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La classificazione di questi frammenti doppi non è facile; si potrebbe dire che ogni caso costituisce una ”classe” a parte. La tipologia di interferenza del cover-text che unisce le citazioni non permette di ascrivere i frammenti significativamente e il percorso della tradizione, insieme ai meccanismi in- siti nell’evoluzione delle citazioni multiple, sono tutto quanto si possa do- cumentare.74 Ci sono frammenti in cui l’accostamento è meccanico, fram- menti in cui l’accostamento è già nella fonte e quindi anche il cover-text è perduto. C’è poi il peso della critica letteraria e della produzione scolasti- ca e didattica, nonché degli effetti di questa sugli autori, nella trasmissione di questi testi.75 Si è visto inoltre come, tra il I a.C. e il I d.C., avvenga la confluenza e la fusione all’interno di gruppi di citazioni canoniche traditi come tali, cioè in gruppo. Le modalità di raggruppamento possono es- sere sia nidificate come nel caso di Polibio che cita Timeo il quale a sua volta cita Eforo e Teopompo, sia per accumulo come nell’argomentazione sul Nilo in Diodoro, e gli accumuli di citazioni individuali possono risul- tare in fusioni attorno ad un’unica opinione, anche se esse non erano tali nella fonte, come si vede nel caso di Clemente Alessandrino e della Vita di Timoleonte. Questi meccanismi risultano operativi in continuo e non è sempre possibile osservare i punti di svolta, sebbene, su questo aspetto, la cristallizzazione di alcune argomentazioni tipiche possa essere un elemen- to utile.76Per non perdere di vista le caratteristiche letterarie e la creatività narrativa degli autori, è giusto notare che passi come quello di Porfirio of-

73Flower 1994, 48-9 propone un’origine di questa tradizione già in Ermippo di Smirne.

Landucci Gattinoni 1997, 106 e Bollansée 1999, 83, Arrighetti 1987, 145 sul genere περὶ τοῦ δεῖναe Arrighetti 1987, 162 sulle distinzioni necessarie tra i generi.

74Per le classificazioni di frammenti Schepens 1997, p. 166 n. 66; Lenfant 2007b, 43s. 75Nicolai 1992, 29-39, Schepens 1997, 160.

frono soprattutto un buon punto di osservazione metodologico.77 Come

questi meccanismi continuano ad operare accanto alla circolazione delle opere, ed in parte anche indipendentemente da questa, per quel che ri- guarda gruppi o singoli autori, così anche il filone prettamente scolastico produce testi i cui effetti non possono essere sottovalutati. D’altro canto il canone di autori ha un impatto decisivo anche senza le opere che lo com- pongono e vanno lasciate in secondo piano le classificazioni di discipline (oratori, storici, filologi, ecc.) che sono frutto della nostra elaborazione. Ricordando quindi le epitomi di Teopompo, sia quella che abbiamo su papiro (P.Ryl 1.19)78 sia quella attestata ad opera di Filippo V,79 sia opere

come il Trikàranos di Anassimene,80 e le esercitazioni di cui abbiamo la te-

stimonianza migliore nei Progymnasmata di Teone, non dovrebbe stupire che circolassero opere prodotte seguendo il canone nell’ambito della for- mazione, soprattutto dopo il I secolo d.C.. Già nel III secolo a.C. infatti, se si accetta la testimonianza di Fozio su Duride, spesso non si trovava, nei riferimenti, Eforo senza Teopompo o Teopompo senza Eforo. Diodo- ro pare effettivamente servirsi per riorganizzare i materiali ristrutturati e studiati nel IV a.C., di una di queste ”operette” secondarie, appunti di sto- ria greca,81simili forse ma certo non identificabili con opere conservate su

papiri come P.Oxy. 842, P. Med. Inv. 71.76, 71.78, 71.7982o il papiro di Tera-

mene. Credo che la fonte di Diodoro credo sia della stessa tipologia ed usi dunque le stesse fonti combinate con quegli effetti prospettici ateniesi che

77Questo lavoro sui gruppi di citazioni va però esteso e non è questo il luogo per prose-

guire e approfondire il ragionamento, che necessita di ulteriori casistiche e qui si è invece limitato alle citazioni di Eforo e Teopompo.

78Caroli 2007, 165-7 con bibliografia precedente e riproduzione fotografica.

79È interessante che, in questa operazione, Filippo V (FGrHist 115 T31 = Fozio Cod.

176, 121a) avesse fatto eliminare le digressioni. La tendenza contemporanea della critica a riportare gran parte dei materiali (soprattutto quelli di V secolo) al contenuto di queste digressioni contraddice questo tipo di processi. Verrebbe da pensare che la riduzione dell’opera sia stata occasione per la genesi di opere separate, come la cosiddetta Epitome, ma anche l’opera sui tesori di Delfi. Christ 1993, 52.

80Paus. 6.18.5 = FGrHist 72 T6 = FGrHist 115 T 10. Mazzarino 1966, 385-90.

81L’espressione usata da Parmeggiani (2011, 474) per descrivere le Elleniche di

Ossirinco.

82Al quale in questo contesto possono essere accostati per affinità formali e tipologia

testi come quelli conservati in, PSI 1396 e 1397. Bastianini 2001, 237-9, Canfora 2005, 149 n.10.

ritroveremo anche in FGrHist 10483, artificialmente ottenuti nella narrazio-

ne, senza bisogno di dover invocare di conseguenza Eforo in quanto fonte dello storico di Agirio. D’altro canto si è pure visto come Diodoro stesso sia fonte che testimonia questa continua fusione, poprio nel momento in cui l’accostamento su base cronologica a composizione di un ciclo comin- cia a prevalere, ma prima delle sintesi già agglomerate che usa Plutarco. Questo tipo di fenomeni, le citazioni doppie o di gruppo, sono alla ba- se della tradizione indiretta degli storici. Il caso di Eforo e Teopompo dà l’idea di ciò che è successo anche per Erodoto, per il quale una simile in- dagine tuttavia sarebbe incorsa nei limiti imposti dalla vastità.84 Le opere

storiche sono meno difese dal metro e dallo stile nel loro riutilizzo da par- te dei secoli successivi alla loro composizione. Sono l’ambito d’interesse di molti, sono utili, qualunque sia la loro consapevolezza di questo ruolo, e quindi usate e modificate in modo persino maggiore. Identificare dun- que chiari percorsi di uno o dell’altro testo, anche in presenza di un nome non può essere un percorso immediato, non per un’opera trasmessa solo per via indiretta, ma neppure per frammenti di storici che la tradizione in parte o in tutto ci ha tramandato.

83Vedi p.113.

84Si veda tuttavia, sull’uso fatto in epoca ellenistica di Erodoto, da autori come Ecateo

di Abdera, Nearco, Megastene, Berosso e Manetone, Murray 1972, 205-213, che prende le mosse proprio da Eforo e Teopompo

Capitolo 4

Papiri di e con Erodoto

Il corpus dei papiri di Erodoto, che copre tutto il periodo tra il I e il VI secolo d.C., offre spunti di riflessione su alcuni fenomeni generali della tradizione e sulla particolare situazione della documentazione erodotea, non solo per il periodo di produzione dei papiri, ma anche rispetto al- l’epoca ellenistica di revisione critica del testo. Dopo aver affrontato, nei precedenti capitoli, problemi generali e di genere letterario, in questo capi- tolo vorrei offrire uno status quaestionis su un settore specifico di indagine, per mostrare, insieme ai problemi della classificazione, anche il ruolo delle scelte editoriali nel determinare la selezione e l’importanza dei frammenti (di papiro) mano a mano venuti alla luce con una pubblicazione. I papiri, come documenti, ci offrono una serie di testimonianze sul lavoro e le in- terazioni con il testo dello storico e questi segni offrono spazio a semplici considerazioni che tuttavia spero aiutino a tracciare un quadro completo.

4.1

Breve storia degli studi

Credo sia utile un breve riepilogo della storia degli studi sui papiri di Ero- doto, perché, in più di un secolo di scoperte, essa ha visto fruttuosi svilup- pi e dibattiti.1 Ne esiste inoltre un piccolo gruppo, 10 in tutto dei 55 to-

1Si veda soprattutto il lavoro di Montana 2009 e 2012, quello di Vannini del 2009, e il

tali,2 che fa direttamente parte delle citazioni di Erodoto, e che presenterò

separatamente.

Le rassegne3 che fanno il punto della situazione sullo studio dei papi-

ri di Erodoto come corpus sono diverse. Paap, nel 1948, pubblicava una riedizione di tutti i papiri editi a quella data, riproponendosi di aggiorna- re la precedente e meno fortunata raccolta di Viljoen del 1915 e la lista di Legrand nella sua introduzione all’edizione delle Storie del 1932b. L’im- portanza dell’opera del Paap dovrà aspettare il criticato,4ma chiaro e utile

lavoro dell’Hemmerdinger per un aggiornamento, se non altro della li- sta di congetture confermate dalle scoperte papirologiche. Nella celebre monografia sulla tradizione manoscritta di Erodoto, l’autore tratta solo ra- pidamente dei papiri, ma ne offre comunque una nuova rassegna fino al 1981. Questa nuova raccolta viene presto resa obsoleta dalla pubblicazio- ne nello stesso anno dei dodici papiri di Ossirinco editi dal Chambers nel quarantottesimo numero della raccolta. Nel 1990 compare un contributo molto importante che affronta un problema legato all’intero corpus, l’ordo verborum, spesso ancora ignorato, forse a causa della collocazione edito- riale. Cecilia Saerens infatti riprende questo fil rouge delle discussioni sui papiri erodotei, aggiorna le liste di loci e propone una verifica che includa tutto il materiale emerso dopo la raccolta del Paap. Nel frattempo esce la prima parte della nuova edizione Teubneriana di Erodoto di Rosén,5

che aveva già avuto occasione di studiare i papiri di Erodoto effettuan- do anche un primo raggruppamento dei materiali a sua disposizione nelle diverse famiglie.6 In questa edizione è riservato un po’ di spazio anche

ad una selezione di manoscritti papiracei, spesso criticata nei dettagli ma pur sempre ammirevole. Rosén si era fermato comunque a prima del 1981

2Questo numero è frutto di un’indagine incrociata su MP3 e sul Leuven Database of

Ancient Books, poi raffinato con l’esclusione di alcuni record e l’inclusione di altri, come dettagliato più avanti.

3La seguente non è una trattazione bibliografica completa, ma credo sia un utile

strumento di lavoro.

4Già da Alberti 1983, 193s. 5Rosén 1987, XLIII-XLIV. 6Rosén 1962, 205s.

nel primo volume dell’edizione.7 In una sezione di addenda nell’introdu-

zione al secondo volume del 1998, aggiorna con questo materiale anche l’apparato del primo volume.8 Nel 1992 gli Annali della Scuola Normale

Superiore di Pisa pubblicano un atteso aggiornamento della lista contenu- ta nella seconda edizione del Pack a cura di P. Mertens e A. Strauss.9 Nel

1995 escono poi gli Atti del XXI Congresso Internazionale di Papirologia contenenti una rassegna ad opera di Adriana Bandiera,10 presto soppian-

tata, non solo per l’intervenire di nuove scoperte e studi, dallo studio di Stephanie R. West del 2011 che, sebbene, e dichiaratamente controvoglia, si concentri sul I libro,11 offre una visione completa ed aggiornata della

situazione generale, informando anche di un grosso gruppo di papiri in corso di studio per i P.Oxy. Con lucidità e chiarezza la studiosa espone le caratteristiche salienti e i problemi sollevati dal corpus.12