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La prevenzione delle collisioni: la separazione e le TCAS

Nel documento Profili giuridici relativi ai droni (pagine 86-92)

3. IL RISPETTO DELLE REGOLE DELL’ARIA

3.1. La prevenzione delle collisioni: la separazione e le TCAS

Indipendentemente dalla modalità di volo prescelta, due funzionalità devono essere garantite per la sicurezza dell’aeromobile stesso e per quella degli altri utenti dello spazio aereo. La prima consiste nel distanziare il mezzo dagli altri velivoli, per prevenire un’eventuale collisione299. La

separazione è generalmente effettuata dai servizi ATC ed è codificata precisamente per gli aerei commerciali, che devono mantenere, sia una separazione verticale, rispettando l’altitudine di crociera, che una separazione orizzontale, mantenendo la rotta prefissata. Tuttavia, nelle classi E, F e G dello spazio aereo è il pilota stesso a dover effettuare le funzioni di separazione in maniera autonoma. Nei velivoli tradizionali egli regola la propria posizione esclusivamente in base alle informazioni radio e ai suoi sensi. La medesima situazione si ripropone per i piloti dei droni che devono garantire la separazione principalmente a partire dalle informazioni trasmesse dai sensori del mezzo.

Sono, inoltre, in corso di realizzazione delle piattaforme nazionali in grado di gestire le problematiche del loro traffico aereo. In Italia, tale sistema è elaborato da ENAV in collaborazione con Leonardo ed è denominato “D-Flight” (Drone-Flight) 300 . Questo sistema, chiamato

“Unmanned Traffic Management” (UTM) è stato ideato per la gestione di uno spazio aereo a bassa quota e offre, tra le altre cose, dei servizi di registrazione e identificazione degli aeromobili senza equipaggio. Il regolamento ENAC precisa, inoltre, che in caso d’iterazione con dell’altro traffico in aree non segregate, il drone deve immediatamente dare la precedenza agli altri velivoli, raggiungendo un’altitudine di sicurezza o, se necessario, posandosi al suolo301.

(299) C.LE TALLEC, “L’insertion des drones dans l’espace aérien non ségrégué”, in Les drones

aériens: passé, présent et avenir. Approche globale, Centre d’études stratégiques aérospatiales, La documentation

française, ,2013, 509.

(300) Per una presentazione dei servizi della piattaforma D-Flight v.

https://www.enav.it/sites/public/it/ChiSiamo/dflight.html

(301) Art. 25, ENAC, Regolamento sui mezzi aerei a pilotaggio remoto, bozza alla terza edizione, consultabile sul sito https://www.enac.gov.it/la-normativa/normativa-enac/consultazione- normativa/bozza-di-emendamento-al-regolamento-mezzi-aerei-pilotaggio-remoto-ed-3, Interagenza con altro traffico:

“1. Tranne quando operano in spazio aereo segregato, le operazioni APR in VLOS/EVLOS non hanno diritto di

precedenza sugli altri aeromobili ed il pilota remoto, esercitando la capacità “see and avoid”, deve portarsi immediatamente a terra oppure ad un’altezza di sicurezza tale da non interferire con l’altro traffico”.

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Il secondo sistema concepito per la sicurezza dei voli ha lo scopo di prevenire le collisioni tra mezzi aerei. L’“Airborne Collision Avoidance System” (ACAS), o “Traffic Collision Avoidance System” (TCAS), come venne ribattezzato negli anni Ottanta, è un dispositivo di segnalazione automatica che informa l’aeromobile della prossimità di altri velivoli, suscettibili di generare un rischio di collisione302. Il suo funzionamento è indipendente da

quello dell’ATC e non è destinato a sostituire né le infrastrutture, né i servizi di assistenza al volo303.

I primi studi risalgono agli anni Cinquanta negli Stati Uniti, quando si cercò di mettere un termine ai molteplici incidenti aerei che, negli anni, avevano causato numerose vittime304. Gli ingegneri che lavoravano sul

progetto decisero di sfruttare un apparecchio già presente a bordo, il trasponder, con il quale i velivoli si identificano nei confronti dei centri di controllo. La scelta presentava il duplice vantaggio di essere economica, in quanto il sistema era già presente a bordo, e di fondarsi su un meccanismo di comunicazione già collaudato. Il TCAS era ancora in fase di sperimentazione quando la FAA decise di rendere obbligatorio l’uso di tale dispositivo, a seguito di un altro grave incidente che coinvolse un DC9 dell’Aeromexico e un aeromobile da turismo nelle vicinanze dell’aeroporto

(302) ENAC, Regolamento per l’impianto di prevenzione delle collisioni in volo – ACAS II, Edizione 3 del 10 dicembre 2001. L’art. 1 definisce l’“Impianto di prevenzione delle collisioni in volo di tipo II”

come un sistema che:

(a) utilizza i segnali emessi da un interrogatore/risponditore (transponder) per radar secondario di sorveglianza;

(b) funziona indipendentemente da equipaggiamenti basati a terra per fornire all’equipaggio un avviso del pericolo di potenziali collisioni con altri aeromobili dotati di interrogatori/risponditori per radar secondario funzionanti in Modo C o in Modo S;

(c) quando rileva la riduzione della separazione rispetto agli altri aeromobili, o il pericolo di una collisione, è in grado di fornire al pilota:

(i) la segnalazione della presenza di detti aeromobili, indicata come TA - Traffic Advisory (Avviso di Traffico); o (ii) l'indicazione di una manovra evasiva sul piano verticale che risolva il conflitto di traiettorie, indicata come RA - Resolution Advisory, (Avviso di Risoluzione); e

(d) risponde ai requisiti tecnici minimi pubblicati nell’Annesso 10 alla Convenzione Internazionale dell'Aviazione Civile, Volume IV, Capitolo 4”.

(303) M. M. COMENALE PINTO, L’assistenza al volo. Evoluzione, problemi attuali, prospettiva, Padova, Cedam, 1999, 19.

(304) Tra gli incidenti più gravi va ricordata la collisione sul Gran Canyon, con il coinvolgimento di due aeromobili commerciali, al seguito della quale fu istituita nel 1958 la Federal Aviation

Administration (FAA). V. anche P. S. DEMPSEY, “Compliance & Enforcement in International Law: Achieving Global Uniformity in Aviation Safety”, in North Carolina Journal of International Law & Commercial

di Los Angeles il 31 agosto del 1986305. È quindi dal primo gennaio 1994

che negli Stati Uniti, ogni mezzo aereo, avente la capacità di trasportare più di trenta passeggeri, deve essere dotato di un tale dispositivo. L’obbligo fu, in seguito, introdotto anche nella Convenzione di Chicago, con la revisione dell’Annesso 6, a partire dal primo gennaio 2003.

Esistono attualmente tre versioni del TCAS, che differiscono per capacità e costo. Il TCAS I indica la traiettoria e l’altitudine dei velivoli presenti in un determinato spazio aereo, compreso tra dieci e trenta miglia. L’aeromobile riceve un segnale acustico e una rappresentazione sommaria dei velivoli a prossimità, ciascuno identificato con un codice colore. La segnalazione costituisce un “Traffic Advisory” (TA) e il pilota deve tenerne conto modificando il proprio livello di volo di più o meno 300 piedi, senza tuttavia modificare la propria rotta. Il TCAS I è ancora un sistema primitivo, il cui scopo è semplicemente quello di mettere in allerta il suo pilota, eventualmente spingendolo a contattare i controllori ATC. Al contrario, il TCAS II è un programma molto più performante, in grado di fornire delle vere e proprie soluzioni pratiche. Oltre al segnale acustico e grafico, il pilota riceve anche delle “Resolution Advisory” (RA), che indicano ad ogni velivolo la manovra da seguire. Il sistema presenta, tuttavia, due limiti: innanzitutto, lo spostamento è limitato ad un piano verticale ascendente o discendente e, in seguito, il suo funzionamento è condizionato dalla presenza del TCAS II in entrambi i velivoli. L’ultima tipologia è quella del TCAS III, che correggendo il sistema precedente, permette all’aeromobile di deviare anche lateralmente, grazie ad un’antenna direzionale più sensibile. Tra le prospettive d’evoluzione del dispositivo, attualmente in esame, vi è l’integrazione dei sistemi di rilevamento satellitare, come il GPS o il sistema di posizionamento Galileo306.

(305) La storia del programma che ha portato al TCAS è ricostruita nella circolare FAA AC

20-131A, reperibile all’indirizzo internet:

http://www.airweb.faa.gov/Regulatory_and_Guidance_Library/rgAdvisoryCircular.nsf/0/8c0bc1db4c15 8b5e862569b600564222/$FILE/AC 20-131A.pdf

(306) EUROCONTROL, “ACAS X – the future of airborne collision avoidance”, in

NETALERT Newsletter, giugno 2013, 1-4. Sul sistema satellitare Galileo v. S. MAGNOSI, “Assistenza al volo: dagli impianti a terra ai sistemi satellitari”, in Rivista di diritto della navigazione, 2018, 173-184.; V. MAIONE, Il sistema satellitare “GALILEO” nel contesto evolutivo della politica europea sullo spazio extra-atmosferico, Università degli Studi di Napoli Parthenope e Universidad de Jaen, 2013-2014, consultabile sul sito

https://www.academia.edu/22063814/Il_sistema_satellitare_GALILEO_nel_contesto_evolutivo_della_ politica_europea_sullo_spazio_extra_atmosferico?auto=download

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La presenza del TCAS non è, di per sé, una garanzia assoluta di sicurezza dato che è, e resta, un semplice apparecchio che “dipende dall’intelligenza con cui viene usato”307. Proprio per questa ragione è necessario

che l’equipaggio abbia ricevuto un addestramento adeguato e che applichi delle regole di comportamento chiare e prefissate. Le indicazioni fornite dal sistema non sono, tuttavia, dei semplici consigli, ma dei comandi ai quali i piloti hanno il dovere di conformarsi, “con la sola eccezione che un siffatto adeguamento possa mettere in pericolo la sicurezza dell'aeromobile” 308 . Di

conseguenza, il comandante deve adeguarvisi, anche in caso di conflitto con le indicazioni dei servizi di assistenza di volo309.

Inoltre, la possibilità di prevenire i rischi di collisione dipende dall’adozione generalizzata del TCAS su tutti gli aeromobili e mal si concilia con il regime di esenzioni esistente 310 che, ad esempio, ammette la

possibilità che vengano impiegati aeromobili con il TCAS in avaria311.

Proprio per garantire l’efficacia di tali equipaggiamenti anticollisione, la Commissione Europea ne ha imposto la presenza a bordo degli stessi aeromobili senza equipaggio312. È ragionevole pensare che tale prescrizione

si applicherà solo alle categorie a medio e alto rischio, quali la “specifica” e la “certificata”, per via del costo economico rilevante di tali apparecchiature. Inoltre, è auspicabile che il sistema stesso sia migliorato313,

(307) E.SPASIANO, “Aspetti giuridici dell’impiego del radar”, in RDC, 1957, I, 589.

(308) M.M.COMENALE PINTO, “Sistemi di bordo Anticollisione e relative problematiche giuridiche”, in Studi in onore di Umberto Leanza, III, Napoli, 2008, 1601.

(309) M.M.COMENALE PINTO, “Sistemi di bordo Anticollisione e relative problematiche giuridiche”, in Studi in onore di Umberto Leanza, III, Napoli, 2008, 1601.

(310) M.M.COMENALE PINTO, “Sistemi di bordo Anticollisione e relative problematiche giuridiche”, in Studi in onore di Umberto Leanza, III, Napoli, 2008, 1599. L’autore sottolinea inoltre che “dalla necessità della diffusione generalizzata su tutti gli aeromobili di impianti compatibili derivano due conseguenze, di cui,

una non ha, almeno direttamente a che vedere con il diritto della navigazione, ed anzi non è una considerazione di carattere giuridico, ma le cui implicazioni non possono essere ignorate: certamente l'industria che stabilisce gli standard tecnici per tali impianti (e per gli ACAS di primo e secondo livello non si tratta dell'industria europea) acquisisce un'enorme rendita di posizione”. La medesima situazione di monopolio potrebbe riprodursi anche in favore dei sistemi installati

nelle auto autonome, poiché, anche in questo caso “è necessaria un’architettura, che consenta il «dialogo» fra i vari elementi del sistema”. M.M.COMENALE PINTO,E. G. ROSAFIO, “Responsabilità civile per la circolazione degli autoveicoli a conduzione autonoma. Dal grande fratello al grande conducente”, in Diritto dei Trasporti, numero speciale, Atti dell’incontro di studi “L’automazione nei trasporti marittimi, aerei e terresti”, Cagliari, 9-10 novembre 2018, edizioni A.V., 2019, 399.

(311) Art 2, par. 4, ENAC, Regolamento per l’impianto di prevenzione delle collisioni in volo – ACAS II, Edizione 3 del 10 dicembre 2001.

(312) Art. 2.4.6, Allegato IX, Regolamento UE 2018/1139 del 4 luglio 2018.

(313) Allo stato attuale della legislazione, I droni non imbarcano alcun transponder, quindi il sistema anticollisione a loro dedicato potrebbe fondarsi anche su una tecnologia differente.

tenendo conto dei tempi di reazione, necessariamente più importanti, per un pilota che si trova a terra. Gli attuali TCAS richiedono, infatti, l’intervento umano per attuare la manovra, che deve essere eseguita in tempi ristretti. Il dispositivo, così com’è attualmente, mal si concilia con la realtà dei mezzi aerei pilotati a distanza e non risulta adatto a garantire adeguati livelli di safety314. Per questa ragione, sono allo studio dei sistemi anticollisione totalmente automatici, che modifichino la posizione del drone senza far ricorso all’intervento umano315. Il pilota, tuttavia, potrà disattivarli,

qualora lo ritenga necessario.

3.2.Suggerimenti per una completa integrazione degli aeromobili

senza equipaggio nello spazio aereo.

Al fine di regolare il traffico aereo, il cielo di ogni Stato è suddiviso in più classi, ciascuna destinata ad una tipologia di traffico particolare, con autorizzazioni, regole e servizi variabili. È proprio questa diversità di prestazioni fornite che complica l’integrazione dei droni nello spazio aereo non segregato. Un aeromobile senza equipaggio che vola in modalità IFR nelle classi A, B o C, può beneficiare, su richiesta, dei servizi di separazioni dell’ATC. L’integrazione di un sistema anticollisione è, quindi, una garanzia supplementare, tale da garantire dei livelli di safety accettabili. La situazione è, invece, diametralmente opposta quando si analizza l’integrazione di questi stessi mezzi in classe G, sia che volino in IFR, o in VFR, in quanto, a parte un servizio d’informazioni sul volo, è il pilota a dover garantire una separazione sufficiente, sulla base delle indicazioni trasmesse dai sensori del drone. In questo caso, l’adozione del TCAS sarebbe indispensabile, poiché il pilota a terra non può contare che sui dati comunicati dal mezzo e sulla

(314) Sulla nozione, di “safety” e sulla sua distinzione da "securiry", v G. CAMARDA, “La sicurezza del volo in ambito aeroportuale: competenze e responsabilità”, in B. FRANCHI (a cura di), La

sicurezza del volo nell’ordinamento interno ed in quello internazionale, Atti del Convegno tenutosi a Modena il 28-

29 giugno 2002, Milano, 2005, 102 e 113. Sul ruolo di safety e security nell’instaurazioni di elevati livelli di sicurezza nella navigazione aerea v. E. TURCO BULGHERINI, “La sicurezza nelle infrastrutture e nei mezzi della navigazione marittima ed aerea”, in E.TURCO BULGHERINI E F.SALERNO (a cura di),Infrastrutture e

navigazione: nuovi profili della sicurezza marittima ed aerea, 2013, Aracne editrice, 7-27.

(315) C.LE TALLEC, “L’insertion des drones dans l’espace aérien non ségrégué”, in Les drones

aériens: passé, présent et avenir. Approche globale, Centre d’études stratégiques aérospatiales, La documentation

française, ,2013, 509-510. V. anche EUROCONTROL, “ACAS X – the future of airborne collision avoidance”, in NETALERT Newsletter, giugno 2013, 3.

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propria esperienza. Tali considerazioni assumono un peso ancor maggiore quando si analizza la diffusione delle classi sul territorio di ciascun Stato europeo. In Italia, lo spazio aereo verticale è suddiviso in “inferiore”, fino al livello di volo 195, corrispondente a 5940 metri e “superiore”, dai 6000 metri in su. Fatta eccezione per alcune zone, come ad esempio gli aeroporti, tutto la spazio aereo inferiore è catalogato nella sola classe G, mentre l’area superiore è classificato in C. Ne risulta che rientrano nella categoria G, non solo tutti gli aeromobili che volano ad un’altitudine inferiore ai 6000m, ma anche quelli che, pur volando a quote superiori, sono in fase di ascesa o discesa.

Ad oggi per limitare i rischi vengono riservate ai droni delle zone segregate, ma, nell’ottica di una loro completa integrazione, è imperativo progettare un equipaggiamento “Sense and Avoid” in grado di identificare e localizzare gli altri velivoli, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, nonché di prevenire le collisioni. Tale sistema si comporrebbe di sensori specifici e impianti di bordo316 in grado di fornire

una corretta percezione di quanto sta o potrebbe accadere nel futuro immediato317. Nell’ideale tale equipaggiamento dovrebbe essere certificato,

possedere una massa e un volume contenuto, per poter essere installato perfino sui modelli di dimensioni contenute, e ad un costo abbordabile, così da essere più accessibile al pubblico e ottenere una maggiore diffusione. La principale difficoltà di tale sistema risiede nel rischio di sovraccarico cognitivo, o “overload”, in quanto il pilota dovrebbe gestire un numero importante d’informazioni, nonché analizzarle e reagire in un lasso di tempo ancora più breve318.

Un’altra possibilità potrebbe consistere nel modificare sensibilmente le regole dell’aria, creando una nuova classe nella quale tutti gli aeromobili devono cooperare tra loro, fornendo informazioni reciproche sulla propria

(316) Si fa riferimento a strumenti quali il radar, il trasponder, e vari sensori elettro-ottici e infrarossi.

(317) A.L.M.SIA, “Profili attuali della disciplina giuridica dei mezzi aerei a pilotaggio remoto e il regolamento dell’ente nazionale dell’aviazione civile italiana (ENAC)”, in Diritto dei trasporti, 2014, 774.

(318) A.L.M.SIA, “Profili attuali della disciplina giuridica dei mezzi aerei a pilotaggio remoto e il regolamento dell’ente nazionale dell’aviazione civile italiana (ENAC)”, in Diritto dei trasporti, 2014, 774.

posizione e velocità 319 . In questa zona cooperativa i mezzi aerei

comunicherebbero tra loro assicurando un maggior scambio d’informazioni e, di conseguenza, una maggiore sicurezza.

L’ultima problematica da affrontare per una completa integrazione degli aeromobili senza equipaggio è quella relativa all’utilizzo delle strutture aeroportuali320. L’utilizzo di aerodromi con un traffico misto e senza servizi

ATC sembra escluso, proprio per la presenza di un traffico eterogeneo e denso. In queste condizioni il drone necessiterebbe di un equipaggiamento “Sense and Avoid” molto sofisticato, oltre che di un sistema di separazione perfezionato. Lo stesso discorso va fatto per gli aeroporti a traffico misto con servizi ATC. Sebbene i controllori di volo siano di grande ausilio, i mezzi aerei non beneficiano, a priori dei loro servizi e comunque dovrebbero assicurare la separazione e prevenire le collisioni a terra. Un’altra difficoltà per i velivoli senza pilota a bordo consiste nell’interpretazione della segnaletica al suolo presente negli aeroporti.

La soluzione più semplice sembrerebbe quindi quella di privilegiare degli aerodromi controllati e dedicati al traffico dei mezzi senza equipaggio. In questo modo si potrebbe sostituire la segnaletica attuale con dei sistemi digitali che possano essere interpretati dagli stessi sensori dei droni.

Nel documento Profili giuridici relativi ai droni (pagine 86-92)