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ASSUNZIONI E TIPOLOGIE CONTRATTUALI

2. Il contratto di lavoro intermittente

2.2. I requisiti formali

L’art. 71 del CCNL in esame statuisce al terzo comma, in piena conformità al dettato dell’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003, che il contratto di la-voro intermittente deve essere stipulato in forma scritta a fini di prova e de-ve includere:

• l’indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’art. 34 del d.lgs. n. 276/2003 e dall’art. 71, comma 2, CCNL che permettono la conclusione del contratto;

• il luogo e modalità della disponibilità, garantita dal lavoratore che si è obbligato a rispondere alla chiamata, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che, in ogni caso, non può essere inferiore ad un giorno la-vorativo;

5 Di contro, la normativa precedente consentiva di addivenire alla conclusione del contratto con soggetti disoccupati di età inferiore ai 25 anni, ovvero con lavoratori con più di 45 anni di età che fossero stati espulsi dal ciclo produttivo o fossero iscritti alle liste di mobilità e di collocamento.

• il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista;

• l’indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legitti-mato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro; i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibili-tà;

• le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Ulteriori requisiti formali indispensabili alla stipulazione, comuni a tutte le tipologie contrattuali, sono poi fissati dall’art. 73 CCNL al quale l’art. 71 rimanda esplicitamente:

• identità delle parti;

• data di inizio del rapporto;

• durata dell’eventuale periodo di prova;

• inquadramento, il livello e la qualifica;

• durata delle ferie retribuite;

• orario di lavoro;

• termini di preavviso in caso di recesso;

• informazioni sulla bilateralità.

2.3. La retribuzione

La retribuzione dei lavoratori intermittenti è composta dalla retribuzione, corrisposta per i periodi di lavoro effettivamente svolto, e dalla indennità di disponibilità, ricevuta nei lassi di tempo in cui il prestatore che si è obbliga-to a rispondere alla chiamata rimane a disposizione del daobbliga-tore di lavoro in attesa di una eventuale prestazione lavorativa6.

Il quarto comma dell’art. 71 CCNL dispone che la retribuzione corrisposta al lavoratore intermittente per la prestazione effettuata sia calcolata su base oraria, dividendo per 170 la retribuzione base di cui al titolo XXX CCNL Studi professionali, nel rispetto del trattamento minimo fissato dallo stesso CCNL. Alla retribuzione oraria possono essere aggiunti e pagati direttamen-te nel mese di effettuazione della prestazione lavorativa, in proporzione, i ratei delle mensilità aggiuntive, le ferie e i permessi retribuiti, mentre, per quanto riguarda il TFR, si applicano le norme di cui agli artt. 129-131 CCNL.

6 Per un approfondimento della quale rimandiamo al paragrafo successivo.

Vale la pena ricordare, che opera anche nei confronti dei lavoratori intermit-tenti, il principio di non discriminazione e di parità di trattamento, secondo il quale non possono ricevere un trattamento economico e normativo infe-riore rispetto ai lavoratori di pari livello e qualifica. Questo non risulta vio-lato dal principio del riproporzionamento del trattamento economico, nor-mativo e previdenziale del lavoratore intermittente, in ragione della presta-zione effettivamente eseguita, che è anzi un necessario corollario al princi-pio della parità di trattamento. La regola ha influenza in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole compo-nenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi parentali.

2.4. Le novità introdotte dalla l. n. 92/2012

La l. n. 92/2012 ha abrogato l’art. 37, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003 che consentiva il ricorso al lavoro intermittente per periodi predeterminati nel corso della settimana del mese o dell’anno individuati dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Essendo eliminato an-che il riferimento contenuto nell’art. 34, comma 1, viene meno la facoltà in capo alle parti sociali di definire un parametro temporale funzionale alla de-terminazione dei periodi entro i quali sia possibile svolgere le prestazioni lavorative. Se ne potrebbe ricavare che la fissazione dei «periodi predeter-minati nel corso della settimana del mese o dell’anno» sia rimessa totalmen-te alle parti del contratto individuale che potranno all’uopo servirsi della circ. Min. lav. n. 4/2005 come strumento orientativo non obbligatorio7, sen-nonché la circ. Min. lav. n. 20/20128 del 1º agosto 2012 ha chiarito che sarà la contrattazione collettiva a dover individuare sia le esigenze, che i periodi predeterminati che giustificano il ricorso all’istituto, specificando che le

7 La circ. Min. lav. n. 4/2005 declina la definizione puntuale dei fine-settimana, dei periodi delle ferie estive e delle vacanze natalizie e pasquali. Così deve intendersi per week-end il periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le ore 13.00, fino alle ore 6.00 del lunedì mat-tina successivo. Mentre per le “vacanze natalizie” si conforma alla prassi dei pubblici eser-cizi e della grande distribuzione, ampliando la sfera di applicabilità del contratto, ricondotto al “clima” natalizio per tutto il periodo compreso fra il 1o dicembre e il 10 gennaio. Analo-gamente definisce “vacanze pasquali” il periodo che va dalla domenica delle Palme al mar-tedì successivo al lunedì dell’Angelo. Infine, con riferimento alle ferie estive, include nella locuzione temporale tutti i giorni che vanno dal 1o giugno al 30 settembre.

8 Nella Proiezione informatica di questo volume.

ti sociali potranno, pertanto, reintrodurre una diposizione del tutto analoga a quanto già previsto dall’abrogato art. 37 del d.lgs. n. 276/2003. In assenza di indicazioni in merito da parte del CCNL Studi professionali, le parti del contratto individuale non dovranno osservare alcun vincolo nella determina-zione del periodo in cui la prestadetermina-zione lavorativa sarà svolta. Questa potrà pertanto essere eseguita in qualunque momento dell’anno.

Inoltre, la l. n. 92/2012 introduce il comma 3-bis all’art. 35 del d.lgs. n.

276/2003, in forza del quale, prima dell’inizio della prestazione lavorativa ovvero di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 gior-ni del lavoratore intermittente, il datore di lavoro deve darne comugior-nicazione alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, specificando-ne la durata, sia mediante sms o posta elettronica, anche non certificata, che con modalità semplificate individuate con apposito decreto interministeriale.

Dunque, nella nuova disciplina, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una comunicazione preventiva in concomitanza di ogni chiamata di lavoro, con un evidente consequenziale aumento degli oneri burocratici. Una pesante sanzione amministrativa, da 400 a 2.400 euro per ciascun lavoratore per il quale è stata omessa la comunicazione, punisce la violazione delle prescri-zioni di cui all’art. 35, comma 3-bis.

Infine, l’art. 1, comma 22, della l. n. 92/2012, così come riformato dall’art. 7 comma 5, lett. a, punto 5, del d.l. n. 76/2013, convertito dalla l. n. 99/2013, stabilisce un regime transitorio, prevedendo che i contratti di lavoro inter-mittente già sottoscritti al momento della entrata in vigore della riforma (18 luglio 2012), che risultino incompatibili con le nuove disposizioni, restino validi sino al 1º gennaio 2014.

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