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sivo. – 4. L’effetto sospensivo.

1. Gli effetti dell’impugnazione. Generalità

L’impugnazione, come si è già visto, tende a realizzare un risultato modifi- cativo di un provvedimento giurisdizionale, in linea con l’enunciazione di motivi che, nell’unità dell’atto, denotano la ricorrenza di un interesse meritevole di tutela.

Se il conseguimento dell’obiettivo costituisce la risultante della pronun- cia giurisdizionale conclusiva della fase di impugnativa, l’esercizio del diritto d’impugnazione produce ex sé effetti giuridici “collaterali”1 comunque rile-

vanti sul versante processuale, effetti che la dottrina dominante – vi è, infatti, che ritiene invece il ricorso alla nozione di effetto in riferimento a siffatti fe- nomeni connessi alla proposizione dell’impugnazione tutt’altro che ineccepi- bile2 – distingue in devolutivo, estensivo e sospensivo3.

2. L’effetto devolutivo.

Il giudice dell’impugnazione interviene sulla res iudicanda in quanto in- vestito della cognizione da una domanda di parte e l’effetto devolutivo si iden- tifica proprio nella capacità dell’atto di impugnazione di trasferire sul primo l’oggetto dell’accertamento già operato nel grado precedente4.

Un accertamento, si badi, che è di per sé idoneo ad acquisire la forza della cosa giudicata, ma che non riesce a dotarsi della veste formale tipica e della portata effettuale di essa in ragione, proprio, della richiesta di verifica formu- lata dal soggetto interessato.

1 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 209.

2 Tranchina, Impugnazione, cit., 740. Per una critica rispetto all’effettiva rilevanza della di-

stinzione, al di là del punto di vista sistematico ed esplicativo, De Caro, Il sistema, cit., 66.

3 Del Pozzo, Impugnazioni, cit., 437.

Volendo enucleare una nozione generale di effetto devolutivo, si deve in- tendere con siffatta espressione «il trasferimento, realizzato attraverso un atto impugnatorio proposto da una delle parti processuali, della cognizione totale o parziale della regiudicanda, in capo a un giudice diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato ed avente competenza superiore»5.

Nozione, quella appena richiamata, che proiettata sul piano dell’efficacia giuridica racchiude un grado di significazione “plurisenso”6 della categoria lo-

gica sottostante e che chiama in causa la distinzione tra devoluzione totale e devoluzione parziale, distinzione che riposa a sua volta sul criterio costituito dall’ampiezza del controllo cognitivo deferito (ma, prima ancora, deferibile), per l’effetto dell’attivazione del rimedio, al giudice dell’impugnazione: «il mezzo di impugnazione è totalmente devolutivo qualora determini, in via auto- matica, la devoluzione integrale del thema decidendum al giudice deputato al controllo, al di là ed indipendentemente dalle eventuali argomentazioni postevi a corredo, in punto di fatto e di diritto; il mezzo di impugnazione, invece, è par- zialmente devolutivo ove il perimetro, e non l’area, della cognizione del giudi- ce dell’impugnazione sia determinato, con i motivi, dalla parte processuale che reclama il controllo, che ha l’onere, pertanto, oltre che di indicare le ragioni che giustificano l’attivazione della verifica giurisdizionale, anche di indicare i capi ed i punti della decisione oggetto di controllo»7.

La portata dell’effetto devolutivo – dunque, l’ampiezza della verifica de- mandata al giudice dell’impugnazione – è questione affidata al diritto positi- vo, essendo compito del legislatore definire la “graduazione dell’effetto”8 e,

quindi, stabilire in che termini ed in quale misura la res iudicanda si presta a sottostare ad un’attività di controllo e, in ipotesi, ad un’opera di rivalutazione critica.

Il principio della domanda motivata rende già sul piano logico – ancora prima che su quello normativo – inevitabile una stretta correlazione tra con- tenuto dell’atto di impugnazione e ampiezza del potere valutativo e decisorio

5 Gaeta, Macchia, L’appello, cit., 307. V., inoltre, Tranchina, Impugnazione, cit., 750. L’attri-

buzione della cognizione ad un giudice superiore – e non, semplicemente, funzionalmente diverso – costituisce l’elemento centrale della classificazione – mezzi devolutivi e non devolutivi – di Leone,

Trattato di diritto processuale penale, III, Impugnazioni. Processo di prevenzione criminale. Esecu- zione, Napoli, 1961, 11. Per una diversa opinione v., invece, Del Pozzo, Impugnazioni, cit., 437.

6 Rinaldi, Impugnazioni, cit., 448. V., inoltre, Gaeta, Macchia, L’appello, cit., 312, ove si

parla, in riferimento alla devoluzione, di “fenomeno polimorfo”.

7 Rinaldi, Impugnazioni, cit., 448. V., inoltre, Tonini, Manuale, cit., 923. Nonché, in prospet-

tiva diversa, De Caro, Il sistema, cit., 66.

del giudice, così come è connaturato all’essenza del processo un progressivo restringimento degli ambiti della verifica con il progredire dell’itinerario pro- cessuale.

«Processus viene da procedere» – faceva notare la dottrina tanti anni ad- dietro – «e nella sua etimologia esprime un meccanismo in movimento: una serie di atti, appunto, che, attraverso vari momenti o fasi, procedono da qualche cosa verso altra qualche cosa»9.

Un itinerario complesso, il quale prende le mosse dalla descrizione sog- gettivamente orientata di un fatto e dall’affermazione della sua verificazione contenute in un atto dotato di valenza imputativa per pervenire ad un giudizio di fondatezza (o meno) di quest’ultima.

Si è già detto, in precedenza, della progressiva specificazione dei caratteri dello schema logico proprio del processo penale che si realizza per effetto della conclusione della prima fase del giudizio, chiarendosi che se, rispetto al pro- cesso l’elemento condizionante è il fatto di reato soggettivamente qualificato e il valore giuridico è riferito all’accertamento di esso, in relazione al siste- ma delle impugnazioni l’elemento condizionante si specifica nella sentenza, a fronte della quale è interest rei publicae che l’accertamento sia giusto e con- dotto in conformità di norme uniformemente interpretate nel contesto spaziale di riferimento.

A questo processo di progressivo aggiustamento dello schema condizio- nale è congeniale il correlato restringimento dell’area cognitiva,, di talché può dirsi che la parzialità della devoluzione costituisce il portato logico del- la progressione processuale, nel senso che il susseguirsi di accertamenti sulla medesima res iudicanda non può tradursi nella reiterazione di giudizi ispirati a medesime regole procedurali e identici canoni valutativi, ma richiede che l’accertamento successivo al primo – presuntivamente giusto e suscettibile di divenire, come già detto, cosa giudicata – si svolga secondo una logica di ve- rifica, seguendo regole proprie e in stretta correlazione con l’istanza proposta dalla parte interessata.

Al di là di particolari meccanismi di controllo caratterizzati dalla rego- la dell’effetto devolutivo pieno – essa caratterizza, per esempio, il mezzo di impugnazione disciplinato dall’art. 309 c.p.p. – la disamina del sistema delle impugnazioni ordinarie «lascia […] trasparire come il legislatore del 1988 ab- bia accordato valenza […] al principio dell’effetto parzialmente devolutivo, in ragione del quale il trasferimento della res opera entro le specifiche iniziative

di chi ha proposto impugnazione, per cui l’oggetto del giudizio ad quem è strettamente correlato all’ambito sostanziale, vale a dire contenutistico, della domanda d’impugnazione»10.

L’efficacia devolutiva non è, poi, delineata in termini unitari rispetto alla categoria generica delle impugnazioni, ma strutturata in termini diversificati a seconda del mezzo specificamente configurato ed alla luce della funzione ordi- namentale tipica dell’organo competente.

E così, mentre l’appello, in linea con la sua connotazione di mezzo d’impu- gnazione a critica libera, attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti (art. 597, co. 1 c.p.p.), il ricorso per cassazione, tipico mezzo a critica vincolata, attribuisce alla Corte Suprema la cognizione del procedimen- to limitatamente ai motivi proposti (art. 609, co. 1 c.p.p.)11.

L’elaborazione dottrinale12 e giurisprudenziale hanno condotto a conclu-

sioni abbastanza stabilizzate sul tema afferente ai concetti normativi di base dell’efficacia devolutiva, secondo le quali per capo della sentenza deve inten- dersi quella parte della decisione riguardante ciascun fatto reato oggetto di un autonomo rapporto processuale, mentre per punto della sentenza deve as- sumersi ciascuna statuizione sia in fatto che in diritto di cui consta un capo, estraibile dalla lettura del dispositivo della sentenza e suscettibile di una sua propria valutazione in quanto oggetto di indagine e di statuizione avente con- sistenza autonoma13.

Con la precisazione che la nozione di “punti della decisione” di cui all’art. 597, co. 1 c.p.p. va collegata al momento dispositivo della sentenza appellata e deve riferirsi alla decisione del giudice, per cui la preclusione derivante dall’ef-

10 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 214.

11 Distingue, tra impugnazioni a censure illimitate ed impugnazioni a censure limitate, invece,

Nappi, Ambito oggettivo ed estensione soggettiva dei giudizi di impugnazione, in Cass. pen., 2009, 3239.

12 Tonini, Manuale, cit., 924. V., però, Spangher, Appello, cit., 4, il quale osserva come sia

difficoltoso individuare in concreto i “punti” della decisione, con conseguenti ricadute sul piano applicativo.

13 V., in questi termini e tra le prime, Cass. pen., Sez. IV, 18 dicembre 1992, Cornici. Sul tema

v., poi, Cass. pen., Sez. un., 9 marzo 2007, Michaeler. Nonché, da ultimo, Cass. pen., Sez. un., 14 febbraio 2017, Aiello e altro; Cass. pen., Sez. VI, 15 gennaio 2018, n. 1422. Nell’ambito di una posizione dottrinale sostanzialmente unanime v., inoltre, De Caro, Maffeo, Appello, cit., 54; Bargis,

Impugnazioni, cit., 748; De Gregorio, La dinamica generale delle impugnazioni, in Le impugnazioni,

coordinati da Aimonetto, Milanofiori Assago, 2005, 163; Nappi, Guida, cit., 761; Galati, Le impu-

gnazioni, cit., 456; De Caro, Il sistema, cit., 52. Problematico, invece, l’approccio di Gaeta, Macchia, L’appello, cit., 315.

fetto devolutivo dell’appello, concernente i punti della decisione che non sono stati oggetto dei motivi di gravame e che acquistano autorità di giudicato, non riguarda gli argomenti logici14.

I motivi ai quali si riferisce l’art. 609 c.p.p., invece, consistono nell’indi- cazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che, conforme- mente con la tipizzazione effettuata dall’art. 606 c.p.p., sorreggono le richieste formulate nell’atto d’impugnazione15.