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Durata del matrimonio

2.4 Criteri di quantificazione dell’assegno divorzile

2.4.6 Durata del matrimonio

La legge sul divorzio esige espressamente che i criteri indicati siano “va- lutati anche in rapporto alla durata del matrimonio”.

Si tratta di un’indicazione conclusiva, collocata a seguito degli altri pa- rametri, di modo che ad essa vengano rapportati e confrontati per meglio definire l’entità del quantum dell’assegno. Sull’importanza del criterio in questione la dottrina si è divisa tra coloro che hanno escluso183 la sua rilevanza come autonomo parametro di valutazione e coloro che invece hanno attribuito un ruolo fondamentale, di filtro, rispetto al quale consi- derare tutti gli altri criteri184.

Senza dubbio, tale parametro deve essere inteso facendo riferimento all'intera durata del vincolo che si esaurisce con la pronuncia del divor- zio, ma, a maggior ragione, all’interno della nozione di “contributo dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare alla formazione del patrimonio di entrambi” deve comprendersi non solo quello fornito nel periodo di convivenza coniugale ma anche quello prestato durante la se- parazione185.

Occorre specificare la valutazione compiuta dal giudice dovrà tenere conto, come sostenuto dalla giurisprudenza, della diversa rilevanza dei due periodi matrimoniali (quello che decorre dalla decisione della sepa- razione e quello successivo ) dal punto di vista probatorio, considerando che “solo il periodo che arriva alla separazione corrisponde alla effet-

tiva comunione materiale e spirituale dei coniugi e può fungere, quindi, da parametro "presuntivo" di valutazione delle altre menzionate condi- zioni, mentre il periodo successivo alla separazione, essendo venuta meno detta comunione, assurge a parametro solo ove si dimostri la sua effettiva rilevanza rispetto alle singole condizioni”186.

183 Finocchiaro, Diritto di famiglia, III, Il divorzio, Milano, 1988.

184 Macario, Commento all’art 10 della l. n. 74/ 1987, in Nuove leggi civ comm., 1987. 185 Cass 11 ottobre 2006, n.21805 in Fam. Dir., 2007,, 229.

Sicuramente il criterio temporale determina un discrimen importante tra quei matrimoni che hanno avuto una lunga durata (pensiamo a dieci o venti anni di convivenza protratta ininterrottamente), che si sono svi- luppati al loro interno attraverso la creazione di un vero e proprio nucleo familiare, composto da uno o più figli; quelli che hanno avuto una durata inferiore, seppur coronati dalla nascita della prole, e quelli che invece si sono conclusi frettolosamente dopo pochi anni e privi di qualsiasi pro- getto di genitorialità.

A tal riguardo, è apparsa estremamente rilevante l’influenza che questo criterio può avere in sede di accertamento giudiziale, soprattutto se va- lutato parallelamente con l’entità e la qualità delle energie dedicate alla cura della famiglia.

Difatti, è stato correttamente sottolineato che se nei matrimoni di lunga durata, a maggior ragione caratterizzati dalla presenza di figli minori, l’assegno dovrebbe permettere di far fronte a quelle esigenze di riorga- nizzazione della vita a seguito del divorzio, in quelli di breve durata l’obiettivo sarebbe quello di rimettere il coniuge debole nelle condizioni in cui si trovava prima del matrimonio o di riacquistare gradatamente l'indipendenza. Specificatamente nel primo caso, nonostante intervenga la rottura del rapporto, rimane in capo ai genitori l’obbligo di assolvere a quei doveri che la stessa legge prescrive: si può ben parlare della na- scita di una sorta di “famiglia destrutturata”, in cui gli ex coniugi sono in qualche modo costretti a comunicare per occuparsi delle permanenti esigenze della prole187.

A tal proposito, piuttosto che soffermarsi sulla durata del matrimonio, si tende ad analizzare il concetto di “durata della famiglia”, alludendo a quella serie di esigenze maturate non soltanto durante la convivenza o a seguito di essa, ma anche al momento del divorzio, le quali possono

187 Al Mureden, Crisi del matrimonio, famiglia destrutturata ed perduranti esigenze di

avere la capacità di incidere o persino limitare le capacità lavorative e reddituali del cosiddetto genitore prevalente188.

Lo stretto legame tra durata del matrimonio e impegno profuso dal co- niuge richiedente è stato posto alla base di una particolare sentenza della Corte di Cassazione, la quale ha fermamente negato il riconoscimento dell’assegno a causa della brevissima durata del matrimonio e quindi della convivenza, specificando che “ la necessità avvertita dal legisla-

tore di assicurare al coniuge meno abbiente un tenore di vita quanto più possibile adeguato a quello goduto durante il matrimonio sia venuta meno per il brevissimo periodo di convivenza, in quanto in tal caso nes- sun contributo personale può essere ravvisato in detto coniuge alla con- duzione familiare ed alla costituzione della comunione spirituale, in realtà mai esistita. Se così non fosse si verrebbero a giustificare delle rendite parassitarie in contrasto con la finalità della norma, la cui cor- retta applicazione non può prescindere da una valutazione ad ampio raggio del pregresso rapporto matrimoniale”189.

Questa posizione è stata smentita da successive pronunzie, che al con- trario, hanno ammesso l’attribuzione dell’assegno di divorzio, nono- stante la breve durata della convivenza, la prima, in virtù della circo- stanza della perdita della pensione di reversibilità a seguito della deci- sione di divorzio190, la seconda, in considerazione della notevole dispa-

rità di reddito creatasi a causa dello scioglimento del matrimonio191.

188 Idem, cit.

189 Cass. 29 ottobre 1996, n.9439 in Fam. Dir., con nota di Carbone. 190 Cass 22 settembre 2000 n.12547 in Giur. It., 2000, 1379.