• Non ci sono risultati.

Si comincia a vedere come, durante il periodo di composizione della Biblio- teca di Diodoro28 e il I secolo d.C., Eforo e Teopompo rientrano in alcuni,

flessibili, canoni di riferimento retorico / letterari: fanno entrambi parte del canone dei sei storici di più chiara identificazione,29 ma anche della

tradizione retorica. Sono classici. È a questo punto della tradizione che si osserva il lento passaggio tramite il quale, per molteplici, indipendenti e contemporanee vie, gli storici grossomodo contemporanei di Isocrate, si- mili per stile, e forse ispiratisi al retore nel tentativo di imitarlo, diventano suoi dichiarati e riconosciuti imitatori, quindi discendenti stilistici e infine discepoli.30 Il percorso non è lineare, ma le fonti mostrano, in questo punto

dello sviluppo della tradizione, la convergenza decisiva, sebbene essa non possa essere chiaramente e realisticamente ricostruita e ripercorsa nei det- tagli. Mazzarino discuteva la tradizione sul discepolato definendola ”ci- ceroniana” e ”interessata alla loro caratteristica di stile isocrateo”,31infatti

nel trattato sull’oratoria di Cicerone leggiamo:

Theopompus et Ephorus, ab Isocrate magistro impulsi se ad historiam contulerunt (Cic. De oratore, 2.55-8)

A questa ”scuola retorica”, sono accostati Senofonte e Callistene che invece fanno parte della ”scuola filosofica”. Tutti sono comunque in se-

28Un periodo di trent’anni (Diod. 1.4.1) normalmente collocati tra il 60 e il 30 a.C..

Poiché non è rimasta traccia nella parte sopravvissuta del testo di alcuna consapevolezza della riduzione a provincia dell’Egitto. Chamoux, Bertrac e Vernière 2002, VIII; Ambaglio 2008, 4-5.

29Nicolai 1992, 251s.

30Alla canonizzazione si accosta anche il meccanismo biografico di ascendenza peripa-

tetica (da Teofrasto e Cameleonte) per cui legami stilistici divenivano legami nelle vite degli autori. Nicolai 1992, 24 si veda anche Arrighetti 1987, 141s per il metodo biografico di Cameleonte. Flower (1994, 48) propone la derivazione dalle biografie dei discepo- li di Isocrate composte da Ermippo di Smirne. Parmeggiani (2011, 643) argomenta la documentata contemporaneità di Eforo, Teopompo e Isocrate.

condo piano rispetto ad Erodoto e Tucidide, ma sono presenti nel canone a pieno titolo.

Già in Dionigi di Alicarnasso32 troviamo Eforo fuori dal canone che

stavolta descrive il solo Teopompo dicendo che

τὸ ῾δὲ᾿ λεκτικὸν αὐτοῦ τῷ ᾿Ισοκρατικῷ παραπλήσιον

Il suo scrivere è simile a quello di Isocrate (D.H., De Imitatione, fr. 31,3,3)

quindi con un legame solo stilistico. Nel De Isaeo leggiamo invece

᾿Ισοκράτει καὶ τὸν χαρακτῆρα τῆς ἑρμηνείας ἐκείνου ἐκμιμησαμένων οὐθενός, Θεοδέκτου λέγω καὶ Θεοπόμπου καὶ Ναυκράτους ᾿Εφόρου τε καὶ Φιλίσκου καὶ Κηφισοδώρου καὶ ἄλλων συχνῶν. οὐδὲ γὰρ ἐκεῖνοι κρίνεσθαι πρὸς τὴν ᾿Ισοκράτους δύναμίν εἰσιν ἐπιτήδειοι.

Nessuno di quelli che hanno imitato lo stile dell’esposizione da Isocrate, dico Teodecte, Teopompo, Eforo di Naucrati, Filisco e Ce- fisodoro e tutti gli altri, nemmeno quelli sono degni di confrontarsi con la potenza di Isocrate. (D.H., De Isaeo, 19)

In questo passo la distinzione tra Isocrate, Teopompo ed Eforo è netta e questi, imitatori contemporanei, non ancora discepoli, non sono nemmeno degni del confronto.33 È il documento dell’inizio di una tradizione. Par-

tendo da esemplari selezionati tra gli altri per un certo stile, ad un certo punto identificato come quello che imita Isocrate, in quest’epoca, tramite elaborazioni biografiche,34Eforo e Teopompo diventano i due discepoli di

Isocrate, opposti per indole, che troveremo in Fozio e nelle altre tradizioni tarde. La coppia Eforo e Teopompo viene consigliata direttamente come tale da Dionigi:

32Nicolai 1992, 303.

33Questi due passi di Dionigi di Alicarnasso e le osservazioni di Quintiliano, sebbe-

ne non se ne possano provare le dirette influenze, motivano la presenza di Eforo nella discussione sul canone in Dione Crisostomo, ma anche la sua esclusione:῎Εφορος δὲ πολ- λὴν μὲν ἱστορίαν παραδίδωσι, τὸ δὲ ὕπτιον καὶ ἀνειμένον τῆς ἀπαγγελίας σοι οὐκ ἐπιτήδειον (18.10) come in De Isaeo 19.

34Asheri 1988, XLIX anche le Storie di Erodoto tendono a ”biografizzarsi” intorno alle

συγγραφέων δὲ ἀκριβῶς μὲν οὐδείς, μᾶλλον δὲ τῶν πολλῶν ῎Εφορός τε καὶ Θεόπομπος

nessuno degli storici di preciso, più di tutti Eforo e Teopompo (D.H., Comp., 23)

Insieme a Euripide tra i tragediografi e Isocrate tra i retori, i due conti- nuano ad essere presentati assieme, accostati stilisticamente, come esempi (sebbene non perfetti) della γλαφυρὰ [καὶ ἀνθηρὰ] σύνθεσις di cui Dionigi sta parlando. Non c’è alcuna subordinazione a Isocrate in questa citazione, dove, come in Diodoro 1.37-41, è difficile dividere Eforo da Teopompo.35 Forse anche Dionigi e Cicerone avevano questa difficoltà. Nel canone di Quintiliano36 li troviamo entrambi, ma ben distinti: di Teopompo, terzo rispetto ad Erodoto e Tucidide, Quintiliano riporta lo stile oratori magis si- milis e il motivo di questa caratteristica. Per Eforo riporta invece ut Isocrati visum, calcaribus eget, ma sebbene si possa ricordare l’Isocrate magistro di Cicerone, sembrerebbe soltanto un legittimo parere di Isocrate sul giova- ne Eforo che non ne implica il discepolato, né alcuna relazione, sebbene si presti a lasciarla intendere.

Considerate le citazioni nel canone, più faticose per Eforo che per Teo- pompo, ci si potrebbe cominciare a chiedere, giunti a questo punto, perché fossero citati così spesso insieme. In primo luogo è da tenere in conside- razione l’osservazione di Nicolai: certi autori potevano venire in mente quasi automaticamente a chi avesse familiarità con i canoni.37 Come a noi vengono in mente i testi su cui abbiamo più studiato, più facilmente di altri frequentati magari solo saltuariamente. Ci sono però anche altre possibili ragioni, anch’esse documentate da questi frammenti comuni ai due storici del quarto secolo, per spiegare questo fenomeno. Un’altra osservazione si

35Parmeggiani 2011, 132s sostiene che questa reticenza di Dionigi sia indicativa del fat-

to che Eforo e Teopompo erano diversi da Isocrate e non rappresentavano appieno i caratteri della γλαφυρὰ σύνθεσις.

36Inst. Or. 10.1.73-5. Il passo preso integralmente credo sostenga l’ipotesi di Marx su

Seneca, De Tranq. An. 7.2 discussa da Parmeggiani (2011, 29 n.9) sulla mancanza della possibilità di accostare i due passi. La relazione tra inecta manu a foro subduxit e hoc opus sollicitatus, diu fuerit orator è per lo meno plausibile. Seneca tuttavia aveva già in mente una relazione personale tra Isocrate ed Eforo di cui in Quintiliano non è presente alcuna traccia se non nella misura sudetta dell’Isocrati visum.

potrebbe infatti fare sul fatto che Eforo e Teopompo, a giudicare dai fram- menti, trattarono spesso i medesimi argomenti, conducendo ragionamenti e affrontando temi che andavano divenendo una specie di ”repertorio” del retore e dello storico (se si può davvero distinguere),38 tanto che, l’e-

sercizio che il Rebuffat ha portato a termine per Teopompo e le Elleniche di Ossirinco su Ad Pomp. 6, si può estendere anche al presunto Eforo che tro- veremo in FGrHist 104, 16: la vicenda di Pericle ben si colloca nella serie dei πάθη τῆς ψυχῆς eziologici caratteristici di Teopompo.

Si intravedono già le origini dell’aneddoto foziano,39 frutto di mol-

teplici stratificazioni che è contraddetto dai frammenti stessi, nei quali Teopompo spesso affronta argomenti del passato più remoto, ed Eforo è attento anche alle vicende a lui contemporanee.40