Con una disposizione di carattere generale, l’art. 573 c.p.p. stabilisce che l’impugnazione concernente gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale.
Come sottolineato da chi ha studiato in maniera approfondita l’istituto, «dal punto di vista oggettivo i provvedimenti che principalmente potranno dare vita, in sede di impugnazione, ad interessi civili – dei quali sono anzitutto
74 Cass. pen., Sez. un., 11 novembre 1994, Nicoletti. In senso conforme v., successivamente,
Cass. pen., Sez. I, 3 luglio 1998, n. 4012. V. per la precisazione che il sostituto cassazionista sia legit- timato a proporre ricorso per cassazione anche se siffatta qualificazione non è posseduta dal collega sostituito, v. Cass. pen., Sez. un., 28 aprile 2016, n. 40518.
75 Cass. pen., Sez. un., 11 novembre 1994, Nicoletti. In senso diverso v., invece, Marandola,
Le disposizioni generali, cit., 79, la quale ritiene che il difensore possa proporre motivi nuovi ma non
una autonoma impugnazione.
76 Cass. pen., Sez. V, 9 febbraio 1999, n. 3552. V., più di recente, Cass. pen., Sez. V, 19 novem-
bre 2003, n. 10310, la quale esclude che possa disporsi la condanna alle spese del procedimento.
portatori la parte civile e l’imputato – saranno quelli contenuti nelle decisioni emesse dal giudice penale che, risolvendo controversie che le parti avrebbero potuto autonomamente coltivare innanzi al giudice civile, assumono il conte- nuto di vere e proprie sentenze civili rispetto alle quali si può delineare una situazione di soccombenza in fatto o in diritto»78.
Sebbene, quindi, l’atto introduttivo non chiami in causa profili dell’ac- certamento di carattere penalistico ed attenga esclusivamente alle tematiche concernenti il rapporto accessorio introdotto dalla domanda risarcitoria, le for- me del processo penale – ivi incluse quelle concernenti il segmento decisorio, parte integrante del giudizio e, quindi, riconducibili le diverse cadenze alla nozione generale di trattazione79 – continuano a costituire la piattaforma dell’i-
tinerario deputato a verificare la fondatezza dei motivi di doglianza.
Ragione per cui, non potendosi escludere che l’impugnazione venga pro- posta soltanto per fare valere motivi riferiti alle statuizioni civili della sen- tenza, può verificarsi che il processo penale prosegua, nei gradi successivi al primo, per la sola cognizione degli interessi civili80.
Come è stato opportunamente notato, «per stabilire se il gravame sia pro- posto per i soli effetti civili occorre compiere una valutazione complessiva della struttura formale e sostanziale dell’atto d’impugnazione»81.
Occorre, in altri termini, esaminare in maniera approfondita le richieste formulate – costituenti, appunto, il dato essenziale di qualsiasi impugnazione – alla luce dei motivi che le sorreggono, in modo da escludere la ricorrenza di domande concernenti aspetti di rilevanza squisitamente penalistica che, tra l’altro, sarebbero precluse rispetto a determinati legittimati.
La Corte di cassazione ha stabilito che il disposto dell’art. 573 c.p.p., laddo- ve prevede che l’impugnazione per i soli interessi civili sia – tra l’altro – trattata “con le forme ordinarie del processo penale”, ha per referente ogni rituale moda- lità di trattazione del procedimento penale di impugnazione che risulti inderoga- bilmente vincolata alla tipologia cui appartenga il provvedimento impugnato ed alle conseguenti modalità di trattazione del procedimento di primo grado82.
78 Diddi, L’impugnazione per gli interessi civili, Padova, 2011, 4.
79 Ed infatti, in relazione alla versione della norma prospettata nel progetto preliminare, la Cor-
te di cassazione aveva evidenziato l’opportunità di eliminare le parole “e deciso” riferite al giudizio. In questo senso si esprime il parere della Suprema Corte, in Conso, Grevi, Neppi Modona, Il nuovo
cpp, cit., 1261.
80 Parla di artificiosa perpetuatio iurisdicionis, in ambito dottrinario, Marandola, Le disposi-
zioni generali, cit., 94.
81 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 94. 82 Cass. pen., Sez. V, 21 gennaio 1997, Palmieri.
In ogni caso essa, riguardando questioni attinenti all’esercizio dell’azione civile nell’ambito di un processo il cui oggetto principale è costituito da una verifica dotata di rilevanza essenzialmente pubblicistica83, il ricorso – è stato
precisato nell’art. 573, co. 2 c.p.p., norma la quale non era stata prevista nel progetto preliminare del 1978 ma soltanto perché ritenuta superflua alla luce del ristretto ambito devolutivo dell’impugnazione – non sospende l’esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato.
«Insomma» – si è detto con estrema efficacia – «non è permesso di intac- care l’accertamento penale, in mancanza di impugnazione del pubblico mini- stero, benché la legge consenta che, in accoglimento del ricorso della sola parte civile, si rinnovi l’accertamento dei fatti posto a base di una responsabilità per fatto illecito che rimuova quello preclusivo del susseguente esercizio dell’azio- ne civile o, comunque, pregiudizievole per gli interessi civili»84.
Ed allora, esaminando più da vicino il profilo costituito dalla legittima- zione a proporre una tale tipologia di impugnazione, merita di essere eviden- ziato che, sebbene l’art. 570 c.p.p. non ponga espresse limitazioni rispetto alla proposizione di impugnazioni riguardanti gli interessi civili, v’è comunque il profilo valutativo concernente l’interesse ad impugnare a generare uno sbar- ramento rispetto all’ammissibilità di esse, dal momento che la parte pubblica «può indirizzare la sua azione esclusivamente per far valere la pretesa punitiva dello Stato per cui, di regola, essa risulta incompatibile con le istanze egoisti- che perseguite dalle parti private»85.
Non è casuale, pertanto, che le disposizioni generali sulle impugnazioni non prevedano una specifica legittimazione del pubblico ministero rispetto alla proposizione di un siffatto mezzo, essendosi la valutazione di non ricorrenza dell’interesse tradotta nel mancato inserimento di previsioni corrispondenti a quelle concernenti la legittimazione dell’imputato e delle altre parti private86.
L’art. 574, co. 4 c.p.p. chiarisce innanzitutto che l’impugnazione dell’im- putato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.
83 Galati, Le impugnazioni, in Diritto processuale penale, Ed. IV, II, 2001, 444.
84 Nuzzo, Sui poteri del giudice dell’impugnazione in materia civile nell’ipotesi di estinzione
del reato, in Cass. pen., 2008, 214.
85 Diddi, L’impugnazione, cit., 69. In questo senso v., in giurisprudenza, Cass. pen., Sez. IV, 11
aprile 2000, Porfiri.
Come accade, secondo la giurisprudenza di legittimità, allorquando l’im- pugnazione proposta dall’imputato avverso la pronuncia afferente alla sua re- sponsabilità penale determina l’esclusione di una circostanza aggravante, in quanto statuizione incidente sulla responsabilità dell’imputato i cui effetti ven- gono oggettivamente estesi anche alla pronuncia di condanna al risarcimento del danno sotto il profilo della quantificazione87.
La dottrina ha messo in evidenza il carattere improprio del rinvio alla sentenza di assoluzione, posto che essa non può contenere statuizioni afferenti al rapporto civilistico, di talché sarebbe stato sistematicamente corretto conser- vare la formulazione iniziale della disposizione, laddove si faceva riferimento alla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato88.
La regola dell’efficacia estensiva degli effetti dell’impugnazione è stata ribadita anche in relazione alle sentenze pronunciate dal giudice di pace, es- sendosi chiarito in ambito giurisprudenziale che, quantunque l’art. 37, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 preveda che la sentenza di condanna a pena pecuniaria è appellabile solo nel caso in cui venga impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno, deve ritenersi che il gravame proponibile contro il provvedimento sia l’appello qualora la sentenza, anche indipendentemente da una specifica impugnazione circa il risarcimento conseguente alla condanna, contenga statuizioni civili89.
L’imputato, in altri termini, può astenersi dall’attaccare in maniera speci- fica le statuizioni civili pregiudizievoli che siano logicamente connesse all’ac- certamento della responsabilità penale, essendo coerente con il principio di correlazione logica delle statuizioni interne alla sentenza l’effetto estensivo che si determina in ragione della coincidenza del fatto costituente la premessa della domanda risarcitoria rispetto a quello penalmente rilevante.
Ovviamente, la mancanza di iniziative direttamente finalizzate a porre in discussione il contenuto delle statuizioni di matrice civilistica della sentenza – dunque, in caso di impugnazione proposta esclusivamente agli effetti pe- nali – realizza un effetto circolare (o di ritorno) negativo per cui, disattese le doglianze enucleate nell’atto, è inibito al giudice l’esame critico delle (sole) statuizioni civili.
Di talché, è stato correttamente ribadito in giurisprudenza che l’impugna- zione avanzata dall’imputato contro la pronuncia di condanna penale estende
87 Cass. pen., Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 1917.
88 Evidenzia l’improprietà del riferimento, infatti, Marandola, Le disposizioni generali, cit., 97. 89 V., fra le tante, Cass. pen., Sez. V, 20 dicembre 2005, n. 5128.
oggettivamente i suoi effetti devolutivi anche alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, ma solo nella parte in cui quest’ultima abbia diretta dipendenza dal capo o dal punto penale impugnato, ragione per la quale si è escluso che possa considerarsi devoluta al giudice di appello la cognizione dei vizi interni riguardanti le statuizioni civili, concernenti le modalità di liquida- zione delle restituzioni e del risarcimento del danno, non dedotti in uno spe- cifico motivo di gravame nell’ambito di una impugnazione pluridirezionale90.
Coerentemente, proprio perché l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna estende oggettivamente i suoi effetti alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, se quest’ultima dipende dal capo o dal punto gravato, impedendone la parziale irrevocabilità, è legittimamente pro- ponibile dalla persona offesa costituita parte civile l’appello incidentale contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l’azione civile e l’entità del danno risarcibile.
Difatti, la parte della sentenza investita dall’appello incidentale risulta lo- gicamente collegata ai capi ed ai punti oggetto dell’impugnazione principale, potendo la parte civile, inizialmente acquiescente, subire indubbiamente dalla modifica di questi una diretta ed immediata influenza negativa91.
Chiaramente, nell’ambito di una impugnazione proposta per censurare i capi penali della sentenza ovvero in assenza di motivi di censura riferiti ad essi, l’imputato può proporre impugnazione contro i capi della sentenza che ri- guardano la sua condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno e contro quelli relativi alla rifusione delle spese processuali92.
Può, altresì, proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte ed evidentemente non ac- colte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali93.
Anche nel caso in cui, eventualmente, i motivi di censura proposti dall’im- putato non abbiano come oggetto le statuizioni penali, l’impugnazione deve essere proposta con il mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza, di talché «i capi relativi alle questioni civili decise dal giudice penale saranno sindacabili solo in quanto siano censurabili le decisioni penali che le contengo-
90 Cass. pen., Sez. VI, 16 gennaio 2002, n. 10373. 91 Cass. pen., Sez. III, 3 agosto 1999, n.10308.
92 Non è impugnabile, secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, il provvedimento
di condanna al pagamento di una somma a titolo di provvisionale, in quanto esso non ha valore vincolante di giudicato in sede civile, essendo destinato ad essere travolto – per il suo carattere di provvisorietà e per la sua natura meramente deliberativa – dalle statuizioni definitive sul risarcimento del danno. V., tra le tante nel medesimo senso, Cass. pen., Sez. IV, 4 giugno 2004, n. 36760.
no»94 ed il relativo giudizio sarà trattato e deciso secondo le regole del codice
processuale penale.
Venendo adesso a trattare della legittimazione ad impugnare delle par- ti eventuali, «va, in primo luogo, ribadita la regola, deducibile a contrario, dell’art. 571 c.p.p., secondo la quale solo il legale dell’imputato è titolare di un potere di impugnazione autonomo, per cui, ove la legge attribuisca il diritto d’impugnare alle parti private diverse dall’imputato, esso va riferito alle parti “personalmente” e mai ai loro difensori»95.
Ed infatti, realizzando una solida saldatura con predetta posizione di ma- trice dottrinaria, la Corte di cassazione ha chiarito che le norme relative alle impugnazioni delle parti private diverse dall’imputato prevedono e conferisco- no il potere d’impugnativa alle stesse “parti” personalmente considerate, giam- mai ai loro difensori, che, come tali, non possono conseguentemente ritenersi legittimati, a meno che non siano muniti di procura speciale96.
Posta, dunque, la necessità di agire in sede processuale – anche, ovvia- mente, al fine di azionare il diritto all’impugnazione – attraverso il difensore munito di procura speciale, va notato che per un verso l’art. 100 c.p.p. prevede una vera e propria procura alla lite – con tutte le conseguenze tipiche che ad essa l’ordinamento riferisce, ed in primo luogo il conferimento ex lege della rappresentanza al difensore designato dalla parte sostanziale – per altro verso l’art. 122 c.p.p. delinea una procura ad acta, mediante la quale si trasferisce in capo all’investito una altrimenti assente capacità di carattere sostanziale, finalizzata al compimento di taluni atti e ferma restando l’intermediazione ne- cessaria del difensore (giacché quando agisce il procuratore ex art. 122 è come se operi la parte personalmente)97.
La differenza tra le due procure – è stato posto in rilievo – è radicale e tale resta anche quando unitamente alla prima venga, con lo stesso atto, conferita alla medesima persona anche la seconda, cosa ben possibile in quanto, pur in
94 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 96.
95 Marandola, Le disposizioni generali, cit., 98. V., altresì, Nuzzo, In tema di “procura specia-
le” per l’impugnazione del difensore della parte civile, in Cass. pen., 2009, 222; De Caro, Il sistema,
cit., 43.
96 Cass. pen., Sez. IV, 14 maggio 1997, n. 6364.
97 Silvestri, Parte civile e procure speciali per le impugnazioni, in Cass. pen., 2003, 2351.
Sottolineano la diversità tra le due tipologie di procura, inoltre, Marandola, Le disposizioni generali, cit., 99; Taddeucci Sassolini, Procura speciale a costituirsi parte civile e procura speciale ad litem:
brevi osservazioni sul potere di autentica del difensore, in Cass. pen., 1995, 273; Vessichelli, Quale procura per l’impugnazione del difensore della parte civile, in Cass. pen., 2005, 387. In giurispru-
presenza di distinte disposizioni, non si rinviene nell’ordinamento una norma che vieti il cumulo, in unico atto, di tali distinte scritture98.
Orbene, appare evidente, ed in questo senso è orientata la giurisprudenza, che la procura idonea a provocare l’instaurazione della fase d’impugnazione non sia quella prevista dall’art. 100 c.p.p., occorrendo una puntuale determina- zione finalizzata a conferire uno specifico potere, ancorché per l’efficacia della stessa si possa prescindere dal ricorso a formule sacramentali99.
L’art. 575 c.p.p. si occupa della legittimazione ad impugnare delle parti eventuali del processo penale e tiene conto della duplicità di interessi, sia diret- to che mediato, riscontrabile nella posizione di soggetti chiamati a rispondere per fatto non proprio.
Il reato, infatti, è un fatto storico che produce sul versante giuridico conse- guenze rilevanti sia dal punto di vista penalistico sia dal punto di vista civilistico e, su questi fronti, alcune conseguenze investono anche persone diverse dall’au- tore o dagli autori del reato stesso: «[s]u quello civile, in particolare, si deve subi- to sottolineare come il reato può causare un danno risarcibile – che è cosa diversa dal danno criminale, col quale solo in alcuni casi coincide – che, a sua volta, può far nascere un “obbligo” risarcitorio e restitutorio non solo in capo all’autore del fatto penalmente illecito ma anche in capo ad altri soggetti»100.
Sul versante penalistico, poi, talune disposizioni contenute in leggi spe- ciali e negli artt. 196 e 197 c.p. delineano l’istituto sostanziale dell’obbligazio- ne civile di particolari categorie di persone legate al condannato da specifici vincoli giuridici, per il pagamento di somme pari all’ammontare della multa e dell’ammenda inflitta al condannato insolvibile101.
98 Cass. pen., Sez. un., 27 ottobre 2004, Mazzarella. Con la procura speciale ex art. 100 c.p.p.,
sottolinea Nuzzo, In tema di “procura speciale”, cit., 222, Il difensore «può così agire, perché la parte lo ha investito con un atto che la legge chiama procura, ma che è in realtà una semplice desi- gnazione e non un conferimento di poteri, dal momento che l’indicato conferimento viene operato direttamente dalla legge».
99 V., tra le tante, Cass. pen., Sez. V, 1° dicembre 2010, n. 42666; Cass. pen., Sez. III, 19 marzo
2003, Malivena; Cass. pen., Sez. III, 8 novembre 2002, Poma; Cass. pen., Sez. V, 21 dicembre 2000, Pendinelli ed altri, la quale esclude che la previsione del conferimento della procura speciale al di- fensore per l’impugnazione della parte civile sia viziata sul versante della legittimità costituzionale; Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 1997, Sorrentino; Cass. pen., Sez. IV, 9 luglio 1997, Geremia; Cass. pen., Sez. IV, 14 maggio 1997, Ferrara; Cass. pen., Sez. VI, 8 febbraio 1996, Di Benedetto; Cass. pen., Sez. IV, 21 giugno 1994, Sozzi. In dottrina v., poi, Marandola, Le disposizioni generali, cit., 98; Silvestri, Parte civile e procure speciali per le impugnazioni, cit., 2351; Vessichelli, Quale procura
per l’impugnazione del difensore della parte civile, cit., 387.
100 De Caro, Responsabile civile, in Dig. disc. pen., XII, 93
Pertanto è naturale che i soggetti gravati da obblighi di siffatta natura di- vengano, sebbene estranei alla dinamica concreta del fatto, altresì protagonisti del circuito processuale introdotto dal sistema delle impugnazioni.
La norma prevede, innanzitutto, che il responsabile civile può proporre impugnazione, mediante il mezzo che la legge attribuisce all’imputato, contro le disposizioni della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato stesso e contro quelle relative alla condanna di questi e del responsabile civile alle restituzioni, al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali.
È stato notato che la generica dizione normativa contenuta nella prima parte della disposizione lascia presumere che il responsabile civile possa im- pugnare anche le sentenze di assoluzione, nei limiti, tuttavia, della ricorrenza di un effettivo interesse all’impugnazione102.
Per le sentenze di condanna è, poi, evidente l’interesse del responsabile ci- vile ad impugnare anche se non è stata disposta la condanna, sua o dell’imputato, al risarcimento dei danni o alle restituzioni in relazione agli effetti pregiudizievo- li che la sentenza di condanna può comunque avere, sia pure indirettamente, nei suoi confronti ai sensi degli artt. 651 e 654 c.p.p. o in relazione ai possibili effetti favorevoli di una sentenza di assoluzione o di proscioglimento103.
Lo stesso diritto spetta alla persona civilmente obbligata per la pena pecu- niaria nel caso in cui sia stata condannata ex art. 534 c.p.p., mentre il respon- sabile civile può altresì proporre, puntualizza l’art. 575, co. 3 c.p.p., impugna- zione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali.
La lettera della norma, è stato posto in rilievo, è quanto mai contorta, anche se sembra doversi interpretare nel senso che essa intenda riferirsi alle ipotesi descritte dagli artt. 541, co. 2 e 542 c.p.p, ossia ai casi di condanna del- la parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dal responsabile civile e, nell’ipotesi di colpa grave, al risarcimento dei danni in favore dello stesso qualora vi sia stato il rigetto della domanda civile proposta dal danneg- giato ovvero quando l’imputato sia stato assolto per cause diverse dal difetto di imputabilità e di condanna del querelante alla rifusione delle spese processuali e, nel caso di colpa grave, al risarcimento dei danni subiti dal responsabile ci- vile quando l’imputato viene assolto con le formule perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso104.
102 De Caro, Responsabile civile, cit., 93.
103 De Caro, Responsabile civile, cit., 93; V., inoltre, Diddi, L’impugnazione, cit., 81. 104 De Caro, Responsabile civile, cit., 93.
In queste situazioni, se nel corso del giudizio di primo grado il responsabile civile ha fatto espressa domanda di condanna della parte civile alla rifusione delle spese processuali e al risarcimento del danno ed il giudice che assolve l’im- putato la rigetta, il terzo obbligato è legittimato ad impugnare la sentenza105.
Nel complesso si tratta, come può notarsi, di una legittimazione che opera ad ampio raggio, potendo investire sia le statuizioni concernenti l’imputato – ed in caso di condanna anche quelle di natura penalistica – sia le decisioni emesse nei loro confronti106.
Alla stregua del letterale tenore dell’art. 575, co. 1 e 3, c.p.p., non si è ritenuto di dotare il responsabile civile di legittimazione ad impugnare la sen-