Il principio di tassatività in senso oggettivo declinato dall’art. 568 c.p.p. costituisce la premessa concettuale della disciplina dell’impugnazione delle ordinanze dibattimentali97, per le quali l’art. 586, co. 1 c.p.p. delinea un regime
generale – esso, infatti, opera quando non è diversamente stabilito dalla legge – in forza del quale l’impugnazione medesima può essere proposta, a pena di inammissibilità e senza necessità di formulare espresse riserve da inserire nel verbale di udienza98, soltanto con l’impugnazione contro la sentenza.
L’art. 586, co. 3 c.p.p. individua la più rilevante ipotesi di deroga alla re- gola generale dell’impugnabilità differita, stabilendo che contro le ordinanze in materia di libertà personale è ammessa l’impugnazione immediata: «da un lato, la particolare materia che non sembra indurre ad eccessive dilazioni e dall’altro, la possibilità di mezzi d’impugnazione “autonomi” suscettibili di incanalarsi verso specifiche competenze funzionali ben giustificano la riferita eccezione»99.
93 Cass. pen., Sez. un., 11 luglio 2001, Chirico. 94 Cass. pen., Sez. I, 13 gennaio 2005, n. 3305. 95 Tonini, Manuale, cit., 923.
96 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 204.
97 Come sottolineato da Cass. pen. (Ord.), Sez. V, 8 marzo 2005, n. 25006.
98 Essa, prevista nell’originaria versione dell’art. 200 c.p.p. abr., venne soppressa dalla l. 18
giugno 1955, n. 517.
99 Spangher, Impugnazioni penali, cit., 228. V., poi, Cass. pen., Sez. I, 12 gennaio 2005, n. 2877,
per la quale anche contro l’ordinanza emessa nel corso degli atti preliminari al dibattimento ovvero nel dibattimento, per la quale l’art. 586 c.p.p. consente l’impugnazione solo congiuntamente alla sentenza, è proponibile autonomo ricorso per cassazione allorché essa si configuri come abnorme.
Il sistema di impugnazione differita delle ordinanze dibattimentali con- sente di realizzare obiettivi di economia processuale e, nel contempo, consegue risultati di unificazione soggettiva ed oggettiva del contesto decisorio, ferma rimanendo – da qui, pertanto, la previsione di possibili deroghe al sistema me- desimo – l’attenzione verso le questioni che possono essere definite con imme- diatezza o che richiedono una verifica sollecita100.
Infatti, ai sensi dell’art. 586, co. 2 c.p.p. l’impugnazione dell’ordinanza è giudicata congiuntamente a quella contro la sentenza, salvo che la legge di- sponga altrimenti.
L’esigenza di coordinare la regola generale con le ipotesi in cui, non es- sendo destinatario di specifiche censure il contenuto della sentenza, avverso la stessa non vengono proposti motivi di doglianza, il legislatore ha previsto che l’impugnazione sia ammissibile anche se la sentenza è impugnata soltanto per connessione con l’ordinanza.
Seguendo un approccio di tipo sostanzialistico ispirato, ancora una volta, al principio del favor impugnationis, la giurisprudenza ha chiarito che nell’i- potesi di impugnazione di ordinanze dibattimentali, effettuabile mediante im- pugnazione della sentenza, deve ritenersi l’ammissibilità dell’impugnazione medesima anche qualora la relativa dichiarazione abbia per oggetto la sola sentenza, mentre i motivi siano relativi alla sola ordinanza101.
Un percorso particolare e variamente strutturato è delineato rispetto all’im- pugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza, alla luce del fatto che la magistratura di sorveglianza ha una competenza generale ed istituziona- lizzata in relazione a siffatta tipologia di misure siccome organo specializzato alla formulazione del giudizio di pericolosità sociale.
Infatti, l’art. 579 c.p.p. stabilisce che contro le sentenze di condanna o di proscioglimento è data impugnazione anche per ciò che concerne le misure di sicurezza, se l’impugnazione è proposta per un altro capo della sentenza che non riguardi esclusivamente gli interessi civili.
Un itinerario differenziato è previsto, invece, qualora l’impugnazione sia proposta esclusivamente contro le disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza, stabilendosi in termini generali102 che, in questa eve-
nienza, l’impugnazione è proposta a norma dell’art. 680, co. 2 c.p.p., dunque
100 Spangher, Impugnazioni penali, cit., 228. 101 Cass. pen., Sez. un., 12 ottobre 1993, Balestriere.
102 Cass. pen., Sez. V, 21 settembre 2006, n. 2656, infatti, estende il sistema differenziato anche
alle sentenze del giudice di pace. Il carattere generale della disciplina è sottolineato da Marandola,
dinanzi al tribunale di sorveglianza.
La previsione non è operativa rispetto al caso di applicazione in via prov- visoria di misure di sicurezza, ai sensi dell’art. 312 c.p.p., trattandosi di prov- vedimento afferente a misure che l’art. 313 c.p.p. equipara alla custodia caute- lare in carcere e, quindi, impugnabile in via autonoma attraverso gli strumenti di controllo predisposti per i provvedimenti cautelari.
L’attribuzione della competenza funzionale alla magistratura di sorve- glianza in materia di misure di sicurezza personali e di accertamento della peri- colosità sociale presuppone, dunque, che l’impugnazione sia limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza, mentre quando l’impugna- zione riguarda anche altri capi penali della sentenza, ovvero altri punti della decisione pur afferenti allo stesso capo, riprende vigore la regola generale che attribuisce la competenza al giudice della cognizione sul merito103.
La Corte di cassazione ha precisato, però, che la competenza funzionale del tribunale di sorveglianza stabilita dal combinato disposto degli artt. 579, co. 2 e 680, co. 2 c.p.p. viene meno in favore di quella della corte d’appello quando vi sia stata impugnazione sui capi penali della stessa sentenza anche ad iniziati- va di una parte processuale diversa da quella che intende contestare le suddette disposizioni, convertendosi in tale caso in appello il ricorso per cassazione che erroneamente sia stato proposto relativamente alle sole misure di sicurezza104.
L’art. 579, co. 3 c.p.p. sottrae al regime differenziato il caso in cui il gra- vame afferisca alla sola disposizione che riguarda la confisca, ripristinandosi in questa evenienza la impugnabilità con gli stessi mezzi previsti per i capi penali in ragione della peculiarità delle questioni che la misura patrimoniale pone in causa, comunque estranee alle normali attribuzioni della magistratura di sorveglianza105.
In giurisprudenza è stato precisato che la locuzione “disposizione che ri- guarda la confisca”, contenuta nell’art. 579, co. 3 c.p.p., si riferisce non soltan- to alle statuizioni accessorie della sentenza penale che decidono positivamente sulla confisca, ma anche a quelle che la negano106.
103 Cass. pen., Sez. I, 31 gennaio 2006, n. 6371. 104 Cass. pen., Sez. III, 18 dicembre 2003, n. 265. 105 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 147. 106 Cass. pen., Sez. VI, 26 gennaio 1995, Ruffinato e altri.
GLI EFFETTI DELLE IMPUGNAZIONI
sommario: 1. Gli effetti delle impugnazioni. Generalità. – 2. L’effetto devolutivo. – 3. L’effetto esten-
sivo. – 4. L’effetto sospensivo.