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4. DAL DRAMA ALLA DRAMMAPEDAGOGIA

4.2 Il drama nelle riviste specializzate

La ricerca del materiale bibliografico, necessario al fine di supportare scientificamente la valenza delle metodologie teatrali e drammatiche in ambito glottodidattico, ha previsto l’analisi

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delle due riviste italiane dedicate all’insegnamento dell’italiano L2/LS e delle lingue straniere: LEND e SELM. Appare quanto mai necessario indagare tale settore anche attraverso le sopracitate pubblicazioni editoriali, in quanto, come è stato messo in luce, la letteratura scientifica italiana, al contrario di quella internazionale, non se ne è occupata, se non in modo poco approfondito e condiviso.

LEND (Lingua e Nuova Didattica) è un’associazione di docenti di lingue straniere e lingua italiana che, dagli anni ’70 del secolo scorso, ha contributo all’elaborazione e alla socializzazione di esperienze, proposte didattiche e formative attraverso conferenze, seminari, incontri e mediante due strumenti editoriali, una rivista e i quaderni. La rivista è bimensile e si compone di rendicontazioni di pratiche didattiche, momenti riflessivi ed epistemologici in riferimento all’apprendimento e all’insegnamento delle lingue in Italia. I quaderni, pubblicati con l’Editore Carocci, al tempo stesso, costituiscono ulteriori strumenti per la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti.

SELM (Scuola e Lingue Moderne) è una rivista trimestrale che si rivolge ai docenti di lingue straniere di tutti gli ordini e i gradi, al cui capo vi è l’Associazione professionale di docenti di lingue straniere italiana ANILS. Anche questo periodico si compone di saggi, recensioni, proposte atte a comunicare, discutere e socializzare esperienze, relativamente al settore della glottodidattica.

Per quanto riguarda la rivista LEND, i primi articoli che hanno indagato il ruolo del teatro e del drama risalgono all’anno 1993 con “La psychodramaturgie linguistique” di Sivestre (1993), il quale prende in esame una specifica metodologia per l’apprendimento delle lingue straniere ideata da Bernard Dufeau. Successivamente, è solo con Bünger, nel 1999, che si parla di drammapedagogia, un’ulteriore metodologia attinta dalla letteratura straniera. Tre anni più tardi, Long (2002) rendiconta un progetto condotto con una classe di adolescenti, in cui parla espressamente di drama utilizzato per aumentare la competenza orale.

Tra i numerosi articoli afferenti allo specifico ambito del teatro in educazione, quello di Nardi (2003) appare sicuramente di rilevante importanza, in quanto non si limita a descrivere il progetto messo in atto, bensì utilizza la metodologia della ricerca-azione per mettere in luce importanti fattori, quali il setting d’aula come cornice emotiva del processo di apprendimento, il ruolo dell’insegnante, il filtro emotivo, il movimento e la creatività.

È nuovamente Bünger, docente di lingua tedesca negli istituti superiori in Italia, la promotrice di ulteriori contributi volti all’approfondimento dell’approccio drammatico e degli elementi in esso implicati nel processo di apprendimento-insegnamento linguistico. L’autrice,

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infatti, in aggiunta alla metodologia drammapedagogica, si concentra sull’importanza dell’ascolto e dei metodi più efficaci per svilupparlo (Bünger, 2004), oltre che sulle riflessioni teoriche in materia di neurodidattica delle lingue (Antoci & Bünger, 2015).

A differenza della prima rivista, gli articoli presenti su SELM si riferiscono espressamente al fare teatro in lingua straniera, ovvero al processo di messa in scena di un testo. I primi articoli risalgono al 2003, come quello di Ghidoni, il quale descrive un percorso in lingua inglese nella scuola primaria, in cui la performance viene contemplata come pretesto per promuovere la creatività, la fantasia ed il cooperative learning (Ghidoni, 2003).

Nell’articolo Teatro, drammatizzazione e lingua straniera (Fortunato, 2004), l’autore pone l’attenzione sulla differenza tra il termine teatro e quello di drammatizzazione, quali strumenti pedagogici creativi, che prevedono l’uso di tutte le facoltà umane, attivando un processo di apprendimento globale e concorrendo in particolar modo alla crescita emotiva del soggetto. È opinione dell’autore ritenere che la drammatizzazione sia quello specifico processo creativo che intercorre tra la preparazione e la messa in scena di uno spettacolo teatrale, che si avvale di tecniche teatrali e può avere come esito un prodotto teatrale. Allo stesso modo, nell’articolo di Beltrame (2010), si fa riferimento alla drammatizzazione, quale valida pratica attiva di apprendimento-insegnamento, in grado di coinvolgere e motivare gli studenti, favorire l’acquisizione di contenuti e conoscenze linguistiche, offrire al docente la possibilità di contemplare i diversi stili di apprendimento dei propri allievi. Tuttavia, appare piuttosto discordante l’opinione dell’autore rispetto a quanto riportato in letteratura, sostenendo che l’obiettivo della drammatizzazione è la creazione dello spettacolo finale.

Nonostante il grande interesse mostrato per questo ambito di ricerca a livello internazionale, come testimoniano le esperienze condivise scientificamente in ambito italiano relative all’analisi finora condotta, appare evidente come non vi sia un utilizzo particolarmente strutturato del drama all’interno della classe di lingua straniera, al contrario di quanto avviene all’estero (Even, 2008). Una caratteristica specifica della prassi glottodidattica sembra essere l’uso decontestualizzato della metodologia rispetto al curricolo di lingua straniera, di sovente limitato all’esecuzione di role play (Montesano, 2009) e alla memorizzazione di dialoghi poco accattivanti e inclini al linguaggio reale (Matthias, 2007). Come emerso dalla rivista Scuola e Lingue Moderne, inoltre, risulta abbastanza evidente un uso improprio del termine drammatizzazione. Appare quanto mai necessario riportare la definizione di Perissinotto, che distingue due accezioni principali di tale termine: da un lato la drammatizzazione rappresenta il

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processo di scrittura e strutturazione di un testo (originariamente epico, letterario, storico) e di dialoghi accompagnati dalle dinamiche tra i personaggi che, mutuando le indicazioni ministeriali degli anni ’80, risulta necessario al fine di mettere in scena il testo e recitarlo, sovrapponendo di fatto la drammatizzazione al teatro; parallelamente, attraverso tale espressione è possibile definire quel processo di invenzione di un testo ispiratore (attingendo anche da sonorità, colori, immagini) e di comunicazione immediata, che può portare a differenti forme di performance (Perissinotto, 2001).