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5.3 Trasmissione delle tradizioni

5.3.6 FGrHist 104 e Ctesia

Serve ancora qualche passo per arrivare a ritrovare Eforo e Teopompo. Ab- biamo intravisto il possibile ruolo di Teopompo come tramite per Stesim- broto nella tradizione tucididea confluita in FGrHist 104. Vale ora la pena di soffermarsi su Ctesia di Cnido, al quale avrebbe fatto da intermediario invece Eforo di Cuma. Jacoby nel proporre quest’idea pensava al passo che abbiamo già visto, dove si parla del ponte approntato da Serse tra l’at- tica e Salamina. L’ipotesi di Jacoby è sostenuta da ἐσπούδασε presente nel nostro ed in Eforo (FGrHist 70 F 191 = P.Oxy. 1610, Frg 2 non integrato),

ma noto come ”dato storiografico” in relazione a Teopompo (Suda Σ967 = FGrHist 115 F 3).123 Ctesia dice infatti:

ὁ δὲ Ξέρξης αὐτόθεν ἐλθὼν ἐπὶ στεινότατον τῆς ᾿Αττικῆς, ὃ ῾Ηρά- κλειον καλεῖται, ἐχώννυε χῶμα ἐπὶ Σαλαμῖνα, πεζῇ ἐπάὐτὴν διαβῆναι διανοούμενος

Serse giunto proprio nel punto più stringente dell’Attica, chiama- to Eracleion, costruì un terrapieno verso Salamina pensando di farlo attraversare alle truppe. (Fozio cod. 72 = FGrHist 688 F 13,30)

La vicinanza tra Ctesia e FGrHist 104, oltre che di contesto narrativo e contenuto è anche nella costruzione della frase. Questo ponte/molo è ben noto fin da Erodoto (anche se non c’è in Eschilo e nemmeno in Diodoro)124

ma è costruito prima della battaglia in Ctesia e in FGrHist 104, subito dopo la sconfitta in Erodoto e Plutarco,125 congiuntamente alla missione verso

l’Ellesponto. Anche le finalità pratiche sono condivise da FGrHist 104 e Ctesia, mentre per gli altri sarebbe stato un trucco del re126 o un frutto

della sua ostinazione (Plut. Them. 16 ἔτι θυμομαχῶν).

Anche Strabone, parlando della topografia del luogo, ricorda che:

πορθμὸς ὅσον διστάδιος, ὃν διαχοῦν ἐπειρᾶτο Ξέρξης , ἔφθη δὲ ἡ ναυμαχία γενομένη καὶ φυγὴ τῶν Περσῶν

lo stretto largo due stadi, che Serse provò a colmare, avvenuta la battaglia di Salamina e la fuga dei Persiani (Strabone 9.1.13)

Questo passo è interessante per diversi motivi: sembrerebbe rifarsi a Ctesia, per il fatto che riporta la larghezza limitata dello stretto, ma si serve dell’espressione utilizzata da Erodoto (ἐπειρᾶτο διαχοῦν 8.97) per la costru- zione. Se FGrHist 104 è in qualche modo debitore a Ctesia, pare probabile che anche Strabone sia debitore a FGrHist 104 o ad una sua fonte. La se- guente clausola di paragone con il ponte all’Ellesponto (ὃν τρόπον διῆλθε

123Una voce di commento a Demostene (21, Contro Midia). Vedi p.173s. per il rapporto

di FGrHist 104 con la tradizione scoliografica e lessicografica.

124Cfr. p.126.

125Hdt. 8.97.1, Plut. Them 16.1-2 μετὰ δὲ τὴν ναυμαχίαν. Si può ricordare un altro simile

artefatto in Erodoto: il grande molo dei Samii (Hdt. 3.60.3).

[ἐπὶ] τὸν ῾Ελλήσποντον) spiega la variante con ζεῦγμα e mostra dunque una significativa divergenza rispetto a Plutarco. Il paragone si giustifica infatti solo con il diretto confronto con Erodoto, che racconta brevemente della costruzione, con termini e modalità simili a quelle utilizzate per il ponte all’Ellesponto. Plutarco, invece, utilizza una fonte che conserva il termine χῶμαma senza la successiva descrizione, né le motivazioni di Serse: dimo- stra infatti di intendere χῶμα come ”terrapieno”, invece che come ”molo” dicendo che ἐμφράξας lo stretto. Probabilmente è necessario ipotizzare una complicazione in più nel rapporto tra questi due testi. Sappiamo, infat- ti, che le truppe di terra erano accampate in Attica ed un loro risolutivo impiego parrebbe essere stato auspicabile, sicuramente durante, o prima, non dopo la battaglia.

Legata a questa è la questione topografica relativa al trono di Serse ed all’Herakleion. Diodoro non nomina l’Herakleion e segue abbastanza fe- delmente Erodoto (αὐτὸς δ’ εἰς τὸν ἐναντίον τόπον τῆς Σαλαμῖνος παρῆλθεν, ἐξ οὗ θεωρεῖν ἦν τὴν ναυμαχίαν γινομένηνDiod. 11.18.4), ma lo utilizza come punto di riferimento per collocare il fronte di battaglia (μεταξὺ Σαλαμῖνος καὶ ῾Ηρακλείου κατεῖχονDiod. 11.18.4).127 Non stupisce dunque che Plutar- co si trovi davanti un po’ di confusione. Il biografo di Cheronea si attesta su una posizione vaga (ἄνω καθῆστο), ma riporta le tesi di Fanodemo ed Acestodoro:128

ὡς μὲν Φανόδημός φησιν ὑπὲρ τὸ ῾Ηράκλειον, ᾗ βραχεῖ πόρῳ διείργε- ται τῆς ᾿Αττικῆς ἡ νῆσος, ὡς δὲ ᾿Ακεστόδωρος ἐν μεθορίᾳ τῆς Μεγαρίδος ὑπὲρ τῶν καλουμένων Κεράτων

secondo Fanodemo sopra l’Herakleion, dove l’isola è divisa dal- l’Attica con un breve stretto, secondo Acestodoro, al confine con la Megaride, sopra il Kerata (Plut. Them. 13.1 = FHG II 464 = FGrHist 325 F 24)

Giustino invece ricorda che

127Nel descrivere questa zona, Strabone non parla di questo luogo nemmeno con un

altro nome, mentre descrive con buona precisione l’intero percorso attraverso gli stretti da Nord a Sud (Strabo 9.1.13-14). Wallace 1969, 294.

Interea rex velut spectator pugnae cum parte navium in litore remanet. (2.12.22)

In nessuno di questi testi si parla di alcun santuario di Eracle, tempiet- to o altro, che in effetti non si trova, né si è intravisto, da nessuna parte in questa zona, né, se l’area lo permettesse, avrebbe senso cercare qualcosa che le fonti non tramandano. Invece Ctesia e Fanodemo descrivono questo luogo come uno stretto, ed è ad uno di quelli presenti a Salamina che pen- so vada attribuito questo toponimo. A questo punto il ”luogo in alto dove siede Serse” diventa un po’ più chiaro e possiamo senza contraddizione prendere in considerazione Erodoto.129 Il Parnete naturalmente è troppo

lontano ma penso che questo errore sia un’imprecisione nota anche allo scriba o all’autore del nostro testo che, appena dopo averlo citato, precisa “quello lì vicino” (ἐγγὺς δὲ ἦν τοῦτο). È un errore quasi consapevole, di chi cerca di dare comunque dati, pur nella sintesi. Per Jacoby “è chiaro che κατὰ τὸ ῾Ηράκλειον e ἐπὶ τοῦ Πάρνηθος ὄρους sono la stessa località, cioè l’Erakleion starebbe ai piedi del Parnete” e la specificazione nella paren- tetica non lascerebbe dubbi, se non per l’imperfetto. Eschilo descrive la posizione del Re per spiegare l’ὁρῶν del verso 465 con:

ἕδραν γὰρ εἶχε παντὸς εὐαγῆ στρατοῦ, ὑψηλὸν ὄχθον ἄγχι πελαγίας ἁλός

Infatti, aveva un seggio, con tutto l’esercito in bella vista, su un alto colle vicino al mare (Aesch. Pers. 466-7)

Nessuna indicazione topografica, ma soltanto due dati corografici che portano a propendere per il colle più verso riva, a propaggine dell’Aiga- leo (Korydalios), che è il luogo a cui si riferisce Erodoto (8.90.4 κατήμενος ὑπὸ τῷ ὄρεϊ τῷ ἀντίον Σαλαμῖνος τὸ καλέεται Αἰγάλεως), ma che si identifica usualmente con il retrostante rilievo e risponderebbe bene alla frontalità rispetto a Salamina. Ctesia (F 13.30) introduce nella tradizione sopravvis- suta sino a noi l’Herakleion, con un’interessante espressione che dice: ὁ

129Riferisce anche a Sofocle OC 1059/1060 e scolio con citazione di Istro (FGrHist 334

F17) Asheri 2003, 292); per le foto e il commento topografico, Müller 1987, 537 (Parnete) 598-601 (Aigelao).

δὲ Ξέρξης αὐτόθεν ἐλθὼν ἐπὶ στεινότατον τῆς ᾿Αττικῆς (῾Ηράκλειον καλεῖται). Sembrerebbe che l’Herakleion sia il nome dello stretto stesso, non di un altro luogo sulla riva.

Anche l’oracolo di Bacide (ἐναργέως λέγοντας),130riportato da Erodoto,

sembrerebbe riferirsi esplicitamente ad un ponte di barche:

νηυσὶ γεφυρώσωσι καὶ εἰναλίην Κυνόσουραν, [...] δοκεῦντ΄ἀνὰ πάν- τ΄ἐπιθέσθαι

getteranno un ponte di navi anche sulla sponda di Cinosura... pensando di tentare da ogni parte. (Hdt. 8.77)

È notevole il fatto che si trovi citato prima della battaglia e che porti quel verbo di opinione, che ci ricorda la frase appena precedente e insieme il tentativo stesso. Questo tentativo si trova poco oltre in Erodoto e in Strabone. Il fallimento è riportato esplicitamente da FGrHist 104 che dice ἀδύνατον ἦν τὸ πᾶν γεφυρωθῆναι.

FGrHist 104 è nuovamente nel mezzo della tradizione che non lo lega direttamente a Ctesia, ma ad una fonte, in questo caso probabilmente af- ferente alla tradizione eforea, che si serviva di Erodoto e Ctesia, e la cui fortuna continuò in Strabone e Plutarco. L’oracolo che fa da documento in Erodoto dell’avvenimento diviene evento, esce dal profetico per diven- tare concreto. Una prassi che abbiamo rilevato per FGrHist 104 e che qui vediamo all’opera già nelle fasi iniziali dello sviluppo della tradizione che ha prodotto questo testo.