Gli anni Novanta si aprono per l’Italia con la più ampia e pervasiva crisi dalla fine della seconda guerra mondiale e l’avvio dell’era repubblicana40. La crisi in parola fu sì di matrice finanziaria e monetaria41 ma ebbe dirompenti ripercussioni politico-istituzionali. La crisi economica, infatti, si innestò in un contesto socio-politico fortemente condizionato da una vera e propria rivoluzione spesso etichettata con la locuzione di “fine della Prima Repubblica”42.
La criticità della fase storica vissuta in quei mesi favorì una convergenza d’intenti fra le diverse forze politiche che permise, in un periodo piuttosto breve, di promulgare la legge delega 23 ottobre 1992 n. 421 (Delega al Governo per la
40 Sostiene Salvadori “La crisi del 1992-93 è stata una vera e propria crisi di regime per molti
aspetti paragonabile a quelle che seguirono il crollo del regime liberale e del regime fascista, anche se non così radicale e traumatica” Cfr. SALVADORI,M.L.,Breve storia della lunga transizione, “Il
Mulino”, 1998, 5, pagg. 861-871
41 Si fa riferimento alla crisi finanziaria emersa con forza nel 1992 che portò all’uscita della
Lira dallo SME e impose ai Governi tecnici guidati da Amato prima e Ciampi poi di assumere un insieme di riforme e imporre al Paese forti sacrifici. La crisi del 1992, però, affonda le sue radici nelle scelte assunte nei decenni precedenti con cui, con l’obiettivo di alimentare lo sviluppo del Paese, si alimentò la crescita del debito pubblico fino a livelli insostenibili. L’elevato indebitamento causò una rapida e aggressiva politica speculativa a danno dell’economia italiana che condusse ad una massiccia svalutazione della moneta (nell’ordine del 25%) con l’intento di favorire le esportazioni. Parimenti si avviò una serie di riforme (fra cui spicca sicuramente quella sanitaria) e una politica di riordino della finanza pubblica (si può ricordare, in questo senso, la cd. “maxi manovra” adottata dal governo Amato nel 1992 dal valore di oltre 93 mila miliardi di lire).
42 Nella fase storica in parola, infatti, si producono due eventi che condizionarono in misura
decisiva le scelte dei governi italiani. Da un lato, infatti, grazie a diverse inchieste della magistratura emerge l’esistenza di un sistema corruttivo che legava rappresentanti del sistema economico produttivo italiano e il sistema partitico. “Il sistema dei partiti che aveva governato l'Italia del dopoguerra si sfaldò nella prima metà degli anni novanta. La crisi che segno la fine della Prima Repubblica fu provocata da un complesso di eventi e processi che si sono sovrapposti e rafforzati in un arco di tempo relativamente breve. I successi elettorali della Lega incrinarono in profondità l'elettorato dei partiti di governo nelle regioni dell'Italia settentrionale. Le inchieste della magistratura sugli intrecci fra politica e affari (Tangentopoli) delegittimarono gran parte della classe politica italiana. La crisi del sistema dei partiti tradizionali fu d’altra parte accelerata dal mutamento delle procedure di voto in senso maggioritario, introdotte dopo la il referendum del 18 aprile 1993. […] Si avviò così la profonda trasformazione del sistema politico italiano, che è stata definita da molti studiosi e commentatori come la transizione dalla Prima a una Seconda Repubblica” Cfr. BIROCCIO,R., Democrazia e populismo nella seconda Repubblica, in MARAFFI
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razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) e il decreto delegato (il D.lgs. 502 del 30 dicembre 1992) che dava attuazione alla riforma della sanità, successivamente integrato dal D.lgs. 517 del 7 dicembre 1993 (Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992). Solo sette anni dopo, la sanità affronta una terza riforma (la riforma ter) ad opera del D.lgs. 229 del 19 giugno 1999 (il cd. “Decreto Bindi”)43.
Il movimento riformatore nato in quegli anni (di cui i decreti in parola rappresentano un fulgido esempio) nacque quale risposta ad una generale inadeguatezza della qualità, dell’efficacia e dell’efficienza nei processi di erogazione dei servizi pubblici e fu, inoltre, fortemente influenzato dalle impostazioni teoriche del New Public Management44.
Il riordino del SSN operato nel 1992, la “riforma della riforma”, perseguì diverse direttrici di cambiamento per superare i limiti e le carenze palesate dalla L. 833, spesso racchiuse nella definizione di aziendalizzazione del SSN. La “riforma aziendale” della sanità perseguiva, quale fine primario, la sostituzione del previgente modello gestionale delle USL – statico, rigido, politicizzato e estremamente burocratico – con uno più dinamico, capace di adattarsi alle variazioni osservabili nei trend della domanda e ricercare il contemperamento delle esigenze sociali ed economiche del sistema. In tal senso si deve leggere la riforma attuata con i decreti delegati del 1992/93. La prima e più evidente emersione di tale processo di cambiamento si ha con la nuova configurazione della governance imposta alle USL, definite aziende dall’art. 3 comma 1 del
43 Per un’analisi complessiva ed analitica delle riforme in parola, sinteticamente delineati nel
presente lavoro, si rinvia tra gli altri a REVIGLIO,F.,Sanità. Senza vincoli di spesa? Bologna, Il Mulino, 1999; OLLA,G.,PAVAN,A., Il management nell’azienda sanitaria, Milano, Giuffrè, 2000, MAINO,F., La sanità dopo la riforma Bindi, “Il Mulino” 2001, 50(2), pagg. 250-257, SFORZA,V., L’economia delle aziende sanitarie pubbliche, CEDAM, Padova, 2005; MELE,R.,TRIASSI,M.(A CURA DI), Management e gestione delle aziende sanitarie, CEDAM, Padova, 2008; MARINÒ,L.,
La ricerca dell’economicità nelle aziende sanitarie locali. Concetti, modelli, decisioni, op. cit.; MAPELLI,V., Il sistema sanitario italiano, op. cit.
D.lgs. 502/199245alle quali è riconosciuta autonomia giuridica, patrimoniale, organizzativa, contabile, gestionale e tecnica. A tale riconoscimento si accompagna una nuova forma di governo in cui gli organi di estrazione politica preesistenti sono sostituiti da altri connotati da valori di tipo manageriale. Il vertice è rappresentato dal Direttore Generale46, legato all’ASL da un contratto di diritto privato in forza del quale è chiamato a rispondere del proprio operato in relazione a obiettivi di efficienza, efficacia, qualità, equità47.
Accanto alle Aziende Sanitarie Locali (ASL), nate dalla riconfigurazione delle precedenti USL48 (si passa da 659 USL a 197 ASL), la riforma bis introduce un ulteriore player nel settore sanitario: le Aziende Ospedaliere. Queste nascono dalla separazione dei presidi sanitari delle USL, in possesso dei requisiti esposti dall’articolo 4 del D.lgs. 502/92, in enti dotati di autonomia giuridica, patrimoniale ed organizzativa49.
L’attenzione al più generale controllo della finanza pubblica, particolarmente avvertito in riferimento ad un settore che assorbe una quota
45 Cfr. art 3 comma 1 D.lgs 502/1992 “L'unità sanitaria locale è azienda e si configura come
ente strumentale della regione, dotato di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, fermo restando il diritto-dovere degli organi rappresentativi di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comunità locali.”
46 La scelta contenuta nel D.lgs. 502/1992 (in particolare all’art. 3 comma 6 “Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza della unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale.”) rappresenta un evidente prova dell’adesione del Legislatore italiano al movimento teorico di riforma del settore pubblico del NPM. Si rinviene, in questo specifico aspetto, la volontà di optare per un impostazione del vertice delle ASL ispirata alla figura del general manager. Il modello già dal 1983 era stato invocato quale soluzione organizzativa adatta per garantire un miglioramento delle performance del National Healthcare System britannico (si veda a proposito il Rapporto Griffiths). Scrive Lapsley “A distinct feature of NPM systems is the role of the general manager as a single authority figure […] It is interesting to note that countries such as New Zealand and the UK regarded as high NPM proponents placed an emphasis on the replacement of old style public administrators with general managers as change agents.” Cfr. LAPSLEY,I.,The NPM agenda: back to the future, “Financial accountability & management”, 2008, 24(1), pagg. 77-96.
47 Cfr. MELE,R., TRIASSI,M.(A CURA DI),Management e gestione delle aziende sanitarie,
CEDAM, Padova, 2008, pag. 35.
48 Cfr. BOTTI,A., Governo e gestione dell’azienda sanitaria locale, CEDAM, Padova, 2003,
pagg. 26
49 Il panorama istituzionale è completato dal D.lgs. n. 517 del 21 dicembre 1999 attraverso il
quale è stato regolato il rapporto fra le Università e il SSN con la creazione di un soggetto giuridico autonomo – le Aziende Ospedaliero Universitarie – chiamate a garantire l’adeguato contemperamento delle esigenze di ricerca, didattica e prestazione di servizi sanitari alla collettività.
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rilevante delle risorse, è invece testimoniata dalla volontà dello Stato di assumere un ruolo di coordinamento del SSN nella ricerca del miglior trade off fra la garanzia del diritto alla salute dei cittadini (attraverso la garanzia dei “livelli essenziali ed uniformi di assistenza50” previsti all’articolo 1 comma 2 del D.lgs. 502/1992) e le inderogabili necessità di controllo della spesa pubblica51. L’ottica di pianificazione e programmazione che ha informato tale riforma e ha condizionato l’adozione del Piano Sanitario Nazionale si riverbera poi a livello regionale poiché, come richiesto dal comma 13 art. 1 del medesimo provvedimento legislativo, le Regioni sono chiamate ad adottare un proprio Piano Sanitario Regionale coerente con quello governativo52. Con il D.lgs. 502/92 si dà corpo alla regionalizzazione del SSN avviata, ma mai compiuta, dalla 833/1978 e la conseguente estromissione dei Comuni che sarà infine completata dal D.lgs. 229/1999.
La transizione verso il nuovo modello aziendale di sanità avviato nel 1992 giunse a compimento ad opera del “Decreto Bindi” (cd. riforma ter ex D.lgs. 229/1999) che a tutt’oggi conferisce l’inquadramento normativo al sistema
50 Il tema dell’identificazione dei Livelli uniformi ed essenziali di assistenza (in seguito poi
definiti dallo stesso legislatore come Livelli Essenziali di Assistenza – LEA) fu orientato dalla normativa attraverso quattro criteri fondamentali (Art.1 comma 7 D.lgs. 502/1992) Sono posti a carico del Servizio sanitario le prestazioni sanitarie che presentano evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute. La stessa norma prevede tre condizioni di esclusione dai LEA: a) non rispondenza a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del SSN; b) mancato rispetto dei principi di 'efficacia e appropriatezza, o l’efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili; c) mancato soddisfacimento del principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, in presenza di alternative. Cfr. REVIGLIO,F.,Sanità. Senza vincoli di spesa? Bologna, IlMulino, 1999; SFORZA,V., L’economia delle aziende sanitarie pubbliche, CEDAM, Padova, 2005
51 “Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche
individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n.833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell'impiego delle risorse.”
52 La riforma pone le basi per l’avvio delle funzioni di pianificazione strategica e di controllo
della gestione, le quali rappresentano le colonne portanti della riforma aziendale della sanità. Per approfondimenti sul tema si rimanda a DEL BENE,L., Criteri e strumenti per il controllo gestionale nelle aziende sanitarie, Milano, Giuffré, 2000 e SAITA, M., KAINICH, F., SARACINO, P., La pianificazione strategica e il controllo di gestione nella sanità, Milano, Gruppo24ore, 2010.
sanitario53. La riforma ter interviene con una profonda riscrittura dei decreti del 1992/93 e i suoi contenuti possono essere così sinteticamente delineati54:
- il decreto conferma il processo di aziendalizzazione in atto ma propone un chiarimento di alcuni aspetti che presentavano ambiguità o poca chiarezza come, ad esempio, le modalità di scelta del Direttore Generale;
- l’introduzione dell’Atto Aziendale quale documento fondante (equiparabile ad uno statuto della ASL) dell’organizzazione e del funzionamento di ogni ASL, redatto sulla base dei principi definiti da specifica legge regionale ed è adottato dal Direttore Generale;
- la definizione delle risorse è ancorata alla garanzia dei LEA;
- viene ribadita l’importanza del processo di accreditamento delle strutture sanitarie quale percorso di verifica ex ante dell’esistenza delle caratteristiche minime che garantiscono la capacità di una struttura di erogare fattivamente prestazioni sanitarie tendenzialmente omogenee55;
- il D.lgs. 229/99 pone una forte enfasi sul ruolo del distretto e dell’assistenza sanitaria territoriale quale luogo ove realizzare il connubio fra
53 Nel periodo di transizione fra le riforme bis e ter deve essere ricordata la riforma del sistema
di finanziamento dell’assistenza ospedaliera che passò dal finanziamento a piè di lista alla remunerazione a base tariffaria, attraverso l’adozione del modello ROD/DRG (Raggruppamenti omogenei di diagnosi/Diagnosis Related Group) di ispirazione statunitense. Si vedano a proposito le disposizioni contenute nel D.M. 15 aprile 1994 recante “Determinazione dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera”
54 Cfr. OLLA,G., PAVAN,A., Il management nell’azienda sanitaria, Milano, Giuffrè, 2000,
pagg.9 e ss.
55 Nella prima formulazione del D.lgs. 502/1992 l’istituto dell’accreditamento è un diritto da
riconoscersi alle strutture sanitarie che presentano il set di caratteristiche definite ex ante come qualificanti un’offerta di qualità adeguata. Con la riforma ter l’accreditamento perde questa caratteristica oggettiva per divenire una pratica di fatto autorizzatoria, sottoposta al vaglio e alla discrezionalità dell’amministrazione regionale. Il sistema è informato secondo il modello delle tre A (Autorizzazione, Accreditamento, Accordo contrattuale) come lo definisce Mapelli. L’iter prevedeva un primo controllo in merito al possesso di specifiche caratteristiche (Autorizzazione) che dava luogo ad una successiva seconda verifica volta al rilascio dell’accreditamento. La struttura, ottenuto l’accreditamento successivo alla prima autorizzazione, deve negoziare un accordo contrattuale con il SSN. Nel passaggio dalla riforma bis a quella ter l’accreditamento perde la sua connotazione prevalente di garanzia dei cittadini (l’accreditamento come processo volto alla verifica delle caratteristiche qualitative per poter prestare servizi in nome e per conto del SSN) e diventa uno strumento più complesso di controllo e presidio della dimensione dell’offerta di servizi sanitari nel territorio in mano alla Regione. Va, infatti, rimarcato che l’impianto del D.lgs. 229/99 prevede che l’accreditamento possa essere negato o revocato in ragione di valutazioni sul livello e il dimensionamento dell’offerta. Cfr. MAPELLI,V., Il sistema sanitario italiano, op. cit., pagg. 187 e ss.
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assistenza sanitaria e sociale e fra erogazione di prestazioni diagnostico- terapeutiche e l’attività di promozione della salute.
La trasformazione del settore sanitario operata negli anni Novanta – ma numerose considerazioni possono essere generalizzate all’intero settore pubblico italiano – nasce in risposta alle insostenibili condizioni della finanza pubblica, la cui gravità fu acuita dall’instabilità politica di quegli anni e dalla sempre più pressante necessità di garantire all’esterno dei confini nazionali la solidità e la stabilità della finanza pubblica56. Non si può non notare come questo insieme di riforme sia stato fortemente influenzato dalle esperienze estere e dalla diffusione dei dettami teorici del NPM. Formulare una valutazione di una riforma di tali proporzioni è complesso e porta con sé il rischio di fornire prospettive parziali e non complete. Pare, ad oltre venti anni dalla loro emanazione, condivisibile la scelta di superare il modello burocratico e politico che caratterizzava il SSN e le sue USL ex 833/1978 a favore di un sistema di governo ispirato ad una maggiore razionalità e ricerca di obiettivi di efficienza e di economicità. “L’aziendalizzazione”, pur se ormai si può considerare un fenomeno acquisito, deve convivere con posizioni ad essa contrarie, che sottolineano la complessità insita nella volontà di far convivere i valori propri della scienza manageriale e con quelli delle professioni mediche orientati alla tutela della salute dei cittadini57.
56 Con l’adesione all’Unione Europea l’Italia ha dovuto confrontarsi con l’imposizione di limiti
di derivazione extra-nazionale. Si fa particolare riferimento al Trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio 1992. In particolare l’articolo 104 C dispone che “Gli Stati membri devono evitare
disavanzi pubblici eccessivi” ancorando questa previsione ad una quantificazione esposta dall’articolo 1 del “Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi” che impone di operare senza superare il valore fissato a 3% per il rapporto fra disavanzo pubblico e prodotto interno lordo e 60% per il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo. Per approfondimenti si rimanda a GIOVANELLI,L.,(A CURA DI), Contabilità dello Stato e Sistema europeo dei conti (SEC95) nella prospettiva comunitaria, Giuffé, Milano, 2006, pag. 3 e ss.
57 Scrivono Anessi Pessina e Cantù “L’aziendalizzazione del SSN sta attraversando una fase
particolare: in parte può considerarsi ormai acquisita (chi contesta più il fatto che le strutture sanitarie debbano essere «efficaci ed efficienti»?), ma sempre più spesso è messa sotto accusa perché considerata incompatibile con le specificità della sanità pubblica.” Cfr. ANESSI PESSINA,E., CANTÙ,E.,Regionalizzazione e aziendalizzazione del SSN nel rapporto OASI 2003, “Tendenze