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La durata del contratto a termine “in deroga ai 36 mesi”

ASSUNZIONI E TIPOLOGIE CONTRATTUALI

3. La durata del contratto a termine “in deroga ai 36 mesi”

L’art. 5, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368/2001 – introdotto dall’art. 1, comma 40, della l. n. 247/2007 – prevede un periodo massimo di durata del lavoro a termine, svolto nell’ambito di più contratti successivi, (comprese eventuali proroghe e rinnovi) intercorsi tra un dipendente e un datore di lavoro e per lo svolgimento di mansioni equivalenti. La durata massima di tale periodo è

17 È consigliabile l’uso della forma scritta con data certa (raccomandata A/R), in cui si chiede al lavoratore di accettare il nuovo rapporto a tempo indeterminato entro un certo termine di decadenza (ad esempio 7 giorni), precisando che, decorso tale periodo, l’offerta si intenderà rifiutata.

pari a 36 mesi18. Ai fini di tale computo, alla luce di quanto previsto dall’art.

1, comma 9, lett. i, della l. n. 92/2012, a far data dal 18 luglio 2012, si dovrà tener conto anche di eventuali periodi di lavoro somministrato a tempo de-terminato, svolti tra i medesimi soggetti.

Pertanto, il legislatore, con l’evidente intento di rafforzare il quadro norma-tivo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo fraudolento di più contratti a termine in successione, ha posto un limite massimo alla totale du-rata di tali rapporti19.

Quindi, avuto riguardo alla finalità di tale disposizione normativa – ossia, impedire la reiterazione indeterminata e fraudolenta dei rapporti a termine – è, comunque, possibile stipulare un primo contratto a termine, per una dura-ta iniziale superiore ai 36 mesi. Presupposto dell’applicazione della nuova disciplina è, infatti, la presenza di una pluralità di contratti a termine e la lo-ro successione.

Inoltre, ai fini del computo della durata massima, si deve considerare la suc-cessione di più contratti a termine stipulati tra «lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore»20, per lo svolgimento da parte del lavoratore di

18 Si ricorda, tuttavia, che il d.l. n. 112/2008, convertito dalla l. n. 133/2008, modificando l’art. 5, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368/2001, ha stabilito un potere derogatorio in capo ai contratti collettivi stipulati non solo a livello nazionale, ma anche territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Pertanto, tramite la contrattazione collettiva, di ogni livello – ritenuta in grado di meglio valutare le specifiche circostanze e le esigenze del settore, del territorio o delle singole a-ziende –, si potrà modificare, elevandolo, riducendolo o anche eliminandolo, il termine di 36 mesi in parola. Inoltre, la regola dei 36 mesi non si applica al contratto di inserimento (per le fattispecie residue, posto che la l. n. 92/2012 ne ha disposto l’abrogazione a far data dal 1o gennaio 2013), ai contratti a termine instaurati con i lavoratori in mobilità, ex art. 8 della l. n. 223/1991, ai contratti a termine stipulati con i dirigenti, ai contratti a termine sti-pulati nell’ambito di attività stagionali (definite dal d.P.R. n. 1525/1965 e dagli avvisi co-muni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei da-tori di lavoro comparativamente più rappresentative).

19 La clausola n. 5 dell’accordo-quadro tra CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo deter-minato – recepito dalla direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, nella Proiezione informatica di questo volume – prevede che, «Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una suc-cessione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri […] do-vranno introdurre […] una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rap-porti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contrat-ti o rapporcontrat-ti». Con il “tetto” dei 36 mesi si è recepita la lett. b appena citata.

20 L’identità delle parti contrattuali può escludersi, ad esempio, nel caso di cessione del contratto ex art. 1406 c.c., di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c., nei confronti del ces-sionario.

sioni equivalenti»21. Resta quindi non pregiudicata la possibilità di stipulare ulteriori contratti a termine, magari superando il tetto dei 36 mesi, ma con differenti datori di lavoro o per mansioni differenti.

Il superamento del tetto massimo determina delle conseguenze sanzionatorie in capo al datore di lavoro. Qualora i rapporti a termine, come sopra consi-derati, durino per più di 36 mesi, ne deriva la conversione in un rapporto a tempo indeterminato, a far data dal superamento del tetto massimo.

Ciò precisato, tuttavia, il legislatore, in deroga al precetto generale, ha pre-visto che, ancorché tra il medesimo lavoratore e il medesimo datore di lavo-ro siano già intercorsi più rapporti di lavolavo-ro a termine, per lo svolgimento di mansioni equivalenti, per una durata superiore ai 36 mesi, il datore di lavoro e il lavoratore possano comunque stipulare, per una sola volta, un ulteriore successivo contratto a termine, ma a condizione che:

• la stipula avvenga presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio22;

• sia garantita l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato;

• sia rispettata la durata massima di tale contratto, stabilita dalle organizza-zioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ebbene, la disposizione contrattuale in commento definisce, per l’appunto, la durata massima del contratto in deroga ai 36 mesi, fissandola in 8 mesi.

Le parti sociali, inoltre, confidando nella capacità dei contratti di prossimità di cogliere con più efficacia le esigenze peculiari del territorio e dei singoli studi professionali, hanno convenuto che detto limite massimo potesse esse-re elevato sino a 12 mesi dalla contrattazione territoriale.

Qualora il datore di lavoro non osservi gli accorgimenti procedurali appena descritti, ovvero il rapporto a termine “in deroga” ecceda la durata massima

21 Per il concetto di equivalenza delle mansioni, si veda Cass., sez. un., 24 novembre 2006, n. 25033, secondo cui «l’equivalenza tra le nuove mansioni e quelle precedenti deve essere intesa non solo nel senso di pari valore professionale delle mansioni, considerate nella loro oggettività, ma anche come attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizza-zione o anche l’arricchimento del patrimonio professionale del lavoratore».

22 Si precisa che l’intervento della DTL è finalizzato a verificare la completezza e la corret-tezza formale del contratto a tempo determinato e la genuinità del consenso del lavoratore, ma non ha alcun valore certificativo della effettiva sussistenza dei presupposti giustificativi richiesti dalla legge. Sul punto, si veda la circ. Min. lav. 2 maggio 2008, n. 13, nella Proie-zione informatica di questo volume.

fissata dal contratto collettivo (nazionale o territoriale), il contratto potrà es-sere convertito, giudizialmente, a tempo indeterminato.

SCHEDA DI SINTESI

Argomento/Istituto Profili critici Soluzioni operative Riferimenti

Ragioni giustificatrici l’apposizione del ter-mine

Temporanei-tà/eccezionalità o or-dinarietà delle ragioni?

Specificare motivo assunzione; motivo legato ad esigenza temporanea

Art. 1, d.lgs. n.

368/2001

Contratto a termine acausale

Stipulabile se tra le stesse parti è già in-tercorso un rapporto di lavoro autono-mo/parasubordinato?

No Art. 1, comma 1-bis,

d.lgs. n. 368/2001

Tetto durata rapporti a termine per mansioni equivalenti

Equivalenza delle mansioni

Pari valore professio-nale delle mansioni, da cui derivi l’utilizzazione o l’arricchimento della professionalità del la-voratore

Art. 5, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001

Cass., sez. un., n.

25033/2006

2. Contratto a termine per sostituzione congedi