2. APPRENDERE E INSEGNARE CON TESTA, CUORE E MANO
2.1 Come l’apprendimento modifica il cervello
2.3.3 Educazione, movimento, psicomotricità
Intorno agli anni ’60 del secolo scorso, in Francia, volto all’associazione della sfera fisico-motoria con quella psicologica, si diffonde un nuovo modello di educazione fisica, la psicomotricità, conseguentemente agli apporti psicologici di Piaget e a quelli epistemologici di Merlau-Ponty. Secondo tale approccio, il corpo rappresenta il fulcro della comunicazione e dell’interazione con la realtà, nonché uno strumento di interiorizzazione della conoscenza. Mutuando il pensiero di Gamelli (2013), la psicomotricità rappresenta il modo peculiare di abitare la realtà […], una modalità corporea di stare al mondo, informata dai sensi e dall’azione concreta, esclusiva nei primissimi anni di età, prevalente fino al 7-8 anno di vita. Nonostante il suo delineato statuto epistemologico, essa rappresenta una pratica d’intervento volta al perseguimento dell’equilibrio tra corpo e mente, a partire dai punti di forza del soggetto, secondo una progettazione educativa che favorisca l’intera esperienza apprenditiva.
L’intervento psicomotorio in ambito preventivo (…) diventa azione condivisa attraverso l’implementazione di una pratica che cerca di situarsi alla distanza ottimale per accompagnare il bambino nel suo percorso di crescita.
Accompagnare, ascoltar, sostenere, condividere, rispettare, sono i principi base di questa filosofia di intervento e di ricerca orientata al benessere psico-fisico dell’individuo, in tutto il suo ciclo di vita (Bonifacio, 2011, p.25).
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La psicomotricità si configura, in tal senso, come un approccio olistico alla persona, uno scambio dialettico tra corpo, mente, relazione, emozione, che si contrappone alla concezione esistente fino agli ’70, prettamente biomeccanica, dell’educazione fisica. Tale visione poneva il focus della ginnastica sulla cura del corpo, indipendentemente dalla dimensione emotiva ed emozionale della persona, idea ampiamente messa in discussione dalle scuole psicomotriciste francesi. È opinione dei teorici Aucouturier e Lapierre (1982) considerare il movimento come un mezzo per esperire emozioni e sentimenti attraverso il corpo, grazie ai quali si dà avvio ad un processo di apprendimento per scoperta di nozioni astratte; in altre parole, la psicomotricità sottolinea la valenza dell’azione, elemento caratterizzante della motricità spontanea, sul pensiero. I movimenti, secondo la concezione psicomotoria, devono essere liberi da schemi che potrebbero in qualunque modo bloccare o limitare le sensazioni che agiscono sullo sviluppo cognitivo- affettivo. Oltre ai movimenti, particolare attenzione è rivolta alla dimensione comunicativa del gesto come, ad esempio, il gridare, il mangiare, il vestire, che rappresenta l’espressione di una semantica complessa di significati innati, appresi in base alle esperienze di vita e all’ambiente socio-culturale di riferimento.
Gli obiettivi che guidano gli interventi di psicomotricità, nonostante i differenti approcci con cui è possibile accostarsi alla disciplina, sono direzionati dal gioco sensomotorio, da quello simbolico e da quello rappresentativo. In una prospettiva di lifelong learning, queste tre dimensioni, che non possono esistere solamente per lo specifico target dell’infanzia, trovano una giustificazione pedagogica nel contesto motorio (sport, danza, yoga), espressivo (teatro, drammatizzazione) ed estetico (atelier artistici). Secondo quanto esplicitato, la pedagogia del corpo non può rappresentare una specifica disciplina a sé stante, al contrario, si configura come uno sfondo integratore, interdisciplinare, che vede nel corpo l’oggetto di interesse primario, nonché un mediatore tra gli apprendimenti, le forme espressive e la sfera affettiva.
In opposizione all’approccio psicomotorio, reputato carente degli aspetti interazionali e comunicativi delle azioni motorie e difficilmente attuabile in classe da parte dei docenti autonomamente, Parlebas (1997) introduce accanto alla variabile cognitiva e affettiva anche quella relazionale-comunicativa, in ciò che viene comunemente identificato con il nome di sociomotricità. Il teorico, in particolar modo, fa riferimento al concetto di condotte motorie17,
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Per condotte motorie, Parlebas intende quelle modalità motorie che impegnano la personalità nella sua globalità
e che mettono in atto una serie di saperi del soggetto, plurali e complessi, che vanno dall’intuizione alla decodificazione delle informazioni dell’ambiente, dalla previsione delle mosse dell’avversario alla progettazione delle azioni corporee, fino all’interpretazione dei messaggi comunicativi che connotano i giochi di squadra. Sarisini
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considerate comportamenti cinestesici portatori di significato, il cui focus è rappresentato dall’espressione della persona che agisce; pertanto, oltre a cogliere l’evento in sé, viene prestata attenzione anche al relativo significato intrinseco.
In ambito didattico è estremamente importante tenere conto delle competenze comunicative, che si esplicano nelle più diverse forme, ma che trovano nelle posture, nello sguardo e nello stato emozionale elementi di interesse primario, così come delle competenze metacomunicative, più orientate verso la comprensione empatica dei comportamenti motori. A tal fine, vanno privilegiate attività di riflessione critica dei linguaggi motori, comunicazione orientata all’ascolto e al riconoscimento di sé e dell’altro, progettazione di condotte motorie.
Pur non volendo trascendere dalle consequenziali ripercussioni per la didattica delle scienze motorie, in questa sede appare maggiormente rilevante recepire tali prospettive teoriche, al fine di ripensare una didattica disciplinare che si appropri del linguaggio motorio, abbracciando la finalità interdisciplinare della pedagogia del corpo. Progettare la didattica, in tal senso, significa in primo luogo valorizzare la predisposizione dei tempi e degli spazi di apprendimento, senza dimenticare l’importanza della molteplicità di codici linguistico- comunicativi in seno al movimento corporeo. In Nondimeno, privilegiando l’aspetto cognitivo, l’utilizzo del movimento corporeo favorisce la formazione del pensiero ipotetico-deduttivo e di quello creativo, secondo una logica di problem solving e di riflessione.