dit vetus tnaica usque ad finem
(4). Ma, lasciando stare che il Muletti legge:usque ad Fina/
(5), è risaputo che il documento, essendo ritenuto da molti apocrifo, non può avere nel caso nostro alcun valore dimostrativo.Oltre gli accenni, sempre riguardanti confini, che troviamo nei docu
menti del secolo Xll sul nome Finale, un altro ci si presenta solo il 9 giu
gno 1224, ma che ci si mostra più antico, se consideriamo la natura della istituzione che il documento ci addita. Sotto questa data ci viene ricordata la
plebs Finarii
ode Finario
(6). Ora dovendosi supporre che la pieve rimonti oltre il mille è certo che il suo titolo tradizionale vanta la stessa antichità.
Ciò posto, i sostenitori della tesi opposta potrebbero cantare vittoria, con
fermando il loro errore ed esclamando: il
de finario,
che qui ricorre, evidentemente vuol riferirsi a tutto il territorio che abbracciava la pieve. Ed io rispondo sì e no.
(1) Q a n d o g l i a , O p . cit., in Atti e Memorie citt., Vol. I, pag. 380.
(2) P o n o i o L i o n e , O p. cit. in Biblioteca e Vol. cit., pag. 148.
(3) A rch . di S ta to , Litterarum R eg\ 14, n. 1833.
(4) M o r i o n d u s , O p . cit., V ol. I, col. 56. Il Siila, forse fondato su questo documento, p olem izza con il Sanquintino, sostenendo contro di lui che Bonifacio ebbe sette figli e non otto (O p . cit., p a g . 90). M a si vede bene che egli, pur citando le Osservazioni critiche di questo illu s tre a u to re , n o n h a letto il facsim ile e la trascrizione delle disposizioni di Bonifacio ivi rip o rta te . C o n esse esp ressa m en te so n o fatti eredi i suoi sette figli ed escluso l’ottavo per i su o i d e m e riti.
(5) Memorie storico-diplomatiche, Saluzzo, Lobetti Bodoni, 1829, Tom. Il, p. 28.
(6) O p . cit., V ol. col 652.
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, se intendiamo che il territorio dell’attuale Finale nella sua parte prepo eiante eia il territorio dell’antica pieve; no, se vogliamo pretendere che il nome le sia venuto da questo territorio. E infatti il nome non lo poteva prendere dal territorio per il semplice motivo che esso, come quello di tante e tante altre pievi, non aveva un nome proprio. Dagli argomenti addotti più sopra mi sembra di avere già dimostrato esaurientemente che 1 attuale Finale nel secolo XII non aveva quel nome. Adesso vado più oltre ed affermo che non poteva averlo.
Il nome proprio è dato ad un aggregato di diversi paesi, quando sono riuniti sotto una medesima autorità ecclesiastica, politica o amministrativa che li governa.
A riguai do della giurisdizione ecclesiastica si osserva che tre parroc
chie comprese nel territorio del Finale fanno parte del vescovato di Noli, perchè appartenevano, come ora appartengono, alla sua pievania, e cioè S. Filippo e S. Giorgio di Vezzi e S. Sepolcro di Portio.
A riguardo della giurisdizione politica ed amministrativa non conviene dimenticare che l’attuale Finale, avendo fatto parte prima della marca alerami
ca, dopo del marchesato di Savona e finalmente del comitato di Noli, non ebbe mai una vita a sè, ma fu sempre una dipendenza di queste isti
tuzioni, che mutarono aspetto col mutare dei secoli. La cosa è tanto chiara che non abbisognerebbe di dimostrazione, però,
ad abundantiam
, giova ricordare: che nel periodo delle crociate non si fa mai accenno al Finale, ma solo a Savona ed a Noli, le città più importanti della marca che vi intervennero, cer
tamente, coi loro dipendenti; che nei patti di alleanza fatta da Genova con i figli di Bonifacio del Vasto, questi dovevano essere nell’esercito genovese con cento militi e mille fanti o savonesi o nolesi o albenganesi (1), e fra i nolesi sono compresi gli uomini posti al confine del loro comitato; che l’au
torità del marchese in questi paesi era di una natura tutta speciale, la quale dif
ficilmente può comprendersi ai tempi nostri: assai incerta e non sempre la stessa nei varii paesi.
Alla chiesa di Ferrania Enrico il Guercio concede nel 1111
quod videtur habere
. . . .in Perticis et in Picis
(2), all’ospedale di Fornellototum drictum quod habeo in Rialto de pane et de vino
(3), senza dire che le diverse comunità cercavano di migliorare le loro condizioni con i mezzi propri. Così Pia è in lite con Noli nel 1155, o poco prima, quando questa fa sforzi erculei per esimersi dal marchese. Causa della lite era il desiderio di avere il mercato
(1) Liber Iurium cit., Vol. I, col 70.
(2) S a n q u i n t i n o , O p. cit., pag. 71.
(3) O p. cit., pag. 206.
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nella sua valle, quel mercato che prima era riservato alla capitale del comi
tato. Riuscendo vittoriosa per patti o pér via di armi, aveva ottenuto promes
sa giurata dai nolesi di essere contentata. Se non che, avendo il marchese nuovamente assoggettata Noli con l’intervento di Genova e con la rinunzia a non pochi diritti, sebbene condanni Pia ad una ammenda, le concede il mercato, pur riservandosi il diritto dello staio, come i nolesi avevano stabi
lito, e la curaria come i piesi avevano promesso allo stesso marchese (l).
Ed a studiar meglio la situazione di questi paesi non conviene dimen
ticare che con il diploma di Federico Barbarossa del 1162 è pei messo al marchese di costruire castelli e torri e distruggere quelli innalzati contro la sua volontà
in omni marchia civitatis Saonae et in castro
----Perticae et Piae et Orchae et in omnibus illorum castrorum curiis
(2). Ecco i paesi più importanti del futuro Finale, che avevano le loro curie, a cui dovevano ricorrere gli uomini ad essi soggetti.
Ancora: non tutto il territorio chiamato poi Finale dipendeva dai mai chesi carretteschi. Secondo il Verzellino nel 1132. Savona mise piede nel l’importante terra di Vezzi (3), che il 22 novembre 1192 dal marchese Ot tone, figlio di Enrico il Guercio, venne definitivamente venduta ad essi con il paese di Quiliano (4). In questa circostanza si menziona anche la sua curia, la quarta che troviamo in quel breve tratto di territorio durante secolo XII.
È dunque dimostrato come il territorio chiamato Finale ne colo XII non solo non aveva un nome proprio che lo adunasse, ma n lo
poteva
avere, perchè, dipendendo in tutto o in parte da altra citta p^ ^portante, era frazionato ed aveva quattro curie distinte di Perti,
di Orco, di Vezzi. . ? pgr
E allora qual significato dare alla espressione
plebs de Finario.
me essa vuole indicare che la pieve aveva preso il nome dal con i
due diocesi di Albenga e di Savona: era la pieve confinale del ves ^ savonese. E non si può pretendere che il pago su cui sorse si c ^ Finale, perchè sarebbe, oltre tutto il già detto, un caso più unico
che il pago avesse un suo nome proprio.
Nè deve fare meraviglia che la pieve prendesse il nome da i che segnava i confini della diocesi, perchè non è raro il caso di tiov pievi dal titolo proveniente da circostanze simili ed alle volte meno impor
(1) Liber Iurium cit., Vol. I, col. 186.
(2) M oriondus, Op. cit., Vol. 11, col. 330. . . dglla
(3) Ve r z e l l i n o, Delle memorie particolari e specialmente degli uomini luuà
città di Savona, Savona, 1885, Vol. 1, pag. 193. 11 comune di Savona la compero Cicala (Cfr. P o g g i Cronotassi cit., in Miscellanea cit., Vol. X, pag. 281).
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tanti ancora. Si conosce Ia
plebs vallis arocie
(1), ma abbiamo ancora laplebs de Urba
(2), presso Roccagrimalda, e quella dell’Acquedotto, nella diocesi di Forlì (3).Come esisteva una
plebs de Finario,
esisteva pure un cantiere situatoad Finar,
ove Giacomo da Noli costruiva una nave, di cui l’8 aprile 1190 vendeva la quarta parte a Raimondo della Volta e ad Enrico di Negro per lire 480 (4).Lasciando stare la circostanza assai significativa che questa prima nave, che esce dal nostro cantiere, è fabbricata da un nolese, giova rintracciare il posto dove esso cantiere sorgeva. Il Siila lo pone alla foce del Pora (5), ed ecco che un’altra volta per
Finar
ci si potrebbe indicare il confine del vescovado savonese, e in questo senso bisognerebbe prendere anche l’espressione dell’annalista genovese, quando afferma che Guglielmo d’Enrico, po