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2. APPRENDERE E INSEGNARE CON TESTA, CUORE E MANO

2.1 Come l’apprendimento modifica il cervello

2.2.4 Verso un’educazione socioemotiva

Oggi più che mai sembra imprescindibile progettare linee d’intervento educative mirate a favorire l’autocontrollo, l’ascolto, l’empatia, la cooperazione, l’autoconsapevolezza in una prospettiva di alfabetizzazione emozionale dell’educando, promuovendo cioè l’alfabeto delle emozioni. Come ricordano Kindlon e Thompson (2000), il processo di alfabetizzazione emotiva, analogo a tutte le altre tipologie di alfabetizzazione, favorisce la formazione di cittadini equilibrati e sereni, in grado di riconoscere le emozioni proprie e altrui, oltre che incidere positivamente sulle relazioni personali e professionali. Attuare un allenamento emotivo, come già ribadito, significa predisporre le basi per una buona educazione dei propri figli già all’interno delle mura domestiche. Come avvalorato da Gottman e Declaire (1997), un buon allenamento emotivo si può suddividere in cinque fasi:

 essere consapevoli delle emozioni del bambino;

 riconoscere nell’emozione un’opportunità di intimità e di insegnamento;  ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino;

 aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che prova;  porre dei limiti, mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema.

Tali indicazioni sono facilmente trasferibili anche agli attori implicati nello step formativo successivo, gli insegnanti, i quali in primis devono farsi carico di un autoallenamento emotivo, al fine di progettare interventi di alfabetizzazione efficaci rivolti ai propri allievi. L’aspetto emotivo non è infatti una delle tante competenze da trasferire ai discenti, ma una delle tre classi fondamentali di operazioni mentali, insieme all’aspetto cognitivo e a quello motivazionale (Mayer, Salovey, & Caruso, 2000). Come verrà chiarito in seguito, l’insegnamento è di per sé una pratica emotiva: attraverso l’interazione con gli allievi, i docenti mettono in campo le proprie emozioni, generano reazioni emotive e apprendono strutture

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emotive. La capacità di utilizzare consapevolmente le emozioni non dipende soltanto dalla competenza individuale, basti pensare all’importanza svolta dall’altro soggetto implicato nella relazione, allievo, genitore, collega, o dalla struttura organizzativa dell’interazione, che riguarda prettamente la propensione all’aiuto nel processo di riconoscimento ed espressione dell’emozione. Intervenire in primo luogo sulla formazione dei docenti appare imprescindibile, se si vuole sensibilizzare il mondo della scuola all’importanza dell’educazione dei sentimenti e delle emozioni, troppo spesso reputati obiettivi di serie b, subordinati ad altri contenuti “preponderanti” a livello curricolare.

Gli ultimi venti anni sono stati contrassegnati da un’esplosione di interesse verso l’educazione socioemotiva, meglio conosciuta come social and emotional learning (SEL). Negli Stati Uniti, alla luce delle politiche attuate in ambito educativo in tale direzione, è stata calcolata la presenza di più di cinquecento programmi, soprattutto di natura scolastica, incentrati sull’insegnamento SEL, ma riguardanti anche la formazione dei genitori (Durlak et al., 2015). Il termine SEL rappresenta il framework concettuale attraverso il quale viene identificata la promozione di competenze sociali, emotive, accademiche e il coordinamento dei programmi scuola-famiglia ad esse correlati (Elias et al., 1997). L’educazione socioemotiva è orientata allo sviluppo negli studenti di abilità cognitive, emotive e sociali, al fine di aiutarli a riconoscere, esprimere e gestire le loro emozioni, a sviluppare abilità assertive e prosociali, a prendere decisioni responsabili e a stabilire relazioni interpersonali positive (Morganti, 2012, p.49). Alla luce di tali considerazioni, nel 1994, nasce il CASEL (Collaborative for Academic, Social, and Emotinal Learning), fondato da Daniel Goleman e Eileen Rockefeller Growald, al fine di istituzionalizzare la valenza dell’educazione socioemotiva nel mondo dell’istruzione. Oltremodo, CASEL si è occupata del riconoscimento scientifico di SEL, della promozione di percorsi di formazione per educatori, creando gruppi di interesse e di dibattito sia con i professionisti delle scienze dell’educazione, che con tutta la schiera dei non addetti ai lavori.

Un programma efficace di educazione socioemotiva raggruppa trasversalmente tutti i gradi scolastici, a cominciare dalla scuola dell’infanzia fino ad arrivare all’università. Come è possibile vedere dall’immagine sotto riportata (Fig.4), CASEL ha identificato cinque competenze chiave tra loro interconnesse, di tipo cognitivo, affettivo e comportamentale, in merito ai programmi SEL:

- autoconsapevolezza (self-awareness): l’abilità di identificare e riconoscere le proprie e altrui emozioni, essere autoefficaci, avere fiducia in sé, riconoscere i propri punti di forza e debolezza;

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- autocontrollo (self-management): l’abilità di controllare le emozioni in situazioni differenti, gestire lo stress, sapersi motivare e perseguire i propri obiettivi;

- consapevolezza sociale (social awareness): l’abilità di essere empatico, rispettare l’altro, a prescindere dal suo background e dalla sua cultura di appartenenza, comprendere norme e comportamenti socialmente ed eticamente corretti;

- competenze relazionali (relationship skills): l’abilità di instaurare e mantenere relazioni sane e gratificanti, comunicare in modo chiaro, ascoltare attivamente, essere capaci di cooperare, di chiedere e ricevere aiuto, gestire i conflitti in maniera costruttiva;

- problem solving e capacità decisionali (responsible decision making): riflettere e valutare le responsabilità personali, i risvolti etico-morali, valutare realisticamente le conseguenze di azioni, il proprio benessere e quello altrui (CASEL, 2013).

Fig.4 Le cinque competenze SEL

Promuovere le cinque competenze SEL vuol dire intervenire sulla persona che apprende, modellare le inclinazioni emotive che la accompagneranno lungo tutto l’arco della vita, massimizzare lo sviluppo individuale e incoraggiare la partecipazione attiva all’interno del contesto in cui è inserita. Per realizzare tale macro obiettivo è necessario attuare percorsi educativi sin dalla prima infanzia, età in cui la plasticità cerebrale del soggetto consente di trarre il massimo dalle proprie funzioni e di conseguenza di sedimentare solide basi di natura emozionale. Le finalità di un’educazione socioemotiva individuate da CASEL sono orientate alla promozione dell’autocontrollo, dell’autoconsapevolezza, della consapevolezza sociale, delle relazioni, delle capacità decisionali, al fine di migliorare i comportamenti e gli atteggiamenti nei propri confronti, in quelli altrui e verso la scuola. I percorsi SEL sono orientati a gettare le basi

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per un miglior adattamento delle performance, riscontrabili principalmente nello sviluppo di comportamenti sociali e relazioni tra pari più adeguati, nel miglioramento della condotta, nel minore stress emotivo (Durlak et al., 2011). Ne consegue che l’educazione socioemotiva necessita di contesti favorevoli, caratterizzati da inclusione, ascolto, collaborazione, organizzazione, in grado di riconoscere gli elementi esterni, così come quelli interni alla persona e incoraggiare lo sviluppo di attitudini e comportamenti emotivamente responsabili.