In relazione al procedimento differenziato previsto dagli artt. 444 ss. c.p.p. il rimedio dell’appello opera entro limiti molto ristretti, alla luce del carattere negoziale delle dinamiche che costituiscono la premessa della sentenza appli- cativa della pena (appunto) concordata ed in linea con l’esigenza di salvaguar- darne comunque la funzione deflativa.
«Non vi è dubbio infatti che» – è stato rimarcato – «nell’ipotesi in cui la procedura concordata si perfezioni, un’indiscriminata facoltà di adire il giudice di seconde cure vanificherebbe il risparmio di tempo e risorse guadagnato in primo grado, compromettendo l’essenza deflativa ed acceleratoria del proce- dimento [dal momento che] la conflittualità, evitata in prima istanza, sarebbe solo rinviata, con le prevedibili negative ricadute in punto di durata della vi- cenda processuale»55.
Inoltre, la natura contratta dell’accertamento e della decisione, conforme alle pattuizioni delle parti, «impedisce a queste di tenere un comportamento contraddittorio, criticando in un’ottica demolitoria quel pactum da esse stesse concluso e recepito dalla decisione giudiziale»56.
Essendo il prodotto di un accordo, dunque, la sentenza è inappellabile dalle parti, mentre il mezzo di gravame viene recuperato allorché ricorra il caso eccezionale, previsto dall’art. 448 c.p.p., costituito dall’applicazione della pena in assenza del consenso del pubblico ministero.
L’evenienza costituita da un “primo” diniego della parte pubblica, come si sa, non ha portata definitivamente pregiudicante rispetto all’accesso al procedi- mento speciale dal momento che l’imputato, prima della dichiarazione di aper-
appello, cit., 40: «Si presuppone, in sostanza, che la sentenza di condanna sia di massima “satisfat-
tiva” delle pretese della parte pubblica, quando, in realtà, è il “tipo” di sentenza di condanna sulla quale si dovrebbe misurare l’accoglimento o meno della “domanda punitiva” con la quale lo stesso pubblico ministero intende svolgere il suo ruolo di parte».
55 Geraci, L’appello contro la sentenza che applica la pena su richiesta, Padova, 2011, 3. 56 Geraci, L’appello, cit., 3.
tura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta57 e il giudice, se
la ritiene fondata ed una volta acquisito (comunque) il consenso del pubblico ministero, deve pronunciare immediatamente sentenza.
In caso di rinnovazione da parte dell’imputato della richiesta di applica- zione della pena ex art. 448, co. 1 c.p.p., ha infatti stabilito la Corte di cassazio- ne nel conformare la fattispecie, il giudice può pronunciare la relativa sentenza fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado soltanto alla condizione che intervenga il consenso del pubblico ministero58.
L’impostazione giurisprudenziale è stata accolta anche dalla Corte costi- tuzionale, la quale ha ritenuto conforme all’essenza dell’istituto – oltre che non è in contrasto con il tenore letterale della disposizione censurata, la quale si limita a prevedere la facoltà dell’imputato di rinnovare la propria richiesta pri- ma dell’apertura del dibattimento, mediante una formulazione che non esclude che la richiesta debba essere corredata del consenso del pubblico ministero – che il potere di pronunciare sentenza di applicazione della pena malgrado il dissenso del pubblico ministero possa essere esercitato, ex art. 448, co. 1 c.p.p., solo dopo la chiusura del dibattimento, quando il giudice è posto in grado di valutare, in esito alle risultanze dell’istruzione dibattimentale, se le ragioni del dissenso del pubblico ministero erano giustificate59.
La conformazione della fattispecie introduttiva sussidiaria – la quale se- gue la dinamica complessiva tipica della sequenza originaria, spostandone l’operatività in una fase più avanzata del procedimento – rende inappellabile anche la relativa pronuncia adesiva del giudice, di talché «lungi dal consentire una sorta di controllo giurisdizionale “anticipato” sull’ingiustificato diniego di accesso al rito negoziale, analogo a quello realizzabile a conclusione del giu- dizio dibattimentale, il meccanismo in questione si struttura come un’ultima chance per attivare il concordato prima che il processo si avvii inesorabilmente sui binari delle cadenze ordinarie»60.
La deviazione rispetto allo schema introduttivo tipico si verifica, invece, allorquando non abbia avuto luogo il recupero del rito speciale in limine iudi-
57 Cass. pen., Sez. VI, 11 novembre 2003, n. 46783 ha, correttamente, chiarito che è inammis-
sibile la richiesta di applicazione della pena a norma degli artt. 444 ss. c.p.p. formulata dall’imputato dinanzi al giudice del dibattimento, qualora il dibattimento stesso sia stato preceduto dall’udienza preliminare nella quale nessuna analoga richiesta sia stata avanzata, in quanto l’art. 448, co. 1 c.p.p. gli riconosce la facoltà di rinnovarla in caso di dissenso del pubblico ministero o di rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari, ma non quella di presentarla per la prima volta in limine iudicii.
58 Cass. pen., Sez. VI, 11 aprile 2007, n. 31949. 59 C. cost., 28 marzo 2003, n. 100.
cii, dal momento che il giudice deve provvedere all’applicazione della pena
richiesta (soltanto dall’imputato, quindi) dopo la chiusura del dibattimento di primo grado61 o nel giudizio di impugnazione quando, nel rispetto della conno-
tazione devolutiva del rimedio impugnatorio, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o, diversamente, il rigetto della richiesta.
Non avendo prestato il proprio consenso, il pubblico ministero recupera, in siffatta particolare evenienza, la facoltà di accesso al mezzo di gravame, utiliz- zabile al fine di ribadire i profili di illegalità posti a fondamento del precedente diniego, non a caso ex lege necessitante di puntuale e specifica motivazione.
La preclusione rispetto all’appello dell’imputato è, invece, assoluta, dal momento che la giurisprudenza ha precisato come non sia appellabile dalla parte privata la sentenza di applicazione della pena pronunciata dal giudice che, in chiusura del dibattimento, ritenga ingiustificato il dissenso espresso dal pubblico ministero o il provvedimento di rigetto da parte del giudice dell’u- dienza preliminare, poiché tutte le sentenze che applicano la pena su richiesta delle parti hanno analoga natura e, salvo particolari disposizioni normative, esplicano i medesimi effetti62.
In ogni caso, qualora l’appellante deduca come motivo principale l’infon- datezza dell’affermazione di responsabilità contenuta nella sentenza impugna- ta e solo in via subordinata l’ingiustificato dissenso del pubblico ministero in ordine alla richiesta di applicazione della pena proposta in primo grado, il giu- dice d’appello deve dapprima esaminare il motivo principale e, solo nel caso in cui ritenga di confermare l’affermazione di responsabilità formulata in primo grado, può prendere in considerazione il motivo di impugnazione subordinato e accoglierlo, ove ritenga ingiustificato il dissenso del pubblico ministero e congrua la pena richiesta63.