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Edoardo Sanguineti, Elio Pagliaran

Nel 1956, quando pubblica Laborintus, Edoardo Sanguineti (1930-

2010) ha ventisei anni. La casa editrice nella quale esordisce è Magenta, la stessa che ha pubblicato Lirici nuovi. È il suo primo libro di poesie:

ne seguiranno più di dieci, fino a Varie ed eventuali (Feltrinelli, 2010).

Come Montale, Sanguineti ormai è presente in tutte le antologie di poesia del Novecento, e può essere considerato a tutti gli effetti un autore canonico della letteratura italiana. La «Palus Putredinis», il «labirinto del formalismo e dell’irrazionalismo»6 dei primi testi con-

servano un margine di oscurità semantica ancora alto, a una prima let- tura; ma ormai l’analisi dei suoi testi fa parte dei manuali di letteratura. Quando viene diffuso nel 1956, invece, Laborintus è per tutti una no-

vità, e suscita reazioni molto diverse. Zanzotto, recensendolo, parla di «una sincera trascrizione di un esaurimento nervoso»; la risposta di Sanguineti è che si tratta di un esaurimento «storico» (Sanguineti, in Giuliani, 1965, p. 202).

Per Sanguineti tutto il linguaggio è compromesso con l’ideologia borghese, e dunque in uno stato oggettivo di alienazione; in Laborin- tus immagini e simboli soggettivi servono a esprimerla come esauri-

mento. L’unico punto di partenza possibile è scomporre e fare esplo- dere il linguaggio poetico; in questo senso, la definizione di Zanzotto non è infondata.

non è possibile essere innocenti: […] la forma non si pone, in nessun caso, che a partire, per noi, dall’informe, e in questo informe orizzonte che, ci piaccia o non ci piaccia, è il nostro (ivi, p. 204).

C’è poi anche un altro aspetto che l’immagine dell’esaurimento ner- voso coglie: il nucleo del libro è un poema junghiano, con un fonda- mento mitologico (la congiunzione di Ellie, “anima” junghiana, e di Laszo; e poi quella fra Sole e Luna), continui riferimenti psicologici, mitici e onirici. Consideriamo un esempio:

6. Sono parole di Sanguineti stesso, a proposito del suo primo libro, che si leg- gono in Poesia informale, in Appendice all’antologia di Giuliani (cfr. E. Sanguineti, Poesia informale?, in Giuliani, 1965, p. 204).

ah il mio sonno; e ah? e involuzione? e ah? e oh? devoluzione? (e uh?) e volizione! e nel tuo aspetto e infinito e generantur!

ex putrefactione; complesse terre; ex superfluitate; livida Palus

[...]

Laszo? Una definizione! (ah λ ) complesse terre; nascitur! [...].

L’informe di Laborintus è tenuto insieme per addizione di segmenti

ritmici (soprattutto sintattici) di tipo tradizionale.

Questo aspetto è ancora più presente nei libri che Sanguineti pub- blica negli anni Sessanta: Opus metricum (Rusconi e Paolazzi, 1961),

che, oltre a Laborintus, comprende Erotopaegnia; Triperuno (Feltrinelli,

1964), in cui si trova anche Purgatorio de l’Inferno; la serie Reisebilder

(poi confluita in Wirrwarr, Feltrinelli, 1972). In queste ultime raccolte si

notano sia una maggiore figuralità sia una ricomposizione del discorso, soprattutto in Purgatorio de l’Inferno. A partire dalla seconda metà degli

anni Sessanta, la voce poetica di Sanguineti assume toni quasi crepusco- lari, sempre più accentuati nei tre decenni successivi. Le poesie ora accol- gono appunti di viaggio, aneddoti, microracconti o cataloghi, talvolta puri divertissement verbali. Il tono è volutamente minore, quasi autopa-

rodico: «è un puro surrogato / di mie lettere questo scartabello [...]». Il libro più importante di Elio Pagliarani (1927-2012) è La ragazza Carla, che viene diffuso per la prima volta nel 1960 sul numero 2 del

“Menabò”. L’anno successivo è incluso nei Novissimi; infine viene pub-

blicato insieme alle due raccolte precedenti come La ragazza Carla e altre poesie (Mondadori, 1962). Prima di allora Pagliarani ha pubblica-

to Cronache e altre poesie (Schwarz, 1954) e Inventario privato (Vero-

nelli, 1959). La ragazza Carla consiste nel racconto di alcune giornate

di Carla Dondi, una giovane dattilografa di Milano.

Carla Dondi fu Ambrogio di anni diciassette primo impiego stenodattilo all’ombra del Duomo

Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro sia svelta, sorrida e impari le lingue

le lingue qui dentro le lingue oggigiorno

capisce dove si trova? TRANSOCEAN LIMITED qui tutto il mondo…

La vita di Carla negli uffici dell’impresa commerciale viene mostrata attraverso i punti di vista di più persone, le quali prendono la parola nel testo. In questo caso la voce dei versi centrali («le lingue qui dentro oggigiorno / capisce dove si trova?») è probabilmente da attribuire al suo datore di lavoro. Il suo punto di vista si interseca con quello del narratore esterno, che dà alcune informazioni iniziali su Carla: il nome e il cognome, la condizione di orfana («Carla Dondi fu Ambrogio […]»), l’età, l’inesperienza lavorativa. Nei capitoli successivi talvolta la prospettiva di chi scrive sarà più evidente. Ad esempio, nei versi che seguono, tratti dal secondo capitolo:

Sono momenti belli: c’è silenzio

e il ritmo di un polmone, se guardi dai cristalli quella gente che marcia al suo lavoro

diritta interessata necessaria che ha tanto fiato caldo nella bocca quando dice buongiorno

è questa che decide,

e son dei loro, e non c’è altro da dire.

In queste sequenze la metrica italiana è usata senza leggi fisse, quasi smontata; eppure, conservano un ritmo interno che talvolta è costruito su strutture tradizionali. Come gli altri neoavanguardisti e come Zan- zotto nella Beltà, Pagliarani vuole mettere in crisi l’identificazione fra

lirica e poesia e la centralità della prima. Da qui deriva la sua scelta del romanzo in versi, che è centrale già a partire dagli anni Cinquanta, di- minuisce in Lezione di fisica e Fecaloro (Feltrinelli, 1968), infine culmina

nel quarantennale lavoro per scrivere La ballata di Rudi (Marsilio, 1995). La ragazza Carla rimane la sua opera migliore. Le sequenze vi sono

rimontate aspirando a un effetto cinematografico (Pagliarani, 2006, pp. 464-70; Cortellessa, 2006, pp. 212-5). In questo caso la poesia non è usata per esprimere uno stato d’animo o una condizione intima, ma per tentare una mimesi della realtà: l’alienazione del lavoro nella città moderna, i problemi sociali del dopoguerra e le ingiustizie di classe non sono denunciati usando i toni oratori della poesia civile, ma sono il risultato della narrazione in versi. Milano è ricostruita attraverso le sue insegne, i muri, i cieli, i tram delle periferie, che ne restituiscono un’immagine molto vivida. Questi aspetti determinano l’originalità della sua esperienza sia nella poesia del Novecento, sia rispetto alla Ne- oavanguardia.

Pagliarani viene antologizzato nei Novissimi; va a Palermo con

Giuliani, Sanguineti e gli altri autori che formeranno il Gruppo 63; collabora con Guglielmi alla realizzazione di un Manuale di poesia spe- rimentale (Mondadori, 1966). La sua appartenenza alla Neoavanguar-

dia, insomma, è un dato di fatto. Tuttavia già Sanguineti, in Poesia italiana del Novecento, lo inserisce all’interno di un capitolo intito-

lato Sperimentalismo realistico (nel quale convivono anche Pavese e

Pasolini), piuttosto che in quello dedicato alla Neoavanguardia. Le antologie e le storiografie letterarie successive riconoscono il carattere singolare della sua ricerca, la quale non si spiega soltanto attraverso il programma del Gruppo 63 (ad esempio sono fonte di ispirazione anche autori come Majakovskij e Brecth, soprattutto inizialmente) né si esaurisce in essa.

La ragazza Carla è uno dei pochi esempi italiani di romanzo in ver-

si. Servendosi spesso di strutture tipiche della narrazione (i dialoghi, il montaggio), Pagliarani racconta in dettaglio la vita quotidiana di Car- la; e non ne mette in rilievo soltanto frammenti di vita interiore. Tut- tavia si serve del verso, creando un cortocircuito tra forme della poesia e strutture di senso della prosa. Questo modello influenza alcuni con- temporanei, ad esempio Giancarlo Majorino (1928), spesso accomuna- to a Pagliarani anche per l’aderenza a un sottofondo lombardo. Ma si

tratta solo di uno dei modi in cui prosa e poesia si avvicinano negli anni Sessanta. Pagliarani punta al romanzo in versi, gli autori di “Officina” (e Pasolini e Fortini meglio degli altri) cercheranno soluzioni diverse7.

5.4