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in dieta ecclesia et pro ipsa ecclesia laborabitur lire cinque di Genova; operi portus et modulli saone altre lire cinque di Genova; e all’ospedale di Santa

Maria di Pia del Finale lire due di Genova,

et ultra strapuntam unam lane, par unum linteamiuarum, cossinum unum et copertorium unum btirdi

(l).

Come si vede la supposizione del Michelini è contraria ai documen­

ti, secondo i quali Pia seguitò a sviluppare la sua vila con un ritmo ugua­

le, se non vogliamo dire accentuato.

La ragione, quindi, dell’unione dei due territorii in una sola compagna va ricercata in un altro motivo.

Noi abbiamo visto che Pia comprendeva diverse frazioni: il Monte, la Monda, Pia propriamente detta e il Castiglione sulla punta estrema del Gottaro, oltre le diverse case sparse nella sua valle ed altre raggruppate nella Marina di Pia, l’attuale Borgo degli Orti. La

ripa maris Finarii,

perchè abitata da pochi individui, non poteva assurgere all’onore di

comunitas

nei primi tempi in cui fu costituita la compagna; non le rimaneva per conse­

guenza che di unirsi alla compagna formata dagli uomini di Pia; e il nome di

compagna maris

sarebbe stato bene scelto ad indicare la unione libera e giurata di quelli che abitavano sulla spiaggia del mare, se non avessimo altro.

Ma noi dimostreremo più avanti che esisteva presso la spiaggia una frazione di Pia chiamata

Burgum Maris

o

maritima finarii prope vallem pie

o semplicemente

maritima finarii

messa in contrapposizione di

ripa finarii;

ed ecco con maggior precisione spiegato il nome di

compagna maris.

Infatti l’Antonio Ventura del fu Francesco che ci appare come pro­

curatore di quella compagna nel 1385 era della comunità di Pia, ove fiori­

sce la sua famiglia nei secoli successivi. Antonio Musso, procuratore della stessa compagna nel 1351, potrebbe appartenere agli uomini che abitavano in

ripa maris,

trovandosi questo cognome fra quelli che ci appaiono alla Marina nel 1449, ma non è improbabile che in quel tempo risiedesse sul Castiglio­

ne, donde scendesse, qualche tempo dopo, per stabilirsi più presso al mare.

Dal fin qui detto si vede che tanto la pieve quanto la compagna nulla ci dicono sulla remota antichità della Marina. Ma i sostenitori

del-(1) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo Rusca, c. 419. Questo passo ci fa ve­

dere come Vopus delle chiese, di cui è spesso parola nei documenti, non sempre indica la fabbrica attuale di esse e tanto meno ci rivela la data della loro origine, ma va preso in senso amministrativo, di cui abbiamo conservata una traccia nella parola moderna fabbriceria.

Il Siila mostrò di non sapere questo, quando volle far risalire ai primi del 1300 il campanile di Pia, perchè solo allora si parla AtWopus della sua chiesa.

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l’opposta tesi portano due altri argomenti, che conviene esaminare. Essi dicono che il commercio marittimo finalese non poteva svilupparsi se non dalla popolazione stabilita al mare (1), e fondati su questo principio attri­

buiscono alla Marina tutti i personaggi ricordati dalla storia come naviganti ed in modo particolare i Vacca (2). Il Siila poi accetta come vera l’afferma­

zione trovata in un manoscritto cartaceo, di non so quale secolo, ma certo non molto antico, secondo il quale 146 uomini dell’equipaggio della galea preparata dalle compagne del Finale in aiuto di Genova contro i Veneziani nel 1351 apparteneva alla compagna del mare (3).

Noi abbiamo già visto che i Vacca provenivano con ogni probabilità da quel

Vaca de castiliono,

che, fin da quando abitava sulla rocca di castel Pia, era dedito alla vita avventurosa di marinaio, come ci ricorda il suo portico situato

in ripa maris finarii

e più la lettera di Oberto Polpo de Mare indi­

rizzata a lui e ad altri finalesi, fra cui Baiamonte Trencavelli, altro abitante sul Castiglione, per il riscatto di alcuni uomini fatti prigioni sul mare (4).

Questo Vacca va identificato col

Vacca filius Pelegrini,

che con Gui­

do Macia, Pellegrino di Monticello, Oddone suo fratello, Embrono di Mon- ticello e Guglielmo Forte furono testimoni a quell’atto stipulato

intra camina­

tam marchionis finarii,

onde Enrico II il 1° agosto 1188 vendeva ai nolesi, per 200 lire genovine, il diritto del fodro (5).

Alcuni membri della famiglia Vacca ben presto salgono ai più alti onori alla corte dei marchesi. 1 due fratelli Nicolò ed Enrico furono visconti del Finale: il primo nel 1283 (6), il secondo nel 1292 (7); ed un Pietro Vacca del Finale nel 1341 fu podestà e castellano di Lerici (8), portando anche altrove l’attività oculata e sapiente che gli altri svolgevano nel pro­

prio paese.

Seguitarono però ad essere navigatori e nel 1340 ci sono ricordati

(1) Memoria cit., pag. 28.

(2) Allegazione cit., pag. 38.

(3) Silla, Cantiere, Marinerìa, Porto {Pagine di Storia Finalese), Stat. tip. Ditta Bolla Vincenzo e Figlio Finalborgo, 1919, pag. 6.

(4) Appendice, Doc. n. XXI.

(5) Gandoglia, Atti e Voi. citt., pag. 569. Il Siila per Monticello intende il paese di Fina­

le così chiamato, ma forse con maggior ragione si deve sostenere che si tratti di M onticello, quartiere di Savona, perchè Embrone è di Savona ed anche nel 1204 è menzionata la casa dei suoi figli: In capitalo saone. in domo filiorum Embronis (Arch. municipale di Savona,

Cartularìum Not. Martini 1203-1206, cc. 93 contra e 94 contra).

(6) Accame, Op. cit., pag. 177.

(7) Liber Iurium, Vol. I, col. 276.

(8) Francesco Poooi, Ledei e il suo Castello, Vol. II, dall’anno 1300 al 1469, Geno­

va, 1909, pag. 45.

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-Francesco (1), Antonio ed Mario Vacca le cui galee erano andate

ad partes Romania?

(2).

Nello stesso anno, sotto il dogato di Simone Boccanegra, fra le galee prese a servizio del comune vi è quella del sopraddetto Francesco Vacca del Finale a lire 950 al mese, per mesi due e giorni dodici. Essa fece il viaggio da Genova a Nizza, da Nizza a Genova, da Genova fino in Sicilia e Napoli per tornare definitivamente a Genova.

Anche quella di Odoardo Vacca del Finale era stata assoldata dal Boccanegra a lire 900 al mese per due mesi e dodici giorni.

Più tardi il primo di questi due Vacca tenne armata una nuova galea in società col Comune di Genova (3).

Due fratelli, Michele e Giorgio, figli di un Nicolò, sono ricordati nella seconda metà del secolo XIV: il 10 marzo 1371 l’uno fa ricevuta di fiorini 130

auri boni et insti ponderis

a Giovanni Furcherio di Savona (4), e il 4 mar­

zo 1379 crea suo procuratore Nicola Natone di Savona, per ritrovare

quandam eius sclavam vocatam cotrolla de progenie tartarorum etatis annorum sexdecim vel tirella et que fuit capta in navi sive cocha angeli coxe de neapolli ad parles insale xsyhie, per galleas venetorum de anno preterito

(5); l’altro, il 3 novembre 1379, vende a Giovanni Conradengo, detto di Niella, drappiere, per fiorini 44 d ’oro

ad bonum pondus Janue, quandam sclavam sive servam de progenie tartarorum ettatis annorum vigiliti quatuor vel circha... cum omnibus suis vitiis et maganeis latentibus et apparentibus,

che egli aveva comperato da Antonio Bellono

de finario condam bonavie

(6).

Il loro padre « messer Nicoloso », nel 1400, aveva una sua galea a Genova, donde doveva salpare per Roma l’8 aprile, aveva avuto però anche relazioni di traffico con la Toscana (7).

Il 2 dicembre 1423 un Emanuele Vacca, con Andrea Peloso e Giorgio della Cenda,

de finario,

è teste ad una proroga di arbitrato (8); ed è quello stesso che l’8 marzo 1424, avendo alcune differenze con Martino Berruto, ne rimise la decisione al notaio Giorgio Schianello (9).

(1) Lo troviamo tra i fratelli defunti della pieve al n. 135, e il titolo di Messer prepo­

sto al suo nome ci dice come appartenesse alla nobiltà.

(2) De Tu r r i, op. cit., pag. 58.

(3) F ra n c e s c o Po g g i, Op. e voi. citt. pag. 69.

(4) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo Rusca, c. 143.

(5) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo, Rusca, c. 61.

(6) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo Rusca, c. 221.

(7) Ren a to Piattoli, Lettere di Pietro Benintendi, mercante del Trecento,in Atti citt., Vol. LX, Fascicolo I, pag. 156 e 20.

(8) Arch. di Stato, Fondo Finale, Not. Oberto Giorgi, Reg. I, c. 158.

(9) Arch. di Stato, Fondo Finale, Not. Oberto Giorgi, Reg. 1, c. 169.

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Tomasino Vacca era a Savona il 15 giugno 1443, quando prendeva,

ad, quartam lucri,

fiorini 92 da Michele

de Qeraldis

e fiorini 50 da Marchetto Muratorio, untore, impiegati nella compera di panni da commerciare a Cagliari ed altri paesi della Sardegna (1).

Or bene questi membri della famiglia Vacca, per gli uffici appunto che rivestivano, si erano trapiantati nel Borgo, ove anche nel 1498, ai 16 aprile, troviamo il

nobile

Battista Vacca, visconte dei marchesi e

locum tenens in vicariatu finarii,

che rende giustizia (2).

Alla Marina il 14 agosto 1439 ricorre una tale Selvagia, figlia del fu Francesco di Fermo e vedova di Raffaele Vacca del fu Guglielmo

de fin ario,

che vende una casa situata nel Borgo, nella contrada di S. Caterina, a Ga­

briele Carbone del fu Lorenzo della valle di Pia, e più precisamente della parrocchia di Pia. Nel contratto si dice che la venditrice farà ratificare la compera dal figlio Raffaele

semper et quandocumque repatriaverit de viatico in quo nunc est.

Il vedere che la casa venduta era posta nel Borgo e più il conoscere che Selvagia abitava alla Marina in casa non propria ma di Giovanni Besazza (3) ci inducono a credere che questo ramo vi provenisse dalla capitale del marchesato.

E la supposizione trova conferma nei documenti.

Il 14 settembre 1386 Nicola Vacca del fu Michele,

de finario,

col consenso della madre Franchina, fa procuratori i suoi fratelli Guglielmo e Lodisio (4). Guglielmo Vacca,

de finario,

avendo sposato una tale Novella, figlia di Antonia del fu Antonio Meirana, moglie in prime nozze di Berruto de Berrutis ed in seconde nozze di Antonio

Maydatoris,

fratello del terz’or- dine di S. Francesco, aveva avuto quattro figli: Battista, Raffaele, Urbano ed Aighinetta, i quali vennero fatti eredi dall’ava materna con testamento 1° di­

cembre 1389. Il loro padre fa pratiche per adire questa eredità il 7 aprile 1391 (5). Nel 1392 paga diversi legati fatti dalla defunta: il 20 gennaio a prete Giovanni Meirana, rettore di S. Pietro in Savona, lire 5 di Genova (6);

il 6 febbraio a fra Marco da Tortona dei frati minori, rettore della chiesa di S. Francesco, lire 13, soldi 6 e denari 8, più lire 8, soldi 6 e denari 8

, prò

(1) Biblioteca civica di Savona Not. Leonardo Rusco., c. 104.

(2) Archivio della badia di Finalpia, Sentenza in causa fra Safira, moglie di Lorenzo Carbone, rappresentata dal genero, Antonio Galea di Giovanni, e Mariolo moglie del fu Ber­

to la Giudice, per lire 600 costituenti la dote di detta Safira.

(3) Archivio della Badia di Finalpia, Instrumentum dormis capte per gabielem corbonum ha (sic) salvogia vacha... que nunc est derupta que per testes vocata est sedimen unus (sic)

domus.

(4) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo Rusca, c. 123 v.

(5) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo Rusca, c. 40.

(6) Biblioteca civica di Savona, Not. Leonardo Rusca, c. 4.

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vestibus et raubis dandis dictis fratribus,

e lire 5 per messe 335 (1); il 28

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