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Gli elementi costitutivi della responsabilità per danni a terzi in

Nel documento Profili giuridici relativi ai droni (pagine 105-108)

1. IL REGIME DI RESPONSABILITA APPLICABILE AI DRONI:

1.1. Il regime oggettivo: la responsabilità per danni a terzi in superficie

1.1.1. Gli elementi costitutivi della responsabilità per danni a terzi in

applicabili ne risulta un quadro variegato di norme, che mal si concilia con la recente regolamentazione europea dei mezzi aerei pilotati a distanza, il cui scopo è, al contrario, quello di armonizzare il più possibile la legislazione europea. In attesa di un eventuale adeguamento della legislazione comunitaria, è necessario ricordare gli elementi costitutivi della responsabilità per danni a terzi in superficie e verificarne la concreta applicabilità ai droni.

1.1.1. Gli elementi costitutivi della responsabilità per danni a terzi in superficie.

Nel nostro ordinamento la Convenzione di Roma trova applicazione, sia de iure proprio, in quanto il suo testo è stato ratificato dal nostro Paese, che per rinvio, in virtù del richiamo espresso che è contenuto nell’art. 965 e seguenti del codice della navigazione366. Di conseguenza, la Convenzione

troverà applicazione in quanto richiamata dallo stesso codice della navigazione solo nelle ipotesi in cui, in base alle disposizioni di diritto internazionale, il diritto applicabile al danno è effettivamente quello italiano. In pratica, questo si verifica quando il pregiudizio si è prodotto in Italia, indipendentemente dal luogo in cui è avvenuto il fatto367. La Convenzione,

invece, ha applicazione diretta, qualora i danni si siano verificati sul territorio di uno Stato contraente e siano stati cagionati da un aeromobile immatricolato sul territorio di un altro Stato contraente368.

L’art. 965 c. nav. subordina la responsabilità al presupposto che i danni siano provocati da un aeromobile. Come già visto in precedenza, in virtù del secondo comma dell’articolo 743 c. nav., nonché delle precisazioni contenute all’art. 3 del Regolamento delegato UE 2019/1821, gli apparecchi

(366) U. LA TORRE, “La navigazione degli UAV: un’occasione di riflessione sull’art. 965 C. Nav. in tema di danni a terzi sulla superficie”, in Rivista del diritto della navigazione, fasc. 2, 2012, 567.

(367) Art. 4 del Reg. CE 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, detto anche Regolamento Roma II.

(368) Art. 23, Convenzione di Roma del 1952, secondo cui “This Convention applies to damage

contemplated in Article 1 caused in the territory of a Contracting State by an aircraft registered in the territory of another Contracting State”. In questa ipotesi, come lo ricorda il professore La Torre, “saranno operanti tutte le disposizioni contenute nella Convenzione, ed avranno pieno vigore anche quelle relative, ad esempio, all’esercente, come definito dall’art. 2, all’utilizzatore temporaneo o all’utilizzatore abusivo, come individuati, rispettivamente, dagli artt. 3 e 4, o, ancora, alla limitazione dell’esposizione risarcitoria ex art. 11”. V. U. LA TORRE, “La navigazione degli UAV: un’occasione di riflessione sull’art. 965 C. Nav. in tema di danni a terzi sulla superficie”, in Rivista del diritto

a pilotaggio remoto sono a tutti gli effetti degli aeromobili e, in quanto tali, sono soggetti alla disciplina dei danni a terzi in superficie. È importante sottolineare come il testo della Convenzione di Roma si applichi ai soli mezzi civili369. Per questa ragione, l’art. 965 c. nav., al secondo comma, ha

dovuto precisare che “la stessa disciplina si applica anche agli aeromobili di Stato e a quelli equiparati, di cui agli articoli 744 e 746”370. Grazie a questo richiamo, il

campo d’applicazione della responsabilità per danni a terzi in superficie, almeno in diritto interno, viene ampliato e la disciplina risulta uniforme per tutte le categorie di droni371. È altresì necessario che il danno sia provocato

da un aeromobile in volo. La responsabilità può essere invocata dall’inizio delle manovre di decollo, e cioè dal momento in cui viene attivato il meccanismo propulsivo destinato al decollo, fino al termine della corsa frenata che segue l’atterraggio372. Tale condizione non sembra creare

difficoltà d’applicazione, nonostante la molteplicità di sistemi di decollo e atterraggio che equipaggiano le diverse tipologie di droni.

I soggetti interessati sono il danneggiato e colui che è obbligato a risarcire il danno. Il primo è tale in quanto ha un titolo legittimo per chiedere il risarcimento del pregiudizio subito in base alla normativa uniforme. Ai sensi dell’art. 1 della Convenzione, rientra, in tale concetto, ogni persona fisica o giuridica, compreso lo Stato. Tuttavia, il danneggiato deve essere un “terzo” e cioè non deve essere legato al responsabile del danno da alcun vincolo pattizio. Tale precisione, contenuta all’art. 25 della Convenzione, esclude dall’ambito d’applicazione della disciplina uniforme, tutti quei rapporti in cui le parti concludono un contratto che regoli, tra le altre cose, anche la responsabilità per danni. La norma assolve alla funzione di escludere l’ammissibilità di un concorso tra obbligazioni risarcitorie di natura contrattuale ed extracontrattuale373.

(369) Art. 26, Convenzione di Roma, secondo cui “This Convention shall not apply to damage

caused by military, customs or police aircraft”.

(370) Per una delimitazione precisa dell’ambito di applicazione della responsabilità ai mezzi equiparabili a quelli di Stato, v. U. LA TORRE, “La navigazione degli UAV: un’occasione di riflessione sull’art. 965 C. Nav. in tema di danni a terzi sulla superficie”, in Rivista del diritto della navigazione, fasc. 2, 2012, 560.

(371) Come vedremo on seguito, l’estensione della responsabilità ai mezzi militari pone tuttavia delle difficoltà, in particolare in relazione alla copertura assicurativa.

(372) B. FRANCHI, “Aeromobili senza pilota (UAV): inquadramento giuridico e profili di responsabilità – II parte”, in Responsabilità civile e previdenza, n°6, 2010, 1229.

(373) L.TULLIO, “Responsabilità per danni a terzi sulla superficie”, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1424.

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Per quanto riguarda il soggetto obbligato, invece, esiste una discrepanza tra il contenuto della Convenzione e le disposizioni del codice della navigazione. La prima imputa la responsabilità alla figura dell’operator, mentre il secondo fa riferimento alla nozione di esercente. Secondo un eminente autore “la qualifica di esercente si riferisce ad una qualità giuridica, acquisita da colui il quale «assume l’esercizio» ex art. 874 c. nav.”374 . Di

conseguenza, l’imputazione della responsabilità per danni a terzi in superficie ne risulta svincolata dalla concreta attuazione del volo dell’aeromobile. L’esercente, infatti, resta tale anche in caso di scissione tra l’esercizio dell’attività organizzativa e l’attuazione materiale del volo. Diverso, invece, è il ragionamento che si deduce dal testo della Convenzione di Roma. Quest’ultima identifica l’operator come il soggetto che effettua materialmente la navigazione nel momento in cui si verifica il danno. In questa definizione si privilegia “l’aspetto effettivo e fattuale” della conduzione del mezzo, “tanto da consentire di ritenere tale anche l’utente temporaneo o quello occasionale”375. L’assenza di coincidenza tra le due figure

viene superata in diritto interno sovrapponendo, “con un certo grado di assimilazione” la nozione di operator a quella di esercente, “puntando sugli elementi più squisitamente organizzativi che connotano la relativa attività, come si riconosce anche nel regolamento ENAC, il quale omette di dare una definizione di operatore, ma gli assegna una serie di oneri organizzativi e di responsabilità che contribuiscono ad assimilarlo alla definizione di esercente ricavabile dal codice”376.

La duplicità della nozione di esercente/operator rende più difficile la determinazione del soggetto responsabile quando il danno è imputabile ad un mezzo aereo a pilotaggio remoto. In base alla nozione d’esercente, la responsabilità dovrebbe essere riconducibile al soggetto che attua l’esercizio dell’attività specializzata tramite il velivolo. Tuttavia, una tale ipotesi è marginale, in quanto, è frequente che colui che organizza l’attività specializzata si serva di un mezzo il cui esercizio è assunto da un soggetto

(374) L. TULLIO, “Responsabilità per danni a terzi sulla superficie”, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1426.

(375) A. ZAMPONE, «Riflessioni in tema di responsabilità nell’esercizio di remotely-piloted aircraft system (RPAS)», in Diritto dei trasporti, 2015, fasc. 1, 69.

(376) C. SEVERONI, “Il regime di responsabilità per l’esercizio dei mezzi a pilotaggio remoto”, in Diritto dei droni, Giuffré, Milano, 2018, 92.

diverso. La responsabilità ricade allora sull’operator377 e cioè su colui che è

realmente responsabile dell’esercizio tecnico del velivolo378. Un eventuale

accordo concluso “inter partes” per stabilire la ripartizione della responsabilità tra operatore e committente avrà, in ogni caso, un’efficacia meramente interna.

A complicare ulteriormente l’individuazione del soggetto responsabile contribuiscono anche i progressi scientifici, grazie ai quali uno stesso drone può essere pilotato da più operatori che si trasferiscono i comandi. In questo caso sarà necessario determinare se esiste un esercente/operatore a cui sia imputabile l’esercizio globale dell’attività di navigazione aerea tramite drone, o se la responsabilità ricade esclusivamente su colui che aveva il controllo effettivo del mezzo al momento dell’incidente.

Nel documento Profili giuridici relativi ai droni (pagine 105-108)