3. TEATRO E DRAMA IN EDUCAZIONE
3.2 Il teatro nella scuola
Il mondo del teatro si incontra sovente con quello dell’educazione attraverso i numerosi corsi/laboratori presenti in tutte le scuole di ogni ordine e grado, volti alla spettacolarizzazione (Gisotti, 2004, p.13) mediante una performance conclusiva, che nella maggior parte dei casi viene allestita per mostrare ai genitori le “abilità” dei propri figli, spesso impauriti nell’affrontare il palcoscenico, dovendosi esibire davanti a degli sconosciuti. Purtroppo, viene spesso privilegiata la fascinazione estetica (Pecini, 2015, p.41) anziché il potenziale educativo dell’esperienza, a discapito dal fare appassionare i discenti al mondo del teatro. Il fare teatro
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rimanda alla comunicazione, alla narrazione, alla relazione con gli altri, alla sperimentazione, al momento ludico del gioco, quale strumento privilegiato di conoscenza primaria, che non deve essere finalizzato necessariamente ad una rappresentazione davanti ad un pubblico. Proprio nell’aspetto ludico del fare teatro a scuola e, più in generale, nei contesti educativi, è sotteso un potenziale enorme per la creazione di appartenenza al gruppo, muovendo capacità individuali al servizio di una finalità comune, perché il gioco, quando è condiviso, aiuta e facilita la relazione tra i partecipanti.
In una società in cui le tecnologie proiettano la persona sempre più verso mondi virtuali, il fare ed il fruire teatro può significare un ritorno all’infanzia nelle sue caratteristiche più intime. Mediante il teatro, il bisogno che il bambino ha nei primi anni di vita di esprimersi, farsi sentire, vedere e capire, può essere riproposto e rivissuto mediante linguaggi differenti, fatti di voci, corpi, immagini, storie, creando un mondo comune, condiviso da tutti i partecipanti e protetto dal gruppo stesso.
In Italia, il mondo dell’educazione ingloba il teatro nei suoi campi di interesse numerosi secoli orsono. L’esempio maggiormente eclatante è senza dubbio quello della Compagnia di Gesù che, a partire dal sesto secolo a.C., inserì il teatro nel curricolo formativo dei suoi istituti. Il teatro, per i gesuiti rappresentava una disciplina dell’anima e del corpo, un esemplare strumento pedagogico per plasmare l’allievo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, uno spazio educativo privilegiato in cui forgiare il buon gesuita (D’Amante, 2013). Solo per citare alcuni altri esempi di teatro in educazione esorditi in Italia, si pensi alla Scuola giocosa di Vittorio da Feltre e agli Oratori di San Filippo Neri, che da sempre hanno inglobato le arti nel mondo dell’educazione. La storia del teatro in ambito educativo ha dunque radici molto lontane, che testimoniamo come la fruizione e la pratica teatrale possano contribuire fortemente allo sviluppo di numerose abilità e competenze, come ad esempio quelle intellettive e critiche, quelle volte all’arricchimento e all’educazione delle emozioni, alla promozione della creatività e dell’interazione sociale.
È, tuttavia, durante la seconda metà del ‘900 che il teatro divenne una prassi consolidata a livello scolastico24, facendo fiorire quello che viene tuttora definito teatro didattico, quale spazio finalizzato all’apprendimento, che trae i suoi contenuti ed obiettivi all’interno dei programmi scolastici. Prima di affrontare questo argomento è indispensabile considerare il fatto che, durante il secolo appena trascorso, consistenti furono le rivoluzioni all’interno del mondo del teatro, forti
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Perissinotto (2001) propone un’interessante analisi del teatro come strumento educativo e formativo, mettendo in luce la situazione paradossale venutasi a creare nell’ultimo decennio del ‘900 in Italia, in cui, parallelamente al periodo di profonda crisi che attraversava il teatro professionale, si contrapponeva un incremento di sperimentazioni in ambito teatrale-pedagogico.
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sostenitrici del cambiamento del concetto di fruizione dello spettacolo, così come del ruolo della riscoperta del corpo e delle tecniche recitative. Nel corso del ‘900, vennero sempre più proposte sperimentazioni che videro lo spettatore essere il vero protagonista della scena e che aboliscono la cosiddetta quarta parete, ovvero il muro immaginario che divide l’attore dal pubblico, ideando rappresentazioni provocatrici e “traumatiche”25
, come nel caso di Antonin Artaud, vera figura di spicco del teatro contemporaneo novecentesco, comprensive di tutte le forme di linguaggio in un’ottica paritetica, fondendo cioè parole, gesti, luci, movimento. Da questo momento la rappresentazione non ebbe più bisogno necessariamente del luogo per antonomasia deputato ad essa, ma si cominciò a fare teatro ovunque: per le strade, nei parchi, nei capannoni abbandonati, nelle scuole. Il corpo dell’attore assunse un ruolo centrale nel lavoro teatrale, quale mezzo fondamentale d’espressione, non più puramente di natura verbale e declamatoria (Oliva, 2009, p.29). Infine, ma non per ultimo, va ricordato che la vera e propria rivoluzione che caratterizzò il mondo del teatro nel ‘900 fu la riscoperta della centralità del lavoro dell’attore, anche e soprattutto attraverso l’uso del corpo quale mezzo di espressione, che può essere trovata analogamente anche nel mondo dell’educazione, in cui il corpo ha progressivamente rappresentato il mezzo attraverso cui comprendere il mondo (D’Ambrosio, 2015), primo fra tutti grazie a John Dewey.
Come ricordano le Indicazioni strategiche per l’utilizzo didattico delle attività teatrali pubblicate dal MIUR, il teatro a scuola assume principalmente due forme: la visione di spettacoli teatrali e le attività laboratoriali. Tutte le scuole, come testimoniano i piani dell’offerta formativa, in collaborazione con i teatri locali e le compagnie di teatro per ragazzi, offrono ai propri studenti molteplici opportunità di fruizione di spettacoli lungo il corso dell’anno scolastico. Basta fare una semplice ricerca utilizzando il web per accorgersi di quanto sia vasto l’universo del teatro ragazzi: ci si immerge direttamente in un panorama ricco di rassegne teatrali, comprensive di spettacoli mirati al target della prima infanzia, spesso accompagnati da momenti di preparazione alla fruizione della rappresentazione. Risulta infatti fondamentale preparare i giovani spettatori alla visione di uno spettacolo teatrale, al fine di non lasciare tale esperienza ricca di valore formativo, una delle tante occasioni di intrattenimento possibili.
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Secondo Antonin Artaud la rappresentazione teatrale doveva produrre nello spettatore una sorta di provocazione, un trauma, aldilà del testo scritto e del tradizionale dialogo tra gli attori. Il testo non è più concepito come un tiranno che guida la rappresentazione, in quanto diventa un elemento secondario rispetto agli altri e ai differenti linguaggi di cui l’attore può servirsi.
Per approfondire l’argomento si consiglia la lettura di una delle maggiori opere del regista, Il teatro e il suo doppio, riportata nei riferimenti bibliografici.
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Attività analoghe vengono organizzate anche per promuovere la musica colta occidentale, creando appositi momenti di formazione e preparazione alla visione dell’opera lirica, interamente dedicati a docenti e giovani studenti. L’occasione della fruizione di uno spettacolo racchiude in sé una molteplicità di implicazioni didattiche, come l’attivazione di processi simbolici, l’arricchimento delle capacità creative ed interpretative, la conoscenza del patrimonio artistico-culturale e necessita a tal fine, di prerequisiti sui quali i docenti devono intervenire, quali ad esempio l’educazione all’ascolto attivo (MIUR, 2016).
Un fiore all’occhiello nell’ambito del teatro ragazzi è senza dubbio il Teatro delle Briciole, che da quasi quarant’anni appare essere un vero e proprio leader in Italia, ma molto conosciuto anche nel resto d’Europa, per quanto concerne il teatro di ricerca e il teatro per l’infanzia. I fattori principali che ruotano intorno a questa idea di teatro sono il linguaggio non verbale, il coinvolgimento del pubblico, gli oggetti, la musica, che portano ad oltrepassare il concetto di spettacolo, per giungere a quello di incontro, basato sulla relazione umana, sulla scoperta dell’arte e del mondo. Il teatro viene dunque inteso come una fusione tra contesto, lingua, linguaggi e relazioni interpersonali.
Un altro modo di esperire il linguaggio teatrale in ambito scolastico è mediante la tradizionale formula del laboratorio, spesso tenuto da un esperto del settore esterno alla scuola, in cui gli studenti possono sperimentare tecniche e metodi della pratica teatrale. Il laboratorio si configura come un ambiente protetto, attento al processo che il discente compie, più che al prodotto, mediante un percorso di sperimentazione ed esplorazione di altre realtà. L’importanza della metodologia laboratoriale attraverso i linguaggi artistici, tuttavia, meritando una riflessione più approfondita, verrà analizzata nel successivo paragrafo.
Un primo approccio al linguaggio teatrale, molto simile al gioco e, di conseguenza, largamente impiegato nei contesti educativi rivolti alla prima infanzia, è il gioco drammatico, definito da Oliva (1999, p.58) come un’attività di gruppo o una creazione individuale caratterizzata da regole precise, all’interno delle quali primeggia l’accettazione degli altri individui e la cooperazione dei diversi elementi che costituiscono il gruppo. Sin dai primi anni di vita, infatti, i bambini sono predisposti naturalmente al gioco, tema molto caro a psicologi e pedagogisti, attraverso il quale sperimentano il proprio essere nel mondo. Ecco dunque, che il teatro può assumere la forma di gioco drammatico ovvero di gioco particolarmente strutturato. A differenza del fare teatro, il gioco drammatico prevede molta improvvisazione, parti scelte dai partecipanti, una creazione ripetuta di situazioni. Contrariamente al gioco, in cui l’altro diventa un elemento, un oggetto, nel gioco drammatico il bambino recita se stesso, pur rimanendo
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consapevole di stare giocando attraverso l’altro e per l’altro, in quanto bisognoso di essere riconosciuto.
Fare teatro con gli adolescenti, così come con gli adulti, consente di recuperare la dimensione ludica dell’educazione, sottolineando l’importanza di un ritorno al gioco come elemento alla base dello sviluppo cognitivo e della personalità, per la narrazione e l’interpretazione della realtà. L’utilizzo delle tecniche teatrali promuove altresì la costruzione attiva del sapere, la rappresentazione di contesti e di situazioni autentiche che spesso nell’aula scolastica è impossibile ricreare, fornendo agli apprendenti gli stimoli ideali per poter perseguire gli obiettivi educativi. A tal proposito va sottolineato come l’attività teatrale chiami in causa una dimensione insita in ognuno di noi, quella dell’immaginario. Situazioni, input, musiche, idee e pensieri rappresentano solo alcuni degli stimoli dai quali è possibile creare una realtà diversa, che ha origine appunto nell’immaginario. Tale paradigma rappresenta quello che Winnicot (2005) definisce spazio intermedio, ovvero uno spazio protetto in cui le persone possono essere se stesse con piena libertà di espressione, ma che permette loro di essere anche altro, in una dimensione del “come se”, attraverso l’esplorazione del proprio immaginario, in un rapporto duale, che mette in continua relazione il Sé con l’ambiente circostante. Nello spazio in cui si organizza il laboratorio, aula o altro ambiente che sia, vanno a coincidere due realtà contemporaneamente: quella concreta e quella immaginaria. La realtà immaginaria, pur possedendo le caratteristiche della scena reale, materializza la dimensione simbolica della vita concreta, andandone a creare un’altra basata sulle relazioni tra personaggi/partecipanti, ottenendo così una pluridimensionalità del campo espressivo.
In ambito formativo, le esperienze a carattere teatrale vengono identificate con il concetto di animazione teatrale, ovvero quello spazio progettuale all’interno del quale vengono impiegate le tecniche teatrali, necessarie per attivare percorsi di ricerca inerente l’ambito espressivo, in particolar modo legati alle esigenze e alle capacità del soggetto (Perissinotto, 2004, p.29). Mediante l’animazione teatrale, le persone, identificate con il concetto di gruppo, possono sperimentare linguaggi e modi di essere, narrare e narrarsi, scoprire i propri punti di forza e le proprie debolezze, mettersi in gioco pur rimanendo in un ambiente protetto, conoscere ed entrare in relazione con gli altri partecipanti, mettersi nei panni dell’altro, collaborare ad un progetto comune. Appaiono dunque molteplici le possibilità che la pratica teatrale fornisce al mondo dell’educazione e della formazione.
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