1. La simmetria motivazione-impugnazione nel sistema.
L’atto di impugnazione costituisce lo strumento propulsivo del relativo giudizio (di merito di secondo grado ovvero di legittimità), essendo estranee al sistema delle impugnazioni forme di automatismo nella fase dell’attivazione, ispirata invece al principio della domanda di parte.
Si tratta di un atto processuale e prima ancora, a livello normativo, di una fattispecie che il legislatore descrive con un sufficiente grado di determinatezza sia formale che contenutistica: esso, dunque, non può, sul versante dei requisiti di forma, presentare difetti rispetto alle prescrizioni generali contenute nell’art. 581 c.p.p., norma congegnata «[a]ll’insegna di razionalità ed economia delle ri- sorse»1 e, come è noto, modificata dall’art. 1, co. 55, l. 23 giugno 2017, n. 103.
La riforma del sistema delle impugnazioni realizzata con la legge predetta è intervenuta sull’art. 581 c.p.p. al fine di accentuare – almeno così sembra sul piano formale – sotto i profili qualitativo (profondità) e quantitativo (estensio- ne) gli standards dei requisiti contenutistici dell’atto propulsivo, accentuazio- ne la quale si coordina soprattutto con la rinnovata strutturazione del dovere giudiziale di motivazione della sentenza penale2.
Da un lato, dunque, si prescrive l’adozione di un modello motivazionale rigido e poco selettivo, dall’altro si tende ad adeguare al nuovo modello la piat- taforma contenutistica dell’impugnazione, secondo un’idea di parallelismo la quale, nel complesso, dovrebbe accrescere la qualità dell’atto da impugnare e così ridimensionare il ricorso – alla luce dell’apprezzamento di siffatta qualità e del grado di accettabilità che essa sprigiona – ad impugnazioni di cui può
1 Valentini, Le disposizioni sulle impugnazioni in generale, in Le impugnazioni penali, diretto
da Gaito, Torino, 1998, 233. Evidenzia Bono, Art. 581, in Atti processuali penali. Patologie, sanzio-
ni, rimedi, diretto da Spangher, Milanofiori Assago, 2013, 3094, come la disposizione intende altresì
responsabilizzare la parte impugnante dettando una regolamentazione analitica dei requisiti di forma.
pronosticarsi l’infondatezza, il rigetto e, anche, le temibilissime conseguenze sul versante della condanna alle spese del giudizio.
La versione rinnovata dell’art. 581 c.p.p. stabilisce che l’impugnazione si propone con atto scritto3 nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la
data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità, dei capi o dei punti della decisione ai quali si rife- risce l’impugnazione, delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione, delle richieste, anche istruttorie e dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta4.
Il co. 52 del medesimo articolo, invece, ha rimodulato l’art. 546, co. 1 lett. e) c.p.p. disponendo che la motivazione, quale requisito strutturale della sen- tenza, deve contenere la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati e con l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo:
a. all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputa- zione e alla loro qualificazione giuridica;
b. alla punibilità e alla determinazione della pena, secondo le modalità stabili- te dall’art. 533, comma 2 c.p.p. e della misura di sicurezza;
c. alla responsabilità civile derivante dal reato;
d. all’accertamento dei fatti dai quali dipende l’applicazione di norme proces- suali.
La logica di fondo di questo segmento dell’intervento riformatore traspa- re, come già detto, in maniera evidente, insieme al fine ultimo (inevitabilmente) costituito dalla deflazione dei carichi degli organi giurisdizionali: al rafforza- mento dell’obbligo di motivazione imposto dalla nuova strutturazione dell’art. 546 c.p.p. si correla (rectius: si dovrebbe correlare!) una simmetrica estensione dei requisiti di contenuto e dei profili di specificità dell’atto d’impugnazione, entrambi costituenti la premessa fondamentale per il corretto dispiegarsi, so- prattutto con riferimento all’appello, dell’effetto devolutivo.
Se, dunque, l’innovazione legislativa tende a rafforzare il profilo di ana- liticità della motivazione della sentenza penale, implementando il dovere di rendere compiutamente conto delle ragioni per le quali ogni questione attinente
3 Come sottolinea Cordero, Procedura penale, cit., 1109, l’impugnazione «[è] una domanda
scritta l’impugnazione».
4 V., per le questioni di diritto intertemporale, Cass. pen., Sez. III, 13 gennaio 2020, Olmo, per
all’accertamento penale è stata in un determinato modo definita e, per con- verso, spingendo in direzione di un ridimensionamento del modo di motivare fondato sul modello della motivazione implicita, che si determini un effettivo sviluppo della struttura normativa tipica della motivazione vi è qualche dub- bio, più semplicemente potendosi intravedere un momento di consolidamento di principi generali già acquisiti in ambito giurisprudenziale il cui sviluppo ulteriore è rimesso a determinazioni – incensurabili sul versante processuale – degli organi giurisdizionali5.
Infatti, la Corte di cassazione stessa, in una delle prime occasioni in cui è stata chiamata ad analizzare i riflessi della riforma sulla conformazione del do- vere motivazionale del giudice, ha sottolineato che attraverso la ridefinizione dell’art. 546, co. 1 lett. e) c.p.p. «sono stati puntualizzati una serie di elementi già ricompresi all’interno della motivazione della sentenza ma non esplicita- mente richiesti dalla legge, al fine di presidiare, attraverso l’esplicitazione del percorso logico seguito dal giudice, garanzie di libertà del cittadino, in linea con l’art. 111 Cost.»6.
Anche perché, trasferendo per un attimo la riflessione sul versante del controllo sulla motivazione affidato alla Corte di cassazione, non sembra po- tersi dubitare del fatto che, nonostante la novella, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato continui a propendere verso la verifica che la relativa motivazione sia:
a. “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudi- cante ha posto a base della decisione adottata;
b. non “manifestamente illogica”, ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da
5 Come fanno notare, infatti, Gialuz, Cabiale, Della Torre, Riforma Orlando: le modifiche at-
tinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Dpc, 2017, 3, 186. Definisce “pleonastica” la modifica dell’art. 546 c.p.p., poi, Da-
niele, La modifica dell’art. 581 c.p.p. L’insidioso crinale della specificità dell’appello, in Dpc, 2019, 2, 63. Secondo De Caro, Impugnazioni, cit., 338, la nuova disposizione, al di là della indiscutibile riorganizzazione linguistica, finisce per rappresentare la specificazione del contenuto argomentativo e della struttura della motivazione in un’ottica non certo nuova ma ricognitiva di elementi già radicati nell’ordinamento.
6 Cass. pen., Sez. V, 20 luglio 2018, n. 34504, la quale, non a caso individua nella “concisa
esposizione dei motivi di fatto e di diritto” il «baricentro dell’apparato giustificativo-motivazionale della sentenza e ad esso si parametra un analogo rigore logico-argomentativo richiesto ai motivi d’impugnazione». Presa di posizione, questa, che lascia intravedere la conservazione della giuri- sprudenza che ammette un modello di motivazione della sentenza di secondo grado che si salda con quella del precedente grado, in modo da dare vita ad un unico complessivo corpo argomentativo, al- lorquando i giudici di appello concordano con l’analisi e la valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione. V., di recente ed in linea con un orientamento consolidato, Cass. pen., Sez. III, 16 luglio 2013, n. 44418.
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;
c. non internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incon- gruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le afferma- zioni in essa contenute;
d. non logicamente “incompatibile” con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione7.
Difficile pensare, dunque, che la riforma sia idonea a determinare uno scostamento effettivo rispetto al quadro appena delineato, essendo la “reale idoneità” rappresentativa delle ragioni della decisione un elemento descrittivo che, necessariamente, sfugge a schemi predefiniti8 e che, soprattutto, racchiude
un concetto incompatibile con qualsiasi tendenza alla ipertrofia della motiva- zione della sentenza penale9.
2. I requisiti di forma e di contenuto dell’atto di impugnazione.
Ovviamente, la conservazione di modelli motivazionali ispirati da approc- ci particolarmente sintetici e strutturati su schemi in parte propensi all’aggi- ramento del dovere di completezza rischia di creare situazioni di squilibrio sistematico rispetto all’accentuazione del dovere di specificità che, per effetto della modifica dell’art. 581 c.p.p., dovrebbe connotare il profilo formale ed il contenuto tipico di un atto introduttivo del giudizio di impugnazione il quale, come è ben noto, è stato disciplinato in termini innovativi rispetto a quanto previsto dagli artt. 197 e 201 c.p.p. abr., seguendo una logica di “unicità”10.
La riforma incide su un tessuto normativo che, in fin dei conti, già nella
7 Cass. pen., Sez. VI, 15 marzo 2006, n. 10951.
8 Come evidenziato da Gaeta, Macchia, L’ordinanza cautelare e il suo controllo in Cassazio-
ne, in Dir. pen. e proc., 2008, 9, 1161, «non esiste (non può esistere) un ideal-tipo di motivazione».
Ed infatti, non manca in dottrina chi concorda con la tesi secondo cui l’intervento di riforma abbia realizzato più un consolidamento dei principi generali già acquisiti dalla giurisprudenza che un effet- tivo sviluppo della struttura normativa tipica della motivazione. V., in particolare, Zampaglione, La
motivazione della decisione dibattimentale di primo grado, Milano, 2019, 143.
9 Carattere, quest’ultimo, il quale viola l’obbligo di concisione ma non è processualmente
sanzionato. Dunque, ha precisato Cass. pen., Sez. IV, 1° luglio 2010, La Serra, non costituisce caso di ricorso per cassazione.
versione previgente assisteva la necessaria osservanza delle norme attinenti ai requisiti di forma ed al contenuto sostanziale dell’impugnazione dalla espressa previsione di una ipotesi di inammissibilità ai sensi dell’art. 591, co. 1 lett. c) c.p.p., di talché il richiamo contenuto nella norma appena citata alle disposizio- ni – ossia, a tutte le disposizioni! – contenute nell’art. 581 c.p.p. sembra privare di qualsiasi efficacia realmente innovativa la previsione, all’interno di esso, di una autonoma norma di carattere sanzionatorio11.
Si può dire, allora, che la riforma non prospetta problemi applicativi di particolare rilievo12, salvo che la formalizzazione del requisito della specificità
quale connotazione normativa degli elementi sostanziali dell’atto di impugna- zione – essa, si è però fatto bene ad evidenziare per ridimensionarne la fun- zione selettiva, è concetto elastico, una grandezza continua e non discreta13 –
non determini il prevalere di visioni inutilmente rigoristiche, per questo capaci di spezzare il delicato equilibrio che la giurisprudenza, si vedrà tra breve, ha costruito tra esigenze formalistiche ed istanze di conservazione di atti impu- gnativi che, sebbene non perfettamente in linea con il modello astratto, siano sostanzialmente conformi ad esso.
Anzi, e paradossalmente, una lettura poco attenta al dato sistematico po- trebbe condurre a conclusioni ancora più indulgenti sul terreno dei requisiti di forma dell’atto di impugnazione, ridimensionando in senso estensivo approdi giurisprudenziali di segno, invece, maggiormente pretensivo sul piano del ri- gore formale.
Con una lettura della norma priva di rigore sistematico, infatti, l’innova- zione potrebbe essere intesa quale clausola addirittura restrittiva dei casi di inammissibilità desumibili dal generico ed onnicomprensivo richiamo conte- nuto nell’art. 591 c.p.p., per cui sarebbe sprovvista, per esempio, di sanzione processuale la violazione della norma che, superando la libertà di forma previ- sta dal codice abrogato14, impone la forma scritta: requisito, quest’ultimo, «che
appare non tanto come un vero e proprio novum, quanto come l’(ovvia) conse-
11 Notano, infatti, Gialuz, Cabiale, Della Torre, Riforma Orlando, cit., 187, che l’inosservanza
della norma in esame era già ugualmente sanzionata dall’art. 591 c.p.p., ragione per cui si può pen- sare che la nuova formulazione abbia soprattutto un valore pedagogico volto a imprimere maggiore rigore nel controllo sul rispetto dei requisiti minimi dell’atto di impugnazione.
12 V., infatti, Cass. pen., Sez. V, 20 luglio 2018, n. 34504, la quale ha modo di rilevare come la
riforma abbia, anche nella prospettiva delle connotazioni contenutistiche dell’atto di impugnazione, «raccolto gli approdi più avanzati della giurisprudenza di legittimità».
13 Iacoviello, Giudizio di cassazione, cit., 655. Ma v., anche, Daniele, La modifica dell’art. 581
c.p.p., cit., 60, il quale evidenzia gli «irrinunciabili margini di ambiguità» della relativa nozione.
guenza della concentrazione in atto unico di dichiarazione e motivi, onde per cui risultava impossibile distinguere tra la prima, come atto (potenzialmente) orale e i secondi, quale atto (obbligatoriamente) scritto»15.
Scarso rigore sistematico – una sorta di incidente! – dal momento che la giurisprudenza ha chiarito come se è vero, da un lato, che le norme in materia di impugnazione sono ispirate ad un articolato formalismo, nella implicita e necessaria prospettiva di delimitare nei suoi esatti confini il campo di indagine del giudice del gravame, siffatto formalismo, dall’altro lato, non va inutilmente esasperato, ogni qualvolta sia possibile la sicura individuazione dei vari ele- menti dell’atto di impugnazione, altrimenti mortificandosi il principio generale del favor impugnationis.16
Ne consegue, secondo la Suprema Corte, che per dichiararne l’ammissibi- lità, l’atto di impugnazione deve essere valutato nel suo complesso perché solo attraverso un esame unitario è possibile verificare la completezza del suo conte- nuto e, quindi, la sua idoneità a dare impulso al grado successivo di giudizio17.
La riforma, al di là di quanto possa apparire alla luce dell’impronta emer- gente dall’estensione del campo di copertura del requisito della specificità – requisito la cui portata generale era stata, tra l’altro, posta in evidenza già nel corso dei lavori preparatori18 sebbene il mezzo di impugnazione maggiormente
interessato dalla relativa elaborazione sia l’appello19 – non sembra avere alte-
rato le direttrici di equilibrato sviluppo tra le esigenze condensate nei valori che, bilanciati, consentono di coniugare forma, e dunque responsabilità nella predisposizione dei motivi, e sostanza, ossia indiscutibile idoneità espressiva delle doglianze e delle correlate ragioni.
15 Valentini, Le disposizioni, cit., 234.
16 Cass. pen., Sez. VI, 1° marzo 1995, n. 5414. In dottrina v., in particolare, Marandola, Le
disposizioni generali, cit., 149.
17 Cass. pen., Sez. VI, 1° marzo 1995, n. 5414. In linea con l’indirizzo sostanzialista, Cass.
pen., Sez. I, 25 maggio 2011, Bosti, ha chiarito, correttamente, che l’impugnazione è inammissibile in caso di indecifrabilità grafica. V., inoltre, per l’inammissibilità dell’impugnazione redatta in lingua straniera, Cass. pen., Sez. un., 26 giugno 2008, Akimenco. Sul tema, ed in chiave critica, v. Bargis,
Inammissibile l’impugnazione redatta in lingua straniera: punti fermi e lacune di sistema dopo la pronuncia delle Sezioni unite, in Cass. pen., 2009, 2016; De Caro, Il sistema, cit., 51.
18 Infatti, la relazione al progetto preliminare del codice processuale vigente, occupandosi
dell’art. 574 del progetto, evidenziava come, interpretando l’innovazione costituita dal principio di unicità, esso ha tipizzato gli elementi che il gravame deve enunciare “in modo specifico” organiz- zandoli nelle categorie poi normativizzate. V., sul punto, Conso, Grevi, Neppi Modona, Il nuovo cpp, cit., 1269.
19 Daniele, La modifica dell’art. 581 c.p.p., cit., 60, per il quale, correttamente, «[l]’esigenza
della specificità del ricorso per cassazione è insita nella stessa struttura del medesimo, che deve es- sere imperniato sui motivi prefissati dall’art. 606 c.p.p.».
Ed allora, se l’indispensabilità della forma scritta ai fini dell’ammissibilità del gravame non sembra comunque potersi porre in discussione20, la Corte di
cassazione ha già da tempo precisato che la disposizione la quale impone che nell’atto di impugnazione debba essere indicata la data del provvedimento im- pugnato, essendo finalizzata a rendere possibile l’individuazione dell’atto del giudice che viene censurato, è pienamente osservata ove dal complesso degli elementi identificativi risulti incontroverso il provvedimento impugnato e sia desumibile la data certa21.
Più in generale, è stato ribadito che ai fini dell’ammissibilità dell’impu- gnazione l’errata o l’omessa indicazione del provvedimento impugnato, della data del medesimo e del giudice che lo ha emesso non assumono un autonomo rilievo, ma solo in quanto si può determinare incertezza nell’individuazione dell’atto, di talché solo in questo ultimo caso l’errore o l’omissione costituisco- no causa di inammissibilità dell’impugnazione22.
Addirittura, la Corte di cassazione ha affermato che deve considerarsi rituale l’atto di impugnazione privo della sottoscrizione del difensore impugnante, qua- lora sia possibile risalire aliunde al sottoscrittore come autore dell’atto, in quanto non è necessaria una forma o collocazione particolare della sottoscrizione stessa23.
L’inammissibilità dell’atto, infatti, può conseguire all’inosservanza delle forme previste dall’art. 583 c.p.p. esclusivamente nel caso in cui vi sia incer- tezza reale sulla legittima provenienza dello stesso dal soggetto titolare del relativo diritto e non anche quando la sua identità appaia desumibile dal com- plessivo esame del documento24.
Come è stato puntualmente fatto notare, la normativa in materia di im- pugnazioni «riflette non solo un’esigenza di certezza (anche) sui limiti della domanda ma pure quella di una meditata valutazione dell’atto che la parte sta compiendo»25.
20 La giurisprudenza ritiene inammissibile, altresì, l’impugnazione redatta in lingua straniera,
interamente o in uno dei suoi indefettibili elementi costitutivi, posto che l’interessato deve avvalersi di un interprete ai sensi dell’art. 143, co. 1 c.p.p. V., da ultimo e nell’ambito di un orientamento pa- cifico della giurisprudenza di legittimità, Cass. pen., Sez. VI, 16 giugno 2015, n. 25287.
21 Cass. pen., Sez. V, 7 ottobre 1997, n. 4293. Ma v., in precedenza, Cass. pen., Sez. I, 30 set-
tembre 1991, Vadim Fursov; Cass. pen., Sez. III, 13 novembre 1992, Del Gaudio.
22 Cass. pen., Sez. I, 16 novembre 1992, Galasso. 23 Cass. pen., Sez. III, 18 luglio 2016, n. 30404.
24 Cass. pen., Sez. III, 18 luglio 2016, n. 30404. In senso conforme v., in precedenza, Cass.
pen., Sez. V, 3 novembre 2010, n. 38722. Ritiene inammissibile l’impugnazione con in calce il cro- cesegno privo di autenticazione da parte del pubblico ufficiale, invece, Cass. pen., Sez. I, 20 giugno 2013, n. 27162.
Infatti, «richiedendo alle parti l’esplicitazione di nuovi elementi (rispetto a quanto previsto dagli artt. 197 e 201 c.p.p. abr.), si canalizza [una] maturata volontà [di impugnare] verso riferimenti concreti e specifici, destinati ad ope- rare su più versanti»26.
Ed allora, «si richiede – ai fini d’una prima individuazione dell’oggetto del giudizio d’impugnazione, così da poter chiarire se il gravame colpisca l’in- tera decisione (uno o più capi) oppure soltanto una sua parte (uno o più punti) – che vengano individuati i capi ed i punti della decisione ai quali si riferisce il gravame»27.
Come specificato in maniera costante dalla Suprema Corte, per capo della sentenza deve intendersi quella parte della decisione riguardante ciascun fatto re- ato oggetto di un autonomo rapporto processuale, mentre per punto della senten- za ciascuna statuizione in fatto e in diritto di cui consta un capo, estraibile dalla lettura del dispositivo della sentenza e suscettibile di una sua propria valutazione in quanto oggetto di indagine e di statuizione avente consistenza autonoma28.
In relazione al requisito predetto, la formulazione legislativa si caratteriz- za per il dato letterale costituito dalla richiesta di indicazione dei capi e punti in forma alternativa e non cumulativa, rimanendo di talché ribadita la deduzione secondo cui, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, basti il riferimento all’uno o all’altro requisito, «nel senso che la indicazione del capo è ritenuta comprensiva di tutti i punti a questo relativi […] mentre la indicazione di uno o più punti è da considerarsi preclusiva degli altri punti dello stesso capo non espressamente enunciati, nonché di tutti gli altri capi non comprensivi del pun- to o dei punti dedotti»29.
Nell’intento di evitare iniziative pretestuose e dilatorie30, si chiede poi
al soggetto impugnante di sostanziare, mediante la proposizione di specifiche richieste, il contenuto della domanda rivolta al giudice del gravame31: «L’im-
secondo la quale, con le previsioni di cui all’art. 581 c.p.p. il legislatore «costringe gli utenti ad un miglioramento nella qualità dell’atto con cui si provoca l’apertura del grado ulteriore di giudizio».
26 Spangher, Impugnazioni penali, cit., 226. 27 Spangher, Impugnazioni penali, cit., 226.
28 V., in questi termini e solo di recente, Cass. pen., sez. V, 20 luglio 2018, n. 34504. Nell’am-
bito di una posizione dottrinale sostanzialmente unanime v., inoltre, Bargis, Impugnazioni, cit., 748.
29 Sellaroni, Art. 581, cit., 94. V., altresì, Marandola, Le disposizioni generali, cit., 155. 30 L’attenzione del legislatore era accentuata ed ha portato, per esempio, all’introduzione