• Non ci sono risultati.

Alla luce di un siffatto quadro di intendimenti, il sistema normativo che emerge dal combinato disposto degli artt. 34 e 71, co. 1 e 2 d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 consente senza dubbio – ma non poteva essere altrimenti, alla luce del disposto dell’art. 111, co. 7 Cost. – all’ente di proporre ricorso per cassazione, dal momento che la prima delle disposizioni richiamate, operando un rinvio alle norme del codice processuale penale in relazione alla disciplina del procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato ed in chiave integrativa delle disposizioni contenute negli artt. 34 ss., richiama anche le norme processuali relative ai mezzi di impugnazione6.

L’art. 71 del decreto differenzia, però, la disciplina delle impugnazioni a seconda del fatto che la sentenza conclusiva del procedimento abbia disposto l’applicazione di sanzioni interdittive ovvero di tipo diverso7: in relazione alla

4 Paolozzi, Processo agli enti, cit., 1169.

5 Spangher, Le impugnazioni, in Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipen-

denti da reato, a cura di Garuti, Padova, 2002, 373.

6 Spangher, Le impugnazioni, cit., 374. V., inoltre, Garuti, Processo agli enti, cit., 604, il quale

rileva l’assenza di norme di carattere procedurale.

7 Sulla disciplina del trattamento sanzionatorio degli enti v., tra gli altri, Oggero, Responsabi-

lità delle società e degli enti collettivi, cit., 801; Lottini, Il trattamento sanzionatorio, in Responsa- bilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di Garuti, Padova, 2002, 127.

prima ipotesi, difatti, il co. 2 dispone che l’ente può “sempre” proporre appello, anche se esso non è ammesso per l’imputato del reato dal quale dipende l’ille- cito amministrativo, mentre rispetto alla seconda i profili relativi alla legittima- zione, ai mezzi ed ai provvedimenti impugnabili sono ancorati alla disciplina del codice processuale concernente l’imputato8.

Dalla relazione al d. lgs. 8 aprile 2001, n. 231 si evince che, con riferimen- to alla seconda delle ipotesi prese in esame, la norma trova applicazione non soltanto nel caso di procedimento cumulativo rispetto alle due tipologie di ac- certamento (penale ed amministrativo)9, ma anche allorquando il procedimento

ha per oggetto soltanto la responsabilità amministrativa dell’ente, sia perché ab

initio differenziato sia in quanto successivamente separato.

Alla luce di quanto detto, è chiaro che il regime dell’impugnabilità della sentenza applicativa di sanzioni interdittive è del tutto sganciato dalle previsioni concernenti la legittimazione dell’imputato, essendo prevista una generale appel- labilità la quale può non trovare corrispondenza nelle disposizioni del codice ed infatti la relazione chiarisce, al fine di evitare l’insorgenza di possibili equivoci, che in siffatta evenienza l’ente può proporre appello “anche se il gravame non è consentito per l’imputato del reato dal quale dipende l’illecito amministrativo”10.

La norma, la quale evidentemente tende a rimarcare la eccezionale gravità della tipologia di misure in discorso rispetto alla conservazione della funzio- nalità dell’ente, se da un lato si presenta come idonea ad ampliare gli ambiti di appellabilità delle sentenze rispetto a quanto consentito all’imputato, dall’altro rischia di ingenerare duplicazioni di procedimenti che, invece, hanno nelle fasi precedenti seguito itinerari unitari.

Un pericolo che il legislatore si è rappresentato unitamente a quello del prodursi di asimmetrie nelle posizioni di parti invece caratterizzate da tratti di evidente omogeneità rispetto all’oggetto dell’accertamento, ma che ha preferi- to non fronteggiare mediante la ricerca di soluzioni particolari, facendo invece affidamento sull’istituto della conversione ex art. 580 c.p.p., di talché il ricorso per cassazione eventualmente proposto dall’imputato è destinato a convertirsi in appello11.

Per quel che concerne l’impugnazione del pubblico ministero avverso le

8 V., sul regime differenziato alla luce della sanzione irrogata, Garuti, Processo agli enti, cit., 604. 9 Quella del simultaneus processus – evidenzia Cimadomo, Prova e giudizio di fatto nel pro-

cesso a carico degli enti. Il difficile equilibrio tra difesa e prevenzione, Milanofiori Assago, 2016,

142 – è una scelta di fondo del modello processuale riservato all’ente.

10 Garuti, Processo agli enti, cit., 604. 11 Spangher, Le impugnazioni, cit., 376.

sentenze (genericamente) riguardanti l’illecito amministrativo, l’art. 71, co. 3 d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in termini maggiormente lineari ed al fine di fa- vorire un’ampia appellabilità12, si limita a stabilire che possono essere proposte

le stesse impugnazioni consentite per il reato da cui l’illecito amministrativo dipende13.

La finalità di evitare l’insorgere di un contrasto di giudicati tra l’accerta- mento penale e quello dell’illecito amministrativo dipendente dal medesimo reato ha determinato il legislatore ad introdurre una norma la quale, simmetri- camente a quanto disposto dall’art. 587 c.p.p.14, disciplina una specifica ipotesi

di efficacia estensiva dell’impugnazione.

L’art. 72, d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, difatti, prevede che le impugnazio- ni proposte dall’imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo e dall’ente, giovano, rispettivamente, all’ente e all’imputato, purché non fondate su motivi esclusivamente personali.

La disposizione, l’ampiezza della quale è ricostruibile facendo riferimen- to alla corrispondente disposizione codicistica, aiuta l’interprete a fare luce sull’ampiezza delle questioni deducibili dall’ente in sede di gravame, non po- tendo dubitarsi della possibilità di fare valere ragioni di doglianza anche di- verse da quelle specificamente riferibili ai profili della propria responsabilità15.

Da un punto di vista procedimentale, sebbene il legislatore non preveda nulla al riguardo, il rinvio operato dall’art. 34, d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 alle disposizioni del codice processuale penale rende agevole la conclusione secondo cui deve disporsi, ai sensi dell’art. 601, co. 1 c.p.p., la citazione della parte non appellante, con la conseguente soggezione all’eventuale reformatio

in peius della decisione impugnata in caso di appello incidentale del pubblico

ministero16.

12 Spangher, Le impugnazioni, cit., 378; Garuti, Processo agli enti, cit., 604.

13 Secondo Garuti, Processo agli enti, cit., 604, il sistema rischia di determinare problemi in

caso di separazione del procedimento penale da quello di accertamento dell’illecito amminstrativo.

14 Alla norma codicistica, sottolinea infatti Fonti, L’effetto estensivo dell’impugnazione, cit.,

143, la disposizione speciale si collega idealmente.

15 Spangher, Le impugnazioni, cit., 382.

16 Spangher, Le impugnazioni, cit., 382. V., inoltre, Fonti, L’effetto estensivo dell’impugnazio-

L’APPELLABILITÀ SOGGETTIVA ED OGGETTIVA