemi, alla riflessione che accompagna l’intero processo. Strettamente collegato risulta, quindi, l’apprendimento orientato allo sviluppo di competenze, in quanto attraverso la sperimentazione diretta delle tecniche teatrali e drammatiche, il discente sviluppa abilità spendibili anche all’infuori della “scena”. L’interrelazione di queste tre componenti permette di esplicitare il minimo comun denominatore, rappresentato dall’apprendimento estetico, il quale trasforma l’esperienza formativa in un percorso di acquisizione profonda di conoscenza (sapere) e competenza (saper fare), ricco di emozionalità e di significatività per il soggetto.

Utilizzare il drama nella didattica delle lingue straniere appare una pratica largamente diffusa, in quanto offre agli studenti la possibilità di usare la propria immaginazione per vivere e sperimentare la lingua, aumentare la fluenza e la competenza comunicativa (Cumico, 2005), inserire la lingua in un contesto reale fornendo in tal modo agli apprendenti esperienze di successo in situazioni di vita quotidiana, che fungono da palestra per esercitare l’interazione orale, fondamentale nelle situazioni extrascolastiche. Promuovere il linguaggio teatrale favorisce una comunicazione di tipo spontaneo, scarsamente praticabile durante la lezione frontale, necessaria al fine di acquisire una lingua e che promuova un uso efficace ed efficiente della stessa nella conversazione in un contesto sociale (Even, 2011). Le attività drammatiche consentono ai discenti di utilizzare un sistema di scelte comunicative, mediante le quali negoziare e scambiare informazioni e idee in un setting immaginario, ma al tempo stesso ancorato alla realtà. Parimenti, il drama è in grado di generare opportunità di utilizzo della lingua, sviluppando anche la competenza comunicativa interculturale, in termini di abilità di scoperta, maggiore apertura, curiosità, abilità di agire nelle e attraverso le interazioni (Byram, 1997). Numerose sono le indagini empiriche che hanno confermato i benefici della metodologia drammatica rivolta alla competenza interculturale in lingua straniera (Küppers, 2011). Sotto il profilo linguistico, inoltre, Dinapoli sostiene come il drama promuova negli apprendenti di una seconda lingua una comprensione più ampia ed empatica dei contenuti impliciti di un testo, grazie alla contestualizzata esposizione agli aspetti linguistici, creativi ed emozionali del discorso (Dinapoli, 2009).

Partendo dall’assunto vygostskijano secondo cui il linguaggio ed il contesto non possono venire separati e l’interazione gioca un ruolo importante nell’apprendimento linguistico,

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mediante il drama è possibile creare un ambiente in cui la lingua sia presente, appresa e usata attraverso l’interazione situata in contesti sociali in maniera spontanea (Eun & Lim, 2009). La facilitazione dell’interazione, caratteristica delle attività drammatiche, permette di stimolare le abilità di collaborazione tra compagni per la costruzione dell’ambiente, la condivisione di esperienze differenti, la connessione della lingua con la letteratura e la cultura di riferimento (Hoecherl-Alden, 2006). Kao e O’Neill rappresentano due forti sostenitori di come il drama solleciti gli studenti a diventare parte attiva non solo nella lezione, ma persino nell’acquisizione della lingua e a riprendere la loro naturale inclinazione, quella di esseri partecipi nel processo di interazione e costruzione di scambi dialogici in classe (Willburn, 1992).

In letteratura, le implicazioni didattiche relative alla metodologia teatrale-drammatica hanno portato a tracciare molteplici similitudini tra la figura dell’insegnante e quella dell’attore (Almond, 2005). Entrambe, infatti, agiscono di fronte ad un pubblico al quale trasmettono dei concetti, delle idee, dei sentimenti e per farlo in maniera proficua devono essere accattivanti. Il docente di lingua straniera ha sempre cercato in qualche maniera di assumere le caratteristiche dell’attore (Plath, 2010), recitando per richiamare l’attenzione del suo uditorio e, proprio in tal senso, insieme ai suoi alunni ha da sempre fatto teatro durante la lezione di lingua (Schewe, 1993, p.119). Mutuando il pensiero di Tauber e Mester, il docente deve trasmettere entusiasmo mediante un uso consapevole della voce, del corpo, dello spazio, ma anche della dimensione affettiva, cercando di trasmettere sentimenti ed emozioni positive, in grado di creare un clima favorevole all’apprendimento (Tauber & Mester, 1994). Un uso efficace della voce e del corpo necessita di variazioni di intenzioni, intensità e soprattutto di naturalezza, che dovrebbero venire costantemente monitorati in termini di impatto sugli studenti. In modo particolare nella didattica della lingua straniera è più che mai importante l’uso del corpo, delle espressioni facciali e del contatto visivo, in quanto attraverso tali dimensioni è possibile sopperire all’eventuale incomprensione del messaggio verbale. Il mestiere dell’insegnante, così come quello dell’attore, è prettamente comunicativo, interattivo e performativo e proprio per questa ragione sarebbe quanto mai auspicabile intervenire durante la formazione iniziale e in itinere del corpo docente, al fine di far acquisire competenze performative, atte ad ampliare e consolidare la loro professionalità dal punto di vista comunicativo-interazionale (Schewe, 2011). In tal senso, intervenire sulla formazione e sull’aggiornamento del docente relativamente alle performing arts, secondo un’ottica di formazione integrata (Perissinotto, 2001), oltre che fornire un valido strumento di arricchimento metodologico, concede la possibilità di illuminare quegli aspetti

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strutturali in grado di elevare qualitativamente la relazione educativa (Antonacci & Cappa, 2009), che altrimenti verrebbero considerati di secondaria importanza.

Un aspetto altrettanto rilevante è rappresentato dall’umore, inteso come elemento di aiuto per il docente e per i discenti, necessario al fine di ridurre l’ansia e la tensione e mantenere alto il grado di attenzione. A livello psicologico, infatti, l’effetto di congruenza dell’umore spiegherebbe come un contenuto caratterizzato da un’alta valenza emotiva venga appreso meglio quando esiste una corrispondenza tra il suo valore affettivo e l’umore dello studente, tale per cui, se è di buon umore, anche il materiale propostogli sarà connotato positivamente e quindi verrà appreso in maniera più efficace (Sambanis, 2013, p.33).

La copiosa letteratura esistente evidenzia come la metodologia drammatica e teatrale consenta agli studenti di assumere un ruolo attivo, trasformandosi da elaboratori passivi di informazioni a pensatori ed utilizzatori della LS, investigatori, costruttori di conoscenza. I discenti possono dunque lavorare autonomamente al soggetto e all’oggetto del processo di apprendimento, mediante esperienze, ricordi, comportamenti, valori, convinzioni, bisogni, sensazioni e fantasie, sperimentando il linguaggio verbale e quello non verbale. Attraverso il drama gli studenti sperimentano sempre ruoli diversi, che consentono loro di distanziarsi dalle proprie caratteristiche e dalla propria personalità, elementi vulnerabili soprattutto nell’età adolescenziale e riuscendo ad immedesimarsi secondo prospettive differenti. Assumendo dei ruoli, i discenti reagiscono e mettono in atto decisioni spontanee in maniera flessibile, al fine di risolvere il problema in modo creativo, compiendo delle vere e proprie sfide. Ciò si ripercuote anche sul piano linguistico, per cui le frequenti lacune lessicali, caratterizzate dalla necessità di utilizzo della parola che non si conosce o non si ricorda, non verranno colmate mediante l’uso della lingua madre, ma verranno cercati modi alternativi per esprimersi nella lingua target. Tali situazioni di emergenza (Tselikas, 1999) forniscono un’opportunità di cambiamento, di allenamento della competenza comunicativa anche ricorrendo all’improvvisazione, in cui i soggetti in formazione vengono stimolati in modo globale e non soltanto sul piano cognitivo.