2. CONCESSIONE DI SERVIZI
2.3 Ricostruzione della natura giuridica della concessione d
Sin da subito la dottrina, analizzando la precedente disciplina, non ravvisava la volontà del legislatore comunitario di pervenire ad una nozione generale di concessione valida per tutti gli ordinamenti. Con la direttiva 2014/23/UE il quadro generale è però cambiato. Infatti, le novità in materia di concessioni, sembrano segnare un passo importante verso un cambiamento di prospettiva. Oggi il legislatore comunitario classifica la struttura concessoria in chiave contrattuale. Il privato si confronta con il mercato, rispettando le regole concorrenziali e massimizzando l’efficienza e, cercando anche di alleviare le finanze pubbliche dai costi per infrastrutture e servizi. Il rapporto di negoziazione tra soggetto pubblico e partner privato sembra essere la giusta combinazione per soddisfare le rispettive esigenze.
È difficile delineare una ricostruzione unitaria della natura della concessione proprio per l’eterogenità delle figure ad essa tradizionalmente collegate e, per il relativo oggetto che è la gestione di un servizio pubblico135. Da un lato, è difficile ricondurre totalmente la
concessione al regime contrattuale perché alla radice della sua esistenza vi è un fondamento pubblico, rappresentato dal nesso che intercorre tra il soggetto pubblico attributario del servizio e, il raggiungimento dell’interesse pubblico attraverso il servizio svolto
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dall’operatore economico. Dall’altro, assoggettare tutta la disciplina
concessoria al regime pubblicistico provocherebbe delle
insoddisfazioni dal punto di vista economico, ma anche rispetto alle finalità che mediante suddetto rapporto si vogliono raggiungere136.
Oggi sembra emergere con più chiarezza la natura privatistica della concessione la quale sembra potersi ricostruire sotto diversi profili. In primo luogo, è necessario rilevare il profilo nominalistico. Sia il legislatore italiano che il legislatore comunitario definisce la concessione di servizi come “contratto”. In alcuni casi è possibile che un vocabolo in un enunciato legislativo, disciplinato nel medesimo documento o in altro, ma riguardante la stessa materia, venga utilizzato più volte come nome di un istituto. Quando ciò accade, il vocabolo si tecnicizza e viene a crearsi una presunzione a favore della “costanza terminologica” del legislatore137. In particolare, quando il
legislatore utilizza la nozione “contratto” deve conseguentemente presumersi chiamata la relativa disciplina privatistica138.
La natura giuridica della concessione di servizi è strettamente collegata al contesto storico in cui quest’ultima nasce e si sviluppa. Nel caso della concessione di servizi pubblici, quest’ultima viene fortemente influenzata dai condizionamenti culturali filosofici ed economici che valorizzano gli elementi pubblicistici139, secondo la ricostruzione
provvedimentale oppure secondo quella di accordo pubblicistico. Al contrario a livello europeo, nell’ottica del raggiungimento di un mercato paritario orientato verso la concorrenza, il contratto di
136 Portaluri P.L, Potere amministrativo e procedimenti consensuali, Milano, 1998,
249.
137 Tarello G., L’interpretazione della legge, in Cicu A.-Messineo F., Trattato di diritto
civile e commerciale, Milano, 1980, 37 ss.
138 Napolitano G., Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano, 2003, 79-80 139 Caranta R., I contratti pubblici, Torino, 2004, 10. Trimarchi F., Profili organizzativi
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concessione si inserisce perfettamente in queste dinamiche divenendo funzionale alla tutela di questi scopi. Nonostante manchi nelle direttive europee una definizione decisiva rispetto alla natura giuridica della concessione, il legislatore nazionale nel recepimento delle medesime ha qualificato la concessione di servizi come “contratto”140. Di
conseguenza, tale definizione non può considerarsi “neutra”, ma di fatto richiama l’istituto giuridico disciplinato degli artt. 1321 ss. del codice civile.
All’art. 30, comma 8, del Codice dei Contratti pubblici viene espressamente affermato che “alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”. Da questa previsione di ordine generale sembrano potersi trarre due conclusioni. La prima è che a partire dalla stipulazione del contratto, nella fase successiva alla procedura ad evidenza pubblica, la disciplina di riferimento è senza dubbio quella civilistica. La seconda è che il legislatore nazionale ha contribuito alla ricostruzione della natura privatistica scegliendo di disciplinare, nel nuovo codice dei contratti pubblici, la fase di esecuzione ricorrendo ad istituti civilistici. È previsto un regime di modifica dei contratti durante il periodo di efficacia infatti in caso di cambiamenti nel corso di esecuzione della concessione, è ammessa la rinegoziazione dei termini o delle condizioni essenziali della concessione ad opera delle parti, senza dover procedere ad una nuova aggiudicazione della concessione. Inoltre, lo scioglimento del rapporto concessorio può avvenire in seguito alla risoluzione per inadempimento del concessionario in virtù dell’art. 1453 c.c potendosi applicare alla parte inadempiente il diritto di richiedere l’esecuzione
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della prestazione o scioglimento del vincolo, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.
Un altro riferimento alla natura privatistica dell’istituto concessorio si può ricercare nella fase di scelta del soggetto concessionario. In modo diverso rispetto al passato, la disciplina dettata dalla direttiva lascia liberi i singoli Stati membri di scegliere le procedure per l’aggiudicazione della concessione al concessionario, ma pur sempre nel rispetto della direttiva. La procedura prevista per la scelta del concessionario rispecchia l’affidamento del contratto di appalto riprendendone la sua struttura bifasica. La prima fase consiste nella procedura ad evidenza pubblica e la seconda rappresenta il momento negoziale con la stipula del contratto. La concessione, nonostante i suoi tratti distintivi, sembra essere assimilabile all’istituto dell’appalto sotto certi aspetti. Di conseguenza, non avendo dubbi sulla natura contrattuale dell’appalto141 sembra potersi collocare anche la
concessione sotto il medesimo regime.
Infine, a sostegno della tesi contrattuale della concessione di servizi, è possibile utilizzare un criterio di tipo interpretativo sistematico dal momento che il Codice dei contratti distingue tra, contratto di appalto, contratto di concessione e contratto di partenariato pubblico privato, sulla base della traslazione ed allocazione del rischio operativo. Questo induce a pensare che non può essere sufficiente la diversa distribuzione del rischio a mutare natura giuridica dell’istituto142.
141 Michiara P., L’appalto di opere pubbliche tra diritto comune e diritto speciale.
Profili ricostruttivi dell’istituto, Padova, 1997, 119 ss. Castelli Avolio G., Sulla natura contrattuale dell’appalto di opere pubbliche, in Scritti in onore di Santi Romano, vol
II, Padova, 1940
142 Di Giovanni A., I servizi di interesse generale tra poteri di autorganizzazione e
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3. CONCESSIONE DI SERVIZI PUBBLICI E CONCESSIONE