• Non ci sono risultati.

Presupposto per l’attribuzione: mancanza di mezz

tive.

Il comma 6 dell’art. 5 della l. div., come modificato dalla novella, indica, come unico presupposto dal quale origina il diritto a ricevere l’assegno

post-matrimoniale, la “mancanza di mezzi adeguati e l’impossibilità di

procurarseli per ragioni oggettive”: su di esso si deve concentrare l’ini- ziale valutazione del giudice, in quanto, una volta ritenuto esistente, po- trà passare a determinare dettagliatamente l’ammontare effettivo alla luce dei vari parametri integrativi che la norma richiede.

Per esattezza, il legislatore ha strutturato la disciplina dell’istituto in modo tale da affidare al giudice l’onere di verificare, primariamente, l’an dell’assegno divorzile, come imprescindibile punto di partenza; successivamente, superato positivamente questo passaggio, si soffer- merà sulla determinazione del quantum, ossia l’esatto ammontare del

contributo, senza che questa operazione possa incidere sul precedente riconoscimento del diritto all’assegno.

Si precisa che, laddove tale primo vaglio conduca all’affermazione della adeguatezza di mezzi in capo al richiedente, l’esito non potrà che essere il rigetto della domanda presentata, a nulla valendo l’analisi dei criteri integrativi previsti per la sua determinazione110.

A partire dalle decisioni dei primi anni Novanta, il criterio utilizzato per verificare l’inadeguatezza di mezzi è stato quello del “tenore di vita” goduto durante il matrimonio: l’assegno divorzile era rivolto ad assicu- rare tendenzialmente, al suo destinatario, la conservazione di uno stato economico-sociale identico o analogo a quello avuto durante la convi- venza coniugale, senza che fosse necessario uno stato di bisogno dell’avente diritto, il quale poteva essere anche economicamente suffi- ciente, rilevando, a seguito del divorzio, l’apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche, costituendo tale parametro soltanto un tetto massimo dal quale partire per la determinazione dell’assegno111.

Il criterio in esame, così come prospettato, ha suscitato perplessità in ordine alla sua capacità di prolungare eccessivamente un vincolo che non esiste più e di provocare un eccessivo depauperamento delle risorse dell’obbligato; il rischio è quello di traslare, al momento successivo al divorzio, una situazione che ormai appartiene al passato, del tutto scol- legata con le necessità che si presentano al momento della rottura del rapporto112.

Il problema si è posto anche in riferimento all’eventuale creazione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato, poiché, il protrarsi a tempo indeterminato del vincolo tra ex coniugi avrebbe la disastrosa

110 Bonilini, Trattato di diritto di famiglia, Volume terzo, Torino, 2016, p .2884. 111Cass. Sez Unite, 29 novembre 1990, n. 11490, in Quadrimestre, 1991.

112 Alcaro, Note in tema di assegno divorzile: il tenore di vita in costanza di matrimonio:

conseguenza di danneggiare il nuovo partner e la nuova prole, ingiusta- mente privati di quelle risorse, spesso eccedenti il livello di effettivo bi- sogno, da destinare al coniuge richiedente113.

E’ stato altresì osservato che tale parametro potrebbe comportare una dissociazione tra l’effettiva debolezza economica e il tenore di vita ido- neo a trascorrere una esistenza libera e dignitosa114.

Particolarmente originale, rispetto alla linea di tendenza costantemente sostenuta, è stata la posizione della Corte stessa, con la sentenza 20 marzo 1990 n. 1652 (contrastata qualche mese dopo dalle Sezioni Unite), la quale, sul presupposto che il divorzio “rompe la continuità con il pas- sato”, ha ritenuto che il “referente più appropriato (per valutare l’ade-

guatezza dei mezzi) non deve essere nel momento storico determinato dalla coscienza sociale né bloccato alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità”, dimodoché il coniuge più debole

riesca a condurre “un’esistenza autonoma, libera e dignitosa”115 . Tale

lettura è stata sostenuta anche da quelle corti di merito che hanno voluto limitare l’effetto di ultrattività del vincolo matrimoniale, ritenendo mag- giormente coerente con il dato normativo la valorizzazione dell’aiuto economico che il coniuge più forte destina al quello bisognoso116.

In seguito è stato sostenuto che il tenore di vita coincide con quello of- ferto dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali, con- siderando rilevante la fascia socio-economica consona alle potenzialità della coppia, mentre non possono essere valutati i miglioramenti che scaturiscano da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto e alle aspettative maturate nel corso del matrimonio e aventi carattere di

113 Buzzelli, Assegno di divorzio e nuova famiglia dell’obbligato, in Fam. Dir., 2015,

pp. 471 e ss.

114 Barbiera, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, Bologna, 2001, p. 32. 115 G. Bonilini, L’assegno post-matrimoniale, in Lo scioglimento del matrimonio,

Milano, 2004, p. 528-529.

116 Trib. Parma, 12 novembre 1998 in Fam. Dir.,1999; Trib. Chiavari, 19 marzo 1991,

eccezionalità, rimanendo inoltre del tutto ininfluente il fatto che i co- niugi abbiano tenuto un tenore di vita basso, all'insegna del risparmio, collegato a scelte di “self-restraintment”117.

Spetta al richiedente l'assegno di divorzio l'onere di provare quale fosse il livello socio economico della coppia in costanza di matrimonio118, so-

prattutto perché, nell’intento di rendere meno drastica la rottura rispetto alla situazione economica goduta durante il matrimonio, la giurispru- denza, in qualche pronunciato, non richiedendo espressamente l’esi- stenza di un vero e proprio stato di bisogno, ha, invero, confermato l’ido- neità dell’assegno a riequilibrare, a favore del coniuge più debole, una condizione notevolmente deteriorata rispetto a quella precedente119.

Soprattutto in tempi più recenti, la Corte ha ritenuto di dover reinterpre- tare il concetto di tenore di vita matrimoniale, sostituendolo con quello di “standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle

risorse economiche dei coniugi” 120, con riferimento anche ai migliora-

menti reddituali dell’ex coniuge dovuti al probabile sviluppo di situa- zioni prevedibili e non eccezionali ma già presenti durante la convivenza matrimoniale; giungendo così a riconoscere la debenza dell’assegno a tempo indeterminato 121 .

Un’interessante prospettiva è stata offerta dalla giurisprudenza anche in altre occasioni, laddove, nella circostanza della creazione di una nuova famiglia da parte dell’ex coniuge obbligato, al fine di garantire ai due nuclei familiari un tenore di vita simile tra di loro, si è appellata ad un

117 Cass. 16 maggio 2005, n.10210, in Guida al Diritto, 2005; Cass. 6 ottobre 2005 n.

19446 con nota di Merello in Fam. Dir., 2006.

118Cass. 6 ottobre 2005 n.19446, in Foro It., 2006, 5, 1, 1362 ; Cass. 16 luglio 2004, n.

13169, in Mass. Giur. It., 2004.

119 Cass 20 aprile 1995, n. 4456, in Fam. Dir., 1995, 3, 213; Cass. 21 marzo 2002, n.

4038, in Giust. Civ. 2002, I; Cass. 12 febbraio 2003, n. 2076, in Fam. Dir., 2003, 4, 344.

120 Cass. 5 luglio 2006, n. 15326 in Fam. Dir., 2007, 3, 231.

121 Cass. 5 marzo 2014, n. 5132, in Fam. Dir., 2014, 4, 391; Cass. 4 ottobre 2010, n.

concetto di tenore di vita inteso come equivalente per tutti coloro che dipendono dallo stesso soggetto economicamente forte122.

Sul concetto di tenore di vita matrimoniale, così come consolidato nel tempo, è intervenuta anche la Corte Costituzionale, la quale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del criterio summenzionato rispetto gli artt. 2 e 3 della Costituzione (secondo il giudice a quo, il parametro applicato costantemente dalla giurisprudenza avrebbe comportato un eccessivo prolungamento del rapporto ormai dissolto con il divorzio, riconoscendo durata indeterminata all’assegno), attraverso una pronuncia di infonda- tezza, ha ribadito che, anche alla luce della posizione assunta dalla Corte di Cassazione, il criterio del tenore di vita non costituisce l’unico indice per l’attribuzione dell’assegno divorzile, rilevando soltanto come limite massimo, in quanto dovrà necessariamente essere raffrontato con gli altri canoni previsti dalla legge, agendo come fattori di moderazione del

quantum effettivo123 .

Come poi verrà illustrato nel proseguo del presente lavoro, la posizione della Corte di legittimità è notevolmente mutata a seguito della pronun- cia del 2017 ad opera della Prima Sezione, che sembra aver abbandonato il parametro del tenore di vita matrimoniale.

Estremamente varie sono state le posizioni che si sono confrontate in dottrina: una prima lettura124 (collocatasi sulla scia di quanto espresso a seguito della prima riforma) è stata propensa a riconoscere l’assegno soltanto nella circostanza in cui il coniuge più debole non abbia mezzi necessari che gli consentano di mantenere il medesimo tenore di vita

122 Cass. 19 marzo 2014, n. 6289, in CED Cassazione, 2014; Cass. 10 luglio 2015,

n.14521, in Foro It.

123 Gelli, Finita la convivenza more uxorio il diritto all’assegno divorzile non rivive,

in Corr. Giur., 2016 con riferimento a Corte Cost. 11 febbraio 2015, n. 11, pp. 627 e ss.

124 Così, A. e M. Finocchiaro, Il divorzio, in Diritto di famiglia, Milano, 1988, cit.,

p.405; C. M. Bianca, Conseguenze personali e patrimoniali, in La riforma del divorzio, a cura di Quadri, Napoli,1989, p. 56.

goduto durante il matrimonio; mentre una seconda posizione125 è giunta a sostenere che, dal momento che si parla di solidarietà post- coniugale (e non tanto di solidarietà coniugale), non si possa concedere, all’ex co- niuge, la medesima tutela economica spettante al coniuge: in sintesi, l’adeguatezza dovrebbe essere parametrata secondo lo stato di bisogno del coniuge debole, ossia quella condizione di assenza di mezzi neces- sari e indispensabili per il soddisfacimento dignitoso dei propri bisogni vitali.

La soluzione intermedia richiede invece che l’adeguatezza dei mezzi sia rapportata alle esigenze di mantenimento del coniuge più debole, in modo così da scongiurare il prolungamento, a tempo indeterminato, di un rapporto ormai estinto : pur non contestando l’innegabile ratio della disciplina, tendente a garantire un certo livello di tutela del coniuge più debole che si trovi in un contesto del tutto nuovo, a seguito della pro- nuncia di divorzio, è necessario scongiurare, tuttavia, l’effetto di ultrat- tività del vincolo126.

Per quanto riguarda il significato della nozione di “mezzi”, questo può ben ricomprendere qualsiasi fonte di utilità economica, sia i redditi sia i cespiti patrimoniali dei coniugi, non solo in riferimento alla loro esatta entità ma soprattutto tenendo conto della capacità ad assicurare al pro- prietario una solida sicurezza patrimoniale, attraverso una diligente e accurata gestione127 .

Più in generale, l’inadeguatezza dei mezzi dovrà essere valutata com- prendendo non soltanto quelli effettivamente posseduti al momento del divorzio, ma anche i proventi che possono derivare dall’attività lavora- tiva128.

125 In tal senso, Trabucchi, Un nuovo divorzio, Il contenuto e il senso sella riforma, in

Riv. Dir. Civile, 1987, cit., p. 131.

126 Così, ad esempio, Alcaro, Note in tema di assegno divorzile: il “tenore di vita in

costanza di matrimonio”, un’aporia interpretativa?, in Fam. Dir., 2013, pp. 1081 e ss.

127 Bonilini, Trattato di diritto di famiglia, Volume Terzo, Torino 2016, p.2886. 128 Cattaneo, La disciplina dell’assegno divorzile dopo la l. 74/1987, in Fam. Per. Succ.,

Passando, invece, al secondo inderogabile indice che giustifica l’asse- gnazione dell’assegno, ossia “l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive”, esso, concordemente, non viene ritenuto affatto come fatti- specie meramente alternativa ma preminentemente esplicativa della mancanza di mezzi, la quale può emergere soltanto laddove il coniuge più debole effettivamente non abbia la possibilità di procurarsi i mezzi necessari, dipendente dalla sua inidoneità a produrre reddito o a svol- gere un’attività in linea con le proprie capacità, nonché dalla proprietà di beni del tutto irrilevanti 129.

Naturalmente si tratta di una circostanza non apprezzabile in astratto, ma occorrerà tener conto dell’incidenza che l’età o altri particolari fat- tori (ambientali, economici, sociali) possono avere soprattutto sull’as- solvimento dell’attività lavorativa130 .

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è sempre neces- sario che il soggetto svolga lo stesso lavoro al quale si è dedicato in passato, ma un tipo di impiego simile, seppur rapportato all’attività svolta in costanza di matrimonio131.

Come causa di impossibilità oggettiva a reperire i mezzi adeguati può rilevare non solo la presenza di figli minori che abbisognano di cura ed assistenza (togliendo tempo ed energia al compimento di qualsiasi atti- vità) ma anche il desiderio, del coniuge, di completare il suo percorso di studi, interrotto con il matrimonio ma funzionale alla propria profes- sione132.

Indubbiamente, il criterio in questione non verrà ritenuto integrato dal giudice ogni qual volta la situazione di impossibilità sia causata dalla

129 Dogliotti, Separazione e divorzio, il dato normativo, i problemi interpretativi,

Torino, 1995, p. 225.

130 Cattaneo, La disciplina dell’assegno divorzile dopo la l. 74/1987 in Fam. Pers.

Succ., 2012.

131 G. Autorino Stanzione, La separazione, il divorzio, Torino, 2005, p.281 con

riferimento a Cass. 13 aprile 1994, n.3429.

132 Bonilini, L’assegno post-matrimoniale, in Lo scioglimento del matrimonio,

colpevole inerzia del coniuge, che, pur potendo astrattamente procurarsi i mezzi adeguati, non si attiva per tal fine133.

In conclusione quindi, nel caso in cui astrattamente possano sussistere fattori impeditivi in capo al coniuge richiedente ( età, salute ecc..) idonei a realizzare una condizione di debolezza economica, in concreto occor- rerà verificare se si tratti di limiti insuperabili ( sia a causa delle ostilità derivanti dal mercato del lavoro sia a causa di particolari malattie che limitano lo svolgimento di impieghi lavorativi) o se invece la situazione di insufficienza di mezzi possa essere superata, con la conseguenza che il giudice avrà la possibilità di attribuire un assegno a tempo, con suc- cessiva verifica della ripresa della normalità economica134 .

L’aggravio probatorio, inoltre, secondo quanto lo stesso giudice di le- gittimità ha specificato, deve comprendere non solo la prova della man- canza di mezzi o della impossibilità di procurarseli, ma altresì la deter- minazione dell’entità dei redditi e delle sostanze dell’obbligato, senza tralasciare, come hanno opportunamente evidenziato alcuni giudici di merito, la verifica, in capo al coniuge debole, che il deterioramento della condizione economica sia stato provocato dal divorzio135.

Una volta che il giudice abbia riconosciuto l’insorgenza del diritto ad ottenere l’assegno di divorzio e il relativo obbligo di corrisponderlo, in- tegrato il presupposto precedentemente descritto, lo stesso comma 6 art. 5 l. div., come modificato dall’art. 10 l. n. 74 del 1987, richiede che la sua esatta quantificazione sia calcolata sulla base di una serie di para- metri: le condizioni dei coniugi, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patri- monio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi; tutti i sud- detti elementi verranno valutati anche in rapporto alla durata del matri- monio. Occorre specificare che i menzionati criteri, posti in posizione di

133 Autorino Stanzione, La separazione, il divorzio, Torino, 2005, p.281.

134 Barbiera, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, Bologna, 2001, pp.37-

38.

assoluta parità tra di loro, sono sottoposti ad una valutazione ponderata e bilaterale, bilanciando la posizione di entrambi i coniugi; in questo modo potranno certamente condurre ad una riduzione o persino all’az- zeramento dell’entità dell’assegno, ma mai in nessun modo ad una pre- tesa superiore rispetto alla situazione vissuta in regime di matrimonio136.

Proprio la Corte di legittimità ha sostenuto che, mentre l’attribuzione dell’assegno è imprescindibilmente sottoposta all’unico presupposto ri- chiesto dalla legge, per quanto riguarda gli altri criteri non sussiste un indefettibile obbligo del giudice di considerarli complessivamente, po- tendo eventualmente decidere se escluderne alcuni o attribuire maggior peso ad altri, verificando la loro potenziale incidenza negativa sul rico- noscimento dell’assegno137.

Questa lettura è stata condivisa anche da un isolato contributo dottrinale, che ha parlato di “meri indici di equità”, valevoli soltanto a determinare in concreto la somma da destinare al richiedente138.

2.4 Criteri di quantificazione dell’assegno divorzile